DAMELE, Giacomo
Nacque a Genova nel 1811 da Andrea e da Rosa Gazola. Figura organizzativamente basilare del mazzinianesimo genovese per gli anni 1856-1870, ma intellettualmente di secondo piano, di lui, delle sue origini, della sua giovinezza e della sua formazione politica si ignora pressoché tutto. Le prime vaghe notizie su un suo impegno diretto risalgono infatti al 1848, anno in cui risulta arruolato col grado di tenente nella guardia nazionale della sua città, presumibilmente già allora in contatto con altri elementi repubblicani e forse con lo stesso Mazzini, che, nel 1860, dirà di conoscerlo "d'antico" (G. Macchia, Quattro lettere inedite di Mazzini a Garibaldi, in Mazzini e i repubblicani italiani..., p. 262). Sul finire del 1854 è attestata la sua partecipazione, con uomini. come A. Mosto e N. Ardoino, alla fondazione della Società filantropica alimentaria, una iniziativa che, sorta nel quadro della ripresa organizzativa del movimento operaio genovese, mirava a sollevare le condizioni di vita dei ceti meno abbienti e, nello stesso tempo, a fare opera di proselitismo politico per ricucire la rete cospirativa che il. fallimento del moto milanese del 6 febbr. 1853 aveva seriamente scompaginato.
In tale prospettiva al D. non toccarono compiti di grande rilevanza, ma, poiché non era mai incorso nei controlli della polizia e poiché, entrato nel commercio come mediatore di affari e importatore di vini e granaglie, aveva poi trovato impiego come commesso nel negozio di P. Massone, gli fu affidato - appunto per la possibilità di offrire un recapito insospettato - il delicato incarico di ricevere e quindi di inviare ai destinatari in clandestinità la corrispondenza segreta nella quale si stabilivano contatti e modalità per l'attività rivoluzionaria.
Il D. si venne in tal modo a trovare al centro del lavorio di preparazione che sarebbe sfociato nella spedizione di Sapri e nel tentativo di fare insorgere Genova (estate 1857), in ciò favorito dal fatto di alloggiare nella casa di Carlotta Benettini, una delle più ferventi mazziniane genovesi, che già nel 1833 aveva patito il carcere per essere risultata coinvolta nel primo moto mazziniano e, nel 1857, aveva fatto della propria abitazione il luogo di incontro dei capi rivoluzionari. Fallita la rivolta, mentre la Benettini era costretta a riparare in Svizzera, il D. non ebbe noie quantunque il suo nome ed indirizzo - vergati in maniera alquanto approssimativa - fossero stati trovati dalla polizia borbonica in un biglietto conservato nel portafogli del Pisacane.
Al sicuro da ogni ricerca il D. continuò dunque a svolgere il suo ruolo di intermediario dedicandosi anche ad una opera di raccolta di fondi e di diffusione della stampa repubblicana che gli valse la riconoscenza del Mazzini, sempre incline ad aspettarsi dai concittadini un atteggiamento più risoluto nelle lotte per l'unità nazionale e, dopo il 1861, nell'opposizione alla politica rinunziataria- dei governi della Destra. Fedele e scrupoloso esecutore di - ordini, il D. si - occupò dell'amministrazione dell'Associazione unitaria italiana, un organismo nato a Genova nel 1861 e vissuto fino àll'estate del 1862 per propagandare non solo i temi del compimento dell'Unità, ma anche quelli dello sviluppo della vita democratica del paese e del rinnovamento della sua classe dirigente.
