GIUSTINIANI, Giacomo
Nacque a Roma il 29 dic. 1769 dal principe Benedetto e da Cecilia Mahony, irlandese. La famiglia paterna godeva del titolo principesco a Genova e a Roma, mentre quella materna aveva titolo comitale e tra gli antenati vantava parlamentari, diplomatici e generali al servizio della Gran Bretagna.
Dopo studi nei collegi Urbano e di Propaganda Fide prese gli ordini minori e frequentò i corsi della Sapienza, addottorandosi in utroque iure il 29 dic. 1792. Nel 1793 entrò in prelatura come protonotario apostolico e a fine anno, forte evidentemente di appoggi in Curia, fu inviato come vicelegato a Ravenna. Tornato a Roma dopo l'occupazione francese della Legazione di Romagna (giugno 1796), nel 1797 fu inviato come governatore a Perugia, ma dovette riparare nuovamente a Roma per l'estendersi dell'occupazione francese. Durante la Repubblica Romana per motivi non chiari fu arrestato e subì una breve detenzione; condusse poi vita ritirata fino alla caduta della Repubblica nel settembre 1799, quando, occupata la capitale dalle truppe napoletane, partecipò alla giunta provvisoria nominata dal generale Diego Naselli. Dopo il ripristino del governo pontificio il G. non rientrò in servizio, dedicandosi a studi e viaggi: fu tra l'altro a Vienna, Parigi e Genova, dove soggiornò qualche anno, approfondendo gli studi soprattutto in campo linguistico (nel quale ebbe tale competenza da trattare da pari a pari col poliglotta card. Giuseppe Mezzofanti, bibliotecario della Vaticana).
Tornò poi a Roma, dove frequentò accademie e società letterarie e antiquarie, alle quali presentò dissertazioni e studi, rimanendo in disparte per tutto il periodo napoleonico. Nel 1814, caduto l'Impero, fu membro della delegazione che si recò a Imola ad accogliere Pio VII che rientrava nella propria capitale. Il papa lo esortò a riassumere le insegne prelatizie e il servizio curiale, e il G. immediatamente accettò; nominato canonico della basilica Vaticana, ebbe l'importante incarico di riprendere possesso per conto della Santa Sede della Legazione di Bologna, restituita allo Stato pontificio dal congresso di Vienna. Rimasto nella città come delegato apostolico straordinario, vi ripristinò l'amministrazione pontificia. Nel luglio 1815 il segretario di Stato, card. E. Consalvi, lo incaricò di riordinare l'Università bolognese, in attesa d'una riforma generale degli studi superiori; per le proprie convinzioni conservatrici, e anche ispirato da consiglieri "zelanti" il G., di concerto con l'arcivescovo Carlo Oppizzoni, sospese molti professori sospetti per le idee e il comportamento tenuto durante il Regno Italico. Il Consalvi, pur criticando la sua eccessiva severità, ridusse solo di poco il numero degli epurati. Il G. ricostituì quasi per intero la situazione settecentesca delle cattedre e delle facoltà, a eccezione dei Collegi, roccaforti del privilegio accademico, ripristinati solo dalla riforma generale del 1824.
Nel 1816 tornò a Roma per ricevere gli ordini maggiori, e fu ordinato sacerdote il 21 dicembre. L'anno dopo, in aprile, fu nominato vescovo di Tiro in partibus infidelium, quindi fu inviato in Spagna come successore del nunzio, il card. Pietro Gravina. I dieci anni di nunziatura a Madrid furono i più significativi della carriera curiale e diplomatica del G. e influirono sulle sue vicende successive di carriera e di vita. Giunto a Madrid nel giugno 1817, pochi anni dopo la restaurazione monarchica seguita alla guerra d'indipendenza contro i Francesi, s'inserì subito nel clima conservatore del regno di Ferdinando VII. Schierò la Chiesa a sostegno della Restaurazione dell'assolutismo monarchico contro i fautori d'una monarchia costituzionale, che chiedevano il ripristino della costituzione di Cadice del 1812. Si oppose, anche con veemenza, al rinato regalismo borbonico ma mirò soprattutto a combattere il liberalismo, che vedeva diffondersi in parte della borghesia, dell'esercito e degli intellettuali spagnoli, soprattutto attraverso l'attività di società segrete come la massoneria e i più radicali "comuneros". Sollecitò quindi, ma invano, la Santa Sede a estendere a questi la bolla di condanna della carboneria e delle sette (Ecclesiam a Iesu Christo, 13 sett. 1821).
