CUSMANO, Giacomo
Nacque a Palermo il 15 marzo 1834 dall'ingegnere agronomo Giacomo e da Maddalena Patti. Ad appena tre anni perdette la madre; spettò quindi al padre dargli una prima educazione e poi iscriverlo al collegio Massimo di Palermo. retto dai gesuiti. Il C. si distinse ben presto non solo per la bravura negli studi, ma anche per l'ardente desiderio di diventare missionario, stimolato dalla lettura del periodico Le Missioni alle Montagne Rocciose; nel 1850. anzi, i familiari dovettero impedirgli di partire per le missioni. Iscrittosi all'università di Palermo alla facoltà di medicina l'11 luglio 1855 conseguì la laurea e per quattro anni esercitò la professione a Palermo e a San Giuseppe jato, dove si recava spesso, in seguito alla morte del padre avvenuta nel 1858, per amministrare il patrimonio della famiglia. Alcuni amici e conoscenti videro nel C., per le sue qualità morali ed intellettuali, un possibile capo del movimento rivoluzionario antiborbonico, ma egli si ritrasse in quanto era contrario ad ogni soluzione politica e sociale che prevedesse l'uso della violenza. Decisivo doveva rivelarsi l'incontro col canonico Domenico Turano, professore di Sacra Scrittura all'università di Palermo. Il C. vide subito in lui la propria guida spirituale; l'8 dic. 1859, dietro suo consiglio, vestì l'abito talare ed il 22 dic. 1860 diventò sacerdote. Nominato rettore della chiesa dei SS. Quaranta Martiri, il C. si dedicò soprattutto all'assistenza dei poveri delle borgate di Palermo.
L'annessione della Sicilia al Regno di Sardegna non aveva contribuito a migliorare le condizioni delle classi meno abbienti di Palermo e del resto dell'isola. Continuava a vigere un regime semifeudale; turbe di contadini, non trovando nelle campagne i mezzi di sostentamento, affluirono a Palermo, accrescendo il numero degli indigenti. La legge di eversione dei beni ecclesiastici, il reclutamento militare attuato talora con la forza, le promesse non mantenute di autonomia amministrativa accesero lo scontento che esplose nella rivolta del settembre 1866, culminata nel saccheggio e nell'incendio di numerosi palazzi della città. La dura repressione del Cadorna, il colera del 1866 e del 1867, la soppressione dei conventi, che privò molti poveri di ogni elementare assistenza, aggravarono la situazione.
In questo contesto si inserisce l'azione del C. che culminò con la fondazione dell'opera del "Boccone del povero". Il C. vide un mezzo efficace per alleviare la miseria dei suoi concittadini più poveri nell'usanza, già consigliata da s. Francesco di Sales e praticata dalla famiglia del suo amico Michele De Franchis, di raccogliere a pranzo dei "bocconi" delle proprie pietanze coi quali sfamare ogni giorno un povero. Il Turano nei primi anni gli negò il permesso di fondare un'opera con lo scopo di ottenere questi piccoli contributi dalle famiglie di agiata condizione, ma dopo l'aggravarsi dell? situazione, dopo la coraggiosa assistenza prestata dal C. ai poveri colpiti dal colera, finalmente gli consentì di presentare nel febbraio 1867 una supplica all'arcivescovo di Palermo G. B. Naselli, che diede il suo assenso alla nascita dell'associazione del "Boccone del povero". Il papa Pio IX il 5 ag. 1868 lodò l'iniziativa sotto forma di decreto ed inviò la sua apostolica benedizione.
Simbolo dell'opera può essere considerata l'immagine che venne distribuita a Palermo, nella quale era raffigurato Gesù Cristo attorniato dai ricchi e dai poveri nel gesto di distribuire al povero la carità del ricco. Contrario alla lotta fra le classi, auspicando anzi la concordia fra loro, il C. sosteneva la necessità di sviluppare l'attività caritativa ed assistenziale, che per lui va differenziata a seconda delle singole situazioni in quanto la sofferenza, il dolore, la miseria non sono mali impersonali, ma individuali e cambiano secondo le caratteristiche di ognuno. Il C. sottolineò sempre con i suoi collaboratori l'importanza di evitare al povero ogni umiliazione perché "il povero sente più degli altri la dignità dell'uomo" (Lettere, ediz. Aiello, I, 2, p. 503).
