CIAMICIAN, Giacomo (Luigi)
Nacque a Trieste il 25 ag. 1857 da Giacomo e da Carolina Ghezzo. La sua era un'agiata famiglia dell'alta borghesia commerciale, immigrata dall'Armenia e da tempo trasferitasi a Trieste. Fra gli ascendenti è noto lo storico armeno Michele (1738-1823), di cui sì conserva una storia del popolo armeno.
Il giovane C., perduto il padre in tenera età, fu seguito con ansioso affetto dagli zii Ghezzo. Percorse gli studi secondari in Trieste, frequentandovi le scuole pubbliche austriache. Grande influenza nella sua vita di studio e nell'orientamento verso le scienze esatte e naturali esercitò in quegli anni il suo insegnante triestino di chimica, A. Vierthaler. Nel 1874 il C. passò a Vienna, dove lavorò sotto la guida di L. Barth e H. Weidel e dove si dedicò, in un primo tempo, allo studio della chimica fisica, e in particolare agli studi di spettroscopia di emissione degli elementi chimici. Era appena ventenne quando pubblicò alcune note scientifiche riguardanti la meccanica degli aeriformi e la spettroscopia dì emissione. Non mancarono nei suoi "anni viennesi" interessi naturalistici.
Il C. lavorava contemporaneamente nell'istituto di zoologia dell'università e, nelle vacanze estive, presso la Stazione zoologica di Trieste. Questa attività nei campi della fisica e della biologia (attività che denota una precoce versatilità, una msaziabilità di lavoro e una curiosità di sapere eccezionali) contribuì a conferirgli quella sensibilità alla fisica e alla biologia che traspare e spesso è guida e orientamento nelle opere fondamentali di chimica organica, che occuparono tutta la sua vita e gli procurgono fama internazionale. Già a Vienna, sotto l'influenza e lo stimolo del Weidel, il C. aveva iniziato le sue ricerche sul pirrolo, sostanza che era stata trovata tra i prodotti di distillazione del catrame di carbon fossile e, successivamente, di residui animali (olio di Dippel). Il Weidel ebbe cura che il suo giovane allievo sviluppasse da solo e con originalità questo grande e nuovo capitolo della chimica organica: la chimica dei pirrolo e dei suoi derivati.
Nel I volume dei Monatshefte fur Chemie... (1880) il C. ricorda con gratitudine la fiducia posta in lui dal Weidel. Ed invero questa era stata ben riposta, come il C. poté dimostrare ampiamente nella famosa conferenza tenuta a Berlino il 4 nov. 1904 sugli sviluppi della chimica del pirrolo nel precedente quarto di secolo (Berichte der Deutschen chemischen Gesellschaft, XXXVII[1904], pp. 4200-4255). Nonostante i legami di lavoro e di affetto che univano il C. alla grande Vienna del tempo, egli si laureò presso l'università di Giessen, essendo questa l'unica università di lingua tedesca che concedesse il dottorato a giovani che non avevano seguito nella scuola media gli studi classici.
Subito dopo la laurea in scienze naturali, conseguita nel 1880, il C. si trasferì a Roma, dove entrò a far parté del brillante gruppo di giovani assistenti di S. Cannizzaro. Ivi trovò, fra gli altri, R. Nasini e A. Piccini, con i quali strinse rapporti di fraterna amicizia. D Cannizzaro ebbe mmediatamente la percezione del bello;e del valore del nuovo allievo e gli lasciò la più ampia libertà scientifica per le sue ricerche. Il C. trascorse sette anni alla scuola chimica di Roma, anni assai fruttuosi per lui, sia per scoperte sia per acquisizioni di nuove conoscenze nello studio del pirrolo e dei suoi derivati. A Roma incontrò Paolo Silber, venuto dalla Germania, e iniziò con lui una collaborazione che durò per trentacinque anni: il binomio Ciamician-Silber fa uno dei più stabili e celebri nel mondo della chimica. Le ricerche sul pirrolo valsero al C., già nel 1887, il premio dei Lincei. Nello stesso anno egli vinse per concorso la cattedra di chimica generale nell'università di Padova, ma rimase in quella sede, solo un paio di anni poiché già nel 1889 fu chiamato a coprire la cattedra di chimica generale nell'ateneo bolognese, dove ebbe anche l'incarico di chimica biologica. Ivi rimase e operò fino alla morte, avvenuta in Bologna il 2 genn. 1922.
