GIACOMO il Maggiore, Santo
Il nome Giacomo individua nel Nuovo Testamento due apostoli: G. detto il Maggiore, perché fu uno fra i primi a essere chiamato dal Signore (Réau, 1958), figlio di Zebedeo e forse di Salome (Mt. 4, 21-22; 10, 3; 20, 20; 27, 56; Mc. 1, 19; 3, 17; 15, 40; Lc. 5, 10; 6, 14), e Giacomo, figlio di Alfeo (Mt. 10, 3; Mc. 3, 18; Lc. 6, 15) e di Maria (Mt. 13, 55; 26, 56; Mc. 6, 3; 16, 1; Lc. 24, 10), detto il Minore (Mc. 15, 40).G. il Maggiore, fratello di Giovanni Evangelista - ai quali fu dato da Gesù il nome di boanerghés (Mc. 3, 17; Lc. 9, 54-55) -, dedito come Pietro e Andrea alla pesca sul lago di Tiberiade (Mc. 4, 18-22), fu con il fratello uno dei discepoli prediletti da Gesù; venne decapitato da Erode Agrippa nel 44 ca. (At. 12, 2). Nella lista degli apostoli è al secondo posto dopo Pietro (Mc. 3, 16-19), oppure al terzo dopo Pietro e Andrea (Mt. 10, 2-4; Lc. 6, 13-16; At. 1, 13). Con Pietro e Giovanni assistette alla risurrezione della figlia di Giairo (Mc. 5, 37), alla trasfigurazione di Gesù (Mt. 17, 1), all'agonia del Getsemani (Mt. 26, 37). Nulla si sa della sua attività apostolica dopo l'ascensione del Signore, ma si può ipotizzare che abbia predicato in Siria e in Giudea e che sia stato decapitato al ritorno a Gerusalemme (Réau, 1958).I principali miracoli che gli vengono attribuiti sono le conversioni del mago Ermogene e dello scriba Giosia, che accompagnava G. al martirio e che, dichiaratosi cristiano, sarebbe stato battezzato dall'apostolo stesso (Clemente Alessandrino, Hypot., VII, in Eusebio di Cesarea, Hist. eccl., II, 9; PG, XX, col. 157).Secondo una leggenda spagnola, probabilmente del sec. 10°, G. avrebbe predicato prima senza successo in Spagna, poi sarebbe ritornato a Gerusalemme, dove avrebbe subìto il martirio; da lì il suo corpo, trasportato in Galizia in una barca, dopo aver attraversato il Mediterraneo e lo stretto di Gibilterra, avrebbe risalito la costa atlantica approdando all'estuario del fiume Ulla, nello stesso luogo dove l'apostolo sarebbe sbarcato la prima volta per evangelizzare la penisola iberica. I sette discepoli che accompagnavano il corpo di G. l'avrebbero poi nascosto in un luogo poco lontano dalla costa. Il suo prodigioso ritrovamento sarebbe avvenuto all'inizio del sec. 9° grazie all'eremita Pelagio e a Teodomiro vescovo di Iria, i quali, perlustrando un'area detta Campus Stellae, avrebbero rinvenuto il sarcofago di Giacomo. Sopra la tomba del santo il re delle Asturie Alfonso II il Casto (791-842) fece erigere la prima chiesa, a cui affiancò un monastero. Indipendentemente dal problema storico della veridicità della leggenda (Leclercq, 1922; 1927; Alonso, Plotino, 1965), è certo che questa scoperta diede il via a un culto così vasto da generare una delle maggiori correnti di pellegrinaggio del Medioevo occidentale.Le fonti principali per la conoscenza di questa leggenda sono la Historia Compostelana, della prima metà del sec. 12°, e il Liber sancti Iacobi, detto anche Codex Calixtinus, il cui esemplare più antico, forse l'archetipo, terminato verso il 1139 (Santiago de Compostela, Arch. de la Catedral y Bibl.), accoglie la tradizione riportata da quattro opere precedenti: la Passio modica, la Passio magna, il Liber miraculorum e la Translatio. Tra queste, la Passio magna, di nessun valore storico, è in realtà il testo fondamentale per conoscere la vita dell'apostolo dalla predicazione al supplizio in Giudea, fino al ritorno in Spagna, e dunque è imprescindibile per comprenderne l'iconografia medievale (Pèlerins, 1965, pp. 31-33). Il Liber sancti Iacobi è suddiviso in cinque parti: un'antologia di brani liturgici in onore del santo necessari per la celebrazione delle due feste annuali, quella del 25 luglio della Chiesa latina e quella del 30 dicembre del rito spagnolo, rimasta in uso a Santiago de Compostela fino al sec. 11° (Pèlerins, 1965, p. 37, n. 1); i miracoli ottenuti per intercessione dell'apostolo; il racconto dell'evangelizzazione della Spagna, il martirio di G. e le vicende della traslazione del suo corpo; la storia di Carlo Magno e di Rolando dello pseudo-Turpino; una guida per i pellegrini.La cronaca dello pseudo-Turpino racconta come Carlo, vecchio e stanco, riposando nel palazzo di Aquisgrana, avesse avuto in sogno la visione di