BALBI PIÒVERA, Giacomo
Nacque a Milano il 12 sett. 1800 da Giacomo Francesco Maria, marchese di Piòvera, patrizio genovese, e da Adelaide Maria Operon. Manifestò fin da giovane sentimenti liberali ed ebbe anche amicizie nell'ambiente giansenista: conobbe infatti E. Degola e O. Assarotti, e a Parigi ebbe occasione di avvicinare il vescovo H. Grégoire. Essendo in relazione col Mazzini, fu coinvolto nel processo della Giovine Italia del 1833 e imprigionato nella cittadella di Alessandria con D. Pareto. Il 17 dicembre, dopo sei mesi di carcere, ottenne la libertà a condizione che si recasse nel suo castello di Piòvera (nelle vicinanze di Alessandria) e non se ne allontanasse senza il permesso delle autorità. Nel novembre del 1841, dovendo recarsi in Lombardia per interessi, chiese al governo di Vienna il permesso di entrata, che ottenne per la favorevole testimonianza sulla sua buona condotta da parte del governatore di Genova F. Paulucci. In realtà il B. non aveva affatto mutato i suoi sentimenti liberali, che ebbe modo di manifestare apertamente negli anni che precedettero immediatamente la guerra all'Austria.
Tra il 1846 e il 1848 il B. fu infatti uno dei patrizi più in vista del partito moderato genovese. Nel 1846 egli si occupò attivamente, per la sezione di agronomia e tecnologia, della organizzazione dell'ottavo congresso degli scienziati, che si tenne in Genova nell'autunno e che, come è noto, fu pretesto per i liberali di manifestazioni patriottiche e di fruttuosi incontri politici. Sempre nel 1846 la celebrazione del centenario della cacciata degli Austriaci da Genova (7 dicembre) offriva nuovamente ai patrioti il destro per dimostrare la loro avversione all'Austria, formando cortei che percorsero le vie cittadine inneggìando al Gioberti e all'indipendenza italiana e dimostrando la loro antipatia verso i gesuiti. In tale occasione il B., invitato dal marchese Paulucci ad usare del suo ascendente sulla folla per evitare disordini, si dimostrò abile elemento moderatore. Quasi tutte le manifestazioni a carattere patriottico videro in quel torno di tempo il B. presente: così in occasione del ritorno dalla Spagna di R. Cobden, nel gennaio 1847, egli pronunciò un discorso nel quale ai toni patriottici si univa l'esaltazione della fratellanza tra Liguri e Piemontesi.
Fautore di Carlo Alberto, dal quale sperava fattiva opera di italianità, il B. entrava tra i primi, nel settembre 1847, a far parte di quella Associazione o Società dell'ordine, che per iniziativa del marchese Giorgio Doria sorse allora in Genova col duplice scopo di stimolare la monarchia sabauda sulla via delle riforme e di garantire la conservazione dell'ordine, imbrigliando movimenti estremi, ritenuti controproducenti e pericolosi.
Nell'ordinamento di detta società vennero formate ai primi di novembre alcune compagnie di "vigili", che avevano il compito di fare la ronda di notte per sedare eventuali disordini nell'eccitato ambiente cittadino, in continuo fermento dopo le manifestazioni per le riforme concesse da Pio IX e dal granduca di Toscana. Il B. venne appunto designato tra gli ispettori preposti all'attività di queste compagnie. In tal modo si doveva temporaneamente sopperire alla mancanza di una guardia nazionale, che già il 17 settembre G. Doria, G. B. Raggi e il B., in rappresentanza di Genova, chiedevano invano, insieme con la libertà di stampa, a Carlo Alberto e al ministro dell'Interno S. Pes di Villamarina. Analogo risultato negativo aveva, in occasione della venuta del re a Genova nel novembre, quando già era stata concessa una certa libertà di stampa, una seconda istanza al sovrano da parte del gruppo dell'Ordine, firmata anche dal B., a fine di ottenere la guardia cittadina. Il gruppo del marchese G. Doria e il B., convinti sostenitori della causa nazionale identificata nella monarchia sabauda (vedi per esempio i banchetti di fratellanza fra Torinesi e Genovesi sullo scorcio dell'anno e le espressioni del B. inneggianti a Carlo Alberto liberatore d'Italia), promovevano riunioni di liberali e specialmente la stampa e la diffusione di giornali patriottici: il B., in una adunanza tenuta il 14 dicembre nella sua abitazione, proponeva la pubblicazione in Genova del giornale La lega italiana. Nell'ambiente genovese si andava però maturando una radicalizzazione del movimento liberale: il B. fece ancora parte l'8 genn. 1848 di una delegazione di otto rappresentanti che recarono al re a Torino un'ulteriore petizione, scritta da C. Cabella e recante oltre 15.000 firme, per la concessione della guardia nazionale e per l'espulsione dei gesuiti; Carlo Alberto però non volle ricevere la delegazione. Poco dopo il Doria e il B. scioglievano la Società dell'ordine dove mazziniani e liberali più accesi stavano prendendo il sopravvento.
Allo scoppio della guerra il B., nominato ufficiale superiore della guardia nazionale, partecipò alle operazioni militari e si comportò valorosamente durante la battaglia di Pastrengo, meritandosi una medaglia al valore. Il 22 giugno 1848 Carlo Alberto lo nominava comandante generale della guardia nazionale di Genova. Ricoprendo tale carica il B. fece parte di un comitato di pubblica difesa, composto di 19 membri, che si era formato in Genova, come in altre città, al principio d'agosto in seguito alle sfortunate vicende della guerra.
L'opera di moderazione da lui tentata nella sua veste di capo della guardia nazionale incontrò gravi difficoltà. Il 14 agosto, sotto la pressione degli elementi più accesi, egli guidò una dimostrazione di popolo sotto l'abitazione del console francese e pronunciò un discorso auspicando, al pari di C. Cabella, un intervento francese contro l'Austria, unico modo a suo giudizio, per mutare le sorti della guerra. L'iniziativa, dapprima non trascurata dagli stessi ambienti governativi, non ebbe però seguito. Intanto l'arresto di uno dei più attivi emigrati dimoranti in Genova, il giornalista Filippo De Boni, avvenuto nella notte del 1° sett. 1848, provocava dimostrazioni popolari sino ad ottenere la revoca del provvedimento e le dimissioni del B., che veniva sostituito al comando della guardia nazionale dal marchese L. Pareto. Terminava così praticamente l'attività del B. nel movimento liberale genovese.
Il 3 apr. 1848 egli era stato nominato senatore e, per partecipare alle sedute, aveva preso residenza a Torino; quando poi la capitale fu trasferita a Firenze si ritirò nel suo castello di Piòvera, pur continuando a partecipare con una certa assiduità ai lavori del Senato. All'agricoltura il B. si era dedicato durante tutta la vita con passione e competenza; in riconoscimento delle sue capacità aveva avuto la nomina a presidente della commissione consultrice di agraria e orticoltura di Genova. Aveva anche eretto in Piòvera un opificio per la filatura della seta e nel 1855 aveva ottenuto la croce di cavaliere della Legion d'onore per le sete gregge da lui presentate alla esposizione di Parigi di quell'anno.
Il B. morì a Genova il 14 nov. 1878.
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