GUERRINI, Giacomo
Figlio di Giuseppe, di professione sellaio, e di Anna Casali, nacque a Cremona il 28 sett. 1721.
La sua biografia presenta pochi dati certi; mentre l'unica fonte diretta, il manoscritto delle Memorie… del conte G.B. Biffi, pubblicato nel 1989, per lo più riveste carattere aneddotico. Vi si apprende che il G. precocemente rivelò un talento di disegnatore, benché il padre, desiderando che il figlio seguisse le proprie orme, non favorisse tale inclinazione. Cacciato da scuola per aver eseguito la caricatura del maestro, fu messo a bottega dapprima presso un architetto finora non identificato, quindi (all'età di dieci anni) sotto il pittore cremonese Francesco Boccaccino. Non si hanno ulteriori elementi su tale periodo di formazione; le uniche notizie accertate riguardano il matrimonio del G., avvenuto il 12 sett. 1740 nella chiesa cremonese di S. Leonardo (nella cui parrocchia vivrà sino al 1770), con Teresa Boccaccino (nipote di Francesco, morto pochi mesi prima), la quale era vissuta lungamente a Roma.
Negli anni giovanili il G. realizzò il primo dipinto autonomo importante, la Decollazione di s. Giovanni Battista per l'oratorio di S. Girolamo a Cremona.
Ispirata alla pittura cinque-secentesca locale, e in maniera manifesta alla Decollazione di Luca Cattapane (1597: Cremona, chiesa della Maddalena), l'opera si distingue per un marcato realismo dei personaggi e per un luminismo di ascendenza caravaggesca. Il santo è raffigurato in ginocchio, lo sguardo rivolto in alto mentre l'aguzzino è pronto a colpire da tergo; un angelo in volo reca la corona del martirio. La scena emerge da un fondo scuro grazie alla luce radente, rivelando figure maschili plastiche e forti, le cui fisionomie marcate rimandano alla pittura dei Campi. Inoltre, le pitture dell'emiliano Francesco Monti, presenti nella chiesa e di poco precedenti a quelle del G., costituirono per quest'ultimo un modello e un tramite importante per la cultura pittorica bolognese e per quella veneta, cui Monti era interessato.
Nel 1746 il G. dipinse per il convento di S. Pietro a Cremona una Storia di santo francescano, dove, mantenendo il carattere di forza fisica dei personaggi, rivela una riflessione sulla pittura veneta di G.B. Piazzetta: l'influenza di quest'ultimo, difatti, spinge il G. verso una gestualità teatrale dei personaggi e verso l'adozione di un deciso contrasto chiaroscurale, elementi che permarranno a lungo nel suo stile. L'anno seguente eseguì una serie di cinque figure di santi per la parrocchiale di Paderno Ponchielli; nel medesimo anno, secondo quanto riporta Biffi, realizzò anche il sipario perduto del teatro Concordia (oggi Ponchielli). Risalgono al 1752 i due dipinti di Casalmaggiore, custoditi nella chiesa di S. Leonardo, La sposa dei cantici e Mosè che restituisce le acque al Mar Rosso. Soggetti veterotestamentari legati alla prefigurazione dell'eucarestia e dell'avvento della Chiesa, i due dipinti stilisticamente presentano una chiara derivazione dal barocco classicista bolognese di G. Reni: una calda intonazione cromatica e un largo impianto spaziale, figure imponenti e rotondeggianti nelle forme, dagli incarnati teneri. R. Colace (1992, p. 44) ha poi rilevato una stretta relazione stilistica tra La sposa dei cantici e la pittura di G.B. Tagliasacchi, bolognese attivo nella prima metà del Settecento nel Ducato di Parma, le cui opere erano certo note al Guerrini.
Nel 1755 il G. ricevette il compenso per un dipinto fornito alla chiesa di S. Martino del Lago, La gloria di s. Agata, in cui si rappresenta il transito celeste della martire, accompagnata da un volo d'angeli. La figura della santa (avvolta in panni di tessuto consistente che si piegano senza svolazzi e che le conferiscono una presenza fisica ancora terrena) è una ripresa testuale da Nesso e Deianira di G. Reni (Parigi, Musée du Louvre). Il linguaggio del pittore si fa tuttavia in quest'opera più complesso e prelude, specie nelle aeree figure degli angeli, a un'adesione più convinta alle istanze della pittura settecentesca veneziana. Dopo quest'opera il G. ottenne dalla chiesa di S. Martino del Lago una serie di incarichi per dipinti minori, l'ultimo dei quali risale al 1765 (Colace, 1992).
Un viaggio a Milano, ricordato da Biffi, è probabilmente successivo alla morte della moglie, molto più anziana di lui, avvenuta nel 1758. Di tale soggiorno resta una Vergine con s. Michele, nella chiesa di S. Francesco di Paola, citato dalle cronache locali. A Milano il G. avrebbe lavorato insieme con l'architetto cremonese G.B. Manfredini in casa Borri, a contatto con quei circoli di intellettuali illuministi frequentati anche da Biffi, che fu protettore del Guerrini. La prossimità di ambiti così aggiornati rispetto alla cultura attardata della provincia cremonese costituì per il G. uno stimolo al rinnovamento formale della sua pittura, che conoscerà una costante evoluzione, sino a imprevedibili esiti neoclassici negli ultimi anni.
Tornato a Cremona, il G. doveva già godere di una certa reputazione, se nel 1766 fu delegato dalla corporazione dei pittori, insieme con Antonio Maria Panni, a rappresentarla nell'assemblea finalizzata all'elezione dei rappresentanti civici.
