DAINO, Giacomo
Nacque sul finire del sec. XV a Mantova. La sua famiglia, di parte guelfa, proveniva da Rivarolo Fuori; in seguito a contese con famiglie locali, fra cui quella dei Casaloldi, essa si era trasferita ad Asola, dove nel 1513 il D. conservava ancora alcuni possedimenti, se in lui si può riconoscere il Giovanni Giacomo de' Daynis che in quell'anno sottoscrisse una permuta insieme con altri cittadini asolani.
Non si conosce la data e la carica con la quale, dopo aver seguito gli studi di giurisprudenza, entrò al servizio dei Gonzaga; la prima notizia della sua appartenenza alla corte mantovana risale al 1525, anno in cui si recò a Roma al seguito di Isabella d'Este.
Come il D. stesso riferisce nella sua opera, la marchesa era chiamata a Roma non solo dal giubileo, che in quell'anno ricorreva, ma anche dal desiderio di ottenere l'investitura cardinalizia per Ercole, suo figlio. La permanenza del D. a Roma si protrasse fino al maggio del 1527 quando, chiuso nel palazzo dei SS. Apostoli insieme con Isabella e con il suo seguito, con l'ambasciatore veneziano e con alcuni nobili romani, assisté al sacco della città da parte delle truppe imperiali.
Al suo ritorno a Mantova, il D. venne nominato archivista ducale; in questa veste si occupò dell'ordinamento e dell'inventario dei documenti attinenti più strettamente al principe ed alla sua famiglia, allora conservati nell'Archivio piccolo. Il D. corredò di un trasunto a tergo le carte inventariate, aggiungendovi indicazioni cronologiche là dove i suoi predecessori avevano tralasciato di farlo. Alcuni distici inseriti nella sua opera ricordano che nel 1543 il D. aveva compiuto il lavoro relativo all'Archivio che gli avrebbe consentito di compilare la Genealogia.
Nonostante l'importanza della sua opera di archivista, il D. viene solitamente ricordato per il suo unico lavoro: De Origine et Genealogia Illustrissimae Domus dominorum de Gonzaga.
In esso il D. ricostruisce la genealogia della casa Gonzaga, le vicende che portarono la famiglia ad assumere il governo di Mantova e la sua storia fino al 1550, anno in cui la narrazione termina. L'opera di catalogazione condotta nell'Archivio piccolo, la lettura e il compendio dei documenti che giustificavano il potere della famiglia gli consentirono una conoscenza diretta della materia e, in conformità con la sua intenzione di sfrondare la storia dei Gonzaga dalle leggende, egli si attenne con scrupolosa attenzione alle fonti documentarie. Ne sia di esempio la ricostruzione dell'origine della casata: laddove il Possevino, nel suo Gonzaga, accetta la tradizione che la fa derivare da un eroe tedesco, Valerio o Gualtiero Gonzach, parente di Ottone I e da questo creato marchese di Mantova, il D., dopo averne fatto menzione, conclude: sed nullibi autentice videturs. Ciò che costituisce la sostanza della narrazione sono proprio le investiture, le donazioni e i testamenti, anche se la fedeltà osservata non lo lasciò esente da alcuni errori, quali l'accogliere in buona fede un istrumento falso.
La narrazione, interpolata di trascrizioni e trasunti di documenti, alcuni dei quali andati perduti, risulta scarna ed essenziale; l'artificio retorico non trova posto nemmeno nell'ultima parte, dove il D. narra con altrettanta laconicità gli avvenimenti a lui contemporanei ed a cui assistette personalmente, come il sacco di Roma o la morte della marchesa Isabella d'Este. È forse questa la ragione della sua scarsa fortuna presso gli editori: per quanto citato dalla maggior parte degli storici mantovani, da Scipione Maffei al Volta, e da tutti riconosciuto degno della massima fede, il suo lavoro è rimasto inedito; della Genealogia esiste, anch'essa inedita, una traduzione italiana ad opera di Ippolito Castelli, che durante la prima metà dei XVII secolo aveva a sua volta ricoperto la carica di prefetto dell'archivio ducale.Non si conosce la data della sua morte: da un accenno rinvenibile nella Genealogia si può ritenere che egli fosse ancora vivo nel 1563. ma pare dubbia la notizia, riportata dalla settecentesca Serie cronologica dei cancellieri dell'Archivio segreto di corte, secondo la quale nel 1580 egli ricopriva la carica di cancelliere dell'Archivio segreto.
Dell'opera del D. si conservano presso l'Archivio di Stato di Mantova due copie manoscritte: Fondo Gonzaga, b. 416: De Origine et Genealogia Illustrissimae Domus Dominorum de Gonzaga, e Fondo D'Arco, n. 57: Series Chronologica Capitaneorum Marchionum ad Ducum Mantuae usque ad annum 1550. L'autografo della traduzione del Castelli, con il titolo Dell'Origine e Genealogia dell'Illustrissima Casa de' Signori di Gonzaga scritta da Giacomo Daini Notajo in Latino e tradotta da Ippolito Castello Giureconsulto in Italiano, si trova nella Bibl. com. di Mantova, ms. 128 A IV 34.
Alcuni estratti della Genealogia sono stati pubblicati a cura di C. D'Arco, Notizie di Isabella d'Este, in Arch. stor. ital., II (1845), app., pp. 230-232, 234-237, ed a cura di G. B. Intra, L'antica cattedrale di Mantova e le tombe dei primi Gonzaga, in Arch. stor. lombardo, XI (1884), pp. 486-498.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Mantova, Fondo D'Arco, ms. 226, cc. 174-175: C. D'Arco, Notizie delle accademie, giornali, tipografie e di circa mille scrittori mantovani; F. Tonelli, Ricerche stor. di Mantova, Mantova 1797, pp. XIII, 309; G. B. Intra. Degli storici e dei cronisti mantovani. in Arch. stor. lombardo, V (1878), pp. 412 ss.; A. Luzio, I Corradi di Gonzaga signori di Mantova, ibid., XL (1913), 1, p. 251 s.; L'Archivio Gonzaga di Mantova, a cura di P. Torelli, Ostiglia 1920, I, pp. XXXV-XXXVII; Mantova. Le lettere, a cura di E. Faccioli, Mantova 1962, II, pp. 441, 472 s.