Il C. ebbe onori accademici e distinzioni scientifiche innumerevoli. Socio corrispondente dell'Accademia dei Lincei dal 1888, venne eletto membro nazionale il 7 nov.1893; membro dell'Accademia delle scienze delMstituto di Bologna e delle più note accademie scientifiche italiane, fu membro delle quattro più importanti società chimiche del mondo: francese, inglese, tedesca e statunitense. Fu uno dei primi presidenti - della risorta Società italiana per il progresso delle scienze e il primo presidente generale dell'Associazione italiana di chimica pura e applicata. Nel 1910 venne nominato senatore.
Alla sua morte (fu sepolto alla certosa di Bologna) venne commemorato dai più illustri scienziati del tempo: R. Fabre alla Società chimica francese, A. Haller all'Accademia di Francia, T. E. Thorpe su Nature (Londra); sir W. Pope portò alla Chemical Society di Londra la commemorazione tracciata per essa da R. Nasini, P. Jacobson parlò nnanzi alla Società chimica tedesca, R. Willtätter, il famoso chimico delle sostanze naturali, volle ricordare personalmente il C. all'Accademia bavarese delle scienze. In Italia il senatore L. Rava e S. Pincherle commemorarono, a tredici giorni dalla morte, l'insigne chimico davanti all'Accademia delle scienze dell'Istituto di Bologna; ad essi si uni G. Ruggi. L'università di Bologna nei primi mesi del 1922 ne celebrò il ricordo con un memorabile discorso di G. Bruni (il quale era stato uno fra i più cari ed illustri suoi allievi). All'Accademia benedettina di Bologna il C. venne poi commemorato nel 1924 dal successore alla sua cattedra, M. Betti, ed in occasione del compimento del venticinquesimo anno della morte l'università e l'Accademia di Bologna ricordarono il C. con una solenne cerimonia e con un discorso pronunciato da G. B. Bonino. L'Associazigne italiana di chimica generale ed applicata si rese iniziatrice di una commemorazione nazionale tenuta all'università di Roma da G. Plancher, che del C. era stato uno tra gli allievi prediletti. Ma tutte le Accademie e le Società scientifiche italiane rievocarono le figura del C. con discorsi di illustri scienziati: fra gli altri, F. Zambonini all'Accademia delle scienze di Torino, F. Garelli all'Associazione di chimica industriale di Torino, R. Ciusa a Bari. Quanto sopra è riferito per sottolineare l'ammirata risonanza che il nome del C. ebbe in tutto il mondo scientifico.
L'opera scientifica del C. è multiforme, abbondante e in certi casi genialmente divinatoria. Egli seppe talvolta intuire, come nei suoi primissimi lavori di carattere spettroscopico, aspetti per i quali la scienza di allora non era ancora matura e preparata ma che, a distanza anche di decenni, trovarono numerosi sviluppi e generali conferme. La produzione scientifica successiva alla laurea si svolse quasi esclusivamente nel campo della chimica organica, però con una tendenza, sempre crescente nel tempo e fino agli ultimi anni divita, ad accostarsi alla chimica biologica., specie vegetale.
