FAUSTINI, Giacomo
Figlio di Aloisio, nacque a Chiari (Brescia) il 5 genn. 1630. Proveniente da una famiglia di intagliatori, apprese i primi rudimenti dell'arte dal padre, poi entrò nella bottega di Orazio Olmi, maestro di scultura lignea assai apprezzato nel territorio della Bassa Bresciana, da cui assorbi il gusto un po' ridondante per la ricchezza degli elementi decorativi e per le accentuate caratterizzazioni fisionomiche.
Nel 1663 è documentato il suo primo intervento a Comero, nella chiesa di S. Silvestro. Si tratta di alcuni busti di santi per l'ancona di S. Antonio, pagati lire 35. Per la stessa chiesa scolpi cinque anni dopo l'ancona dell'altare nuovo "in laudabil forma... con due colonne per parte" con la richiesta di una "mercede" di scudi 75, considerata esosa dai massari, che ne offrirono 65 (Comero, Arch. parrocchiale, Libri d. Scuola d. Ss. Sacramento, 1669, pp. 204-206). Nel 1668 è documentata la sua presenza a Bagolino (Val di Caffaro), che poi si ripeté saltuariamente per lavori non precisati dai documenti.
Nel 1669 la Scuola del Ss. Rosario di Chiari gli commissionò per la chiesa di S. Maria una Cassa d'organo (Chiari, Arch. d. Fabbr. di S. Maria, Libro capitali cassa testamenti, f. 99, 1669), che dai documenti risulta già ultimata nel 1673; pagata con "190 scudi da berlingotti 7 l'uno" (Ibid., Libro parti, 1670-1673).
La fronte è divisa in quattro settori scanditi da lesene con cariatidi in bassorilievo a mezzobusto; la parte inferiore del loro corpo è costituita da elementi decorativi di fantasia con festoni classicheggianti di frutta. L'intaglio è minuto ed eseguito con grande maestria, le circonvoluzioni vegetali delle specchiature si trasformano con libertà fantastica in elementi zoomorfi ed in vivaci puttini. L'organo è coronato da una splendida "soasa" (comice architettonica) a forma di portale tripartito, la cui parte centrale, più alta, è sormontata da un timpano curvilineo interrotto alla sommità; sopra le due porte laterali architravi di gusto tardorinascimentale e sovraporte pesantemente decorate.
Il lavoro soddisfece i committenti che l'anno seguente gli ordinarono una soasa per la pala della Traslazione della S. Casa di Loreto in sacrestia, soasa irreperibile perché venduta nei primi anni del Novecento per poche centinaia di lire. Nel luglio del 1675 l'attività del F. è dettagliatamente documentata ancora a Bagolino, per la cui parrocchiale eseguì con un compenso di nroni 35" il Crocefisso del pulpito; nel 1679 intagliò l'anconetta della venerata immagine della Madonna di S. Luca, che era esposta nelle grandi occasioni all'altare del Rosario. Per quest'opera ricevette una mercede di complessive lire planete 222 (Bonomi, 1987). Nel 1675 lavorò con Giovanni Pietro figlio di Faustino Bonomi di Avenone anche a Collio, nella chiesa di S. Maria di Tizio, all'ancona per l'Assunzione di Giuseppe Nuvolone, detto il Panfilo. I due intagliatori ricevettero complessivamente un compenso di più di 100 scudi da L. 7.
La soasa ha forma di portale con colonne binate, aggettanti, decorate a racemi, poggiate su plinti; sopra l'architrave il fregio presenta teste di cherubini collegate con festoni classicheggianti, dorati.
Due angeli semisdraiati poggiano sulle volute del timpano curvilineo e spezzato, al cui centro in un'elegante edicola s'erge un'immagine sacra. Altri due angeli siedono sul cornicione del timpano.
