BRAGADIN, Giacomo
Figlio di Andrea, dovette nascere intorno al 1306, perché già nel 1324 appare iscritto nella Quarantia. Nel 1342 fece parte della commissione dei cinque savi creata per trattare col patriarca di Grado e col vescovo di Castello. Il 14 marzo 1349 fu eletto bailo in Costantinopoli ed ambasciatore presso Giovanni VI Cantacuzeno. Scopo della missione era quello di giungere, da un lato, a stipulare un'alleanza tra Venezia e Bisanzio di fronte alla minaccia rappresentata dalla politica egemonica genovese; e di arrivare a risolvere, dall'altro, il problema costituito dalla restituzione del prestito concesso dalla Repubblica all'imperatore, e dal regolare pagamento degli interessi maturati sul capitale prestato. Connesso con questo era l'altro difficile problema relativo alla restituzione dei gioielli della corona bizantina, a suo tempo consegnati come pegno del prestito da Giovanni VI al governo veneto.
Secondo quanto risulta dalla commissio approvata dal Consiglio dei pregadi il 15 ed il 17 luglio 1350, tuttavia, la questione più spinosa, che il B. era stato chiamato a risolvere, era quella relativa appunto al pagamento degli interessi. L'inviato veneto veniva infatti autorizzato a rinunziare agli interessi composti solo quando avesse inutilmente esperito ogni mezzo per ottenere dall'imperatore il pagamento dell'intero ammontare delle somme in precedenza convenute, e purché fosse riuscito a riscuotere almeno gli interessi semplici.
Le trattative raggiunsero un esito pienamente positivo solo per quanto riguardava il problema della cooperazione militare. Grazie anche all'efficace azione del capitano generale Marco Ruzzini, l'antica, amicizia veneto-bizantina si trasformò, nel maggio del 1351 in un'aperta "unio et liga" tra la Serenissima e l'imperatore Giovanni Cantacuzeno, che mal sopportava le pretese genovesi su Galata e nel Bosforo. Pochi mesi più tardi si giungeva anche, dopo laboriose trattative, alla stipulazione di un'alleanza in funzione antigenovese con Pietro IV d'Aragona, impegnato da tempo in un duro conflitto con Genova per la conquista della Sardegna (luglio 1351). Erano già in corso, allora, le ostilità fra le due repubbliche marinare.
La guerra, scoppiata nell'estate del 1350, fu combattuta con alterne vicende in Asia Minore (1351-52), in Sardegna - nelle acque di Alghero la flotta veneziana condotta da Niccolò Pisani e la flotta aragonese riportarono una "victoriam triumphalem", che permise tra l'altro l'eliminazione degli ultimi capisaldi genovesi nell'isola (27 ag. 1353) -, e finalmente nel golfo di Portolongo, nell'isola di Sapienza (non lontano da Modone), dove il genovese Paganino Doria inflisse a Niccolò Pisani una cocente disfatta (4 nov. 1354), che indusse gli avversari ad avviare trattative in vista di una pace.
Dopo la battaglia di Portolongo, il B. fece parte della commissione dei cinque savi aggiunti al Consiglio di guerra (novembre-dicembre 1354); l'anno successivo fu tra i membri della Zonta straordinaria del Consiglio dei dieci, creata per giudicare il doge Marino Falier. Questi, che aveva ordito una congiura per rovesciare le istituzioni, venne arrestato in seguito ad una delazione il 15 apr. 1355 e, processato per direttissima, fu decapitato due giorni dopo (17 aprile). Il B. fu tra i quarantuno elettori del nuovo doge Giovanni Gradenigo, assunto alla suprema magistratura il 21 apr. 1355; il B. fece in seguito parte della commissione straordinaria di cinque savi incaricati di regolare i convogli di galee, e quindi fu inviato come rappresentante della Repubblica presso il re d'Aragona con il compito di sottoscrivere la pace con Genova (settembre 1355). Consigliere ducale, nel 1358 partecipò alle trattative con il re Luigi I il Grande d'Ungheria; per due volte avogador de Comun (1360 e 1364), scoppiata a Creta la rivolta dei feudatari e dei coloni veneti (estate 1363), venne chiamato a far parte della commissione di cinque savi sopra la ribellione dell'isola, e, subito dopo, fu tra i cinque provveditori solenni che dovevano essere inviati nell'isola col compito di coadiuvare e di controllare l'opera di Luchino Dal Verme, comandante del corpo d'esercito spedito colà a ristabilirvi la pace e l'ordine costituito.
