Giacomo II (Iacomo) re d'Aragona
Secondogenito di Pietro III e di Costanza figlia di Manfredi, nacque verso il 1264 e alla morte del padre divenne re di Sicilia (1286), mentre il fratello maggiore Alfonso III ereditava l'Aragona, la Catalogna e Valenza.
Alla morte del fratello (1291), facendosi incoronare re d'Aragona, ereditò i domini iberici e volle conservare anche la corona di Sicilia, contro le disposizioni di Alfonso che assegnavano l'isola all'altro fratello, Federico. Ripresa la guerra con gli angioini, Federico si ribellò e i Siciliani lo riconobbero loro re legittimo. Così G., riconosciuti col trattato di Anagni (1295) i diritti sulla Sicilia e la Calabria a Carlo II d'Angiò, mosse al fratello una guerra che si risolse infine con la pace di Caltabellotta (1302) che assegnò definitivamente a Federico la Sicilia. G. intervenne con vigore nella lotta contro gli Arabi, negli affari di Castiglia e nell'Oriente mediterraneo. Morì a Barcellona nel 1327.
Il sovrano aragonese, soprannominato il Giusto, lasciò buona fama (" fu savio e valoroso signore, e di grandi opere e imprese ", G. Villani X 45): abile politico, protettore della cultura e delle lettere e letterato egli stesso, non meritò certo i severi giudizi di Dante. Accanto al fratello Federico è ricordato da Sordello, che afferma che essi possiedono i regni ma non le virtù del padre (lacomo e Federigo hanno i reami; / del retaggio miglior nessun possiede, Pg VII 119-120); e assai violento è il passo della rassegna dell'aquila che, dopo le due durissime terzine rivolte a Federico II d'Aragona, lo accomuna allo zio Giacomo II di Maiorca (v.) nell'avere disonorato un'egregia famiglia e due corone: E parranno a ciascun l'opere sozze / del barba e del fratel, che tanto egregia / nazione e due corone han fatte bozze (Pd XIX 136-138). Gli antichi commentatori vedono Federico e G. nella famosa espressione di Manfredi l'onor di Cicilia e d'Aragona (Pg III 116), ma non è affatto certo che il difficile passo - ammesso che debba riferirsi ai due fratelli - significhi lode per essi (v. FEDERICO II d'Aragona); non pare quindi che ci sia contraddizione nell'atteggiamento di D., che nell'accordo con Bonifacio VIII vedeva un infame compromesso e la rinuncia alla lotta vigorosa e aperta.
Bibl. - E. Martínez Ferrando, Jaime II de Aragón, Barcellona 1947; F. Giunta, Aragonesi e Catalani nel Mediterraneo, II, Palermo 1959; P. Palumbo, Il " novissimo " Federico nel giudizio dantesco, in Atti del Convegno di studi su D. e la Magna Curia, ibid. 1967, 226-235; F. Giunta, D. e i sovrani di Sicilia, in " Boll. Centro Studi Filol. e Ling. Siciliani " X (1969) 29-45.