Il Comune di Chiari, dopo i lavori murari alla parrocchiale del 1686, fece erigere un altare ligneo per esporre al culto le reliquie di santi e martiri confluite per donazioni e lasciti. Mentre si attendeva l'autorizzazione dalla congregazione dei Riti, il F. intagliò l'Arca per il corpo di s. Bonifacio e progettò probabilmente l'intero complesso, la cui esecuzione cominciò dopo l'autorizzazione (30 luglio 1689). Non conosciamo l'entità del suo intervento manuale, in quanto il lavoro fu finito nel 1712, nove anni dopo la sua morte. Un atto di pagamento attesta la presenza del cugino Faustino Faustini, mentre dall'analisi stilistica risulta probabile anche l'intervento di Orazio e Lorenzo Olmi.
I contenitori delle reliquie sono nascosti in una nicchia dietro la tela scorrevole della Madonna del Suffragio. Ai lati di questa due figure allegoriche femminili su mensole, a grandezza naturale, fungono da colonne in quanto sormontate da corone di angioletti che reggono capitelli corinzi. Sopra l'immagine della Madonna vi è la corona col drappo sostenuta da angioletti in volo. L'apparato è contenuto in un pronao a quattro colonne tortili; le due centrali aggettanti e interamente dorate sono rivestite di decorazioni fitomorfe e poggiano su telamoni inginocchiati; le due laterali in legno naturale, sono arricchite da rami di alloro dorati fino alla sommità. Nel fastigio sopra la cimasa è un Padre Eterno a braccia aperte.
Nel 1690 il F. stipulò un contratto con due deputati alla fabbrica della chiesa della Beata Vergine di Caravaggio, attigua al cimitero di Chiari, appena ultimata e consacrata, impegnandosi a fornire la "soasa dell'altar maggiore, otto candelieri, quattro vasi da palme e tre secrete" (Chiari, Arch. d. Fabbrica S. Maria, Memorie d. Beata Vergine di Caravaggio, p. 250v). L'esecuzione durò a lungo e fu pagata a rilento, tanto che al 1703 risale un documento di acconto. Forse fu ultimata da Lorenzo Olmi.
Intorno alla pala raffigurante l'Apparizione della Vergine un volo di angioletti sorregge il ricco drappo e la corona regale; ai lati, in altorilievo su lesene, due giovani telamoni a mezzobusto sostengono capitelli compositi; essi a loro volta poggiano su plinti sostenuti da telamoni nani; a destra e a sinistra si trovano due colonne con racemi vitinei e puttini in bassorilievo. Ricchissimo è l'architrave intagliato a foglie d'acanto, sormontato da un timpano curvilineo interrotto al centro con conclusioni a chiocciola: sulla sua sommità sporgono un Padre Eterno a braccia aperte e due vivacissimi angioletti. La base della soasa ha l'aspetto di un parapetto a due ordini interamente intagliato a girali vegetali interrotti da mascheroni e puttini con effetti suggestivi di alto e bassorilievo; al centro due grandi angeli reggono un cartiglio privo di iscrizioni.
Mentre procedeva questo lavoro i reggenti della Scuola del Ss. Rosario di Chiari incaricarono il F. di eseguire ancora per la chiesa di S. Maria la cantoria presso l'altar maggiore, "all'incontro con l'organo", con la raccomandazione che gli ornamenti fossero simili a quelli dell'organo; quest'opera fu ultimata nel 1694 e dimostra una maggiore attenzione alla policromia.
Il parapetto è diviso in quattro riquadri. di cui i due centrali aggettanti, scanditi da lesene con angeli dorati ad altorilievo; la parte inferiore del loro corpo ha forma di plinto molto allungato con decorazioni fito e zoomorfe; nei cartigli sui riquadri pesanti girali contornano ciascuno un angioletto. La parte superiore della cantoria è articolata in tre riquadri, con fregi a bassorilievo su superfici rossoblu. Il fastigio è animato da un arcangelo al centro e da quattro angeli ai lati, poggiati su basi di altezza digradante, tutti dorati. Sia l'organo che la cantoria si possono ammirare nell'attuale sistemazione ai lati della navata, in quanto furono rimossi dal presbiterio al tempo del prevosto Stefano Antonio Morcelli, tra il 1791 e il 1821.
