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BURONZO, Giacomo

di FF. Ch. Uginet - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 15 (1972)
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BURONZO, Giacomo

FF. Ch. Uginet

Di nobile famiglia, nacque probabilmente a Savigliano intorno al 1400. Entrato nell'ordine domenicano nella città natale, nel 1431 era prete e professore di teologia e nel 1440 è indicato come inquisitore. Da questo momento intervenne nella vita pubblica del Comune, distinguendosi all'inizio per il suo zelo nella lotta contro gli ebrei. Chiese, infatti, al duca di Savoia di imporre agli ebrei macellerie distinte da quelle usate dai cristiani: la misura aveva lo scopo di impedire che i cristiani acquistassero dagli ebrei la carne di animali uccisi secondo il loro rito. Nel contempo si affermava come rigido difensore della pubblica moralità; la sua severa e costante azione in questo campo dovette essere condivisa dal Comune che si impegnò a pagare parte delle spese da lui sostenute e contribuirà in seguito alla costruzione della sagrestia del convento dei domenicani.

Ma l'azione del B. suscitò anche molto malumore tra i cittadini. Di questo malumore si fece interprete una parte del Consiglio comunale, la "Società del popolo", che lo denunciò al papa Felice V e al generale dell'Ordine domenicano, accusandolo di turbare l'ordine cittadino. Il B. venne allora difeso dal Consiglio privato di Savigliano e nessun provvedimento fu preso contro di lui, ma i suoi oppositori non si arresero: nell'estate del 1445 lo rapirono di notte e lo trasportarono a Cavallermaggiore, distante qualche chilometro da Savigliano. Liberatosi, il B. protestò davanti al Consiglio comunale, il quale, per prevenire rappresaglie, inviò ambasciatori al duca e al papa.

Questi avvenimenti avevano scosso i sostenitori del B.: tra gli stessi domenicani alcuni lo consideravano ormai un pericolo permanente per il convento e chiedevano il trasferimento della sede dell'Inquisizione. Il Consiglio comunale fu costretto a far sorvegliare di notte la sua abitazione da quattro armati. Alla fine il B. si trasferì a Saluzzo: di lì inviò una lettera al Consiglio comunale di Savigliano nella quale respingeva fermamente l'accusa di aver eccitato il popolo contro i nobili e chiedeva di presentarsi per sostenere le proprie ragioni. Ma il partito a lui ostile riuscì a far approvare, con lieve maggioranza, la sua espulsione dalla città. Poco dopo, però, il B. venne nominato vicario generale della provincia domenicana e fece ritorno a Savigliano, ove volle prendersi la rivincita sulla "Società del popolo". Accusò il Comune davanti al Consiglio ducale e il processo, protrattosi dal 1447 al 1451, si concluse con una sentenza contraria al Comune di Savigliano che venne condannato al pagamento di una pesante ammenda.

È in quest'ultimo periodo che il B. si occupò con maggior attenzione dei valdesi. Il vescovo di Torino, infatti, turbato dagli eccessi commessi da questi contro i parroci delle Valli, lo inviò nel 1448, accompagnato da una scorta armata fornita dal duca, a visitare le Valli. Gli abitanti si rifiutarono di ascoltarlo e il B. si ritirò a Luserna. Qui arrivò nel luglio dello stesso anno un "barba" famoso, Claudio Pastre, insieme con trecento correligionari per avere con lui un dibattito pubblico. Ma, visto il limitato effetto della disputa e constatato, specialmente, lo scarso impegno dei nobili a sostenere la sua causa, il B. lanciò l'interdetto sulle Valli per la durata di cinque anni. Rientrato, poi, a Savigliano decise di togliere l'interdetto a condizione che i nobili assumessero precisi impegni: ma poiché i nobili non risposero al suo appello, egli lo rinnovò. Soltanto nell'estate del 1451, in seguito a nuove richieste pervenutegli nel corso di quell'anno e a un breve pontificio indirizzatogli il 16 luglio, il B. tolse l'interdetto. Nel settembre si ebbero a Luserna alcune abiure alla presenza del B. e del vescovo di Torino; ma esse non ebbero seguito.

Dopo questi avvenimenti si perdono le tracce del B. fino al 1460, quando è indicato come professore dell'università di Torino. Dovette morire nell'anno 1468 o nel 1469.

Fonti e Bibl.: M. A. Rorengo, Memorie historiche dell'introduttione dell'heresie nelle valli di Lucerna,marchesato di Saluzzo e altre di Piemonte..., Torino 1649, pp. 19 s.; C. Turletti, Storia di Savigliano, Savigliano 1883, III, pp. 455-466; F. Gabotto, Valdesi,catari e streghe in Piemonte dal sec. XIV al XVI, in Bulletin de la Société d'histoire vaudoise, XVIII (1900), p. 11; F. Alessio, Luserna e l'interdetto di G. B., in Bollettino stor-bibl. subalpino, VIII (1903), pp. 409-424; G. Gonnet, Casi di sincretismo ereticale in Piemonte nei secoli XIV e XV, in Bollettino della Società di studi valdesi, LXXVIII (1960), 108, p. 3.

Vedi anche
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giàcomo
giacomo giàcomo s. m. [voce fonosimbolica, raccostata al nome pr. Giacomo]. – Nella locuz. pop. fare giacomo giacomo, detto delle gambe che tremano, si piegano per paura, per debolezza, ecc.: ho le gambe che mi fanno giacomo giacomo.
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