LIGNANA, Giacomo
, Nacque a Tronzano Vercellese il 19 dic. 1827 da Giuseppe e da Margherita Lebbole. La famiglia, nobile e agiata, gli consentì di completare gli studi a Torino, dove frequentò le lezioni di eloquenza di P.A. Paravia, nella cui scuola prese parte alle consuete gare letterarie settimanali insieme con A. D'Ancona, G. Bertoldi, C. Nigra e D. Carbone.
Laureatosi a pieni voti in lettere e filosofia, ottenne dal governo una borsa di studio per perfezionarsi all'estero. Recatosi in Germania nel 1848, fu allievo a Bonn di Ch. Lassen, tra i maggiori indianisti dell'epoca, e a Erlangen di F. von Spiegel.
Nel 1849 il L. tornò in Piemonte, dove ebbe occasione di conoscere G. Flechia, al quale promise la propria collaborazione per il giornale di studi orientali progettato da G.I. Ascoli. Nel 1854 ottenne la cattedra di tedesco al Convitto nazionale di Torino. Negli stessi anni a Torino strinse rapporti di amicizia e di studio con B. Spaventa.
Nel 1860 fu chiamato all'Università di Bologna per occupare la cattedra di filologia comparata, alla quale tuttavia rinunciò per potersi presentare alle elezioni, per la VII legislatura, nel collegio di Crescentino (Vercelli). Nello stesso periodo si erano consolidati i suoi rapporti con C. Benso di Cavour, il quale lo inviò in missione a Coburgo con l'incarico di scongiurare un riavvicinamento tra Prussia e Austria a danno dell'Italia. Al suo ritorno da Coburgo, il 24 sett. 1861 il L. fu nominato professore ordinario di filologia nella R. Università di Napoli.
Nel 1865 entrò in contatto con l'anarchico M.A. Bakunin, la cui presenza nei circoli napoletani ebbe certamente qualche influenza sul radicaleggiante, anticlericale L., il cui sinistrismo, tuttavia, fu sempre privo di interessi sociali.
Il 16 luglio 1865 il L. lesse all'Accademia Pontaniana una memoria (Applicazione del criterio filologico al problema storico della filosofia), pubblicata dapprima in La Civiltà italiana e soltanto nel 1871 negli Atti dell'Accademia.
In questo lavoro veniva accertato il principio delle necessarie relazioni reciproche tra le forme fondamentali delle lingue (isolante, incorporante e agglutinante/flessiva) e il sistema di astrazione condizionato etnologicamente. "Parlare[…] è astrarre" scriveva infatti il L., "ma astrarre sebbene comune, non è una operazione identica in tutte le lingue dell'umanità" (Atti dell'Accademia Pontaniana, IX [1871], p. 171). Si trattava di quell'unificazione del molteplice sensibile in una forma spirituale che aveva la sua fonte "nel procedimento sintetico" di W. von Humboldt, comune a tutte le lingue, ma che acquistava una diversa e specifica modalità in ciascuna di esse in base alle leggi, direzioni o tendenze che lo regolavano.
La riflessione sui concetti di materia e forma nell'esame della struttura della parola in quanto unità di articolazione fonica e rappresentazione soggettiva, così come argomentata dal L., riportava non solo a Humboldt, ma anche alla Völkerpsychologie di H. Steinthal e M. Lazarus. L'analisi delle diverse modalità di procedimento del pensiero e l'osservazione empirica della struttura morfologica delle diverse lingue restavano tuttavia viziate dalla preoccupazione di dimostrare a ogni costo la superiorità delle sole lingue indoeuropee, ritenute le uniche capaci di dare espressione al pensiero filosofico.
Al di là di tali limiti va comunque riconosciuto al L., già in questo primo lavoro, il merito di avere riformulato il problema dell'autonomo potere spirituale della parola e di avere sostenuto la necessità della separazione della grammatica dalla logica. Inoltre, traguardo importante per la linguistica italiana e per i suoi sviluppi, in questo scritto veniva data base scientifica allo studio di quella componente psicologica che divenne poi l'oggetto della psicologia individuale.