Dopo i moti di Cadice del 1820 fu ripristinata la costituzione liberale. Nel "triennio costituzionale" il G. informò minuziosamente la segreteria di Stato vaticana, soprattutto in rapporto alla vigorosa svolta anticlericale e di secolarizzazione. I suoi rapporti col governo si fecero tesi, e giunse a rendere pubbliche le proteste della nunziatura stampando numerose "note" contro la soppressione degli ordini religiosi, la vendita dei beni dei conventi, l'invio nelle diocesi di vescovi privi di bolle canoniche, la diminuzione delle decime (parte dei documenti fu edita in J.A. Díaz Merino - B.A. Carrasco Hernando, Colección eclesiástica española comprensiva de los breves de S.S., notas del r. nuncio, representaciones de los SS. obispos a las Cortes, pastorales, edictos, etc. con otros documentos relativos a las innovaciones hechas por los constitucionales en materia eclesiástica desde el 7 de marzo de 1820, Madrid 1823-24). Il 22 genn. 1823 si giunse alla rottura: il G. fu espulso dalla Spagna e dovette riparare a Bordeaux fino al settembre di quell'anno. Rientrato in Spagna dopo l'invasione delle truppe francesi, che su mandato della Santa Alleanza ripristinarono il governo di Ferdinando VII, partecipò attivamente alla repressione, difendendo le misure più dure, giustificando l'espulsione dei capi liberali e la reintroduzione dell'Inquisizione (abolita dalla costituzione gaditana) nella nuova forma delle juntas de fe e juntas apostólicas.
Sul piano più propriamente ecclesiastico fece riordinare l'archivio della nunziatura; inoltre, valendosi soprattutto del suo segretario e uditore della nunziatura spagnola, mons. Giovanni Ignazio Cadolini, futuro vescovo e cardinale, raccolse notevole parte della sua produzione documentaria, dispersa durante le vicende napoleoniche. Esercitò forti pressioni per far dimettere gli ordinari diocesani che avevano collaborato col governo costituzionale, ottenendo dal re l'allontanamento dei vescovi Antonio Posada Rubín de Celis, Pedro Gonzáles Vallejo, Vicente Ramos García e Juan García Benito. Si adoperò per escludere gli ecclesiastici di idee e tendenze più aperte da incarichi religiosi di rilievo, mentre favorì la nomina di Pedro Inguanzo Rivero ad arcivescovo di Toledo e primate di Spagna (1824), salvo criticarlo aspramente due anni dopo per la sua indolenza e arroganza.
Fu in stretti rapporti con i conservatori più decisi e vicini al fratello del re, don Carlos, come il futuro cardinale e arcivescovo di Toledo Cirilo Alameda y Brea, generale dei francescani, il vescovo di León Joaquín Abarca y Blanque e l'ambasciatore piemontese Clemente Solaro della Margarita. Dopo decenni in cui la monarchia borbonica aveva esercitato in proprio la delega apostolica per la Spagna e le Indie, relegando la nunziatura madrilena a un ruolo subordinato, anche nelle comunicazioni fra le Chiese spagnola e ispano-americane con la S. Sede il G. recuperò una più diretta influenza di Roma. Gli anni della sua presenza a Madrid videro infatti la rivolta delle colonie d'Oltremare e la nascita di Stati autonomi nell'America centromeridionale. La nomina di vescovi in quei territori, che spesso ne erano privi da tempo, produsse tensione fra S. Sede e Spagna. Mentre Ferdinando VII avrebbe voluto che quelle diocesi rimanessero prive di vescovi, affinché il suo patronato sulle Chiese delle Indie non fosse infranto da nomine da parte dei nuovi governi, la S. Sede andò orientandosi a nominare nuovi ordinari indipendentemente dalle indicazioni della Corona spagnola e dei nuovi Stati. Il nunzio propendeva per l'invio di vescovi in partibus in qualità di amministratori o delegati apostolici, così da provvedere alla salute delle anime senza pregiudicare i diritti del re di Spagna, ma questa posizione mediana non ebbe il consenso di Roma. Nel quadro delle complesse relazioni fra S. Sede, nuovi Stati e monarchia spagnola, la congregazione per gli Affari ecclesiastici straordinari decise infine di nominare unilateralmente vescovi residenti (1826). Da ciò la reazione di Ferdinando VII, con una momentanea rottura di rapporti diplomatici fra Roma e Madrid, venuta però quando il G., conscio del montare dell'ostilità del governo verso di lui per la questione dell'America spagnola, la vicinanza all'ambiente carlista e la difesa delle "libertà della Chiesa" contro le leggi regaliste, aveva già lasciato la capitale. Il 13 marzo 1826, infatti, era stato nominato vescovo di Imola e il 2 ottobre, mentre era ancora in Spagna, cardinale prete del titolo dei Ss. Marcellino e Pietro. Lasciò a Madrid come internunzio I.G. Cadolini - che aveva assunto, durante il soggiorno spagnolo, al fianco del G. le funzioni di uditore - in attesa che la ricomposizione delle divergenze diplomatiche permettesse al successore, mons. Francesco Tiberi, di varcare la frontiera.
