FERRARI, Giacomo
Nacque a Langhirano (prov. di Parma) il 5 nov. 1887 da Ottavio e da Adele Venturini in una agiata famiglia borghese, tra le più note nella zona.
Il padre fu a capo del mazzinianesimo intransigente nel Parmense, garibaldino a Mentana e nel 1874 tra gli arrestati di villa Ruffi. Anche gli zii paterni Giacomo e Italo avevano militato nelle fila repubblicane e garibaldine.
Il F. fu dunque educato in un ambiente familiare intriso di valori patriottici ed aperto alle correnti culturali e politiche progressiste. Ben presto maturò un interesse nei confronti del socialismo scientifico e nel 1902, a soli quindici anni, aderì al partito socialista. Dopo aver compiuto a Parma gli studi liceali e il biennio di matematica, si trasferì a Torino per frequentare il politecnico. Nel dicembre del 1912 conseguì la laurea in ingegneria industriale e partì subito alla volta della Puglia per intraprendere il suo primo lavoro presso i cantieri dell'acquedotto. Prese parte alla prima guerra mondiale come tenente d'artiglieria, trascorrendo un anno in trincea e nel 1919 venne trasferito a Bologna, dove si trovò ad assistere all'eccidio di palazzo d'Accursio.
Congedato nel 1920, il F. fece ritorno a Parma., trovando lavoro presso il Consorzio delle cooperative, che aveva sede in borgo delle Grazie presso la Camera del lavoro sindacalista. Qui ebbe modo di conoscere alcuni esponenti del sindacalismo rivoluzionario, come M. Bianchi ed E. Rossoni, ma questi contatti non incrinarono la sua adesione alla corrente riformista del PSI (Partito socialista italiano), in rappresentanza del quale il F. nel 1920 venne eletto al Consiglio provinciale. Nell'agosto del 1922 prese parte alla difesa dell'Oltretorrente contro le squadre fasciste di Italo Balbo e fu per questo definito dai suoi avversari "l'ingegnere delle barricate".
Dopo l'avvento del fascismo e anche dopo le leggi eccezionali il F. prosegui, nei modi imposti dalle circostanze, l'attività politica. Nel 1931 la polizia scoprì i suoi contatti con alcuni esponenti del gruppo di Giustizia e libertà e lo sottopose ad una stretta vigilanza. Il 13 dicembre, per sottrarsi all'arresto, il F. espatriò in Francia con la famiglia e andò a stabilirsi a Tolosa, dove c'era un attivo e numeroso gruppo di esuli socialisti. Egli mantenne altresì un costante collegamento con gli ambienti del fuoruscitismo italiano a Parigi e nel 1935 rientrò per un breve periodo a Langhirano per ristabilire i rapporti con gli oppositori del fascismo rimasti in Italia. Fece quindi ritorno in Francia per rimpatriare definitivamente alla fine del 1936.
Per quanto la sua condotta non desse luogo ad alcun rilievo da parte delle autorità di polizia, il F. svolse, tra il 1938 e il 1942, un paziente lavoro per riallacciare i contatti con gli antifascisti locali di diverse correnti politiche, ma soprattutto stabili stretti rapporti con un folto gruppo di comunisti, tra i quali D. Gorreri, L. Porcari, G. Isola, U. Ilariuzzi e V. Barbieri. Si occupò anche del Soccorso rosso, raccogliendo fondi per aiutare le famiglie dei condannati al carcere o al confino. Nel 1942 aderì al partito comunista, che gli era sembrato profondere il maggiore impegno nella lotta antifascista.
Dal 1939 era iscritto a questo partito anche il figlio venticinquenne del F., Brunetto, medico, che con il padre condivise l'attività cospirativa e poi la partecipazione alla guerra partigiana.