Il secondo lavoro edito del L. fu un discorso pronunciato nel 1866 in occasione del cinquantenario della pubblicazione del Conjugationssystem di F. Bopp, un inno di lode al modello della grammatica comparata e storico-filosofica così come era stato formulato dal fondatore del comparativismo. In Bopp infatti il L. trovava un'ulteriore conferma alla validità della propria visione della vita e dello sviluppo della lingua e di Bopp egli lodava soprattutto il principio e il metodo: il principio era quello storico, per il quale tutte le lingue e letterature indoeuropee rappresentano le fasi contemporanee e successive; mentre il metodo era quello attraverso il quale era finalmente possibile "provare per mezzo di una legge inesorabile di trasformazione storica, identità e affinità di quello che è diverso, che è diventato diverso nel processo storico della parola", giungendo così alla scoperta dell'affinità di tutte le lingue indoeuropee (Della grammatica comparata di Bopp, Napoli 1866, p. 10).
Nel 1867 il L. inaugurò l'anno accademico all'Università di Napoli con un discorso su La filologia al secolo XIX (ibid. 1868), comunemente riconosciuto come il suo miglior lavoro.
Il discorso fu "memorando" (B. Croce, Appunti per la storia della cultura in Italia nella seconda metà del secolo XIX, I, La vita letteraria a Napoli dal 1860 al 1900, parte I, in La Critica, VII [1909], p. 346) e suscitò grande interesse non soltanto nell'ambiente napoletano. Si trattava di un dotto excursus della storia della filologia intesa, sulle orme di H. Steinthal, come storia assoluta, "Entwicklung des allgemeinen menschlichen Geistes". In questo lavoro il L., spingendo la sua riflessione al di là di Humboldt, nei cui confronti (così come nei riguardi di Steinthal) pure dichiarava esplicitamente profonda ammirazione e consonanza di idee, giunse a identificare la filologia, così intesa, con la linguistica tout court, assorbendo l'una nell'altra. Tale fusione così concepita era inoltre garantita dall'intima connessione tra lingua e cultura, eredità romantica che permaneva nella riflessione del L., pur così critico nei confronti del movimento romantico stesso.
Benché non ancora scienza, la nuova filologia, rinnovata dalla comparazione linguistica fondata sull'analisi empirica della parola, rappresentava, secondo il L., l'avvenire della scienza, alla quale avrebbe dato base reale, ancora una volta, la "filologia dinamica" di Humboldt, fondata sulla "pluralità autonoma e coesistente dei principii storici" (La filologia al secolo XIX, cit., p. 66).
Tenace oppositore della filosofia hegeliana, il L. finì col ricercare quella filosofia della storia che aveva rifiutato dagli hegeliani attraverso la filosofia del linguaggio e, più precisamente, attraverso la filosofia del linguaggio di Humboldt in quanto filosofia della lingua intesa come riflessione generale sull'attività dello spirito umano, mai disgiunta dalla ricerca linguistico-empirica. E contro l'idealismo assoluto inneggiò piuttosto al ritorno al criticismo kantiano, così come era stato favorito da Humboldt, J.F. Herbart e dai maestri della Völkerpsychologie, prova della vivacità tedesca e fondamento della "trasformazione di tutte le scienze storiche" (ibid., pp. 5 s.). Tale trasformazione, infine, nel pensiero del L. trovava la sua giustificazione nella predeterminazione linguistica, nella convinzione che per conoscere un popolo in tutte le sue manifestazioni spirituali fosse sufficiente conoscere la lingua in cui queste ultime si troverebbero predeterminate.