Datano al principio dell'ottavo decennio i dipinti che il G. realizzò per la cappella Cavalcabò della chiesa di S. Agostino a Cremona, La presentazione di Maria al tempio e La visitazione: i due quadri, pur presentando un'anacronistica attenzione verso modelli veneti cinquecenteschi, rivelano tuttavia una accresciuta sensibilità cromatica, che schiarisce la tavolozza mediante colori brillanti, che Bandera (1993) ha giudicato "assonanti con i modi del giovane Tiepolo".
Nel 1773 il G. scrisse, sotto lo pseudonimo di Coringio Vermagi, l'Almanacco pittorico di Cremona, cui erano unite le Osservazioni sulle pitture di Cremona. Nel libretto l'autore commentava le pitture esposte nelle chiese, con libertà di giudizio e fornendo pareri non convenzionali sulla tradizione pittorica cremonese passata e recente. I giudizi poco benevoli del G. sui suoi colleghi sollevarono una vivace polemica cittadina, culminata nella redazione, a opera del notaio Giuseppe Aglio, di un Antialmanacco (1774) che intendeva difendere l'onore degli artisti locali dagli attacchi di Coringio Vermagi. Poiché il conte Biffi era all'epoca il censore della stampa di Cremona, la pubblicazione del libro fu inizialmente bloccata; ma l'Antialmanacco vide la luce a Brescia.
A partire dal 1776 e per oltre un decennio il G. collaborò frequentemente con la Fabbriceria del duomo di Cremona come restauratore e consulente per la collocazione o gli acquisti delle opere d'arte; nel 1783 si espresse favorevolmente all'acquisto di due dipinti che egli correttamente attribuì a G.B. Trotti, detto il Malosso (Colace, 1990, p. 31); la stessa committenza gli affidò nel 1786 il ripristino del quadrante dell'orologio del Torrazzo, monumento simbolo della città.
Tra il 1780 e il 1783, il G. realizzò i cicli di pitture dell'appartamento Magio a palazzo Affaitati a Cremona, l'opera più importante e riuscita della sua carriera. Le pitture, di soggetto mitologico, sviluppano due temi: Dee che amarono gli homini e la Favola d'Amore e Psiche. Il complesso programma iconografico nasconde un significato unificatore di matrice illuminista: la passione amorosa conduce alla rovina, mentre la serena ragionevolezza dell'amore coniugale sostiene l'umanità evitandole gli errori dell'eccesso. Nella prima serie, che peraltro raffigura gli uomini amati dalle dee (Cefalo, Adone, Aci, Ulisse e Endimione), i soggetti sono rappresentati da soli, entro paesaggi vaghi con sfondi di nuvole, all'alba o al crepuscolo: i colori rosati di G.B. Tiepolo, la cui conoscenza diretta è evidente, e le masse plastiche classiciste consentono al G. di creare opere efficaci e nuove nel loro eclettismo. Nella serie di Amore e Psiche il G. perviene infine, con un percorso culturale solitario e in anticipo sui tempi, al neoclassicismo: adotta una narrazione allusiva, scevra di aneddotica, per concentrare il senso dell'immagine in pochi gesti misurati dei personaggi. L'esito più alto è raggiunto in Psiche che sorprende Amore nel sonno, rappresentazione di grande sapienza compositiva, ispirata alle pitture antiche che allora si andavano conoscendo grazie alle scoperte archeologiche: il disegno sottostante, che trapela dal colore terso che va "illimpidendo con ottica trasparenza l'atmosfera" (Puerari, p. 16), definisce nitidamente le forme e diventa elemento determinante della pittura.
Di una vasta produzione come frescante e ritrattista, ricordata da Biffi, restano poche opere sicure (i ritratti del Museo civico di Cremona; l'affresco con il tema della Glorificazione delle Arti del palazzo cremonese Crotti-Calciati); mentre la critica attribuisce al G., su base stilistica, un certo numero di dipinti sacri.
Il G. morì il 9 marzo 1793 a Cremona.
Fonti e Bibl.: G. Grasselli, Abecedario biografico dei pittori, scultori ed architetti cremonesi, Cremona 1827, pp. 143 s.; G.B. Biffi, Memorie per servire alla storia degli artisti cremonesi (sec. XVIII), a cura di L. Bandera, in Annali della Biblioteca statale e Libreria civica di Cremona, XXXIX (1989), 2, pp. 333-338; A. Puerari, Dipinti inediti di G. G. nelle sale della direzione della Biblioteca governativa, ibid., II (1948-49), pp. 7-22; M. Bona Castellotti, La pittura lombarda del Settecento, Milano 1986, ill. nn. 341-346; PadernoPonchielli, a cura di V. Guazzoni, Cremona 1985, pp. 167-170; L. Bandera, G. G., in Pittura a Cremona dal romanico al Settecento, a cura di M. Gregori, Cremona 1990, pp. 67, 304 e ill. nn. 154 s.; La pittura in Italia. Il Settecento, II, Milano 1990, pp. 747 s.; R. Colace, G. G., pittore cremonese del Settecento (1721-1793), tesi di laurea, Università Cattolica di Milano, a.a. 1990-91; L. Bandera, G. G., in Settecento lombardo (catal.), a cura di R. Bossaglia - V. Terraroli, Milano 1991, pp. 203-205; R. Colace, G. G., pittore cremonese, in Cremona, XXII (1992), 273, pp. 42-58 (con bibl.); Id., Le "Dee che amarono gli homini" e la "Favola di Amore e Psiche" di G. G., in Le stanze dei Magio, Cremona 1997, pp. 39-63 e ill.; L. Azzolini, Palazzi e case nobiliari. Il Settecento a Cremona, Cremona 1997, pp. 66 s.; L. Donzelli, Il Settecento, in Barocco nella Bassa. Pittori del Seicento e del Settecento in una terra di confine (catal.), a cura di M. Tanzi, Milano 1999, p. 125 e schede 26-30 con illustrazioni.