Sempre nel 1942 il F. venne richiamato alle armi e inviato a Milano, in servizio presso lo stabilimento Innocenti, adibito alla produzione di proiettili. Dopo il 25 luglio 1943 collaborò con i militanti comunisti milanesi nel tessere le fila dell'organizzazione clandestina locale. Rientrato a Parma, nella notte dell'8 settembre, mentre le truppe tedesche si apprestavano a entrare in città, prese parte alla riunione di villa Braga, nella quale furono gettate le basi per organizzare la resistenza. Sotto le mentite spoglie di ricercatore di possibili giacimenti minerari da sfruttare, gli venne affidato il compito di perlustrare le zone di montagna per disegnare la mappa delle basi operative della futura guerriglia. Il 15 ottobre il F. partecipò presso lo studio di G. Micheli alla costituzione del Comitato di liberazione nazionale di Parma, mentre il figlio Brunetto radunava i primi partigiani nella zona di Bosco di Corniglio.
In seno al Comitato di liberazione nazionale (CLN) il F. e il Porcari, che rappresentavano il partito comunista, sostennero l'opportunità di sferrare un attacco immediato ai naffiascisti, incontrando l'opposizione di socialisti, azionisti, repubblicani e democristiani, che ritenevano prematuro il ricorso alle armi. L'oggettiva necessità di rispondere alle iniziative del nemico contribuì a far superare i contrasti e il F. fu chiamato ad assumere un ruolo importante, come membro del triunIvirato militare, nell'impostazione della lotta armata.
Il 17 ott. 1944, nel corso di un attacco tedesco alla sede del comando unico partigiano del Parmense, caddero uccisi il comandante Giacomo di Crollalanza e altri cinque capi partigiani. Si dovette pertanto procedere alla ricostituzione del comando e nel nuovo assetto, definito il 24 ottobre, il F. venne nominato comandante unico per la zona dell'Ovest-Cisa. Neanche un mese dopo il F., che aveva assunto il nome di battaglia di Arta, venne provato nei suoi affetti più cari: il 20 novembre il figlio Brunetto, vicecommissario politico della XLVII brigata Garibaldi, fu ucciso in combattimento a Ponte di Lugagnano.
Per il ruolo avuto nella lotta partigiana il F. fu nominato dopo la Liberazione prefetto di Parma e ricoprì tale carica fino all'aprile 1946. Il 2 giugno di quell'anno venne eletto deputato all'Assemblea costituente con 21.565 voti di preferenza. Il 13 luglio fu chiamato a far parte del secondo governo De Gasperi come ministro dei Trasporti e mantenne l'incarico anche nel terzo governo De Gasperi fino al 31 maggio 1947.
Si trovò a fronteggiare il problema della ricostruzione della rete ferroviaria nazionale gravemente danneggiata dalla guerra, dimostrando di possedere in questo e in altri settori d'intervento doti non comuni di competenza tecnica e chiarezza negli indirizzi programmatici. Fu per questo apprezzato da De Gasperi, che, al momento di costituire il suo quarto governo senza la partecipazione dei comunisti, avrebbe voluto valersi ancora della collaborazione del F. come "tecnico indipendente".Il 18 apr. 1948 il F. venne eletto al Senato per il collegio di Panna, riportando 52.367 votì, ma tre anni dopo fu chiamato a ricoprire la massima carica nell'amministrazione della sua città.
Dall'ottobre 1951 al febbraio 1963 fu sindaco di Parma, dando un contributo notevole alla sua ricostruzione ed espansione. Nel corso degli undici anni del suo incarico vennero costruite strade per decine di chilometri, abitazioni ed edifici scolastici, il quartiere Bocchi, venne creato il Museo Glauco Lombardi, ebbero impulso i servizi pubblici e furono ampliate le aree verdi ad uso dei cittadini.
Il 28 apr. 1963 il F. tornò a sedere in Senato risultando eletto, sempre nel collegio di Parma, con 51.537 voti; nelle successive elezioni del 19 maggio 1968 fu riconfermato con 61.048 voti, ma nel 1970 rinunciò al mandato parlamentare dimettendosi per ragioni di salute.
Tornato nella sua città, dov'era molto popolare e stimato, ricoprì incarichi nell'associazionismo partigiano, diresse il Consorzio di lavoro e produzione della provincia di Parma, si impegnò per la costruzione dell'autostrada della Cisa e fu il primo presidente dell'Istituto di studi verdiani.
Il F. morì il 22 ag. 1974 a Bosco di Corniglio (Parma).
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