Oltre a pochi, ma validi, assistenti laici si unirono al C. una ventina di sacerdoti e l'opera, grazie anche all'appoggio di esponenti della nobiltà palermitana e delle autorità civili, poté svolgere un'azione capillare nella raccolta di offerte, con le quali ogni giorno nei primi anni venivano sfamati un centinaio. di poveri. Ma dopo questo promettente avvio, la morte nel maggio 1870 dell'arcivescovo Naselli, che aveva contribuito a far conoscere l'opera con la sua Lettera pastorale nella Pasqua del 1869 (Palermo 1869), e l'allontanamento di molti sacerdoti, assai attivi, elevati a cariche più importanti nella stessa diocesi o insigniti del vescovato determinarono nel 1871 il decadimento dell'associazione. Il momento più grave si verificò quando il Turano, nominato vescovo di Girgenti (ora Agrigento) volle ad ogni costo che il C. lo seguisse nella nuova sede.
Partito il 24marzo 1872, il C. rimase solo alcuni mesi a Girgenti e, tornato a Palermo, si dedicò con nuovo fervore a riorganizzare l'opera. Ritenuta insufficiente la casa dei SS. Quaranta Martiri, dove aveva incominciato a ricoverare i vecchi bisognosi, riuscì ad ottenere nell'aprile 1874 il conventino di S. Marco, che trasformò ben presto nel centro assistenziale più importante di Palermo.
Fermo nel rifiuto delle dignità che gli venivano offerte, il C. portò avanti la sua causa con sorprendente energia e con grande dedizione. Ne rimane testimonianza nelle numerose lettere, inviate specialmente alle autorità civili ed ecclesiastiche, per interessarle all'opera del "Boccone del povero"; ai nobili palermitani, per convincerli a contribuire; ai collaboratori, ai quali diede consigli di ogni tipo ed infine ai familiari. Particolarmente importante per la storia dell'associazione del "Boccone del povero" è la lettera del 19 maggio 1882, inviata al confessore di Leone XIII, Daniele da Bassano, col quale il C. era in amichevole carteggio.
Ma per quanto intenso fosse il suo attivismo, il C. col sistema delle collette non riusciva più a sfamare il gran numero dei poveri che accorrevano alla casa di S. Marco. Le condizioni dei contadini e dei braccianti siciliani, spesso costretti ad indebitarsi con gli esosi "gabellotti", negli anni di cattivo raccolto diventavano infatti disperate, mentre i latifondisti si erano ulteriormente rafforzati con l'acquisto dei beni delle corporazioni religiose soppresse. Un'inchiesta parlamentare ed una privata di L. Franchetti e di S. C. Sonnino (1876) avevano messo a nudo i mali dell'isola, ma il governo continuava a non intervenire. Continuamente indebitato per poter far fronte ai pressanti bisogni di quegli sfortunati, criticato ed abbandonato da molti dei suoi, il C., stanco ed avvilito nonostante il forte carattere, voleva affidare la sua opera ad altre comunità di suore o di sacerdoti, quando la visione in sogno della Madonna lo rincuorò e lo aprì a nuove speranze. Con l'approvazione dell'ordinario, il 23 maggio 1880 vestì le prime suore serve dei poveri, tra le quali la sorella Vincenzina e la nipote Maddalena.
