GIACOMO da Castagneto
Nacque da Gaspare o Gasparotto Gemignelli da Castagneto, terzogenito dopo Cato e Virgilio, negli ultimi anni del XV secolo. I conti Montecuccoli avevano costretto la famiglia, originaria del Frignano (Modena), a rifugiarsi sulla montagna bolognese, ma nel 1500 le due famiglie stipularono la pace di fronte al duca Ercole I d'Este.
Non per questo i da Castagneto cessarono le ostilità contro il conte Mario Montecuccoli, detto Bersanino, di cui erano sudditi; aiutati dai banditi Tanari di Gaggio, con i quali erano imparentati, continuarono a rifiutarsi di riconoscerne la giurisdizione e di pagargli i tributi. Dal 1510, anno in cui Modena si arrese alle armi papali, i da Castagneto, capeggiati da Cato, offrirono aiuto militare al duca Alfonso I d'Este, impegnato a mantenere il controllo della montagna frignanese contro i commissari pontifici di Modena e Reggio. Domenico Bretti (Amorotto) da Carpineti, nemico dei da Castagneto dal 1506, si alleò invece con le forze pontificie e col conte Alberto (III) Pio, signore di Carpi, controllando così la montagna reggiana.
Inserite ormai nel più ampio contesto delle guerre d'Italia e della lotta per il dominio sul Ducato estense, dal 1516 le lotte di fazione sulle montagne modenesi e reggiane s'inasprirono, vista la politica militarmente aggressiva perseguita da Francesco Guicciardini, governatore di Modena dal 29 giugno. L'occupazione della rocca di Sestola, ad opera di aderenti alla fazione di Cato da Castagneto, concluse nel dicembre 1521 la breve occupazione pontificia del Frignano iniziata il 25 settembre. Insieme con il tentativo di riconquistare Bologna ai Bentivoglio, nella Pasqua del 1522, la dedizione frignanese fu una delle ultime imprese di Cato al servizio dei duchi d'Este. Assalito dal Bretti nella sua casa-torre di Fanano, Cato morì il 15 ag. 1522. Il fratello Virgilio, già soldato al servizio di Alfonso I d'Este, assunse allora il comando della fazione, ma il Bretti lo sconfisse il 10 novembre, scongiurando la presa della rocca di Lama Mocogno, a lui fedele. Nonostante i tentativi di pacificazione condotti dal duca di Ferrara e da F. Guicciardini, divenuto nel frattempo governatore anche a Reggio e decisamente ostile al Bretti, la lotta continuò fino al 5 luglio 1523, data dello scontro finale di Riva cui, su opposte sponde, presero parte anche le forze ducali e quelle del conte Guido Rangoni. In quella battaglia il Bretti fu ucciso.
Con la morte dei due capi entrarono in crisi entrambe le fazioni: se la distruzione delle rocche di Mocogno, Riva e Gaiato pose fine alla fazione del Bretti, anche la parte dei da Castagneto, ora capeggiata da G., perse il rilievo politico-militare goduto sino allora. Nel giro di pochi anni i duchi di Ferrara riguadagnarono Modena e il Frignano e G. venne allora considerato un brigante comune. Costretto a cercare alleanze al di fuori dello Stato estense, si legò strettamente ai cugini Tanari, finendo per dipenderne. La tregua che firmò a Cento, nel settembre del 1523, con Vitale Bretti, fratello di Domenico, non evitò il disfacimento della sua fazione: già nel 1526 alcuni componenti di spicco della sua parte, gli Ottonelli e i Rinaldi, firmavano una pace tra loro a Fanano. Sin dal 1515 il fratello Cato gli aveva procurato i benefici parrocchiali di Gallinamorta e Sasso Marcichio, cui dieci anni dopo si aggiunsero quelli di S. Maria e S. Michele di Iddiano e di S. Biagio di Camurana, concessi dal monastero di S. Pietro di Modena contro il volere di Cesare Montecuccoli, che li aveva chiesti per il figlio naturale Gaspare. Ciò accrebbe il cospicuo patrimonio terriero posseduto da G. a Castagneto, Iddiano, Sasso d'Iddiano e Benedello, che egli tuttavia non riuscì a mantenere, anche perché già nel 1527, riconquistata militarmente Modena, Alfonso I restituì ai conti Montecuccoli il possesso di Verica, Bibone, Castagneto, Sassoguidano e Gaiato.
Già nel 1526 il duca aveva inoltre permesso la ricostituzione in podesterie feudali di Montecuccolo, Somese e Montese, che nel 1518 aveva sottratto alla giurisdizione di Mario Montecuccoli, aggregandole alla podesteria ducale di Gaiato per venire incontro alle pressanti richieste dei da Castagneto. Tornati sulla montagna, i Montecuccoli si allearono al bandito Podetto da Montetortore, nemico della fazione dei Tanari. Contemporaneamente Alfonso I d'Este avviò la repressione del brigantaggio nelle montagne modenesi e reggiane e dopo aver inutilmente fatto firmare due paci a G., dapprima con i Montecuccoli e poi, il 20 apr. 1531, con Podetto, incaricò il commissario ducale Salvatore Lamia, e in seguito il suo successore Antonio Rondinelli, di pacificare definitivamente le parti o di eliminarle.