Benché fossero stati nominati nel luglio del 1364, la partenza dei provveditori avvenne soltanto nel marzo del 1365. Avevano ricevuto ordini tassativi per una rapida soluzione del conflitto, ordini che contemplavano, fra l'altro, l'arruolamento di nuovi contingenti militari (sino ad un massimo di duemila unità) e la ricostruzione dei castelli di Malvesin e di Chissamo. Il 20 marzo del 1365 i provveditori ricevettero l'ordine di rinforzare il blocco del litorale, specie nel distretto della Canea, e di sottoporre a devastazioni sistematiche le terre coltivate controllate dai ribelli. Ulteriori deliberazioni, del 23 aprile e del 24 maggio, stabilivano l'arruolamento di nuovi contingenti di soldati turchi, e l'acquisto di ingenti quantitativi di cavalli, di frumento e di biscotto. Le operazioni furono certamente condotte con quella sollecitudine che era stata richiesta per ragioni di politica interna dal governo veneto: già il 20 ag. 1365, domata la rivolta, i provveditori ricevettero infatti l'ordine di rimpatriare.
Rientrato in Venezia, sempre nel 1365 il B. fu chiamato a far parte della commissione creata per risolvere le questioni relative alla Marca Trevigiana ed a Ceneda. Alla morte del doge Marco Corner, avvenuta il 13 gennaio 1368 (1367, secondo lo stile veneto), il B. fu uno dei "correttori alla promission ducale", ed entrò nel collegio dei quarantuno elettori del nuovo doge, Andrea Contarini, assunto il 20 gennaio successivo. Nel 1369 fu savio alla Guerra e pregado aggiunto per il conflitto di Trieste. Il 3 ott 1370, indicato colla qualifica di "advocator Communis", fu eletto membro della commissione preparatoria per l'esame delle questioni pendenti tra Venezia e l'Impero bizantino, e quindi prese parte all'ambasceria inviata a Costantinopoli per trattare con Giovanni V Paleologo. La consegna dell'isola di Tenedo ai Veneziani fu il risultato più evidente di questa legazione. L'anno seguente prese parte ai lavori della commissione straordinaria di cinque savi per le trattative col re d'Aragona.
È questa l'ultima notizia per ora rinvenuta relativa all'attività pubblica del B., che morì nel 1376.
Il Priuli intitola la "scheda" ad un "Giacomo Bragadin di Andrea", indicandolo come abitante a San Severo nel 1342. Il Barbaro ed il Barbaro-Tasca riportano un "Giacomo Bragadin di Andrea" residente invece, in quello stesso periodo di tempo, a San Ziminian, mentre citano per il ramo dei Bragadin di San Severo un "Giacomo di Piero". L'identificazione di questo personaggio del Priuli col B. resta, comunque, una mera ipotesi, perché la verifica delle notizie fornite dal Priuli non ha finora permesso di accertare in sede documentaria né la paternità né la dimora.
Fonti eBibl.: Vienna Oesterreichische Nationalbibliothek, cod. 6155: M. Barbaro, Famiglie nobili venete, c. 54v (nella riproduzione microfotografica esistente in Venezia, Fondazione Giorgio Cini, Ist. per la storia della soc. e dello Stato venez.); Arch. di Stato di Venezia, Misc.codici, I, Storia veneta, 18: M. Barbaro-A. M. Tasca, Arbori de' patritii veneti, c. 149; Ibid., Segretario alle voci,mixti, reg. 1, c. 12v; Ibid., Consilium Rogatorum,partes mixtae, reg. 26, c. 38; Ibid., Sindicati, reg. 1, c. 59v; Ibid., Liber pactorum, reg. 5, c. 151r, 180r; Venezia, Civico Museo Correr, Cod. Cicogna 3781: G. Priuli, Pretiosi frutti del Maggior Consiglio, I, p. 104; Venezia, Bibl. Marciana, Cod. Lat. cl. XIV, 72 ( = 4273), n. 18; Raphaynus de Caresinis, Venetiarum chronica, in Rerum Italic. Script., 2 ediz., XII, 2, a cura di E. Pastorello, p. 11; H. Kretschmayr, Geschichte von Venedig, II, Die Blüte, Gotha 1920, pp. 206 ss., 220 ss.