Il gruppo di lavori a cui egli maggiormente deve la sua fama, e che resta sempre il più cospicuo e completo, è quello sulla chimica del pirrolo e derivati. Iniziò a Vienna con una breve, se pur ancora modesta, nota, pubblicata, insieme con il Weidel, nel 1879 nei Sitzungberichte (mat. Klasse) dell'Accademia dì Vienna. Ma questo non era che un preludio alla fandamentale serie di ricerche perseguite dal C., insieme con numerosi allievi e collaboratori, negli anni di Roma, Padova e Bologna. Nel 1881 il C. rese nota, con M. Dennstedt, una nuova singolare reazione (reazione di C.-Dennstedt) che permette di passare dall'anello eterociclico a cinque termini del pirrolo a quello a sei termini della piridina, per trattamento con cloroformio in presenza di alcali (Gazzetta chimica italiana, XI[1881], pp. 300-314). Pochi anni dopo egli ottenne diversi derivati del pirrolo, fra cui la pirrolidina e il tetraiodopirrolo (iodolo, usato come antisettico: brevetto tedesco n. 35130 del 1885). Osservò che gli N alchil- e gli N-acilderivati del pirrolo per riscaldamento subiscono una trasposizione dei radicale, che migra dall'atomo di azoto a quello di carbonio in posizione 2. Sempre in questo campo, ottenne, per apertura dell'anello pirrolico, composti alifitici a 4 atomi di carbonio (derivati dell'acido succinico e dell'acido maleico) e, viceversa, da questi, pirrolo e derivati. Dopo l'anno 1890 due grandi allievi del C., e cioè A. Angeli e G. Plancher, sotto la guida del maestro, condussero ricerche di grande rilievo nel gruppo del pirrolo e del suo derivato condensato, l'indolo, portandovi importanti contributi. Cosicché la chimica del pirrolo può dirsi sostanzialmente, nei suoi fondamentali e primi sviluppi, opera della scuola chimica italiana. Ciò è stato universalmente riconosciuto, ma basti ricordare l'esplicito ed ampio riconoscimento di V. Meyer e P. Jacobson nel loro noto trattato di chimica organica (Lehrbuch der organischen Chemie, Leipzig 1893-96).
I lavori sul pirrolo effettuati in venticinque anni dal C. e dalla sua scuola furono esposti in sintesi nel sopra ricordato discorso tenuto nel 1904 a Berlino. La chimica dei pirrolo e dei suoi derivati si è dimostrata di gran lunga più ricca di interesse negli anni successivi a quelli in cui il C. ne costruiva le basi: le conoscenze sui derivati del pirrolo acquistarono ben presto un'importanza prima non sospettata, e ciò a mano a mano che si veniva, riconoscendo quale parte essi abbiano fra importanti composti elaborati dagli organismi viventi. Basterebbe ricordare il fatto che fra gli amminoacidi ottenuti dalle sostanze proteiche si riscontra il triptofano, che contiene il nucleo del benzopirrolo (cioè dell'indolo). Era anzi opinione dei C. che fra i costituenti delle proteine dovessero trovarsi anche veri e propri derivati del pirrolo; tale opinione si era cominciata a formare in lui in seguito ad esperimenti (effettuati col Weidel nel 1880) mediante i quali si erano ottenute, per distillazione secca della gelatina, le e pirocolle, anidrocomposti di acidi pirrolcarbossilici. L'opinione del C. ebbe poi conferma sperimentale con la scoperta della prolina o acido pirrolidin-α-carbossilico, che E. Fischer, nel 1901, trovò fra i prodotti dell'idrolisi proteica. La presenza di raggruppamenti riferibili al nucleo pirrolico, o a quello indolico, venne riscontrata anche in alcuni dei più noti alcaloidi, come per esempio nella nicotina, nell'atropina, nella cocaina ecc. Di particolare rilievo è poi la presenza, evidenziata in quegli anni, di anelli pirrolici nella clorofilla e nell'eme (gruppo prostetico dell'emoglobina), i due pignienti essenziali per la vita che si trovano, rispettivamente, nelle