CAPPELLO, Giacomo
Nato a Venezia attorno agli anni 1660-1665 da Giovanni Francesco di Giacomo, che era fratello del segretario del Consiglio dei dieci Giovanni, scelse, al pari dello zio paterno, la carriera cancelleresca cui gli dava diritto la sua appartenenza alla classe dei cittadini. "Dedicai - ricorda in una lettera inviata al Senato il 1º genn. 1715 da Napoli - al riverito servitio della Serenità Vostra li primi anni nelle scabrose contingenze di Costantinopoli", al seguito dello zio, nel 1683-1684. Partecipò quindi, in qualità di segretario, alla ambasciata straordinaria al re d'Inghilterra Guglielmo III di Lorenzo Soranzo e Girolamo Venier, i quali, nella relazione del 19 sett. 1696, dissero di lui e del coadiutore Giovanni Francesco Vincenti che "la loro applicazione ed abilità han lasciato oziosi i nostri desideri". Dopo esser stato a Vienna, membro della segreteria di quell'ambasciata, rappresenta in Svizzera la Repubblica, con la qualifica di residente, dal settembre 1707 al luglio 1711.
Tra le incombenze del suo "benemerito impiego", lodato dal Pregadi per l'attenzione e vigilanza indefessa nella raccolta delle notizie e nell'essata puntualità", un particolare risalto hanno le continue e sempre aggiornate informazioni sull'andamento del conflitto franco-imperiale e sugli affari interni, le insistenze sui Grigioni perché "resti riddotta a perfezione la strada per la montagna di S. Marco", che da parte veneziana s'era già provveduto a rendere "transitabile, a comodo delle mercantie e de' passeggeri ancora", l'osservazione sulle "leve... maneggiate dal pontefice ne' cantoni cattolici" e l'adoperarsi del nunzio a Lucerna a tal fine.
La sua "nota abilità", la sua "molta prudenza e desterità", il "fervore" del suo "zelo" - il Senato abbondava sempre in elogi coi cittadini dedicatisi al servizio della Repubblica - facevano eleggere il C., nell'aprile 1714, residente a Napoli, ove giunge il 10 dicembre trattenendovisi sino ai primi di agosto del 1717.
I suoi dispacci al Senato presentano un certo interesse per ciò che contengono di cronaca locale, ad esempio sui contrasti tra viceré ed arcivescovo in proposito di "immunità" o sulla "disputa" tra questo ultimo "e la città alla prossima festa di S. Gennaro", quella del 1715, per la sua "pretesa ... che i canonici precedano i cavalieri". Particolarmente apprezzati a Venezia gli "studii" del C. a favore dei privilegi dei sudditi veneziani sia perché fossero "li casi civili criminali e misti della giudicatura del delegato della nazione" sia per apportare ai "legni" veneti approdanti, in genere, ad Otranto "ogni miglior trattamento". Costante il suo impegno nell'esigere, "in corrispondenza" di ciò che Venezia aveva sempre fatto con quelli della "Maestà Cesarea", la consegna dei disertori, specie dei trecentocinquanta soldati ammutinatisi mentre erano diretti a Corfù e sbarcati, all'inizio di settembre del 1715, a Fortore presso Lucera, dopo aver ucciso "l'official maggiore e qualche altro suo assistente"; sin dall'ottobre poteva farne partire duecentodiciannove con sette ufficiali, dopo aver non poco contrastato col viceré che voleva metterli tutti sotto processo, sospettandoli già disertori dall'esercito imperiale. Sempre "fisse" inoltre le "attenzioni" del C. perché dai porti pugliesi andassero "sfillando abondanti provisioni verso Corfù", ov'era l'armata veneta, quanto mai bisognosa di rifornimenti essendo in corso la guerra col Turco; continue perciò le sue sollecitazioni ai consoli veneti perché tenessero "animati li mercanti alla speditione di... provisioni d'ogni genere".
Dal 17 febbraio al 27 giugno 1716 il C. è a Malta; aveva abbandonato temporaneamente Napoli perché il Senato gli aveva ingiunto di recarvisi, "con ogni sollecitudine", ad ossequiare il gran maestro, Raymond Perellos y Roccafulli, a ringraziarlo del soccorso apportato "dalle due riputate squadre delle navi e galere nella campagna caduta" all'armata veneziana, e, soprattutto, a rinnovargli la richiesta d'aiuto; sì che, "nella campagna chè già prossima, non solo continuino gli già prestati soccorsi, ma si vedano ancora li rimedi molto più validi e solleciti".
Il C. morì nel 1736, certo prima del 30 maggio, quando fu steso l'inventario della sua residenza a Venezia e della sua villa a Mogliano.
Fonti e Bibl.: Le istruzioni senatorie al C. in Archivio di Stato di Venezia, Senato. Corti, registri 84-88, 91-94, passim; Ibid., Giudici di petizion. Inventari, 433/9; Relation du voyage de... Soranzo et... Venier... à la cour d'Angleterre. Lettre du... Coronelli... à... Magliabechi, Londres 1696, p. 8; E. A. Cicogna, Delle Inscrizioni Veneziane, V, Venezia 1842, p. 214; Le relazioni degli Stati europei lette al Senatodagli ambasciatori veneti nel secolo XVII, a cura di N. Barozzi- G. Berchet, Venezia 1863, p. 542; Dispacci degli ambasciatori al Senato. Indice, Roma 1959, pp. 199, 321; Le relazioni di ambasciatori veneti al Senato, a cura di L. Firpo, I, Torino 1965, p. 1016; F. Nicolini, Frammenti veneto-napoletani, in Studi di storia napoletana in on. di M. Schipa, Napoli 1926, p. 272.