GIACOMO da Pesaro
Nacque intorno al 1410 a Castel Sant'Angelo (oggi Sant'Angelo in Lizzola, in provincia di Pesaro e Urbino) da Simone, magister, e da Maria.
Compiuti i primi studi, si trasferì a Firenze, dove dall'aprile del 1429 fino agli ultimi mesi del 1434 era presente Francesco Filelfo, di cui divenne discepolo. Il Saviotti suggeriva che G. avesse conosciuto Filelfo già a Bologna fra il '28 e il '29; in realtà non esiste alcun dato a sostegno di tale ipotesi. Nel periodo di permanenza a Firenze è invece chiaramente attestato il rapporto tra i due: a tale periodo risalgono infatti due orazioni composte da G., che svolgevano la funzione di introduzione ai corsi di lezioni tenuti dall'illustre maestro. Dopo la partenza di Filelfo da Firenze avvenuta per contrasti con il potere mediceo, G., presumibilmente non compromesso politicamente, continuò a soggiornarvi anche dopo il ritorno di Cosimo. Ciò è testimoniato da un'elegia diretta ad Antonio Beccadelli (il Panormita), datata "Florentiae Idibus Sextilibus 1436". L'anno successivo G. si recò a Pesaro con l'intenzione di concorrere per un posto di maestro di grammatica presso la locale scuola pubblica. L'incarico venne però affidato a Pietro da Tolentino. I legami con Firenze rimasero comunque saldi, tanto che fino al 1441 G. vi ritornò diverse volte per periodi più o meno lunghi di soggiorno.
Nel 1438 G. fu a Pesaro per i funerali di Carlo Malatesta, in occasione dei quali pronunciò l'orazione funebre ufficiale. Nel 1441 infine decise di stabilirsi a Pesaro, dove esercitò l'arte notarile e tenne forse una scuola di grammatica. Si interessò anche più intensamente e direttamente alle vicende culturali e politiche della città: segno precipuo di questi nuovi rapporti con la signoria riminese, e segnatamente con Sigismondo Pandolfo Malatesta, è l'orazione che egli pronunciò il 27 nov. 1443, in occasione della vittoria riportata dal signore di Rimini sulle truppe capitanate da Niccolò Piccinino nella battaglia di Monteluro. In aggiunta all'orazione G. recitò in quell'occasione cinque epigrammi. La composizione di alcuni di essi risaliva però a qualche anno prima, come attesta una lettera indirizzata ad Angelo da Novilara, spedita da Monteluro nel 1439, in cui è citato uno dei cinque epigrammi. Tale lettera è di particolare importanza poiché rivela rapporti stretti di G. con Tommaso Seneca e con un Giovanni Interamnense non altrimenti identificato, nonché relazioni con Guarino Veronese. Scopo manifesto dell'orazione del 1443 era quello di presentare al signore di Rimini la propria candidatura al posto di segretario, carica che era stata a suo tempo già ottenuta dall'amico Tommaso Seneca. La richiesta dovette essere accolta perché se è di G. la lettera che Sigismondo Malatesta spedì a Francesco Sforza, certamente egli avrebbe potuto stilarla solo in qualità di segretario del signore. La presenza di G. a Pesaro è attestata fino al 1456, anno in cui il suo nome viene ancora registrato fra quanti esercitavano l'attività notarile.
Successivamente non si hanno più notizie, per cui il 1456 va indicato come terminus post quem per la data di morte.
Opere: De octo partibus orationis, trattato grammaticale legato agli insegnamenti del Filelfo; è tramandato in due codici della Bibl. apost. Vaticana: Vat. lat. 1498 (cfr. Nogara, pp. 28 s.), e Urb. lat. 297 (cfr. Stornajolo, I, p. 265); entrambi riportano la datazione "Pisauri V Ka. Maias MCCCCL" e in ambedue al De octo partibus segue un secondo trattato adespoto, che è una specie di compendio del precedente (cfr. Parroni, pp. 543 s.).
Elegia ad Paulam Florentinam puellam formosissimam, contenuta in due codici della Bibl. Laurenziana di Firenze, il XXIV.50, c. 86 (Bandini, II, p. 171: l'elegia si interrompe a v. 48 ed è seguita da una nota del Crinito [Pietro Del Riccio Baldi]) e il XCI sup. 43, cc. 94v-95r (ibid., III, p. 810), e nel Vat. lat. 643, cc. 81r-82v (cfr. Stornajolo, II, p. 156). L'elegia è pubblicata in L. Lazzarelli, Bombyx. Accesserunt ipsius aliorumque poetarum carmina, Aesii 1765, pp. 87 s., dove (pp. 84-86) è pubblicata anche l'elegia al Panormita, trasmessa dal ms. 1131 della Bibl. Oliveriana di Pesaro, recante la datazione, assente nell'altro manoscritto che la conserva, l'Urb. lat. 643, c. 107.