Nel 1868, intanto, la Congregazione Ripa (o Collegio dei cinesi), la cui esistenza era minacciata dalle leggi di soppressione degli Ordini religiosi del 1861 e 1866, era stata trasformata in una scuola laica di lingue orientali e discipline attinenti a viaggi e scoperte. Il 25 nov. 1868 la nuova scuola napoletana fu ridenominata R. Collegio asiatico; il L. ne assunse la direzione e in questa istituzione, insieme con altri colleghi, amici e alunni, insegnò gratuitamente. Purtroppo l'intesa non durò a lungo e già l'anno seguente insorsero contrasti con il ministro C. Correnti, che il L. accusava di non ostacolare con efficacia l'ingerenza nel Collegio asiatico delle camarille legate a gruppi ecclesiastici e reazionari. Amareggiato, il L. si allontanò dalla direzione della scuola laica annessa al Collegio e dalla città di Napoli, chiedendo il trasferimento in altra sede universitaria e soltanto molto più tardi, negli anni Ottanta, tornò a occuparsi del Collegio asiatico contribuendo, anche in seguito alla soppressione della Congregazione nel 1888, alla sua definitiva trasformazione nel R. Istituto orientale.
Intanto, il 6 febbr. 1871 il L. aveva lasciato l'Università di Napoli per occupare la cattedra romana di lingue e letterature comparate. Nel successivo anno accademico dette inizio alle lezioni con una prolusione il cui argomento, ancora una volta, ebbe larga eco sulla stampa: Le trasformazioni delle specie e le tre epoche delle lingue e letterature indo-europee (Roma 1871). In essa, criticando l'immutabilità delle specie professata da C. Linneo e G. Cuvier, il L. difendeva la teoria evoluzionistica darwiniana.
Nel testo del L., in cui era sublimata la concezione dell'uomo in quanto termine stesso della creazione, venivano conciliate le due opposte teorie, relative, la prima al fissismo dei tipi specifici conseguente all'origine di ogni forma organica da una causa prima, e la seconda relativa invece alla variabilità indefinita dei tipi, originati da una creazione unica e mai interrotta. La discussione sull'origine comune delle specie coinvolgeva necessariamente anche quella sulla monogenesi e poligenesi delle lingue e il L. stemperava qui il radicale poligenismo dei primi anni sostenendo il darwinismo, ma sempre entro certi limiti, e ascrivendo l'origine comune dei tre tipi linguistici (isolante, agglutinante e flessivo), a suo parere ancora non sufficientemente dimostrata, a un periodo anteriore alla coscienza storica.
Negli ultimi anni di vita il L. sostenne molte battaglie, in campo universitario e politico. I suoi interessi filologici, linguistici e filosofici si affievolirono ed egli, abbandonando le grandi sintesi, si occupò principalmente di epigrafia e archeologia, e pubblicò diverse note in merito e tenne numerose conferenze. Scrisse quasi quotidianamente di politica estera su alcuni giornali romani, in particolare sulla questione d'Oriente, cui dedicò vari articoli apparsi in La Libertà tra il marzo e l'aprile 1885, e approfondì problemi di storia della lingua e di etnografia. In campo universitario fu promotore di alcune riforme, tra cui una proposta di ridenominazione degli insegnamenti linguistici che accese un fitto dibattito tra gli studiosi (cfr. F.M. Dovetto, La polemica sulla denominazione dell'insegnamento linguistico dall'Unità al 1936 con particolare riguardo ai suoi aspetti napoletani, in Arch. glottologico italiano, LXXVI [1991], pp. 103-113).
Il L. morì a Roma il 10 febbr. 1891.
I lavori inediti e la sua fitta corrispondenza vennero trascritti dopo la sua morte da G. Ferraro e affidati a F.L. Pullè "per uso di chi voglia fare un apprezzamento di un'eredità di varia dottrina e principalmente di osservazioni geniali ed acute, che sarebbero andate, colla morte dell'autore, disperse" ([F.L. Pullè], G. L., in Studi italiani di filologia indo-iranica, IX [1913], p. XIII).