Nella diocesi imolese il nuovo ordinario si segnalò ben presto per la severità delle massime di governo, la difesa d'un cattolicesimo intransigente e la persecuzione del liberalismo. Nel giugno 1828 promulgò un editto che condannava i bestemmiatori a pesanti pene pecuniarie o, nell'impossibilità di affrontarle, alla fustigazione e alla perforazione della lingua. Divenne tanto inviso che, dopo un ennesimo urto col sentimento popolare per la proibizione d'un baldacchino durante una processione in onore della Vergine, la folla entrò di forza nel palazzo episcopale e lo saccheggiò. Nel marzo 1829, nel conclave che elesse Pio VIII, il G. si schierò a favore del card. Emanuele De Gregorio, ricevendo egli stesso alcuni voti. Morto il nuovo papa dopo soli venti mesi, nel nuovo conclave apertosi nel dicembre 1830 ebbe un ruolo di primissimo piano. Schierato ancora tra i fautori del De Gregorio, fu scelto come secondo candidato da votare se il partito avverso, favorevole all'ex prosegretario di Stato di Pio VII, Bartolomeo Pacca, e guidato dal filoaustriaco card. Giuseppe Albani, avesse impedito l'elezione del primo. Terzo candidato del partito "gregoriano" era il card. Mauro Cappellari. La severità del G. nella conduzione della Chiesa di Imola fu ripetutamente stigmatizzata dalle consuete pasquinate sui conclavisti, e nella satira collettiva Lametamorfosi dei cardinali si poté leggere: "Giustiniani lasciò la forma umana / per prender quella della tigre ircana". Il suo rigido conservatorismo, tuttavia, poteva guadagnargli i cardinali orientati alla nomina d'un pontefice che arginasse efficacemente il montante liberalismo, riaffermando la preminenza morale, sociale e politica della Chiesa. Così, sfumate verso la fine di dicembre le possibilità di elezione del De Gregorio, i suoi voti cominciarono a confluire sul G. che il 30 dicembre, pur se divisioni interne impedirono un voto compatto, ottenne 21 voti contro i 15 del Pacca. Il cardinale Juan Francisco Marco y Catalan fece però sapere che la Spagna poneva il veto sull'elezione dell'ex nunzio, e il 9 genn. 1831 il decano Pacca informò il conclave su un biglietto dell'ambasciatore spagnolo a Roma, Pedro Gómez Labrador, che notificava l'"esclusiva" del suo re contro il Giustiniani.
I motivi del veto spagnolo non sono del tutto chiariti, ma certo ebbero parte notevole i dissapori fra Roma e Madrid per le nomine vescovili nelle ex colonie, nei quali il G., di là dalle intenzioni, aveva giocato un ruolo di primo piano. A questo, e alle simpatie per don Carlos di Borbone, i contemporanei attribuirono l'ostilità della Spagna. Probabilmente contribuì anche l'avversione al regalismo borbonico e con essa, pare, l'avversione personale del Labrador.
Preso atto dell'esclusiva con un abile discorso, nel quale ringraziò il re per gli onori e il favore concessigli durante la missione diplomatica e per averlo sollevato dall'onere del pontificato, che sentiva superiore alle sue forze, il G. divenne il capo del partito avverso al Pacca. Con un prestigio rafforzato dalla clamorosa esclusione patita appoggiò la candidatura del Cappellari (al quale lo avvicinavano il comune rigido conservatorismo e l'assoluta chiusura verso il mondo liberale), che il 2 febbraio fu eletto assumendo il nome di Gregorio XVI.
Il nuovo pontefice mostrò subito riconoscenza al G., nominandolo pro-segretario ai memoriali e ascrivendolo a numerose congregazioni cardinalizie. Nel 1832 lo esonerò dal peso della diocesi di Imola per conferirgli le abbazie nulliusdioecesis di Farfa e S. Salvatore Maggiore, cui però il G. rinunciò per motivi di salute. Nel 1834 divenne prefetto della congregazione dell'Indice e nel 1837, a coronamento della lunga carriera curiale, camerlengo di S. Romana Chiesa (con l'annessa carica di arcicancelliere dell'Università romana), arciprete della basilica Vaticana e prefetto della Fabbrica di S. Pietro.