Nel 1533 G. fu arrestato dal podestà di Somese e a causa dei suoi conflitti col Lamia fu l'unico escluso dalla concessione della grazia da parte del principe. Liberato per ordine del Lamia con una fideiussione di 1000 scudi, fuggì e fu condannato in contumacia. Nemmeno i Tanari riuscirono a impedire che la condanna avesse effetto, chiedendo invano al duca la sottrazione dei membri della loro parte dalla giurisdizione dei Montecuccoli. Allora G. era considerato un semplice componente della loro fazione, nonostante possedesse ancora beni per 785 ducati a Rocchetta, Trentino e Fanano. Nei due anni successivi continuarono i saccheggi dei Tanari e di G. alle terre dei Montecuccoli. Il bottino veniva normalmente nascosto nella casa-torre di G., a Castagneto.
In seguito all'uccisione di nove sudditi dei Montecuccoli, il nuovo duca, Ercole II, ordinò l'eliminazione della parte Tanari. Perciò, fra il 10 e il 15 genn. 1535, 200 fanti ducali - capitanati da Giacomo Patini, Antonio Maria Strozzi e dal conte Mario Montecuccoli - abbatterono, con l'aiuto degli uomini del brigante Podetto, la casa-torre rifugio di G., distrussero le sue case a Castagneto e condussero prigionieri a Modena Ludovica Condulmieri, vedova di suo fratello Virgilio, e i figli di lei, Gasparino e Gaspare. In quell'anno il commissario Rondinelli distrusse la rocca di Rocchetta, fedele a Giacomo. Responsabile coi Tanari della successiva morte del commissario, nonché dell'incendio della rocca ducale di Sestola, sede del commissariato, G. si rifugiò a Gaggio e in seguito a Spilamberto.
Questi due eventi provocarono una definitiva svolta nei rapporti di G. con gli Este; bandito e dichiarato debitore della Camera ducale, che si riservò il diritto di incamerare i suoi beni, fu invano ricercato dal nuovo commissario Niccolò Zanelli, che aveva già confiscato i raccolti di G. e dei Tanari. Zanelli cercò nuovamente di fare stipulare paci separate ai componenti frignanesi e bolognesi della fazione Tanari, perseguendo solo i principali responsabili dell'omicidio del suo predecessore. Gli aderenti alla parte si recarono allora a firmare paci a Bologna, per screditare l'attività del commissario e impedire il disgregamento delle proprie forze. Non si trattò però d'una reazione univoca. Già nel luglio del 1535 lo stesso G. si trovò allo scoperto, quando Vanino Tanari, di cui era al seguito, tramite lo Zanelli chiese al duca Ercole II di poter firmare la pace da solo e ritornare suddito estense, ottenendo come primo segno di favore la restituzione dei raccolti.
L'anno successivo Ercole II decise invece una nuova, dura repressione del banditismo nel Frignano, negando alle fazioni la possibilità di comporre paci e rifiutandosi di concedere grazie. I banditi si rifugiarono quindi nel Bolognese e fra essi vi fu probabilmente anche G., che dal 1536 si decise a rassegnare nelle mani del vescovo di Modena, Giovanni Morone, alcuni dei benefici parrocchiali accumulati nei decenni precedenti. Il 24 febbr. 1536 il Morone, tramite il protonotario apostolico Giovanni Domenico Sigibaldi, conferì Iddiano, Camurana e S. Maria di Cerreto ad Alfonso Montanini da Monteobizzo, parente di Giacomo. Parte del beneficio di Camurana fu inoltre attribuita a Francesco Montanini, nipote di Giacomo. Si trattava di benefici su cui il vescovado di Modena non aveva alcun diritto, in quanto dipendenti dal monastero modenese di S. Pietro, ma il 17 giugno Alfonso Montanini chiese comunque al papa la conferma della concessione. Furono perdite rilevanti, giacché sul beneficio d'Iddiano i da Castagneto esercitavano un controllo di fatto sin dal 1491, quando il duca Ercole I l'aveva fatto conferire allo zio di G., don Giacomo da Castagneto.
Forse G. stesso fu inviato a Sestola nel 1537, come procuratore, da Castagnino Tanari per ratificare con i Montecuccoli una nuova pace che non dovette concludersi, dal momento che il rappresentante dei banditi bolognesi non poté mostrare il mandato di procura.
Nel 1538 Castagnino e Vanino Tanari furono uccisi da Alfonso Montecuccoli, mentre Antonio Tanari fu costretto a riparare in Toscana. Persi i propri capifazione, G. chiese la grazia al duca Ercole II e presentò la supplica con la quale chiedeva il rimpatrio; rifiutò tuttavia di risiedere a Modena, anziché nel Frignano. Finalmente, il 2 sett. 1538, si firmò una pace universale del Frignano di fronte al nuovo commissario ducale Ottaviano Novelli e al vicelegato di Bologna Alessio Bonvicini, cui prese parte anche Giacomo. È improbabile però che tenesse fede per lungo tempo alla pace fatta: fra i banditi e debitori della Camera ducale si ritrova infatti un "don Iacomus Bononiensis" sino al 1545.
Dopo tale data di G. non si hanno più notizie certe.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Modena, Cancelleria ducale, Rettori del Frignano, bb. 1, 1 bis, 2; Camera ducale, Maleficio, reg. 35; Arch. Campori, b. 73; Mss. della Biblioteca, 12 (A. Magnani, Memorie della montagna del Frignano); Modena, Biblioteca Estense, Mss. It., 1001 (= α.R.8.1); T. Bianchi de' Lancillotti, Cronaca modenese, Parma 1862-66, I, pp. 193, 198, 210, 220 s., 389 s., 409, 453; II, pp. 188 s.; C. Campori, Di alcuni capi di fazioni nelle montagne di Modena, di Reggio e di Bologna nel secolo XVI, Modena 1871, pp. 151-163.