MORO, Giacomo (Jacomo) Antonio
– Nacque intorno al 1575, probabilmente a Milano o nel suo territorio, visto che nei documenti è più volte ricordato come «mediolanensis». Non è noto il nome del padre né il cognome della madre Angela, ancora in vita al momento della morte del figlio (Bertolotti, 1877, p. 297).
Considerando che «Mauro», insieme a «de Mori» o «Mori», è una delle varianti in cui è altrimenti attestato il suo cognome nelle coeve fonti manoscritte, la presenza nella città lombarda alla fine del Cinquecento dell’orafo Francesco de Mauro (Le matricole degli orefici …, 1977, p. 182) potrebbe suggerire l’appartenenza di Moro a una famiglia di orafi e una prima formazione a Milano, per quanto oggi sia noto principalmente quale medaglista e incisore di conii monetali.
Arrivò a Roma prima del 1605, anno in cui produsse una stima per le ‘tenaglie’ degli agnusdei su richiesta della Camera Apostolica (Simonato, 2008, p. 58). Per quanto questo incarico indichi già una certa vicinanza alla corte pontificia, le prime notizie di una sua assunzione nella Zecca romana, in qualità di «incisore», risalgono al 1610 (Martinori, XIII, 1919, p. 104). Nel giugno del 1611 firmò («I. AN. MOR.») la sua prima medaglia papale, coniata in due varianti sotto Paolo V per la festa dei Ss. Pietro e Paolo e celebrante la Canonizzazione di Carlo Borromeo (Miselli, 2003, p. 46). A lui viene oggi attribuita anche la medaglia papale prodotta per la cerimonia della Lavanda nella primavera dell’anno successivo, per quanto non firmata (ibid., p. 50). Inoltre tra il 1611 e il 1612 aggiornò alcune tenaglie per agnusdei e ne intagliò altre ex novo, un incarico che ripeté più volte nel corso della sua vita (Simonato, 2008, pp. 42 e 58).
Iscritto dal 1612 nei registri dell’Università di S. Eligio, istituzione le cui attività assistenziali sovvenzionò a più riprese (Bulgari, 1958), e coinvolto in commissioni pontificie anche extramedaglistiche come la realizzazione nello stesso anno dei «draghi di rame per l’arbore di Castello Santo Angelo» (Orbaan, 1920, p. 308), Moro, dopo le dimissioni di Camillo Corradini e l’assegnazione dell’incarico a Paolo Sanquirico per pochi mesi, il 16 aprile 1613 venne nominato «maestro dei ferri» della Zecca romana (Bertolotti, 1884), assumendo così la responsabilità di produrre (o far produrre sotto il proprio controllo) le matrici delle monete pontificie, incarico che mantenne fino alla morte. Continuò inoltre a coniare (firmandole) le successive medaglie annuali di Paolo V e, dopo la sua morte, confezionò tutti gli esemplari per la festa dei Ss. Pietro e Paolo di Gregorio XV e il primo del pontificato di Urbano VIII (Bartolotti, 1967), per il quale produsse nel 1623 anche la medaglia del Possesso, con l’immagine al rovescio, mutuata da Raffaello, della Trasfigurazione (Simonato, 2008, pp. 231-233). Realizzò inoltre esemplari della Lavanda, firmandoli solo saltuariamente (Miselli, 2003).
Caratterizzata da un’analitica definizione dei dettagli, la produzione medaglistica di Moro fu particolarmente importante per la quantità di tipi che indagò, sia nei diritti – dove vennero proposti ritratti pontifici di profilo e a tre quarti, tanto con piviali e bottoni figurati, quanto con camauro e mozzetta, quanto con il triregno e in atto benedicente – sia per i rovesci, nei quali alcune soluzioni adottate costituirono un modello per il suo successore in Zecca Gaspare Mola, che l’indomani della morte di Moro entrò in possesso (proseguendone l’utilizzo) dei suoi conii pontifici, in parte ancora oggi sopravvissuti e conservati nel Museo della Zecca di Roma (ibid.). Non sempre possibile è d’altra parte circoscrivere le personali responsabilità di Moro in queste innovazioni tipologiche, visto che almeno in un caso è noto che lavorò a partire da cere modellate da altri (Bertolotti, 1877, p. 297) e di certo non scelse i soggetti né i motti delle medaglie papali che coniò.