Opere: Iscrizione osca (lettera del L. a W. Helbig), in Boll. dell'Instituto di corrispondenza archeologica, 1869, n. 4, pp. 73 s.; Tazza d'argento di arte orientale, estr. da Annali dell'Instituto di corrispondenza archeologica, XLIX (1872), pp. 231-247; Sulla parola etrusca "Malavisch", in Boll. dell'Instituto di corrispondenza archeologica, 1873, n. 5, pp. 65-67; Letter on Rome and the Slavs, Rome 1876; Relazione a s.e. il ministro della Pubblica Istruzione della Commissione per l'esame del regolamento speciale della facoltà di filosofia e lettere, Roma 1876; La parola "vanth", in Boll. dell'Instituto di corrispondenza archeologica, 1876, n. 10, p. 208; Relazione del commissario speciale prof. G. Lignana a s.e. il ministro della Pubblica Istruzione sul R. Collegio asiatico di Napoli e documenti relativi, Roma 1881; Pompei e le novelle indiane, estr. da Travaux de la VIe session du Congrès international des orientalistes à Leide, Leiden 1884; Note italiche: sulla iscrizione di Rapino, in Giorn. italiano di filologia e linguistica classica, I (1886), pp. 97 s.; Giove Beellefaro, ibid., pp. 98 s., pp. 161-163; Note italiche: iscrizione di Bellante, ibid., pp. 158-161; Note italiche: iscrizione volsca di Velletri, ibid., pp. 249-256; Sopra l'iscrizione della fibula prenestina (lettera del L. a Helbig), in Boll. dell'Imperiale Istituto archeologico germanico, II (1887), pp. 139 s.; Iscrizioni falische, ibid., pp. 196-202; I Návagvâh Dásagvâh del Rigveda (memoria), in Verhandlungen des VII internationalen Orientalisten-Congresses… 1886, I, Arische Section, Wien 1888, pp. 59-68; Iscrizioni osche di Capua, in Boll. dell'Imperiale Istituto archeologico germanico, IV (1889), pp. 80-86; Esopo [postumo], in G. Ferraro, Esopo, ovvero della rappresentazione allegorica della favola, in Arch. per lo studio delle tradizioni italiane popolari, XVIII (1899), pp. 307-310.
Fonti e Bibl.: B. Croce, G. L., commemorazione letta il 3 apr. 1892, Napoli 1892 (rist., con poche variazioni, in Id., Pagine sparse, s.3, ibid. 1920, pp. 65-85); G. Ferraro, Un prelato amico d'Italia (J. Strossmayer, vescovo di Zagreb), in Riv. d'Italia, IX (1906), gennaio, pp. 12-29; Id., Una missione affidata dal conte di Cavour a G. L., ibid., pp. 126-147; S. Timpanaro, G. L. e i rapporti fra filologia, filosofia, linguistica e darwinismo nell'Italia del secondo Ottocento, in Critica storica, XVI (1979), pp. 406-503; F.M. Dovetto, Gli inediti di G. L., in Atti dell'Acc. Pontaniana, n.s., XXXVIII (1989), pp. 51-62; Id., Wilhelm von Humboldt negli editi ed in un manoscritto inedito di G. L., in Arch. glottologico italiano, LXXVIII (1993), pp. 3-25; Id., Contributo alla storia del pensiero linguistico italiano della seconda metà dell'Ottocento: G. L. (1827-1891) e la classificazione delle lingue, in Beiträge zur Geschichte der Sprachwissenschaft, IV (1994), pp. 31-48; G. Monsagrati, Verso la ripresa: 1870-1900, in Storia della facoltà di lettere e filosofia de "La Sapienza", a cura di L. Capo - M.R. Di Simone, Roma 2000, ad ind.; F.M. Dovetto, G. L.: gli albori dell'insegnamento linguistico nell'Italia postunitaria, Torino 2001.