Giacomo (Iacopo) il Maggiore, santo
Apostolo, figlio di Zebedeo e forse di Salome, fratello maggiore di s. Giovanni l'Evangelista, fu chiamato dal Cristo e fu presente col fratello e con Pietro, perché discepoli prediletti (infatti definiti da Beatrice come i tre [ai quali] Iesù... fé più carezza, in Pd XXV 33, e campioni rispettivamente Pietro della fede, Giacomo della speranza e Giovanni della carità), ai momenti più alti della parentesi terrena del Cristo, e cioè alla trasfigurazione (Matt. 17, 1-6; cfr. anche Marc. 9, 1 ss., e Luc. 9, 28 ss.) e nell'Orto del Getsemani (Matt. 26, 37-38, e cfr. anche Marc. 14, 33-34). Fu martirizzato, nel 44 d.C., da Erode I Agrippa (Act. Ap. 12, 1-2; si veda nel Tresor di Brunetto Latini: " Jakes li fiz Zebedei freres Jehan fu quars en l'ordene des disciples. Il escrist des epistles as gens des .XII. lignies ki sont en la dispertion, et preecha l'ewangile en Espaigne en les parties d'occident. Puis le fist ocire a .i. coutel Herodes li tetrarches .VIII. jors devant les kalendes d'aoust ", I 70). Tradizionalmente si crede che egli abbia predicato il Vangelo in Spagna e sia poi tornato in Gerusalemme da dove, dopo la sua morte, il corpo sia stato miracolosamente translato in Galizia; intorno alla sua tomba sorse poi la città di Santiago di Compostella. Nel Medioevo, il santuario di Santiago fu tra i più celebri e celebrati, e richiamò pellegrini da ogni parte della cristianità.
D. nel menzionare G. ha presente insieme la tradizione scritturale e quella agiografica, senza contare che, al pari di Brunetto Latini, egli crede l'apostolo autore di quella Epistola cattolica che generalmente si suppone sia stata scritta da Giacomo detto il Minore (V). L'apostolo, quindi, compare come Iacopo in Pg XXXII 76 Pietro e Giovanni e Iacopo condotti / e vinti, ritornaro a la parola / ... e videro scemata loro scuola / ... e al maestro suo cangiata stola, ove, come si vede, è utilizzato il passo già citato della trasfigurazione, che ritorna ancora in funzione fondamentale e determinante in Cv II I 5 Lo terzo senso si chiama morale, e questo è quello che li lettori deono intentamente andare appostando per le scritture, ad utilitade di loro e di loro discenti: sì come appostare si può ne lo Evangelio, quando Cristo salio lo monte per transfigurarsi, che de li dodici Apostoli menò seco li tre [Pietro, Giacomo e Giovanni]; in che moralmente si può intendere che a le secretissime cose noi dovemo avere poca compagnia, perché è da D. assunto a exemplum di uno dei ‛ sensi ' e diventa norma esegetica ed epistemologica e quindi valida quale clavis lecturae della Commedia per analogia con la Pagina Sacra. Come sa' Iacopo, appare in Vn XL 6-7 peregrini si possono intendere in due modi, in uno largo e in uno stretto... in modo stretto non s'intende peregrino se non chi va verso la casa di sa' Iacopo o riede... chiamansi peregrini in quanto vanno a la casa di Galizia, però che la sepultura di sa' Iacopo fue più lontana de la sua patria che d'alcuno altro apostolo, e in Cv II XIV 1 Dico che lo Cielo stellato si puote comparare a la Fisica per tre proprietadi, e a la Metafisica per altre tre: ch'ello ci mostra di sé due visibili cose, sì come le molte stelle, e sì come la Galassia, cioè quello bianco cerchio che lo vulgo chiama la Via di Sa' Iacopo, ove D. non esita a far sue tradizioni agiografiche e popolari per toccare fini divulgativi ed esemplari. Santo Iacopo apostolo è detto in Cv IV II 10 Onde dice santo Iacopo apostolo ne la sua Pistola: ‛ Ecco lo agricola aspetta lo prezioso frutto de la terra, pazientemente sostenendo infino che riceva lo temporaneo e lo serotino '. E tutte le nostre brighe, se bene veniamo a cercare li loro principii, procedono quasi dal non conoscere l'uso del tempo (Iac. 5, 7 " Patientes igitur estote, fratres, usque ad adventum Domini. Ecce agricola exspectat pretiosum fructum terrae, patienter ferens, donec accipiat temporaneum et serotinum "). È detto Apostolo (oltre al già citato Cv II I 5 de li dodici Apostoli... li tre...), in Cv IV XX 6 secondo la parola de l'Apostolo: ‛ Ogni ottimo dato e ogni dono perfetto di suso viene, discendendo dal Padre de' lumi ' (Iac. 1, 17 " Omne datum optimum et omne donum perfectum desursum est, descendens a Patre luminum "), ove troviamo, insieme con la puntuale traduzione, anche quell'antonomastico ‛ Apostolo ' che comprova la dimestichezza che il lettore avrebbe dovuto avere con la sentenza della Epistola cattolica. Infine, è chiamato filius Zebedaei, in Mn III IX 11 Item scribit [Matteo] quod in monte transfigurationis, in conspectu Cristi, Moysi et Elyae et duorum filiorum Zebedaei, dixit.