Esauritasi anche questa esperienza dopo la crisi di Aspromonte, il D. tofflinciò a rivolgere la propria attenzione alle prime forme di aggregazione operaia a Genova, al fine di mantenere saldo il vincolo tra il vertice borghese del movimento repubblicano e la base popolare che ne costituiva il serbatoio. Dal 1866 la polizia, però, cominciò a sorvegliare con discrezione le sue mosse, ma ciò non gli impedì di collaborare ancora col Mazzini tra la fine del 1868 e l'inizio del 1869, quando si trattò di stringere i tempi per la ripresa di quelle agitazioni antimonarchiche che dovevano costituire il banco di prova dell'efficienza dell'Alleanza. Ma l'esito infelice delle insurrezioni del 1870, con la fiacca risposta di Genova agli appelli rivoluzionari lanciati dal Mazzini, e quindi la polemica insorta dopo l'arresto di quest'ultimo a Palermo e la sua detenzione nel carcere di Gaeta, determinarono una incrinatura nei rapporti con l'ambiente genovese, incrinatura che era anche il frutto dell'ostilità con cui il D. e la Benettini guardavano alla cerchia dei Nathan, nella quale ormai si muoveva il vecchio esule.
Il punto maggiore di frizione si ebbe allorché i due accusarono Giuseppe Castiglioni, un elemento molto legato a Sara Nathan, di aver provocato con la sua delazione la cattura del Mazzini; l'intervento di questo nella vicenda, teso a scagionare il Castiglioni, non sortì un grande effetto e servì solo a sopire momentaneamente gli attriti.
Dall'inizio del 1870 il Di aveva cominciato a lavorare in un altro negozio, quello di P. Saredo; qualche mese prima aveva inoltre preso a curare gli interessi finanziari del Mazzini, occupandosi ad ogni trimestre della riscossione e dell'invio a Lugano dei vitalizi garantiti all'esule dall'eredità familiare. Grazie all'amico R Dagnino il D. era stato anche chiamato a far parte del comitato di sconto della Banca popolare, un istituto di credito a carattere cooperativistico fondato nel 1868 per venire incontro alle esigenze dei ceti più bisognosi. Scomparso il Mazzini e, nel 1873, la Benettini, il D. abbandonò, a quanto pare, l'attività politica e nel 1876 fece la sua ultima apparizione in pubblico per consegnare alla Commissione permanente delle società operaie liguri una cassa di libri appartenuti al Mazzini.
Si ignora la data della morte del Damele.
Fonti e Bibl.: La sola fonte che offra qualche informazione sulla vita del D. è costituita dalle numerose lettere che il Mazzini gli scrisse tra il 1857 e il 1871: per la consultazione dell'Epistolario mazziniano si rinvia agli Indici dell'Edizione naz. degli scritti di G. Mazzini, II, 1, a cura di G. Macchia, ad nomen. Successivamente è venuta alla luce altra documentazione, e altre lettere inviate dal Mazzini al D. sono state edite da B. Montale, Lettere di G. Mazzini a C. Benettini, G. D., C. Pescia, in Boll. d. Domus mazziniana, IX (1963), pp. 5-8; L. Morabito, Lettere ined. di G. Mazzini, I, La cospirazione a Genova tra il 1856 e il 1858, in Rass. stor. della Liguria, I (1974), pp. 185, 188, 230-242 (ove è delineata l'unica biografia che si abbia del D.), 245-261; Id., Lettere ined. di Mazzini ai suoi amici genovesi (1860-1871),in Mazzini e i repubblicani italiani. Studi in onore di T. Grandi…, Torino 1976, ad Indicem. Altre lettere al D. sono infine pubbl. nell'Epistolario di Gustavo Modena, a cura di T. Grandi, Roma 1955, ad Indicem. Poca attenzione è stata rivolta al D. dalla storiografia. Qualche succinta notizia sulla sua attività politica e su quella professionale in B. Montale, A. Mosto, Battaglie e cospirazioni mazziniane, Pisa 1966, ad Indicem, e in R. Composto, L'Associazione unitaria italiana di Genova (1861-1862), in Boll. d. Domus mazziniana, XIII (1967), pp. 68, 70. Per il rapporto con la Benettini siveda G. Marasco, C. Benettini. Una storia genovese, Genova1974, pp. 40, 54, 56, 59.