Pur provvisto di scarsi mezzi economici (la fortuna familiare non si era ripresa dagli sconvolgimenti del periodo napoleonico), il G. fu incline a un abito di vita da principe della Chiesa. Sia per interesse autentico sia per la carica di camerlengo fu protettore e membro di diverse accademie romane (tra le quali la Pontificia Accademia di archeologia, cui lasciò alla morte una nutrita collezione numismatica greca e romana).
Le pubblicazioni del G. furono appunto, oltre che documenti d'ufficio, testi connessi alla sua partecipazione alla vita accademica romana: Notificazione dell'8 genn. 1816 onde accompagnare la pubblicazione dell'editto dell'em.mo camerlengo Braschi del 10 apr. 1801 sull'estensione a tutte le province dello Stato Ecclesiastico del libero commercio de' grani, il motu proprio di Pio VII del 4 nov. 1801 in cui si prescrivono diversi provvedimenti per favorire e accrescerel'agricoltura nello Stato Ecclesiastico, nonché l'altro motu proprio del 3 sett. 1800 in cui si prescrive il nuovo sistema annonario e di libero commercio in materia di grani, Bologna 1816; Epistola pastoralis ad clerum et populum universum Forocorneliensis dioeceseos, Roma 1826; Omelia recitata dall'em.mo e rev.mo principe il sig.card. G. G., arcivescovo, vescovo della città e diocesi di Imola domenica 28 ott. 1827 in occasione del solenne ingresso nella chiesa cattedrale, Imola 1827; Omelia recitata… nel solenne giorno del Santo Natale MDCCCXXVII, ibid. 1827; Omelia recitata… nel solenne giorno di Pentecoste MDCCCXXVIII, ibid. 1828; Omelia recitata… nel solenne giorno di Tutti iSantiMDCCCXXVIII, ibid. 1828; Omelia recitata… nel… Santo Natale MDCCCXXVIII sullo spirito di povertà, ibid. 1828; Lettera pastorale sulle ordinazioni, ibid. 1828; Nota della nunziatura pontificia in Ispagna sopra alcune gravi controversie interessanti la religione e la Chiesa, diretta a quel governo il23 sett.1820, ibid. 1828; Nota della nunziatura pontificia in Ispagna relativa ai beni ecclesiastici, diretta a quel governo il 25 sett. 1820, ibid. 1828; Nota della nunziatura pontificia in Ispagna diretta a quel governo il 31 genn. 1821 in cui si combattono le ragioni addotte nella risposta data dal governo alle antecedenti note, ibid. 1828; Nota sulla disposizione del governo che i nominati ai vescovati debbansi incaricarsi della amministrazione delle diocesi prima d'averottenuto le bolle apostoliche, ibid. 1828; Nota della nunziatura pontificia in Ispagna diretta a quel governo il 30 maggio 1822 sullo spoglio dei beni ecclesiasticiesulla diminuzione delle decime, ibid. 1828; Discorso recitato nel dare l'abito religioso ad unagiovane, ibid. 1828; Nota della nunziatura pontificia in Ispagna diretta a quel governo li 15 giugno 1822 sopra il soggetto medesimo trattatonella notadel 30 ag. 1821, ibid. 1829; Omelia recitata… nel solenne giorno di PentecosteMDCCCXXIX, ibid. 1829; Omelia in lode dei S. Apostoli recitata… nella solennità di Ognissantidel MDCCCXXIX, ibid. 1829; Omelia recitata… nel giorno del Santo NataleMDCCCXXIX, ibid. 1829; Omelia recitata… nel solenne giorno della PentecosteMDCCCXXX, ibid. 1830; Omelia recitata… nel giorno della Pasqua di ResurrezioneMDCCCXXX, ibid. 1830; Omelia… nel… giorno dell'Assunzione dellaVergine Santissima MDCCCXXX, ibid. 1830; Omelia recitata… nel solenne giorno diTutti i Santi, ibid. 1830; Epistola pastoralis ad clerum et populum… monasteriorum S. Mariae Farfensis et S. Salvatoris Maioris ex sacra Casinati S.ti Benedictifamilia, Roma 1831; Sulla costituzione e governo in Roma al tempo dei re e sulle sue variazioni, pregi e difetti, in Giornale arcadico di scienze, lettere e arti, LXVIII (1836), pp. 255 ss.; Elogio storico-letterario di don Baldassarre Odescalchi, duca di Ceri, ibid., LXXI (1837), pp. 285 ss.; Commentario storico della vita privata e pubblica di Tiberio imperatore, Roma 1838; Dissertazione letta… nella solenne apertura dell'Accademia di religione cattolica in Roma il dì 23 maggio 1839, ibid. 1839.
