DURANDI, (Duranti, Durante, Durando), Giacomo
La notizia più antica relativa con ogni verosimiglianza a questo pittore, originario di Nizza (Bensa, 1908), è legata a un pagamento avvenuto in Taggia il 3 maggio 1443, per aver egli dipinto le armi del doge Raffaele Adorno (Brès, 1911). Nonostante la variante presente nel nome (l'artista è chiamato Durante), l'ipotesi che si tratti proprio del pittore nizzardo potrebbe trovare conferma nella divulgazione che ebbe la sua maniera nel Ponente ligure.
Nel 1450 il D. è menzionato a Marsiglia come Giacomo Durandi di Nizza; nel 1454 è tra i pittori che esercitano nella contea di Nizza (Bensa, 1908). Nello stesso anno dipingeva un polittico per la cappella della S. Croce nella chiesa del monastero di Lérins, su commissione di Pietro Garnieri, nobile nizzardo; l'opera, ancora visibile nel 1650, è oggi perduta (Schede Vesme, 1982). Nel 1461, sempre a Nizza, dipingeva con il fratello Cristoforo le armi sulla poppa della galera di "S. Maurizio" (Labande, 1932, p. 123).
Dal documento di pagamento di un acconto (29 fiorini e 7 grossi), fatto dal sindaco di Cannes al fratello Cristoforo, il 18 apr. 1469, perché portasse a termine il polittico, perduto, di S. Sebastiano lasciato incompiuto dal D. per la sopravvenuta morte (ibid.), si può arguire che il D. fosse scomparso già alla fine del 1468 o nei primi mesi del 1469. Cristoforo, che evidentemente lavorava nella bottega del fratello, è poi menzionato da solo in un documento del 1471 relativo al contratto di allogazione stipulato con Louis Manaud, mercante di Aix, per un polittico (anch'esso perduto) per la chiesa degli agostiniani della città (ibid.).
Al di là di queste scarne notizie documentarie, sopravvivono due uniche opere firmate: il grande polittico di S. Margherita, a 16 scomparti, della cattedrale di Fréjus, esposto a Nizza alla Exposition rétrospective del 1912 e pesantemente ridorato, che reca la scritta: "Hoc opus fecit fieri dñs ant…. boneti b … fici …… ecl..ie …. Jacoburn Durandi de Nic.", e la tavoletta con il Battesimo di Cristo del Musée Masséna di Nizza, la cui iscrizione, in caratteri gotici, posta sulla cornice, come nel polittico di S. Margherita, ed ora decifratay recita "…LXV die 10 Iulii per Iacobum de Nic..". Entrata nel museo non molti anni addietro, e pressoché ignota alla letteratura critica francese, quest'opera è già stata letta come elemento intermedio tra il D. e il Canavesio con una netta propensione verso il primo dei due maestri (Romano, 1974, p. 731).
Completa l'esiguo catalogo del pittore nizzardo un altro polittico, non firmato, anch'esso al Musée Masséna di Nizza e proveniente da Luceram, composto da dieci scomparti più la predella, con al centro la figura di S. Giovanni Battista. Presentato alla Exposition rétrospective di Nizza del 1912, venne subito accostato al polittico di S. Margherita e attribuito al D. (Labande, 1912, pp. 293 ss.).
La cronologia interna a queste tre opere, che appaiono relativamente omogenee tra loro, è complessa; sembra tuttavia di poter collocare il Battesimo inun momento intermedio tra i due polittici, di poter legare al decennio 1450-1460 quello di S. Margherita e all'ultima attività dell'artista quello di S. GiovanniBattista. Ilpolittico di Fréjus dovrebbe essere il più antico perché conserva, in maggior misura, elementi legati alla tradizione tardogotica, non solo nel modo di rappresentare le figure, ma nell'architettura d'insieme e nella foggia della cornice ricca di intagli, cuspidi e pinnacoli, costruita ancora secondo il tipico modello delle comici gotiche i cui trafori a oro sono applicati su un fondo turchino a stelle.
Ma è evidente anche un tentativo di aggiornamento sulla nuova maniera che, a partire dal quinto decennio del 1400, veniva radicandosi in Provenza ad opera del Maestro d'Aix (Barthélemy d'Eyck?) e di E. Quarton, visibile in alcuni dettagli: il libro, gli occhiali e la barba di s. Antonio, o il vaso della Maddalena; le figure mancano ancora, tuttavia, della rigorosa geometria e della plastica sobrietà che caratterizzano tutta la produzione quartoniana.
Più essenziale è la tavoletta con il Battesimo di Cristo, datata 1465, in cui, pur conservandosi la gotica cornice centinata, sparisce l'oro di fondo. Lo spazio è interamente occupato dalle figure costruite con una sorta di stilizzazione verticale sottolineata dalla volontaria assenza di profondità. La scena è vista dal sotto in su, in modo che l'aureola di Cristo, nitido disco d'oro pieno, viene sospinta verso l'alto, e la colomba, di un bianco luminoso a piombo sulla testa dei Redentore, chiude lo spazio del cielo vuoto con un prezioso studio di rinvii cromatici. Si tratta della stessa soluzione che ritroviamo nella tavola dell'Incoronazionedella Vergine (Carpentras, cattedrale di S. Stefano), attribuita alla bottega di Quarton e datata 1460-1470. Anche i panneggi sono qui più volumetrici, taglienti e come accartocciati e la figura di S. Giovanni raggiunge, nella nitida definizione del pelo dell'abito, precisioni nuove. Ma il dato più significativo, in questa continua ricerca del dettaglio "vero", è nelle gocce d'acqua che rigano la fronte e le spalle del Cristo, preziose e luminose come perle, che segnano l'incondizionata adesione alla nuova maniera divulgata da Quarton a cui sicuramente va riferita anche la scelta della gamma cromatica: calda, luminosa, dagli imprevedibili contrasti.
Nel polittico di S. Giovanni Battista, dalla cornice ora assolutamente priva di intagli gotici e la cui predella, per l'evidente scarto di qualità, va forse attribuita al fratello Cristoforo, i rimandi a Quarton si fanno ancora più stringenti, quasi il D., alla fine della propria parabola, fosse riuscito a liberarsi pressoché del tutto dalle memorie tardogotiche.
Fonti e Bibl.: T. Bensa, La peinture en Basse Provence, à Nice et en Ligurie, Cannes 1908, pp. 19 s.; G. Brès, Questioni d'arte regionale. Studio critico, Nizza 1911, p. 83; Exposition rétrospective d'art regional (catal.), Nice 1912, pp. 47, 68; L. H. Labande, Les peintres niçois des XVe et XVIe siècles, in Gazette des beaux-arts, VII (1912), pp. 291-297; Id., Les primitifs français, Marseille 1932, I, pp. 123 s.; L'art religieux anciendans le compté de Nice et en Provence (catal.), Nice 1932, pp. 80-83; Primitifs de Nice et des écoles voisines (catal.), Nice 1960, p. 14; G. Romano, Canavesio, Giovanni, in Diz. biogr. degli Ital., XVII, Roma 1974, p. 729; Schede Vesme, IV, Torino 1982, p. 1260; M. Laclotte-D. Thiébaut, L'école d'Atdgnon, Tours 1983, p. 97; M. Natale, in La pittura in Italia. Il Quattrocento, Milano 1986, pp. 8 s. fig. 5, 18n. 11.