G. che gli avrebbe indicato il luogo, ancora ignoto, ove giacevano i suoi resti mortali, chiedendogli di liberare la sua tomba dai saraceni. Carlo, obbedendo al desiderio dell'apostolo, avrebbe sottratto la Spagna alla dominazione musulmana e fatto costruire la prima chiesa a Compostela, ma al ritorno l'armata avrebbe subìto la disfatta di Roncisvalle. G. al momento della morte di Carlo sarebbe allora fattivamente intervenuto per salvare la sua anima, equilibrando la bilancia con il porre sul piatto del bene tutte le pietre delle chiese costruite in suo onore dall'imperatore franco (Pèlerins, 1965, p. 106).Le più antiche rappresentazioni di G. lo mostrano sia in immagini singole, come nel mosaico del sec. 6° in un sottarco della volta della cappella di S. Andrea nell'arcivescovado di Ravenna, sia nelle schiere degli apostoli e nelle scene relative alla Vita di Gesù, in cui figurano tutti i discepoli (per es. Ravenna, battistero Neoniano o degli Ortodossi, cupola; Monreale, duomo, abside centrale; Cefalù, cattedrale, abside centrale), raffigurandolo in piena maturità, con capelli e barba fluenti, piedi nudi, talvolta con in mano il rotulo (Torcello, cattedrale, abside; New York, Kress Coll., pannello attribuito a Niccolò di Tommaso), il libro (Santiago de Compostela, cattedrale, altorilievo dei primi decenni del sec. 12°, proveniente dalla Puerta de l'Azabachería e ora nella Puerta de las Platerias; Santiago de Compostela, Arch. de la Catedral y Bibl., Codex Calixtinus, c. 4r) o, a volte, la spada con la quale fu decapitato (Burgos, Monasterio de Santa María la Real de Huelgas, statua della seconda metà del sec. 13°; Roma, S. Cecilia in Trastevere, Giudizio finale di Pietro Cavallini). Anche gli affreschi romanici castigliani e catalani e i più antichi dossali catalani inseriscono la figura di G. fra gli altri apostoli, identificandolo solo in rare occasioni con una scritta, come nell'altare proveniente da Sant Romà de Vila presso Encamp in Andorra (Barcellona, Mus. d'Art de Catalunya), oppure nell'affresco con l'Ultima Cena del portico a San Isidro di León.In alcuni casi la figura di G. è collocata tra due alberi, due cipressi secondo la guida dei pellegrini contenuta nel Liber sancti Iacobi. Nell'altorilevo della Puerta de las Platerias della cattedrale di Santiago de Compostela - il cui prototipo iconografico può essere individuato forse nella scultura della porta Miègeville della basilica di Saint-Sernin di Tolosa, anteriore probabilmente di pochissimo (Durliat, 1990, pp. 453-454) - la presenza dei due fusti germoglianti allude indirettamente alla forza vivificante della luce generatasi al momento della trasfigurazione di Cristo, a cui G. assistette, nella cui rappresentazione questo rilievo era originariamente inserito (Durliat, 1990, p. 353). Alberi germoglianti si affiancano a G. anche in altre sculture a Santiago de Compostela (cattedrale, Puerta de las Platerias, colonne), più tardi nel portale della sala capitolare della cattedrale di Saint-Etienne a Tolosa e in una miniatura del libro d'ore del Maestro di Boucicaut (Parigi, Mus. Jacquemart-André, 2, c. 18v).Poiché raramente G. è identificato da un'iscrizione, in particolare fino alla metà del sec. 13°, è quasi impossibile distinguerlo da Giacomo il Minore (Kaftal, 1952-1985, I, col. 518).La pittura italiana del sec. 13° e soprattutto del 14° rappresentò spesso G., arricchendo l'antica iconografia del santo in vesti apostoliche di elementi derivati dalla rappresentazione di G. pellegrino, come per es. nell'affresco della fine del sec. 13° della pieve di Breolungi, presso Mondovì (prov. Cuneo); nel dossale con Madonna e santi del 1301 di Deodato di Orlando (Pisa, Mus. Naz. e Civ. di S. Matteo); nel pannello del polittico del 1320 di Pietro Lorenzetti (Arezzo, pieve di S. Maria); nel pannello attribuito a Niccolò di Tommaso, in cui sul bastone G. mostra un'insegna con la conchiglia (New York, Kress Coll.), nel polittico del 1364 di Giovanni del Biondo, in cui l'apostolo figura con il bastone in un gruppo di santi (Firenze, Gall. dell'Accademia).G. compariva come intercessore nella perduta vetrata di una lancetta (1210-1225) della cattedrale di Chartres, in cui il santo accompagnava il re di Castiglia donatore della vetrata; nel medesimo ruolo compare in un