A queste scoperte menzioni dell'apostolo si debbono aggiungere quelle velate o perifrastiche ma certo non meno facilmente identificabili perché formulate sui dati che D. rielabora, e perché circoscritte a un solo canto, il XXV del Paradiso. Così lo chiamerà il barone / per cui là giù si vicita Galizia, in Pd XXV 17-18; grande principe glorioso, ai vv. 22-23; inclita vita, al v. 29; foco secondo, al v. 37; secondo lume, al v. 48; incendio, al v. 80; splendore, al v. 106, che sono dunque i puntelli su cui si articola la particolare agiografia celeste di G. al quale, introdotto come gli altri due campioni, della fede s. Pietro e della carità s. Giovanni, col generico termine di lume al v. 13, vien demandato il compito di esaminare D. sulla speranza - di cui G. è campione - in quel canto XXV del Paradiso, in cui lo stesso D. per bocca di Beatrice proprio della speranza sarà proclamato campione (La Chiesa militante alcun figliuolo / non ha con più speranza, vv. 52-53).
Nel corso dell'esame sulla speranza, in Pd XXV 25-99, Beatrice esordisce rivolgendosi direttamente a G.: Inclita vita per cui la larghezza / de la nostra basilica si scrisse, / fa risonar la spene in questa altezza: / tu sai, che tante fiate la figuri, / quante Iesù ai tre fé più carezza (vv. 29-33), e facendo riferimento all'Epistola cattolica sembra accennare a un passo ben noto che ha portato a una varia lectio testuale. Il termine in discussione è larghezza contro allegrezza del v. 29 (Inclita vita per cui la larghezza [o allegrezza] / de la nostra basilica si scrisse) e i passi paralleli per un sostegno esegetico pro o contro l'indicazione testuale, quanto al testimonio dell'Epistola cattolica, sarebbero: " Si quis autem vestrum indiget sapientia, postulet a Deo, qui dat omnibus adfluenter et non improperat, et dabitur ei. Postulet autem in fide nihil haesitans... ", e " Omne datum optimum et omne donum perfectum desursum est, descendens a Patre luminum, apud quem non est transmutatio nec vicissitudinis obumbratio " (Iac. 1, 5; 17) contro " Omne gaudium existimate, fratres mei, cum in tentationes varias incideritis, scientes quod probatio fidei vestrae patientiam operatur " (2-3).
Del problema ebbero a occuparsi il Becchi, lo Scartazzini, lo Scarabelli; definitivo, però, è da considerare l'intervento del Petrocchi, che scrive (Introduzione 244): " Credo che non si debba esitare fra le due lezioni [larghezza / allegrezza] (e in ciò gioverà la conoscenza dell'intero comportamento tradizionale), giacché la lettura dell'Epistola di San Giacomo non offre alcun appiglio ad un'eventuale esaltazione della ‛ allegrezza ' della celeste reggia (la basilica), mentre si celebrano in alcuni passi, soprattutto I 2-17, la generosità e la misericordia divina (larghezza sta per ‛ largizione ', non in quanto atto dell'elargire, ma come qualità e cioè ‛ generosità ', ‛ liberalità della largizione '; cfr. purg. XX 31; par. v 19). Di particolare e forse decisiva importanza è anche il fatto che ad uno dei luoghi nei quali San Giacomo tratta della generosità di Dio, Dante fa esplicito riferimento in Mon. I I 6: " Arduum quidem opus et ultra vires aggredior, non tam de propria virtute confidens, quam de lumine Largitoris Illius: ‛ qui dat omnibus affluenter et non improperat ' " (Iac. I 5). Altro riferimento alla liberalità di Dio, quale il poeta trovava espressa in San Giacomo e che ha anche ispirato il presente luogo del Paradiso, è in Conv. IV XX 6:ʽʽ ... cioè del subietto dove questo divino dono discende: ch'è bene divino dono, secondo la parola de l'apostolo: ‛ Ogni ottimo dato e ogni dono perfetto di suso viene, discendendo dal Padre de' lumi ' ''. Dal che si vede con quanta attenzione Dante facesse riferimento, in varie occasioni, a quell'epistola, né ha alcuna importanza ai nostri fini ch'egli cadesse in errore confondendo Giacomo il Maggiore col Minore ".