La prima sede dove le suore poterono svolgere l'attività assistenziale fu la Quinta Casa al Molo, un grande edificio abbandonato offerto al C. dal sindaco di Palermo, il barone Niccolò Turrisi; un altro nobile, il barone Starabbá, consegnò il denaro per l'acquisto di una seconda casa nella città in località Terre Rosse. Altre case vennero aperte nel 1882 a Girgenti, su invito del Turano e del prefetto, nel 1883 a Valguarnera e a Monreale, nel 1884 a San Cataldo, nel 1886 a Canicattì. Il 4 ott. 1884 Poté vestire i primi dieci coadiutori laici servi dei poveri, mentre i primi missionari, che di fatto esistevano già dalla fondazione dell'opera, vennero ordinati solo il 21 nov. 1887. Per poter attuare il suo programma di "avvicinare i ricchi ai poveri", il C. fondò, ovunque riusciva ad aprire una casa per i poveri, la Congregazione delle dame di carità e la Congregazione dei nobili. Dopo essersi distinto nell'assistenza ai poveri di Palermo colpiti duramente dal colera del 1885, il C. poté in quello stesso anno realizzare a San Giuseppe Jato la sua vecchia idea di fondare una "colonia agricola per educare i poveri orfanelli alle lettere, all'agricoltura e alle arti, formandovi ancora un ricovero per poveri vecchi invalidi al lavoro proficuo" (Lettere, ediz. Ajello, I, 2, p. 255).
Il pensiero pedagogico del C., nato non da letture di trattati ma dal suo spirito di osservazione, ha notevoli punti di contatto con quello di Giovanni Bosco. Fondamentale era infatti per entrambi che gli orfani venissero avviati a un tipo di istruzione tecnicoprofessionale, anche se questa per il Bosco doveva essere impartita nelle officine e per il C. nelle colonie agricole e in piccole fabbriche artigianali, essendo ben diverse le condizioni della Sicilia da quelle del Piemonte. Il C. adottò sostanzialmente il metodo "preventivo", anziché quello "repressivo", in quanto lo trovava migliore per esperienza diretta e più rispondente al Vangelo; riteneva che la vigilanza sui giovani dovesse essere sempre prudente e discreta, amorosa e paterna.
Il C. morì a Palermo in fama di santità il 14 marzo 1888. Fu proclamato beato il 30 ott. 1983.
Le lettere del C. sono state raccolte in Lettere del servo di Dio p. Giacomo Cusmano, a cura di G. Ajello, I-IV, Palermo 1952-1959 e, più accuratamente, in Lettere del servo di Dio p. Giacomo Cusmano, Nuova raccolta, a cura di P. Fazio, I-II, ibid. 1970-1972; le più importanti sono state scelte e commentate in M. T. Falzone, Quaderni di spiritualità cusmaniana, I-VIII, ibid. 1974-1981.
Fonti e Bibl.: Per le testimonianze delle persone che conobbero il C., presentate per la causa di canonizzazione, siveda F. P. Filippello, Le mie testimonianze al Tribunale della Chiesa. Notizie sulla vita e le virtù del p. G. C., I-II, Palermo 1922-1936. Numerosi i discorsi commemorativi e le agiografie: I. Carini, Elogio funebre del sac. G. C., ibid. 1888; Compendio della vita del p. G. C., ibid. 1932; F. Capillo, Il servo dei poveri, ibid. 1950; Id., Un eroe della carità, ibid. 1963; Id., Quando la vita si fa dono, ibid. 1966; G. Alessi, Discorsi religiosi P. G. C. ..., ibid. 1959; G. Russo Perez, P. G. C. Discorso commemor. tenuto il 2maggio 1954, ibid. 1959; G. Gulino, P. G. C., ibid. 1960; E. Pilla, G. C., ibid. 1978. Un tentativo di analizzare l'opera del C. nella società del suotempo in G. Ferreri, A servizio dei poveri. L'opera del P. G. C., Roma 1974; T. Grzeszczyk, G. C. Medico sacerdote fondatore padre dei poveri, Roma 1982. Per ulteriori notizie sul C. si veda La Carità, periodico del "Boccone del povero" stampato a Palermo dal 1888. Vedi inoltre Enc. Catt., II, col. 1093, e Diz. degli istituti di perfez., III, col. 358-359.