affresco della fine del sec. 14° della lunetta del portale della certosa di S. Giacomo a Capri, in cui presenta alla Vergine il fondatore Giacomo Arcucci e i suoi due figli.A partire dalla fine del sec. 12°, con la maggiore diffusione della leggenda spagnola di G. patrono dei pellegrini, divennero sempre più frequenti le rappresentazioni del santo in questa veste, in piedi o seduto, calzato, con il bagaglio abituale del pellegrino: cappello a larghe falde ornato di conchiglie, spesso appoggiato sul bordone (Atri, cattedrale, cripta, affresco del sec. 15°), bisaccia a tracolla, borraccia. Tra gli esempi più antichi deve essere citata la statua di G. scolpita nel 1188 e posta nel trumeau del Pórtico de la Gloria della cattedrale di Santiago de Compostela; G. siede in abito da pellegrino e con la destra si appoggia a un bastone a forma di tau, mentre con la sinistra regge un rotulo svolto. La posizione del santo è significativamente centrale rispetto ai profeti e agli apostoli, posti all'altezza della statua sui due pilastri settentrionale e meridionale del portale. Allo stesso secolo possono essere riferite altre tre statue che mostrano G. in veste di pellegrino: quella, con un rozzo bastone e una bisaccia con una conchiglia, della chiesa di S. Marta de Tera, non lontano da Zamora; quella di reimpiego addossata al muro della più tarda Torre del Reloj a Santiago de Compostela; quella nella Cámara Santa di Oviedo. È datata invece all'inizio del sec. 13° una statua del portale centrale del transetto sud della cattedrale di Chartres, in cui le conchiglie ornano la veste del santo. Gli stessi elementi ricompaiono più tardi in opere del sec. 14°, come una scultura in alabastro nel coro della Catedral Vieja di Salamanca e nella statua-reliquiario del 'dente' dell'apostolo, datata ante 1321, che raffigura G. pellegrino con nella mano destra un piccolo reliquiario e nella sinistra il caratteristico bastone su cui è fissata una tavoletta con l'iscrizione che riporta il nome del committente (Santiago de Compostela, cattedrale, tesoro).Anche le scene che riguardano i miracoli dell'apostolo contengono spesso l'immagine di G. in veste di pellegrino, come nel dossale catalano del sec. 13° proveniente dalla chiesa di Sant Jaume de Frontanyà (Solsona, Mus. Diocesano) e nell'arca di s. Domenico di Guzmán in S. Domenico a Bologna.Poiché G. secondo la medesima leggenda sarebbe stato il primo arcivescovo di Spagna, non mancano le rappresentazioni dell'apostolo in queste vesti, per es. nel bassorilievo della fine del sec. 11° del chiostro di Moissac, in cui, fra gli apostoli vestiti uniformemente di tunica e pallio, solo G. porta la casula come i vescovi di Compostela (Durliat, 1990, fig. 84), o nel rilievo del portale della sala capitolare della cattedrale di Saint-Etienne a Tolosa, in cui è forse da identificarsi con G. l'apostolo con la croce a doppia traversa, episcopale o patriarcale (Durliat, 1990, p. 454), oppure in un altorilievo del sec. 14°, opera di Renant de Rabastens, che mostra il santo con in testa la mitria (Tolosa, Mus. Saint-Raymond).Altre volte G. accoglie i pellegrini sotto il mantello protettore (Réau, 1958), come per es. mostrano nel sec. 13° la statua dell'abside della chiesa di Saint-Pierre de la Grande-Sauve (dip. Gironde) e l'affresco con l'apostolo benedicente fra due schiere di pellegrini di Linz-am-Rhein (Renania). Questo tipo iconografico ebbe grande fortuna dal sec. 14°, così da potersi reperire anche in edifici di minore rilevanza sull'itinerario di pellegrinaggio a Santiago de Compostela, come la chiesa di Santiago di Puente la Reina in Navarra.Direttamente legate alla leggenda spagnola sono inoltre quelle raffigurazioni che mostrano G., patrono anche dei cavalieri, come un santo guerriero a cavallo. Secondo la leggenda, infatti, egli sarebbe apparso con la spada sguainata su un cavallo bianco durante la battaglia di Clavijo (844), combattuta contro i saraceni dal re delle Asturie Ramiro I (842-850), a cui l'apostolo sarebbe apparso in sogno anche la notte della vigilia. La vista del santo, detto poi matamoros, avrebbe messo in fuga i nemici, liberato la città di Calahorra e fatto cessare il tributo di cento donzelle da pagare agli emiri. L'iconografia derivata da questo episodio, di grande valore ai fini