Giacomo Luigi Ciamician
Giacomo Luigi Ciamician, chimico triestino di origine armene, nei primi decenni del 20° sec. fu più volte candidato al premio Nobel per la chimica. La sua notorietà presso la comunità scientifica internazionale dell’epoca fu dovuta principalmente al ruolo preminente che egli detenne nella ricerca in chimica organica e ai suoi pionieristici studi nel campo della fotochimica. Il complesso della sua opera suscita oggi ancora maggiore interesse per il carattere interdisciplinare e per la modernità di alcune sue riflessioni sull’utilizzo delle diverse fonti di energia e sulla opportunità di perseguire, nei laboratori e nelle industrie, metodologie chimiche più vicine a quelle dei processi naturali.
Giacomo Luigi Ciamician nacque a Trieste il 27 agosto 1857, da Giacomo e Caterina Ghezzo. La famiglia era di origini armene, appartenente a una piccola comunità stabilitasi nella città alcuni decenni prima. Rimasto precocemente orfano di padre, compì a Trieste gli studi secondari presso la Scuola reale di nautica e ottenne la maturità nel 1874. Nello stesso anno si trasferì a Vienna per studiare al Politecnico e all’Università. Qui seguì corsi di chimica ma si interessò anche di fisica e di zoologia, presentando in tutti questi settori diverse comunicazioni all’Associazione naturalistica del Politecnico tra il 1876 e il 1879. Si evidenziò già in quegli anni la sua curiosità scientifica, il suo desiderio di conoscenza al di là dei confini tra le discipline che, come affermò in un suo discorso del 1911, costituivano «tanti capitoli staccati che legati assieme formano il gran libro del sapere umano» (Chimica, filosofia, energia, a cura di M. Ciardi, S. Linguerri, 2007, p. 117).
Particolarmente importante, tra gli studi di questo periodo viennese, fu un lavoro sperimentale mediante spettroscopia di emissione, in cui Ciamician mise in evidenza le analogie degli spettri degli elementi dotati di simili proprietà chimiche. La ricerca si poneva nell’ambito della legge periodica di Dmitrij Mendeleev enunciata da pochi anni. Commentando i risultati ottenuti, Ciamician si spingeva a ipotizzare che essi fossero dovuti al fatto che elementi appartenenti allo stesso gruppo erano costituiti dagli stessi componenti. All’epoca tale ipotesi apparve allo stesso Mendeleev troppo audace; nondimeno il chimico russo citò anni dopo i dati di Ciamician tra quelli a sostegno della sua scoperta nella Faraday lecture, da lui pronunciata a Londra nel 1889 (cfr. Taddia, in Ciamician, profeta dell’energia solare, 2007, p. 16).
Ciamician conseguì la laurea nel 1880 in Germania nell’Università di Giessen, l’unica tra quelle in lingua tedesca a consentire l’iscrizione anche a studenti non in possesso di studi classici. Subito dopo, grazie anche all’appoggio di Adolf Lieben (1836-1914), che era all’epoca professore di chimica generale e farmacologica all’Università di Vienna, riuscì a ottenere l’incarico di assistente per la chimica organica presso l’Istituto chimico dell’Università di Roma, diretto da Stanislao Cannizzaro.
A Roma Ciamician restò dal 1880 al 1887, occupandosi soprattutto del pirrolo, molecola ciclica a cinque termini contenente azoto, e dei suoi derivati. Nell’arco della sua carriera scientifica, sull’argomento egli pubblicò circa ottanta lavori. Questi studi gli valsero tra l’altro il premio dei Lincei nel 1887 e il riconoscimento internazionale quale più qualificato esperto del settore. A Roma Ciamician strinse amicizia con alcuni dei chimici del gruppo di Cannizzaro, tra i quali Raffaello Nasini (1854-1931), che in seguito diventò suo cognato grazie al matrimonio con la sorella Carolina, e Paolo Silber (1851-1932), proveniente dalla Pomerania. Quest’ultimo iniziò con Ciamician una lunga e proficua collaborazione scientifica, seguendolo a Padova, allorché nel 1887 lo scienziato triestino fu nominato professore presso l’Università patavina e poi a Bologna, dove nel 1889 Ciamician approdò definitivamente come titolare della cattedra di chimica generale.
Nel capoluogo emiliano i due svolsero ricerche su molte sostanze estratte da vegetali come il garofano, il prezzemolo, il sedano, ma soprattutto intrapresero i lavori intorno all’azione chimica della luce sui composti organici, argomento sul quale pubblicarono oltre quaranta articoli. A Bologna Ciamician restò fino alla morte, avvenuta il 2 gennaio 1922.
In tutto il periodo trascorso all’Università bolognese seppe costruire una vasta e qualificata scuola di ricerca da cui uscirono molti chimici che occuparono posti di prestigio nell’università e nell’industria italiana. Tra essi, ci limitiamo a citare Ciro Ravenna (1878-1944), con il quale Ciamician intraprese dal 1908 un nuovo filone di ricerca sulla trasformazione di sostanze organiche appartenenti a classi diverse, una volta introdotte nelle piante per inoculazione allo stato puro o in soluzione. Morto Ciamician, Ravenna diventò professore di chimica agraria all’Università di Pisa, dove restò fino al 1938, occupandosi della funzione della chimica per lo sviluppo dell’agricoltura. Nel 1938 gli fu imposta la cessazione dal servizio in ottemperanza alle leggi razziali. Tornato a Ferrara, sua città natale, durante l’occupazione tedesca fu arrestato e deportato a Fossoli e quindi ad Auschwitz, dove morì il 26 febbraio 1944 (Rosini, in Ciamician, profeta dell’energia solare, 2007, pp. 95-96).
