DELLA TORRE (de Turre, de la Tour), Giacomo
Nacque con ogni probabilità a Mondovì (prov. di Cuneo) nell'ultimo decennio del sec. XIV, da antica e nobile famiglia monregalese, oggi estinta.
I Della Torre, fin dal sec. XIII consignori di Torre, Carassone, San Michele e Vasco, recavano quale stemma la torre d'argento merlata di quattro pezzi, in campo rosso. Il Della Chiesa li ritenne discendenti dai Torriani di Milano, individuando nel D. il figlio terzogenito di Giovanni Michele, "conte palatino, milite imperiale e cittadino di Vercelli", e di Adelina Avogadro di Cerrione. Per contro il Turletti ne conferma le origini monregalesi ed ipotizza pure un loro legame con il saviglianese Silvestro (I) Della Torre "che fu assai tempo consigliere del Comune, membro di molte commissioni e cosindaco negli anni 1391, 1400, 1410, 1416".
Il D., dopo essersi addottorato in diritto, intraprese la carriera di pubblico funzionario e fu tra i primi piemontesi ad occupare, nell'ambito dell'apparato statale sabaudo, posizioni di rilievo sino ad allora riservate agli esponenti della nobiltà savoiarda. L'acquisizione dei territori dei Piemonte al dominio diretto dei duchi di Savoia, realizzatasi alla morte di Ludovico, ultimo principe d'Acaia (1418), segnò infatti l'inizio di un processo di integrazione di nuove forze di origine subalpina nelle strutture amministrative del Ducato, che venne inevitabilmente accelerato dall'insofferenza nei confronti dell'accentramento dei poteri più volte manifestata dalla feudalità savoiarda dopo il ritiro a Ripaglia di Amedeo VIII e l'assunzione della luogotenenza generale del Ducato da parte del figlio di quel principe, Ludovico (1434), e, per contro, dal determinante sostegno economico offerto al duca dalle Comunità piemontesi. La rapida e brillante ascesa del D. assume in tal senso valore esemplare.
Le prime attestazioni della sua attività pubblica datano al 1431, quando egli risulta già ricoprire la carica di "giudice generale delle appellazioni" per il capitanato del Piemonte superiore, magistratura cui spettava, nell'ambito di tale circoscrizione territoriale, conoscere le cause d'appello di primo e secondo grado. Come "giudice generale delle appellazioni" il D. è attestato a Savigliano alla metà di gennaio del 1431. Soppressi nel 1435 i giudici generali, le loro funzioni furono attribuite ai membri giusperiti del Consiglio ducale cismontano, organo esclusivamente giurisdizionale con competenza in grido d'appello limitata ai soli territori piemontesi. In esso il D. svolse la propria attività quale consigliere a partire dal 1436, assumendovi poi nel 1438 l'ufficio di avvocato fiscale, che esercitò almeno sino agli inizi del 1448.
Nel 1449 fu chiamato a presiedere il Consiglio ducale residente a Chambéry ("Consilium Chamberiaci residens"), organo anch'esso esclusivamente giurisdizionale e tuttavia dotato di ambiti di competenza in materia d'appello più ampi rispetto a quelli del Consiglio cismontano. Il fatto che il D. fosse il secondo piemontese ad assumere tale incarico (lo aveva preceduto Giovanni Costa) dopo una serie ininterrotta di presidenti savoiardi, se dimostra da un lato un mutato orientamento nel reclutamento dei funzionari ducali, attesta dall'altro il prestigio personale da lui goduto.
Stretto collaboratore di Ludovico - che, dopo l'elezione al sommo pontificato, col nome di Felice V, di Amedeo VIII, elezione voluta dai padri del concilio di Basilea in opposizione al legittimo papa Eugenio IV (5 nov. 1439), aveva assunto a pieno titolo la dignità ducale (6 genn. 1440) -, ed al contempo uomo di fiducia dello stesso Felice V, il D. svolse, a partire dal 1446, delicate missioni diplomatiche, partecipando ai tentativi di composizione dello scisma posti in essere dallo stesso Ludovico. Le forti pressioni esercitate in tal senso dal re di Francia, Carlo VII, sul nuovo duca di Savoia non potevano essere ignorate da quest'ultimo, tanto più che proprio dell'aiuto francese questi avrebbe avuto bisogno quando, con la morte di Filippo Maria Visconti, si sarebbe aperta la lotta per la successione al Ducato di Milano. Tra il novembre ed il dicembre del 1446, il D. guidò un'ambasceria presso il re di Francia; e, quando fu rientrato a Ginevra presso il suo duca, fu da questo inviato a Basilea per riferire a Felice V sulla missione. A Basilea il D. si trattenne dal 5 al 29 dicembre. Il 7 apr. 1449 Felice V rinunciò alla tiara e il 15 giugno successivo venne nominato cardinale nonché legatoe vicario apostolico nei territori sabaudi. A suo nome il D. si recò a prestare omaggio al pontefice Niccolò V: l'incontro ebbe luogo a Spoleto il 20 giugno 1449.