Autore anche di caratteri per la stampa, per esempio nel 1618 per un breviario in lingua caldea su commissione papale (Bertolotti, 1881, pp. 187 s.), egli fu invece alquanto autonomo nella sperimentazione tecnica. Alla ricerca di soluzioni di maggior prestigio per celebrare le fabbriche innalzate da Paolo V, l’incisore lombardo dal 1615 fuse, come poco prima aveva già fatto Sanquirico, medaglioni pontifici di grande modulo, spesso destinati a cerimonie di fondazione (come quello con al rovescio il Palazzo del Quirinale, in bronzo dorato, a Firenze, Museo nazionale del Bargello). Tra il 1618 e il 1620 invece, a volte iterando o anticipando i soggetti delle medaglie annuali, a volte rispondendo di commissioni pontificie straordinarie (rispettivamente nel medaglione con il Ponte di Ceprano e in quello per la ristrutturazione di S. Maria in Campitelli, entrambi in bronzo, a Firenze, Museo nazionale del Bargello), provò a forzare le dimensioni degli esemplari non ricorrendo alla fusione ma all’incisione, ovvero lavorando conii che raggiunsero nella parte figurata circa 50 mm di diametro. Per alcuni di questi acciai «chrande straordinarij» Moro eccezionalmente richiese il rimborso alla Camera Apostolica (Arch. di Stato di Roma, Cam. II, Zecca, b. 27. fasc. 11, s.p. e Simonato, 2008, pp. 33, 54).
Assolse gli incarichi pontifici lavorando nella sua bottega in via Giulia, non lontano dalla Curia dei Savelli, dove al momento della sua morte erano conservati alcuni ferri della Zecca (Bulgari). Non è invece noto se lavorò anche per privati. Gli sono state riferite alcune placchette bronzee di piccole dimensioni con soggetti religiosi, passate negli ultimi decenni dal mercato antiquario e recanti la sigla GAM, nonostante Moro utilizzi nelle medaglie prevalentemente le iniziali I.A.M. Erede dei suoi beni, forse in assenza di figli, fu la madre. Morì nei primi giorni di settembre del 1624 a Roma.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Roma, Camerale II, Zecca, bb. 22 (agnusdei) e 27 (medaglie). C. Du Molinet, Historia summorum Pontificum… per eorum numismata, Paris 1679, Præfatio, pp. n.n.; F. Buonanni, Numismata Pontificum Romanorum, Roma 1699, p. VI; R. Venuti, Numismata Romanorum Pontificum, Roma 1744, p. XXV; H. Bolzenthal, Skizzen zur Kunstgeschichte der modernen Medaillen-Arbeit (1429-1840), Berlin 1840, p. 190; A. Bertolotti, G.A. M., Gaspare Mola e Gasparo Morone-Mola, in Arch. storico lombardo, IV (1877), pp. 295-298, 315; Id., Artisti lombardi a Roma nei secoli XV, XVI e XVII, II, Milano 1881, pp. 184-189; Id., Artisti modenesi, parmensi e della Lunigiana in Roma, Modena 1882, pp. 94 s.; Id., Artisti subalpini in Roma, Mantova 1884, p. 215; E. Martinori, Annali della Zecca di Roma, XIII-XIV, Roma 1919, ad ind.; J.A.F. Orbaan, Documenti sul barocco in Roma, Roma 1920, pp. 308, 329, 331; C.G. Bulgari, Argentieri, gemmari e orafi d’Italia… Roma, I, Roma 1958, p. 392; F. Bartolotti, La medaglia annuale dei romani pontefici, Rimini 1967, pp. 8-17, 20-22, 24, 405; Bauten Roms auf Münzen und Medaillen (catal., München), a cura di H. Küthmann et al., München 1973, passim; A.S. Norris - I. Weber, Medals and plaquettes from the Molinari Collection at Bowdoin College, Brunswick 1976, pp. 31 s.; Le matricole degli orefici di Milano, a cura di D. Romagnoli, Milano 1977, p. 182; Roma Resurgens (catal., Mount Holyoke College), a cura di N.T. Whitman - J.L. Varriano, Ann Arbor 1983, pp. 54-62, 64 s.; L. Jacobi, Medals and the Roman Projects of Pope Paul V, in The Medal, 2002, n. 40, pp. 3-17; W. Miselli, Il papato dal 1605 al 1669 attraverso le medaglie, Pavia 2003, passim e in part. p. 636; G. Alteri, Summorum Romanorum Pontificum historia, Città del Vaticano 2004, pp. 110-116; F. Vannel - G. Toderi, Medaglie italiane del Museo nazionale del Bargello, II, Firenze 2005, pp. 38-41, tavv. 82-85; A. Modesti, Corpus numismatum omnium Romanorum Pontificum, IV, Roma 2006, passim e in part. p. 592; Id., La medaglia ‘annuale’ dei romani pontefici, Roma 2007, passim; L. Simonato, «Impronta di Sua Santità». Urbano VIII e le medaglie, Pisa 2008, ad ind.; L. Forrer, Biographical dictionary of medallists, IV, London 1909, pp. 152 s.; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXV, p. 162.
(Jacomo)
Antonio