DELLA PORTA, Giacomo
Architetto e scultore; solo approssimativamente possiamo fissare al 1540 la data della nascita; la morte avvenne nel 1602. Quasi certamente lombardo di nascita, la sua vita si svolse a Roma, salvo gli anni, dal 1565 al 1870, che passò a Genova, ove insieme con lo Scorticone cominciò a elevare la chiesa dell'Annunziata dei Frati Minori (il cui disegno è nelle stampe del Rubens). Secondo il Baglione "da giovane attese a far rilievo in stucco". Fu allievo del Vignola, a cui succedette nella direzione delle varie fabbriche da questo condotte, come quelle di S. Pietro, del Campidoglio, del Gesù, del palazzo Farnese; e in breve tempo, sotto la protezione di Gregorio XIII, Sisto V, Clemente VIII, salvo il breve periodo di egemonia assoluta del Fontana alla fine del pontificato sistino, divenne l'architetto principe a cui si riporta gran parte dell'attività edificatrice in Roma alla fine del Cinquecento.
Incredibilmente feconda è la sua produzione. Nel campo dell'architettura religiosa essa comprende il completamento della chiesa del Gesù iniziata dal Vignola, e in particolar modo il disegno della facciata e della cupola e quello delle cappelle rotonde della Madonna e di S. Francesco (nei quali lavori ebbe a collaboratori dapprima l'architetto ferrarese Giovanni Tristani, religioso laico della Compagnia di Gesù, poi il padre Giuseppe Valeriani aquilano della medesima Compagnia); la facciata di S. Luigi dei Francesi; le chiese della Madonna dei Monti, di S. Atanasio dei Greci, di S. Giuseppe del Falegnami, le cappelle Gregoriana e Clementina in S. Pietro, la prosecuzione dei lavori della chiesa di S. Giovanni dei Fiorentini. Nell'architettura civile sono sue opere i palazzi Maffei, poi Marescotti, alla Ciambella; il palazzo Crescenzi, poi Serlupi, a via del Seminario; i palazzi Capizucchi e Paluzzi, poi Spinola, nella piazza Campitelli; il principio del palazzo Muti presso il Campidoglio, del Collegio Clementino, del palazzo Aldobrandini, poi Chigi, in piazza Colonna; la continuazione del palazzo della Sapienza di cui sono da attribuirsi a lui il prospetto e il magnifico cortile; il completamento del palazzo Farnese, di cui fece il gran loggiato volto verso il Tevere e forse le finestre dell'ultimo piano sul cortile (impropriamente attribuite a Michelangelo); altri palazzi, come il Fani, il Del Drago, il Mattei, il Cornari, o distrutti, o alterati, o difficilmente identificabili. Fuori di Roma a lui si riportano il Palazzo comunale di Velletri, la chiesa di S. Sinforosa a Tivoli, e soprattutto la grande villa Aldobrandini di Frascati. Suo il completamento della facciata e della scalea del Palazzo Senatorio in Campidoglio. Sue le fontane di piazza Colonna, di piazza d'Aracoeli, di piazza delle Tartarughe, della Madonna dei Monti e tante altre elevate dal Municipio romano, di cui era l'architetto ufficiale. Suoi i monumenti del cardinale Alessandrino e del Pucci alla Minerva, nei quali appare anche come scultore. Ma forse l'opera a cui più che a tutte le altre si raccomanda il suo nome è la costruzione della cupola di S. Pietro, da lui eseguita sotto Sisto V in collaborazione con Domenico Fontana, e in principio con l'Ammannati. Sul tamburo elevato da Michelangelo si sviluppò, con una veramente mirabile organizzazione tecnica, la grande mole, a struttura doppia secondo il concetto già attuato dal Brunelleschi in S. Maria del Fiore, e a linea esterna lievemente acuta in sostituzione del profilo semicircolare voluto da Michelangelo: sostituzione forse arditamente irriverente ma felice nei riguardi statici ed estetici.
Come era inevitabile in così enorme lavoro, gran parte delle opere testé menzionate portano nel ripetersi dei motivi architettonici e nella banalità degli elementi decorativi le tracce della fretta di concezione e della trascuratezza di un professionista, che non giunge a tutto e lascia fare agli aiutanti. Ma non mancano, anche prescindendo dalla cupola vaticana (ove tra l'altro è difficile sceverare la parte che a lui spetta), quelle che recano l'impronta di un altissimo ingegno. Il cortile e la facciata della Sapienza sono di nobilissima composizione, ampia e serena; il prospetto posteriore di palazzo Farnese risolve genialmente l'arduo tema di completare con nuovi elementi la mole sangallesca; il palazzo Crescenzi Serlupi è un piccolo capolavoro di modesta architettura civile, come le chiese di S. Atanasio e della Madonna dei Monti lo sono di architettura religiosa; nella villa Aldobrandini di Frascati il palazzo, il giardino, il ninfeo, le cadute d'acqua sono disposti con una genialità ardita e vivace, che in parte trae ispirazione da modelli antichi, in parte crea con un sentimento nuovo in cui già appare in pieno il barocco. Certo in molte forme architettoniche del Della Porta le derivazioni dal Vignola, dall'Ammanati, e anche, in molti particolari, da Michelangelo risultano evidenti; e la sua appare un'arte di transizione talvolta piattamente tradizionale, talvolta mossa alla ricerca audace di espressioni nuove, senza però che a questa risponda un'affermazione decisa. Ma pure, come è la sorte felice dei grandi realizzatori più che dei pensatori profondi, a lui spetta di aver trasmesso al periodo immediatamente successivo gli schemi definitivi della facciata di chiesa a due ordini sovrapposti e a risalti ritmici; del palazzo a sviluppo longitudinale derivato dallo schema sangallesco, ma ravvivato da mezzanini, da porte a largo motivo e da cornicione a mensole che reggono il grande aggetto; della villa che sviluppa i modelli del Vignola e del Ligorio; della tomba e della fontana in cui l'architettura e la scultura son tutta una composizione e l'effetto cromatico interviene coi marmi colorati a emulare, come dice il Vasari, la pittura.
V. tavv. CXLI-CXLV.
Bibl.: G. Baglione, Le vite dei pittori, scultori, architetti, ecc., Napoli 1783, p. 76 segg.; F. Milizia, Opere complete, Bologna 1826-27, V, p. 116 segg.; C. Gurlitt, Geschichte des Barockstiles in Italien, Stoccarda 1887, p. 62 segg.; H. Willich, Giacomo Barozzi da Vignola, Strasburgo 1906, p. 134 segg.; H. Wölfflin, Renaissance u. Barock, Monaco 1908; A. Riegl, Die Entstehung der Barockkunst in Rom, Vienna 1908; G. Giovannoni, Chiese della esconda metà del Cinquecento, in L'Arte, XV (1912), p. 401 segg.; XVI (1913), pp. 19 segg., 81 segg.; W. Arslan, Forme architettoniche civili di G. D. P., in Bollettino d'arte, n. s., VI (1926-27), pp. 508-28; G. Beltrami, l'acqua felice all'Aracoeli e un accenno a G. D. P., in Roma, V (1927), p. 37.