Nel maggio di quello stesso anno il D. era stato inviato da Amedeo VIII a Torino con il compito di valutare la difficile situazione venutasi a creare in Piemonte in seguito alla decisa reazione militare dello Sforza all'intervento del duca Ludovico nel conflitto per la successione al Ducato di Milano. Da Torino, il 6 maggio, il D. trasmise al vecchio principe una relazione sul diffuso malcontento suscitato dall'attività bellica nei territori subalpini. Il 9 maggio, quando era in procinto di partire alla volta di Spoleto, per incontrarsi col pontefice, ricevette dal duca Ludovico i pieni poteri per trattare con Alfonso d'Aragona una lega antisforzesca. I meriti acquistati e le capacità dimostrate nell'espletamento di tali incarichi gli valsero, il 4 genn. 1450, il conferimento dell'ufficio di cancelliere, prima dignità dello Stato sabaudo immediatamente dopo quella del duca, conferimento voluto dallo stesso Amedeo VIII, che impose al figlio di destituire il cancelliere allora in carica, Antonio di Romagnano, assurto a tale incarico il 25 apr. 1449.
In occasione di tale nomina il Comune di Savigliano, che, con ordinato consolare del 3 sett. 1442 aveva già insignito della cittadinanza il D., stabilì di offrire a quest'ultimo un donativo di 25 fiorini (29 genn. 1450). Il D., che il 1º genn. 1409 era stato infeudato di Carassone dal principe Ludovico d'Acaia, il 21 nov. 1449 ottenne dal duca di Savoia, contro il versamento della somma di 1.000 fiorini, l'infeudazione del castello e luogo della Bastia di Carassone. Con atto del 9 dicembre successivo "retrovendeva", per la medesima somma, il feudo al duca stesso. È superfluo sottolineare il carattere fittizio di tali investiture, che avevano il valore di semplice garanzia per prestiti di denaro concessi dal nobiluomo al duca Ludovico. Questi, per ricompensarlo dei servigi resi, il 20 marzo 1452 lo investì a vita del castello, territorio, villa, luogo e mandamento di La Rochette in Savoia, che erano stati confiscati, il 17 aprile dell'anno precedente, per indegnità, a Jean de Seyssel, signore di Barjat.
Aveva sposato Filippina Garretti di Ferrere, da cui ebbe un figlio di nome Teodoro. Aveva avuto pure un figlio illegittimo, Michele, che divenne poi signore di Roburent, tramite l'acquisto fattone dal medico ducale Giacomo Strata (26 maggio 1452).
Il D. morì a Ginevra il 25 ott. 1452.
Il 20novembre dello stesso anno Giacomo Valperga di Masino fu chiamato a succedere al D. nella carica di cancelliere.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Torino, Corte, Protocolli deinotai ducali, nn. 76, f. 242 v; 82, f. 436; 83, f. 162; 95, ff. 1, 9; 96,ff. 36, 405; 101, f. 88; 94, f. 92;Ibid., Protocolli dei notaicamerali, nn. 45, f. 25; 50, f. 242; 109, ff. 202, 223; 139, f. 6;Ibid., Materie eccles. cat. 45ª,m. 3;Ibid., Camerale, Tesoreria generale di Savoia, inv. 16, nn. 98, ff. 16, 98 (del libravit); 94, f. 292; 101, f. 73;Ibid., Comptes des chanceliers receveurs des emoluments des sceaux de la Chancellerie de Savoye, inv.41, m. 16, nn. 64, 65, 66; Ibid., F. A. Della. Chiesa, Alberi geneal. di famiglie nobili del Piemonte (ms.); Ibid., Biblioteca antica, Cronologia dei Gran Cancellieri di Savoia (ms.); E. H. Gaullieur, Correspondance du pape Félix V (Amedée VIII) et de son fils, Louis, duc de Savoie, au sujet de la Ligue de Milan..., in Archiv fuer schweizerische Geschichte, VII (1851), p. 316; Parlamento sabaudo, a cura di A. Tallone, III, Bologna 1929, ad Indicem;IX, ibid. 1937, ad Indicem; [P. G. Galli della Loggia], Cariche del Piemonte, I,Torino 1798, pp. 18 ss.; C. Turletti, Storia di Savigliano, I,Savigliano 1879, pp. 458, 541, 546; III, ibid. 1883, p. 671; C. Dionisotti, Storia della magistratura piemontese, II,Torino 1881, p. 190; G. Pérouse, Le fin du grand-schisme, Paris 1904, p. 466; L. Marini, Savoiardi e Piemontesi, Roma 1962, pp. 18, 50, 58, 63 s., 67, 71, 76; Id., Libertà e privilegio. Dalla Savoia al Monferrato, da Amedeo VIII a Carlo Emanuele I, Bologna 1972, p. 20; Torino, Bibl. naz., A. Manno, Il patriziato subalpino (datt.), ad vocem Torre.