piante verdi e nella generalità degli animali. Si può quindi ben a ragione affermare che il C. ed allievi prepararono un valido terreno alle ricerche sugli emopirroli, che costituirono le basi su cui H. Fischer, più tardi, giunse alla sintesi dell'emina. Da ricordare, per esempio, il lavoro della scuola del C. condotto da G. Plancher e F. Cattadori (1900-1901), che fissa con eleganti esperienze, attraverso sostanze chimicamente ben definite, un sicuro appoggio alla conclusione di W. Küster (1900) che per ossidazione dell'emina si ottengono anidridi insature, come anidride metiletilmaleica. La scuola bolognese del C., con Plancher e Cattadori (1901), dimostrava nel modo più sicuro che quelle anidridi insature provengono da omologhi del pirrolo presenti nelle emine. Il C., nella sua conferenza a Berlino nel 1904, rivèndicò questa scoperta della sua scuola come fondamentale per la sintesi dell'emina e fissò con chiare parole il parallelo con il significato del lavoro analitico del Küster. Del resto lo studio degli alchilpirroli, fra i quali si deve classificare l'emopirrolo, pilastro di appoggio per la costruzione della molecola dell'emina, ha costituito uno dei problemi nella cui trattazione il C. e la sua scuola (C. e Dennsted, C. e Zanetti, ecc.) ebbero successi di rilievo. e il C. già nel 1907, e cioè prima delle ricerche di O. Piloty del 1909-10, in una conferenza al congresso di Parma della Società italiana per il progresso delle scienze, dice: "È senza dubbio uno dei fatti più interessanti per la biologia in genere che il pigmento verde delle foglie ed il pigmento rosso del sangue siano sostanze affini chimicamente. La ematoporfirina e la filloporfirina... si considerano oggi derivanti... dal così detto emopirrolo".
Era quindi naturale che tanto questi fatti, quanto le primitive speculazioni nel campo delle scienze biologiche contribuissero a mantenere rivolta l'attenzione e la simpatia deA C. prevalentemente verso lo studio di quei prodotti che, riscontrandosi negli organismi viventi, dovevano necessariamente avere un più appassionato interesse per il chimico organico. Si riconduceva così la chimica organica al suo primitivo significato ed al suo originale indirizzo. Ed invero le ricerche del C., che fanno seguito a quelle sul pirrolo ed eseguite prevalentemente fra il 1888 e il 1900, riguardarono in particolar modo lo studio di prodotti naturali come quelli che costituiscono le essenze dell'anice, del prezzemolo, dei chiodi di garofano, del sassofrasso ecc., nonché la costituzione chimica del principio aromatico dell'essenza di sedano e degli alcaloidi del melograno.
Questa sensibilità e questi interessi scientifici con sfondo biologico portarono il C. a porsi alcuni problemi fondamentali: come e perché questi composti si trovano a far parte degli organismi viventi? Con quali mezzi, certamente più blandi e semplici di quelli del laboratorio chimico, la natura produce tali sostanze? Quale siginficato esse hanno, quale funzione esercitano?.
Per affrontare lo studio di questi argomenti era però necessario esammare in primo luogo quale azione esercitano sui composti organici quei "fattori" che hanno una preponderante influenza nei processi della natura, ed in particolar modo nei processi biochimici dei vegetali. Dì questi fattori, indubbiamente, il più importante è la luce. Di qui lo studio sistematico, ampio, paziente, accurato, del C. sulle azioni chimiche, a decorso lento, della luce, studio condotto, per quei tempi, con tecniche insuperabili e nel quale l'abilità, sperimentale del C. e del suo collaboratore P. Silber, affinatasi nelle ricerche precedenti, dovevano essere messe al più difficile cimento.
