FAVRETTO, Giacomo
Pittore, nato a Venezia l'11 agosto 1849, morto ivi il 12 giugno 1887. Figlio di un modesto falegname, studiò pittura nell'Accademia di belle arti, sotto il Grigoletti e il Molmenti. Era quello il tempo in cui Antonio Rotta con abilità di pennello, ma con insistenza fredda e minuziosa, andava riproducendo scene familiari e della vita popolaresca veneziana, e Eugenio Bosa destava ammirazione con le sue visioni chioggiotte di una leziosità stucchevole. La schietta ed entusiastica natura del F. presto lo trasse fuori a un tempo da codesto manierismo accademico e da codesta leziosità romantica per ricollegarlo, attraverso l'austriaco Ludovico Passini e l'olandese Carlo van Haanen, alla tradizione veneziana del Carpaccio, di Gentile Bellini, del Canaletto, del Guardi, del Marieschi, del Longhi. La Lezione di anatomia (Milano, Pinacoteca di Brera) è il quadretto col quale rivelò nel 1873 la sua personalità. La sua tavolozza non si è formata ancora, ma in questa opera, come nel bozzetto La Sartona (1876), si rivela uno sforzo costante di raggiungere una potente impressione realistica. Il Sorcio (1878; Milano, Pinacoteca di Brera) è il suo primo quadro, una delle scene più vivaci, in cui si mostra la prima espressione dell'elemento umoristico popolare; maggiore sobrietà e libertà di pennello appaiono in Vandalismo (1878; Milano, Pinacoteca di Brera). Ormai il pittore ha trovato la sua strada e la percorre col suo spirito equilibrato che lo porterà a far tesoro dell'esperienza altrui, senza pregiudizio della sua originalità. Con El difeto xe nel manego (1881; Ponte di Brenta, coll. Breda) ritorna alla commedia chiacchierina, maliziosa; mentre col Venditore d'uccelli e con la Bottega della fioraia, dello stesso anno, accenna a qualche stanchezza. Seguono nel 1883 il Mercato di S. Polo (proprietà del re Vittorio Emanuele), Venezia in un giorno di pioggia, Musica in famiglia, e l'abuso del colore non riesce a dissipare l'oscurità che toglie trasparenza alle ombre nell'Attesa degli sposi (1883; Roma Galleria naz. di arte moderna). Ma a un tratto ecco un fiume di luce che invade il Mercato (Buenos Aires, coll. Pellerano) e crea finezze incomparabili, in quella pittura chiara, squillante, argentina. Il gioco della tavolozza, estroso e gagliardo, ma ancora un po' pettegolo, in cui le tinte passano sul quadro senza miscela, aspira all'unità, e, attraverso la Partenza degli sposi (Londra, coll. Forbes), la Susanna e i vecchi (prima ediz. nella collezione del re), Dopo il Bagno (Roma, Galleria naz. d'arte moderna) anche la composizione trascura la determinazione dei personaggi per rendere l'intima poesia dell'ambiente. L'evoluzione è compiuta nelle ultime opere, il Liston antico (Roma, Galleria naz. d'arte moderna), il Liston moderno (incompiuto) e il Traghetto della Maddalena (proprietà del re Vittorio Emanuele).
Il F. fu, per i suoi tempi, un ribelle, ma temperato dal freno dell'arte e della tradizione. Fra i moderni nessuno ha saputo come lui esprimere l'anima di Venezia. Egli il poeta della calle e del campiello, il commediografo della pittura. Ma poiché più dell'aneddoto gli stava a cuore la pittura, la sua gaiezza non è tutta nel colore, come in Fortuny, o tutta nella trovata, come nel Quadrone, ma in ambedue gli elementi.
V. tavv. CLVII e CLVIII.
Bibl.: A. S. De Kiriaki, G. F., Venezia 1887; C. Sicco, G. F., Venezia 1887; P. Molmenti, G. F., con due sonetti di G. Mantica, Roma 1895; P. Oreffice, G. F., Venezia 1899; F. Noack, in Thieme-Becker, Künstler-Lexikon, XI, Lipsia 1915 (con bibl.); A. Colasanti, La galleria naz. d'arte moderna in Roma, Milano-Roma s. a.; E. Somaré, Storia della pittura ital. dell'800, I, Milano 1928, pp. 511-13; U. Ojetti, La pittura ital. dell'800, Milano-Roma 1929; E. Cecchi, Due opere inedite di G. F., in Vita art., III (1932), pp. 33-37.