Con il De Gregorio e il segretario di Stato T. Bernetti il G. fu uno fra i più ascoltati consiglieri di Gregorio XVI, che nel 1839 lo nominò cardinale vescovo conferendogli la diocesi suburbicaria di Albano Laziale.
Il G. morì a Roma nella notte tra il 24 e il 25 febbr. 1843. Fu sepolto nella cappella della famiglia in S. Maria sopra Minerva, con solenni esequie cui presenziò lo stesso pontefice; fu anche commemorato dai numerosi sodalizi di cui era protettore o membro. Lasciò in eredità la biblioteca al seminario di Albano.
Fonti e Bibl.: Arch. segreto Vaticano, Arch. della nunziatura di Madrid, bb. 236-280, 301, e Libri sussidiari, 2-6 (protocolli 1817-21); Ibid., Segr. di Stato, Spogli cardinali e officiali di Curia, Spoglio del card. G. G.; Arch. di Stato di Roma, Camerale II, Miscellanea camerale, Accademie, Acc. archeologica romana; Ibid., Archivi di famiglie e di persone, Fondo Giustiniani (1569-1869); Biblioteca apostolica Vaticana, Vat. lat. 4662: G. Speroni, Diario delconclave di Gregorio XVI; Orazione funebre detta nella chiesa dell'Archiginnasio romano dal conte G. Alborghetti, tesoriere della Pontificia Accademia di archeologia in occasione delle solenni esequie fatte dall'Accademia medesima il dì 29 febbr. 1844 alla chiara memoria dell'eminentissimo signor cardinale G. G., camerlengo di S.R. Chiesa e protettoredell'Accademia, Roma 1844 (con documenti); F. Petruccelli Della Gattina, Histoirediplomatique des conclaves, IV, Paris 1866, pp. 395, 398, 401-403; P. Dardano, Diario dei conclavi del1829 e del 1830-31, a cura di D. Silvagni, Firenze 1879, pp. 23, 28, 33, 38, 44, 51-53, 55, 60, 62 s., 70, 72, 74-81, 83, 85, 87, 89-91; A. Eisler, Das Veto der katholischen Staaten bei der Papstwahlseit demEnde des 16. Jahrhunderts, Wien 1907, pp. 235, 237 s., 240-242, 357-359; J.M. March, La exclusiva dada por España contro el cardenal G. en el conclave de 1830-31 según los despachos diplomáticos, in Razón y fe, 1932, n. 98, pp. 50-64, 337-348; n. 99, pp. 43-61; S. Simeoni, Storiadell'Università di Bologna, II, Bologna 1947, pp. 181-183; P. De Leturia, Gregorio XVI y la emancipación de la America española, in Gregorio XVI. Miscellanea commemorativa, II, Roma 1948, pp. 304 s., 328; E. Morelli, La politica estera di Tommaso Bernetti segretario di Stato di GregorioXVI, Roma 1953, pp. 40, 172, 184; N. Nada, Metternich e le riforme nello Stato pontificio. Lamissione Sebregondi a Roma (1832-1836), Torino 1957, pp. 7, 163; P. De Leturia, Relacines entre laSantaSede e Hispanoamérica 1495-1835, Caracas 1959-60, I, pp. 47, 408; II, pp. XXII, 249-251, 290-293, 297-300, 326-333 e passim; III, pp. 41-47, 132-135, 142-153, 158-160, 181-184 e passim; G.M. Cacciamani, Storia del conclave di papa Gregorio XVI (15 dic. 1830 - 2 febbr.1831), Camaldoli 1960, pp. 21, 24 s., 27-31, 35 s.; J.M. Cuenca Toribio, La Iglesia española en el trienio constitucional (1820-1823). Notas para su studio, in Hispania sacra, XVIII (1965), pp. 333-362 e passim; L. Pasztor, Guida alle fonti per la storia della America Latina negli archivi della S. Sede e negliarchivi ecclesiastici d'Italia, Città del Vaticano 1970, pp. 269 s., 282; V. Cárcel Ortí, Masones eclesiásticos españoles durante el trienio liberal (1820-1823), in Archivum historiae pontificiae, IX (1971), pp. 253-258, 261-268; Id., El archivo del nuncio en España, G. G. (1817-1827), in Escritos del Vedat, VI (1976), pp. 265-300; F. Diaz de Cerio, Indice-catalogo del fondo de la nunciatura de Madrid en el Archivo Vaticano(1794-1899), I (1794-1840), Roma 1993, pp. 278-283 (indice dettagliato delle filze del periodo della nunziatura del Giustiniani).