Da queste indagini, effettuate per la maggior parte fra il 1900 e il 1915, è risultata uni lunga serie di fatti di cui ricorderemo in particolare la condensazione, per azione della luce, dei chetoni alifatici a dichetoni, poiché da questi composti è agevole passare a derivati alchilati del pirrolo. Siccome tali derivati si trovano anche nella molecola della clorofilla, questa reazione farebbe intravedere la possibilità di sintesi per via fotochimica del pigmento, clorofilliano, che in natura si forma pure con processo fotochimico. Merita anche di essere ricordata la cosiddetta reazione di Ciamician, che consiste nella disproporzione fotochimica della 2-nitrobenzaldeide ad acido 2-nitrosobenzoico (Berichte der Deutschen chemischen Gesellschaft, XXXIV[1901], pp. 2040-2046). Quasi a coronamento delle sue ricerche di fotochimica, il C. tenne, all'VIII congresso internazionale di chimica applicata (New -York 1912) una brillante conferenza (La fotochimica dell'avvenire), in cui sostenne la possibilità pratica di utilizzare l'energia solare non solo attraverso la fotosintesi clorofilliana, ma anche direttamente, in appositi stabilimenti industriali da collocare in zone desertiche tropicali. Mentre le ricerche sulle azioni chimiche della luce si andavano sviluppando, fl C., con geniale iniziativa, pensò di affrontare in modo più diretto la risoluzione del problema che si affacciava insistente alla sua mente: mettere a profitto per le sue indagini quei delicati laboratori chimici che sono gli organismi vegetali.
Dal 1908 egli passò ad investigare in qual modo sostanze organiche appartenenti a tipi diversi di composti si trasformino quando vengano introdotte nelle piante stesse per inoculazione allo stato puro o anche in soluzione. Campo, questo, allora del tutto nuovo ed originale, sia come programma, sia come tecniche di lavoro, ma nello stesso tempo sommamente arduo anche per la difficoltà di dover isolare da parecchi chilogrammi di poltiglia, ottenuta macinando ad una data epoca tutta la pianta, la piccola quantità della sostanza introdotta e rimasta inalterata o i prodotti originatisi dalla sua trasformazione. Mancavano allora gli eleganti e delicati metodi cromatogiafici che oggi potrebbero rendere meno ardue sperimentalmente ricerche di questo tipo. Molti furono i risultati di questa ultima fase di studi del C., interrotti dalla sua morte. Si ricorderà in particolare la interessante formazione di glucosidi in seno a piante che ordinariamente non li contengono, provocata somministrando ad esse le sostanze aromatiche facenti parte dei glucosidi stessi (1909). Il C., in collaborazione con C. Ravenna, riuscì così a dimostrare sperimentalmente che la formazione di glucosidi corrisponde nella pianta ad un mezzo con il quale essa si difende dall'azione di certe sostanze che potrebbero essere dannose se presenti in troppo grande quantità. La pianta ne immobilizzerebbe, infatti, un eccesso dannoso per essa, trasformandolo in glucosidi. Egli estese poi queste ricerche agli alcaloidi, onde chiarire di queste sostanze la funzione ed il signilicato nelle piante. Il C., confutando ipotesi vane e poco fondate che erano state formulate prima da altri studiosi, maturò la convinzione, attraverso acute argomentazioni, che la funzione degli alcaloidi nel mondo vegetale dovesse trovare analogia con quella che negli organismi ammali esercitano gli ormoni. Le sue ricerche sulla biosintesi degli alcaloidi gli permisero anche di modificare, facendola aumentare o diminuire, la produzione di nicotina nel tabacco.
Se l'attività scientifica preponderante del C. è stata quella sopra riassunta, non va dimenticato che egli e la sua scuola, anche al di fuori della chimica organica, hanno lasciato tracce importanti. Dalle ricerche giovanili di spettroscopia si passa agli studi sulla dissociazione elettrolitica dei sali in soluzione, alle ricerche sulle soluzioni solide, ricerche che occuparono il C. ed i suoi allievi quali G. Magnanini, F. Garelli, G. Bruni, M. Padoa, ecc. con serie di lavori sperimentali e teorici che dimostrarono la grande versatilità del C. e la sua insofferenza a restare scientificamente rinchiuso in spazi limitati.
Il C. apportò contributi di grande rilievo alla chimica generale, agli studi sul pirrolo e derivati, a quelli di svariati prodotti naturali, alla fotochimica organica, alla firochimica. Egli ha arricchito la letteratura scientifica di quasi quattrocento memorie o note. Promotore della cooperazione fra le diverse scienze, egli pubblicò pure un certo numero di monografle destinate non solo allo studioso di scienze chimiche ma anche all'uomo genericamente colto, seguendo un alto e illuminato criterio di volgarizzazione delle sue idee.