I cinque epigrammi recitati in occasione della orazione del 1443 sono conservati nel già ricordato ms. Oliv. 1131, cc. 30v-31r e pubblicati in Parroni, pp. 558 s.
Le due orazioni legate alla permanenza a Firenze e composte come introduzione ai corsi del Filelfo su Virgilio e Cicerone e sul De civitate Dei di s. Agostino (quest'ultima contiene anche un elogio di Firenze) sono conservate a Firenze, Bibl. naz., Magl. VIII.1440, rispettivamente alle cc. 164r-168r e 168v-171v; nello stesso manoscritto, alla c. 172v, si trovano venti esametri indirizzati a un non meglio precisato Paolo (Parroni, p. 545).
L'orazione funebre per Carlo Malatesta è conservata nel già ricordato ms. Oliv. 1131, cc. 36r-41v. Fu pubblicata da A. Degli Abbati Olivieri (Orazioni in morte di alcuni signori di Pesaro della casa Malatesta, Pesaro 1784, pp. XXXIV-XXXIX), che risolse anche i precedenti problemi di attribuzione.
L'orazione per la vittoria di Sigismondo Malatesta, recitata il 27 nov. 1443 e conservata anch'essa nel ms. Oliv. 1131, cc. 48r-50r, è stata edita in Parroni, pp. 554-558.
La lettera indirizzata "Angelo Nubilarigenae doctori suo primo", che porta la data "V idus Iunias 1439", è tramandata nel ms. Oliv. 1131, c. 45v ed è pubblicata in Parroni, p. 560.
La lettera scritta per conto di Sigismondo Malatesta e indirizzata a Francesco Sforza è pubblicata parzialmente da G. Franceschini (I Malatesta, Varese 1973, pp. 336-340), che la trasse dal codice conservato presso la Bibl. Ambrosiana di Milano O.71 sup. senza alcuna indicazione intorno alla paternità. Tale lettera è però conservata anche a Como, Bibl. comunale, ms. 4.4.6., cc. Ir-IIIv; a c. IIv si legge: "Oratio Iacobi Pisauri pro Illu[stri] Sigismundo Pandulfo ad Illu[strem] comitem Franciscum Sfortiam vicecomitem".
Lo Stornajolo attribuisce al G. anche una breve trattazione adespota intitolata De magistratibus Romanorum conservata nel Vat. lat. 1164, cc. 43r-45v, sulla scorta di una nota di mano posteriore posta nel margine superiore destro di c. 43r: "Quere in libro Jac[obi] pisaurij ubi est de magistratib[us] Romanor[um]", ma Parroni (p. 543), ritiene, a ragione, che tale nota vada intesa come un rimando, un confronto, piuttosto che un'attribuzione.
Fonti e Bibl.: Pesaro, Biblioteca Oliveriana, ms. 1063/1: D. Bonamini, Biografie degli uomini illustri, s.v.; Ibid., ms. 1065: Id., Brevi elogi e notizie degli uomini illustri della città di Pesaro [1785], elogio VI; A.M. Bandini, Catalogus codicum Latinorum Bibliothecae Mediceae Laurentianae, II, Florentiae 1775, p. 171; III, ibid. 1776, p. 810; A. Degli Abbati Olivieri, Memorie della badia di S. Tommaso in Foglia nel contado di Pesaro, Pesaro 1778, p. 107; T. Moro, Biblioteca picena, o sia Notizie istoriche delle opere e degli scrittori piceni, Osimo 1796, V, p. 69; A. Saviotti, G. da P. umanista del secolo XV, in Arch. stor. per le Marche e per l'Umbria, IV (1888), pp. 73-81; C. Stornajolo, Codices Urbinates Latini, I, Romae 1902, p. 265; II, ibid. 1912, p. 156; III, ibid. 1912, p. 181; B. Nogara, Codices Vaticani Latini, III, Romae 1922, pp. 28 s.; P. Parroni, Un allievo del Filelfo alla corte di Sigismondo Pandolfo Malatesta. Novità su G. da P., con un'appendice di inediti malatestiani, in Miscellanea A. Campana, Padova 1981, II, pp. 541-560; V. Fera, Itinerari filologici di F. Filelfo, in Francesco Filelfo nel quinto centenario della morte. Atti del XVII Convegno di studi maceratesi, Tolentino… 1981, Padova 1986, pp. 94-96; L. Gualdo Rosa, Una prolusione inedita di F. Filelfo del 1429, rielaborata dal figlio Gian Mario nel 1467, ibid., p. 300; P.O. Kristeller, Iter Italicum, I, pp. 19, 22, 47, 135; II, pp. 65 s., 100, 500.