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CARACCIOLO, Giacomo

di Salvatore Fodale - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 19 (1976)
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CARACCIOLO, Giacomo

Salvatore Fodale

Secondo il Fabris, era figlio di Giovanni e di Cecchella Vulcano. Nulla sappiamo circa la data della sua nascita, probabilmente avvenuta a Napoli.

Nel 1381 fu nominato da Carlo III d'Angiò Durazzo suo vicario nella città di Arezzo, in sostituzione di Guglielmo di Guascogna vescovo di Giavarino (Györ), la cui politica di pacificazione tra guelfi e ghibellini era fallita con una congiura ordita dai primi e repressa nel sangue. Per calmare il malcontento e il risentimento dei guelfi, che già avevano consentito l'occupazione della città da parte durazzesca, il C. dovette rinnovare il bando contro i Pietramala e le altre famiglie ghibelline, che la politica del suo predecessore aveva fatto tornare dall'esilio. Chiamò a difesa della città Alberico da Barbiano, che si trovava al soldo di re Carlo e la cui compagnia si abbandonò il 18 nov. 1381 ad un terribile saccheggio. Quando nella notte tra il 28 e il 29 sett. 1384 Arezzo fu occupata di sorpresa dai fuorusciti ghibellini e da Enguerrand de Coucy, disceso in Italia contro Carlo III in aiuto del duca Luigi d'Angiò, il C. si ritirò con le sue truppe nel cassero della città. Aveva rifiutato pochi giorni prima gli aiuti militari offerti da Firenze, temendo celassero una trama della Repubblica per introdurre in Arezzo le sue milizie, dopo il fallimento delle precedenti trattative condotte da questa con i Napoletani per la cessione della città. Dopo un mese di assedio e di resistenza, il 27 ott. 1384 il C. fu però costretto a vendere la fortezza alla Repubblica di Firenze, che completava l'acquisto della città concludendo contemporaneamente le trattative anche con il signore di Coucy. Per l'avvenuta cessione ricevette, il 30 genn. 1385, 2.100 fiorini d'oro, che si aggiungevano ai 7.000 già versatigli da Firenze. Il 10 marzo i Dieci di balia scrivevano poi al re Carlo III giustificando l'intera operazione e raccomandandogli il C., il quale solo dopo un'accanita resistenza e ridotto ormai allo stremo delle forze aveva ceduto Arezzo, e consegnandola ad amici del re aveva impedito che cadesse in mano ai suoi avversari.

Alla condotta del C. non dové comunque mancare la ratifica regia, giacché poté fare ritorno a Napoli, dove il 1º marzo 1386, di giovedì grasso, quando si sparse la notizia del ferimento mortale del re, teneva il campo nella giostra in piazza delle Corregge, alla presenza della reggente Margherita di Durazzo e dei figli Giovanna e Ladislao, durante i festeggiamenti per l'incoronazione di Carlo III a re d'Ungheria. Dopo la morte del sovrano, si mantenne fedele al re Ladislao nelle lotte che seguirono a Napoli, divisa tra partigiani dei Durazzo, degli Angiò e di papa Urbano VI. Accompagnato dal figlio Tuzzillo, il 5 luglio del 1387 è alla testa dei partigiani di Ladislao che al vespro si radunano in armi nella piazza del Mercato inneggiando congiuntamente al re e a papa Urbano, nell'imminenza dell'occupazione angioina della città. Il giorno successivo, nella stessa piazza, si scontrò però con la fazione urbanista guidata da Lisolo Brancaccio. Nel combattimento rimase ucciso Tuzzillo; e il C., che era stato gravemente ferito, morì dopo pochi giorni.

Fonti e Bibl.: Platynae historici Liber de vita Christi ac ommium pontif., in Rer. Ital. Script., 2 ed., III, 1, a cura di G. Gaida, p. 287; Diurnali del duca di Monteleone,ibid., XXI, 5, a cura di M. Manfredi, p. 47; Annales Arretinorum maiores et minores,ibid., XXIV, 1, a cura di A. Bini-G. Grazzini, pp. 87 ss., 93 ss., 100 s.; Cronicon Siculum incerti authoris ab anno 340 ad annum 1396, a cura di G. De Blasiis, Napoli 1887, pp. 64, 69; G. Capponi, Storia della repubblica di Firenze, I, Firenze 1930, p. 377; P. Durrieu, La prise d'Arezzo(1384) par Enguerrand VII sire de Coucy, in Bibliothèque de l'Ecole des chartes XLI (1880), pp. 12 ss.; M. Schipa, Contese sociali napoletane nel Medioevo, in Arch. stor. per le prov. napol., XXXII (1907), p. 577; G. Franceschini, Gian Galeazzo Visconti arbitro di pace fra Montefeltro e Malatesti(1384-88), in Arch. stor. lomb., LXV (1938), pp. 294, 296; Id., Noterelle di storia umbro-marchigiana, I, Gian Galeazzo Visconti e la quest. di Cantiano(1386),ibid., LXXV-LXXVI (1948-49), p. 211; Id, Alcune lettere inedite del cardinale Galeotto da Pietramala, in Italia medioevale e umanistica, VII (1964), p. 383; A. Cutolo, Re Ladislao d'Angiò Durazzo, Napoli 1969, pp. 57, 69; F. Fabris, La genealogia della famiglia Caracciolo, a cura di A. Caracciolo, Napoli 1966, tavv. XXII, XXIIa.

Vedi anche
Ghibellini Sostenitori della fazione tedesca capeggiata dagli Hohenstaufen, signori di Waibling (da cui il nome) e duchi di Svevia, in contrapposizione ai Guelfi. duca Titolo nobiliare che, nella gerarchia araldica, segue quello di principe. In età tardoromana il termine (lat. dux) individuava il detentore del potere militare in una o due province, ma dal Medioevo in poi passò a indicare colui che deteneva poteri militari e civili, con titolo e carica ereditari, in ... partigiano Membro di formazioni irregolari armate che agiscono su un territorio occupato dal nemico esercitando azioni di disturbo e di guerriglia. Guerra p. Azione di guerra che si svolge di consueto su un territorio invaso dal nemico e, fidando sulla solidarietà delle popolazioni e sulla conoscenza dei luoghi, ... castello architettura Presso i Romani il castellum era un’opera di fortificazione, generalmente di minore entità rispetto al castrum, lungo i confini dell’Impero. I castello erano temporanei o permanenti: i primi erano semplici ridotte, di forma circolare o quadrangolare, spesso senza baraccamenti per le truppe; ...
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Vocabolario
giàcomo
giacomo giàcomo s. m. [voce fonosimbolica, raccostata al nome pr. Giacomo]. – Nella locuz. pop. fare giacomo giacomo, detto delle gambe che tremano, si piegano per paura, per debolezza, ecc.: ho le gambe che mi fanno giacomo giacomo.
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