Come maestro in laboratorio il C. fu insuperabile, specie come suscitatore di entusiasmante passione scientifica nei giovani. Molti suoi allievi salirono la cattedra universitaria; ricordiamo fra i maggiori A. Angeli, G. Bruni, G. Magnanini, G. Plancher, M. Padoa, R. Ciusa, L. Mascarelli, F. Garelli, C. Rimini, C. Ravenna.
Del C., come senatore, si ricordano relazioni al Senato su problemi che richiedevano, oltre alla profonda capacità scientifica e tecnica, sensibilità politica e sociale. Fece parte di importanti commissioni ed in ultimo presiedette il Comitato per le industrie chimiche creato presso il ministero dell'Industria. A Bologna venne anche eletto consigliere comunale e, pur nelle aspre lotte di allora, la sua alta personalità fu sempre ascoltata, f. rispettata anche dagli avversari.
Opere: La maggior parte delle memorie scientifiche sono pubblicate in Gazzetta chimica italiana, in Atti della R. Accademia dei Lincei, in Memorie della R. Accademia delle scienze dell'Istituto di Bologna e in Berichte der Deutschen chemischen Gesellschaft. Nella collana "Attualità scientifiche" edita da Zanichelli (Bologna) sono pubblicati: I problemi scientifici del nuovo secolo (1904), La chimica organica degli organismi (1908), La cooperazione delle scienze (1911), La fotochimica dell'avvenire (1913), Sul significato biologico degli alcaloidi nelle piante (1922).
Fonti e Bibl.: Atti Parlamentari, Senato, Discussioni, legisl. XXIII-XXVI, ad Indices;Necr. in Giornale di chimica industriale e appl., IV(1922), pp. 1 s.; in Rendiconti delle sessioni della R. Accademia delle scienze dell'Istituto di Bologna, XXVII (1922-23), suppl., pp. 21-55; diP. Jacobson, in Berichte der Deutschen chemischen Gesellischaft, LV (1922), pp. 19 s.; di L. Mascarelli, G. C., Torino1922; di W. McPherson, in Journ. of the Amer. chemical Society, XLIV (1922), pp. 101-106; di T. E. Thorpe, in Nature (London), CIX (1922), pp. 245 s.; di F. Zambonini, in Atti della R. Accad. delle scienze di Torino, LVIII (1922-23), pp. 534-544. Cfr. inoltre G. Bruni, in Atti d. Soc. ital. per il progresso delle scienze, XV(1921), pp. 677-704; C. Ravenna, L'opera di G. C., in Biochimica e terapia sperim., XI (1924), pp. 183-197; G. Plancher, G. C., in Gazz. chimica ital., LIV (1924), pp. 3-22; G. Timeus, In mem. di G. C., Trieste 1925; R. Nasini, G. L. C., in Journal of the Chemical Society, X(1926), pp. 996-1004; R. Fabre, Notice sur G. C., in Bull. de la Société chimique de France, s. 4, XLI(1927). pp. 1562-1566; A. Angiolani, G. C., in La Chimica, VIII(1932), pp. 42-46; G. Provenzal, G. C., in Profili bio-bibliogr. di chimici ital., Roma s.d. [ma 1938], pp. 281-287; A. Coppadoro, G. C., in Ichimici ital. e le loro associaz., Milano 1961, pp. 233s.; N. D. Heindel-A. G. Giumanini, G.L.C., in Boll. chimico-farmaceutico, CV pp. 451-490;A. B. Costa, C. G. L., in Dictionary of scientific biography, III, New York 1971, pp. 270s.; A. Gaudiano, in Scienziati e tecnologi dalle origini al 1875, Milano 1975, pp. 310 s.; J.C. Poggendorff, Biograph-literar. Handwörterbuch, IV, pp. 250-252; V, pp. 233 s.