Sono attribuiti al F., sempre nel Comune di Chiari, sei candelieri e una croce lignea nell'oratorio di S. Pietro Martire, sede della Confratemita dell'abito nero, tre secrete nella chiesa suburbana della Trinità della quadra di Malarengo, oggi custodite nella pinacoteca, e un crocefisso per la sagrestia della parrocchiale che è però di epoca posteriore.
Il F. morì a Chiari, il 2. sett. 1703 (Chiari, Archivio parrocchiale, Liber mortuorum, ad annum).
G. B. Rota (1879), il primo studioso che si occupò del F., attribui la soasa della chiesa di Caravaggio a Orazio Ohni, ma i documenti dimostrano inconfutabilmente che l'autore fu il F.; inoltre attribuì alla cooperazione Olmi - F. l'altare delle reliquie di Chiari, ma la data di completamento è posteriore di nove anni alla morte del Faustini. Ulteriori ricerche sul F. furono compiute da P. Guerrini nel 1926; questi pubblicò diversi documenti relativi all'intagliatore, corresse l'errore del Rota circa la soasa della Beata Vergine di Caravaggio, attribuì però il completamento dell'altare delle reliquie agli Olmi, ignorando il documento di pagamento al cugino Faustino Faustini; fece erroneamente autore il F. dell'ancona dell'altare del Rosario di Bagolino, basandosi su documenti mal interpretati, che si riferiscono invece (cfr. Bresciani, 1987) solo all'anconetta intorno all'effige della Madonna di S. Luca; infatti la "mercede" a lui destinata è solo di lire planete 222.
Si può ritenere, ma non è provato, che i numerosi acconti pagati al F. dai curatori della parrocchiale di Bagolino a partire dal 1668 si riferiscano a rate per la soasa che stava nell'altare del Rosario e che fu spostata nel 1688 nell'altare novo dei Ss. Iseppo (o Filippo) e Antonio, per far posto alla nuova più maestosa e trionfale ancona di B. Vecchi.
Fonti e Bibl.: D. Sbardolini, Il tempio di S. Giorgio in Bagolino, in La Provincia di Brescia, 30 ag. 1874; G. B. Rota, Il Comune di Chiari, Chiari 1879, p. 232; L. Rivetti, Artisti chiaresi, 5, G. F. intagliatore, in Brixia sacra, VIII (1917), p. 135; Id., Le discipline di Chiari, ibid., XVI (1925), p. 115; P. Guerrini, Bagolino e la Madonna di S. Luca (1926), in Pagine sparse (Brescia), VII (1986), p. 64; U. Vaglia, Vicende stor. della Valsabbia, Brescia 1955, p. 87; G. Panazza, La parrocchiale di Bagolino, in Memorie stor. della diocesi di Brescia, XLVI (1963), pp. 11 s.; G. Vezzoli, La scultura dei secc. XVII e XVIII, in Storia di Brescia, III, Brescia 1964, pp. 514 s.; U. Vaglia, Intagliatori valsabbini nei secc. XVII e XVIII, Brescia 1974, pp. 7 s.; L. Ferremi, L'altare della Madonna di S. Luca, in Di più, bollett. parrocch., Bagolino 1981, 2, p. 18; A. Fappani, Encicl. bresciana, IV, Brescia 1981, p. 47; L. Pelizzari - R. Pelizzari, Guida pratica del Comune di Bagolino, Villa Lagarina 1985, p. 33; V. Volta, Borghi, strade, piazze di Collio, in Collio Valtrompia, Brescia 1985, p. 12; L. Bresciani, Scoperto il vero scultore dell'altare della Madonna di S. Luca, in Di più, 1987, n. 32, pp. 12 s.; A. Bonomi, La presenza nelle valli Sabbia e Trompia dello scult. B. Vecchi ed i suoi rapporti con gli intagliatori Bonomi; spunti per una storia, in Brixia sacra, XXII (1987), p. 204; L. Melzani, Bagolino. Storia di una comunità, Ciliverghe 1989, p. 94; La pittura del '600 in Valtrompia. Restauri... (catal. d. mostra, Villa Carcina), a cura di C. Sabatti, Brescia 1994, pp. 240 ss.