BECCHETTO, Giacomo
Nacque a Monza da famiglia nobile, negli ultimi anni del sec. XIV; mancano notizie della sua infanzia edella sua adolescenza. Giovane, lo troviamo tra gli allievi di Gasparino Barzizza a Milano, ove si distingue e si fa lodare per il mite carattere e l'erudizione. Ma dei suoi studi, a quel tempo e in seguito, pochissimo si sa di preciso. Le frammentarie notizie che ne abbiamo si collegano ai nomi di Pier Candido Decembrio, di Antonio Cremona e del Panormita. Degli anni 1428-30 sarebbero alcune lettere all'amico Facino Ricci, allievo anche lui del Barzizza, nelle quali il B., allora evidentemente a Pavia, forse in qualità di impiegato presso la segreteria viscontea, gli richiede certi opuscoli, tra cui l'orazione di Guarino in lode del Carmagnola (1428), e accenna al suo nuovo protettore Francesco Barbavara. A questo e a Luigi Crotto il B. si raccomanda caldamente con la speranza di qualche migliore impiego; e infatti, come sembra da una lettera del Cremona, tutto un gruppo di potenti amici (sono nominati Niccolò Fulginate, Francesco Piccinino ealtri) si adoperava per fargli avere una cattedra universitaria. Tramite il Barbavara e questi altri amici il B. ottenne fin dal 1430-31 la cattedra di retorica nello Studio di Genova. La notizia fu annunciata dal Piccinino al Panormita, il quale non l'accolse forse con uguale gioia, essendo a quel tempo i suoi rapporti col B. alquanto meno caldi di prima, probabilmente per negligenza dello stesso Becchetto. Comunque, il B. nonrimase molto tempo a Genova: mirava ad occupare il posto di segretario ducale lasciato vacante dal defunto Zanino Ricci. Intanto (dopo il 1433) il Barbavara e i suoi protetti perdevano il favore del Visconti. Per alcuni anni mancano notizie del B.: figura però nella brigata dei segretari cancellereschi che discutono di amor cortese nell'opuscolo di Antonio Canobio De amore prohemium (dedicato nell'ottobre 1433 al Ghilini); ed effettivamente già prima del 1435 il B. dovette essere nominato segretario presso il Visconti, ricevendo con speciale privilegio la cittadinanza milanese. Dotato di temperamento mistico e fortemente incline alla religione, il B. fu accolto nella comunione spirituale dell'Ordine di S. Francesco e nel 1440 ebbe il cordone del terzo ordine.
Morto Francesco Maria Visconti (1447), di cui rogò il testamento, il B. lasciò il suo posto. Ma invece di trovarsi coinvolto nell'odio generale contro il Visconti, venne nominato "unus ex triginta sex viris adiunctis duodecim ducibus reipublicae Mediolanensis". Non si sa però che parte abbia avuto in quegli turbolenti della Repubblica ambrosiana, terminati con la vittoria di Francesco Sforza (1450). Dopo questa data le notizie su di lui scarseggiano. Nel settembre 1454 scrive da Milano a Niccolò Tranchedino a proposito di un codice della Storia di Leonardo Bruni; nello stesso anno e pure nel 1462 scrive lettere a Cosimo de' Medici; il 27 dic. 1457 manda ad un amico una copia delle Facetiae di Poggio Bracciolini scelta "ex ceteris libris meis"; del giugno 1460 è una lettera al Decembrio. Da altri documenti di questo periodo sappiamo che egli aveva l'ufficio di segretario e governatore di Bona di Savoia, moglie di Galeazzo Maria Sforza. Nel 1469 era presente alle nozze di Elisabetta, sorella del duca, con Guglielmo di Monferrato. In questi anni il B. trascrisse e dedicò a Teodoro Piatti la vita di Pomponio Attico scritta da Cornelio Nepote (Sassi).
Al B. sono state attribuite dall'Argelati certe Adnotationes in Aulum Gellium, ma l'attribuzione è stata validamente contestata dal Valentini. Non se ne conoscono opere originali: l'importanza, pur modesta, della sua figura nella storia dell'umanesimo milanese si deve piuttosto ai suoi rapporti con uomini più noti e alla tipica combinazione in lui degli studi umanistici e della carriera cancelleresca.
Il B. morì entro il decennio 1470-80, ché già nel 1481 segretario di Bona Sforza di Savoia è suo figlio Luigi (Alvise) Becchetti (G. Romano, Di un preteso attentato contro Ludovico il Moro e Roberto Sanseverino, in Arch. stor. lombardo, s. 3, XXIV [1897], p. 343).
Fonti e Bibl.: F. Argelati, Bibl. Scriptorum Mediolanensium, Mediolani 1745, II, 1, col. 1648; 2, col. 2048; G. A. Sassi, Hist. Literario-Typographica Mediol., ibid., I, p. DXLI; F. Gabotto, L'attività politica di P. C. Decembrio, in Giornale ligustico di archeol., storia e letterat., XX(1893), p. 51; R. Valentini, G. B. umanista lombardo, in Classici e neo-latini, VII, 3-4 (1911), pp. 350-371 (lo studio migliore con documenti e lettere ined. e copiose indicazioni bibliogr.); L'epistolario di Guarino Veronese, a cura di R. Sabbadini, II, Venezia 1916, p. 450; III, ibid. 1919, p. 389; Id., Sul cod. MM28 dell'Accademia, in Atti d. Accad. d. scienze di Torino, LIV (1919), p. 342; E. Walser, Poggius Florentinus..., Leipzig-Berlin 1914, p. 475; P. C. Decembrio, Vita Philippi Mariae III, in Rer. Ital. Script., 2 ed., XX, 1, a cura di A. Butti, F. Fossati, G. Petraglione, pp. 35 n. 2, 47 n. 3, 214 n. 2; G. Resta, L'epistolario del Panormita, Messina 1954, p. 176.