delle tematiche legate alla Reconquista, mostra l'apostolo - con in una mano lo stendardo con la croce di s. G. e nell'altra una spada - che discende dal cielo su un cavallo bianco, bardato e adorno di conchiglie, sotto le cui zampe possono trovarsi figure femminili in preghiera, forse le donzelle liberate dal santo, oppure musulmani impauriti, i mori sconfitti nella battaglia di Clavijo (Apraiz, 1941). In Spagna, dove questa raffigurazione ebbe maggiore diffusione, il prototipo di tale tipo iconografico può essere individuato ancora una volta nella cattedrale di Santiago de Compostela, dove sulla lunetta, variamente datata tra il sec. 11° e il 13°, del portale di ingresso al chiostro è visibile il santo a cavallo che con la destra brandisce la spada e con la sinistra sostiene un vessillo con l'iscrizione che lo identifica. A tale iconografia possono essere riferite l'immagine di cavaliere sulla facciata meridionale della cattedrale e collegiata romanica di Armentia (Alava) e quella del portale romanico della chiesa di Santiago a Betanzos (La Coruña), datate al 12° secolo. Nel sec. 14° la rappresentazione di G. cavaliere acquistò la sua veste più completa, come è evidente in una miniatura (Santiago de Compostela, Arch. de la Catedral y Bibl., Tumbo B, c. 13r) che mostra G. a cavallo in lotta contro i mori, definito soldato di Cristo da un'iscrizione; in una vetrata di Notre-Dame-en-Vaux di Châlons-sur-Marne; negli affreschi della cappella dedicata all'apostolo nella chiesa di Notre-Dame-du-Bourg a Rabastens (Alonso, Plotino, 1965).Numerose sono anche le raffigurazioni che illustrano episodi della vita del santo. Alla condanna di G. da parte di Erode Agrippa e alla sua decapitazione si riferiscono: un affresco del sec. 11° nella collegiata di S. Orso di Aosta, un altro del sec. 12° nella chiesa di Saint-Jacques-des-Guérets presso Vendôme e un capitello della fine dello stesso secolo della chiesa dell'Annunciazione di Nazareth (Mus. of Franciscans). Episodi della vita e dei miracoli dell'apostolo compaiono nella predella di Agnolo Gaddi, proveniente dalla cappella Nobili nella chiesa di S. Maria degli Angeli a Firenze (Parigi, Louvre), e frequentemente nelle miniature, per es. nel sec. 11° nell'Evangeliario di Enrico III, in cui è illustrata la vocazione di G. e di Giovanni Evangelista (Escorial, Bibl., Vitr. 17, c. 26v), e ancora nel sec. 15° nel Breviario del duca di Bedford (Parigi, BN, lat. 17294, c. 515v). La storia della conversione del mago Ermogene, ricalcata sulla vicenda di s. Pietro e di Simon Mago (Réau, 1958), compare, in parallelo con l'episodio della vita di Pietro, nella decorazione scultorea del primo quarto del sec. 12° della porta Miègeville in Saint-Sernin a Tolosa, in cui si scorge in alto a sinistra G. con Ermogene e il suo discepolo Filete e a destra Pietro con Simon Mago (Durliat, 1990, pp. 407-408). Cicli dedicati alla vita del santo sono visibili in una vetrata (1210-1225) della cattedrale di Chartres, in un'altra contemporanea della cattedrale di Bourges e in due lancette di poco più tarde (1250 ca.; terzo quarto del sec. 13°) della cattedrale di Tours. In Italia tali cicli sono frequenti soprattutto nel sec. 14°, per es. in un affresco nella cappella a sinistra dell'altare maggiore della chiesa di S. Domenico a San Miniato, presso Empoli; nel dossale d'argento di s. Jacopo, del 1367-1371 (Pistoia, duomo, cappella di S. Jacopo), in cui sono rappresentate nove storie della vita dell'apostolo; nel polittico sulla parete sinistra della navata della chiesa di S. Silvestro a Venezia; negli affreschi (1376-1377) di Jacopo Avanzi nella cappella dedicata all'apostolo nella Basilica del Santo a Padova; in alcuni cicli affrescati nella navata destra del duomo di Arezzo; in una cappella del presbiterio del duomo di Prato.Le opere che fanno riferimento alla leggenda spagnola illustrano in particolare la traslazione delle reliquie in Galizia in una cassa portata su un carro trainato da tori selvaggi fino alla corte del castello della regina Lupa (per es. Tudela in Navarra, cattedrale, capitello del sec. 12°) e l'apparizione di G. a Carlo Magno (Chartres, cattedrale, vetrata con storie di Carlo Magno, del 1225 ca.; Parigi, Louvre, scettro di Carlo V).
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