GIACOMO da Ascoli
Nacque nella seconda metà del sec. XIII (forse intorno al 1270), probabilmente ad Ascoli Piceno, o, in ogni caso, nel suo territorio. Ignoti ci sono il nome dei suoi genitori e le loro condizioni sociali. Entrò in un anno non precisato nell'Ordine francescano, compì gli studi teologici a Parigi (ma il suo nome non compare nelle liste dei minori presenti nella città nel giugno del 1303). Conseguì il dottorato prima dell'11 apr. 1309 quando come magister fu consultato, con altri maestri francescani, dall'inquisitore domenicano Guglielmo di Parigi nel corso del processo contro Margherita Porete e il suo scritto, lo Specchio delle anime semplici. Il consilium espresso da G. e dagli altri magistri precedette la sentenza inquisitoriale del 31 maggio 1310, dopo la quale Margherita, consegnata al braccio secolare, fu mandata al rogo.
Maestro reggente della cattedra di teologia dei minori presso l'Università di Parigi negli anni 1310-11, dopo Nicola di Lira (1308-10) e prima di Bertrand de la Tour (1311-12), G. prese parte al concilio di Vienne (1311-12) ove, insieme con Gonsalvo di Balboa e con altri membri della comunità (la corrente maggioritaria dei francescani, che aveva accolto, sul tema della povertà pratica, gli adattamenti della Regola resisi via via necessari dall'incremento dell'ordine e dall'aumento dei compiti a esso affidati) redasse una replica agli articoli proposti da Ubertino da Casale nel celebre Rotulus contro gli abusi della comunità.
Il testo, noto anche con il titolo Religiosi viri ricavato dal suo incipit, è stato datato dal Chiappini al periodo fra l'agosto del 1311 e l'aprile del 1312 e attribuito principalmente a Raimondo di Fronsac, procuratore dell'Ordine dei frati minori e acerrimo nemico degli spirituali, la frazione minoritaria dell'ordine, che raccoglieva gli zelanti della rigorosa osservanza della Regola "ad litteram et sine glossa".
Nella prima sessione del concilio (16 ott. 1311), il papa Clemente V convocò quattordici francescani, fra maestri di teologia e provinciali. Il ministro generale concertò con essi una strategia per appoggiare l'opposizione di Raimondo di Fronsac e di Bonagrazia da San Giovanni in Persiceto al Rotulus ubertiniano, il documento più pericoloso per la comunità, perché in grado di impressionare papa e cardinali con la veemente denuncia degli abusi verificatisi nell'ordine. I francescani in quella occasione redassero e presentarono undici memorie. Tra esse è la Religiosi viri sottoscritta da G., nella quale appare evidente il cambiamento di tattica adottato da Raimondo e da Bonagrazia: si protestava ancora contro l'esenzione di cui godevano i rappresentanti degli spirituali e si attaccavano le opere di Pietro di Giovanni Olivi, ma al tempo stesso si seguiva Ubertino sul suo stesso terreno, cercando di difendere l'osservanza e la disciplina allora vigenti nell'ordine e mostrando le divergenze di vedute esistenti anche nel campo spirituale, fra Ubertino e l'antico ministro generale Raimondo Gaufridi. Dopo la replica di Ubertino, si giunse alle soluzioni compromissorie e conciliative del decreto Fidei catholicae fundamentum e della bolla Exivi de paradiso (6 maggio 1312). In questi documenti non venivano espressamente condannate le opere dell'Olivi, mentre - per quanto riguarda la disciplina regolare e l'osservanza della povertà - si condannavano gli abusi della comunità, si respingevano le tesi degli spirituali sui consigli evangelici e sull'"usus pauper".
Dopo la "magna disceptatio" avignonese si perdono le tracce di Giacomo.
G. è stato talvolta confuso con s. Giacomo della Marca (1394-1478), con il quale condivide solo l'origine nel territorio di Ascoli Piceno.
La memoria di G., ricordato come "doctor profundus", rimase viva all'interno e all'esterno dell'ordine. Bartolomeo da Pisa, nel suo De conformitate, lo menziona fra i più illustri scrittori francescani; mentre viene citato anche da autori diversi, da Pietro de La Palu a John Baconthorp, da Prospero di Reggio ad Adam Wodham.
È incerto se G. sia stato alunno di Giovanni Duns Scoto, del quale fu comunque - a differenza di quanto sostenuto dal Balić - uno dei primi seguaci. Solo un esame più approfondito dei suoi scritti potrà chiarire definitivamente le sue relazioni con il filosofo scozzese.
G. fu autore di un commento alle Sentenze, già conservato nella Biblioteca del Convento dei frati minori di Assisi (come risulta dall'inventario del 1381) e spesso citato nel sec. XIV, ma oggi perduto; di quaestiones disputatae, contenute, fra l'altro, nel ms. della Bibl. apost. Vaticana, Vat. lat. 1012, cc. 60-66, strettamente connesse con quelle di Guglielmo di Alnwick; e di sedici quaestiones quodlibetales, risalenti secondo il Glorieux al periodo di magistero di G. e redatte verso la quaresima del 1311, testimoniate in diversi manoscritti (Doucet nel 1932 ne elenca dodici); di questioni diverse e di un Sermo in vigilia Paschae (tradito nel ms. 534 della Corpus Christi College Library di Cambridge); non è invece provata la paternità di una Tabula super doctrinam Scoti (Assisi, Biblioteca comunale, cod. 136, cc. 137r-166r).
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