Ciamician fu scienziato famoso e stimato, membro di molte accademie scientifiche. Fu socio nazionale dell’Accademia dei Lincei, socio straniero dell’Académie des sciences di Francia, membro onorario delle società chimiche francese, tedesca, inglese e americana. Fu anche presidente della Società italiana per il progresso delle scienze. A partire dal 1905 fu proposto più volte per il premio Nobel da chimici italiani e stranieri. Tra questi ultimi, il più importante chimico organico del tempo, Emil Fischer (1852-1919), e lo scopritore del fluoro, Henri Moissan (1852-1907), vincitori del Nobel rispettivamente nel 1902 e nel 1906. Ciamician venne invitato in più occasioni da associazioni nazionali e internazionali per esporre in conferenze le sue ricerche e le sue idee sul ruolo e sul futuro della chimica.
Fu senatore del Regno per meriti scientifici dal 1910 e partecipò con assiduità ai lavori del Senato, intervenendo più volte su tematiche inerenti la chimica e l’istruzione. Fra i suoi discorsi tenuti in aula di estrema importanza fu quello del 1906, con il quale, partecipando al dibattito sul fosforo bianco per la fabbricazione dei fiammiferi, ne sostenne con forza vibrante l’interdizione (Keheyan 1997).
Allo scoppio della Prima guerra mondiale, Ciamician si pronunciò per la neutralità, considerando compito degli scienziati il superamento di ogni eccesso nazionalistico. Con l’entrata in guerra dell’Italia diede il suo contributo alla difesa del Paese facendo parte di vari comitati tecnici. A lui si deve il progetto di una maschera antigas, che però mostrò la sua efficacia solo contro l’azione del cloro. A Ciamician è intitolato l’Istituto chimico dell’Università di Bologna per la cui costruzione si era adoperato per anni, ma che fu terminato solo dopo la sua morte.
Appare indubbio che quasi tutte le ricerche di Ciamician siano riconducibili alla chimica organica. Prima di esaminarne un po’ più in dettaglio sviluppi e risultati, occorre fare una premessa di carattere generale sulle caratteristiche e motivazioni che lo spinsero e lo guidarono in tale cammino. Nel periodo in cui Ciamician iniziava la sua attività scientifica, la chimica organica poteva ancora apparire come già l’aveva descritta il chimico tedesco Friedrich Wöhler (1800-1882) nel 1835: una foresta tropicale folta e sconfinata nella quale si poteva perfino aver paura a entrare. In realtà, i chimici del 19° sec. avevano preso ad aggirarsi con crescente fiducia in tale foresta. Ne era nata la scoperta di una sterminata serie di composti organici artificiali, sostanze che di fatto esistevano solo nelle banche dati specialistiche e la cui unica funzione finiva spesso per essere solo quella di costituire l’oggetto della dissertazione di innumerevoli dottorandi.
Una simile chimica organica non attraeva Ciamician, convinto della sterilità di tale tipo di ricerca. Ciò lo spinse a indirizzare le indagini verso orizzonti più ampi, verso la fisica e verso la biologia, discipline che del resto aveva coltivato già da giovane a Vienna.
Secondo Ciamician, la chimica organica aveva in primo luogo il compito di stabilire le sue leggi e teorie, ma anche un altro: studiare le sostanze organiche e riprodurne la formazione. Dall’assolvimento del primo erano certamente derivati i successi nello studio del benzene e dei suoi derivati artificiali, ma tale percorso, agli occhi di Ciamician, non presentava più particolare fascino. Il chimico triestino trovò molto più attraente perseguire il secondo, la sintesi delle sostanze organiche nel senso primitivo ed etimologico del termine.
In questo senso vanno lette ed esaminate le sue ricerche. Anche lo studio del pirrolo e dei suoi derivati, che si sviluppò sin dagli anni passati a Roma, partiva comunque dall’ottenimento della sostanza dalla distillazione secca delle ossa. Fu anche grazie agli studi di Ciamician e dei suoi allievi che, in seguito, poté essere evidenziata l’importanza che questo gruppo di composti rivestiva negli organismi viventi. Agli inizi del 20° sec. Fischer, confermando un’ipotesi già avanzata da Ciamician, scoprì un derivato del pirrolo, l’amminoacido prolina, tra i prodotti dell’idrolisi proteica. E sempre in quegli anni fu evidenziata la presenza di anelli pirrolici sia nella clorofilla sia all’interno dell’emoglobina, tutti risultati che trovarono la loro base nelle ricerche condotte da Ciamician e dalla sua scuola. Già all’inizio di tali ricerche il chimico italiano, insieme a un suo collaboratore, Maximilian Dennstedt, scoprì tra l’altro un’importante reazione che consentiva di passare, per trattamento con cloroformio in ambiente alcalino, dall’anello a cinque termini del pirrolo a quello a sei termini della piridina, trasformazione nota ancor oggi come riarrangiamento di Ciamician-Dennstedt. La natura ciclica del pirrolo venne invece dimostrata da Ciamician ottenendo per apertura dell’anello composti lineari a 4 atomi di carbonio e, viceversa, ricavando da essi il pirrolo. Una sintesi di questi suoi lavori venne pubblicata nel 1887, Il pirrolo e i suoi derivati.
Queste ricerche, se dimostravano l’abilità sperimentale e le conoscenze teoriche di Ciamician, in linea del resto con il livello raggiunto dalla chimica organica del tempo nei suoi più validi esponenti, non risultavano però del tutto coerenti con lo scopo ultimo che egli pensava dovesse porsi la ricerca in tale campo. Se molti erano, infatti, i composti naturali che si era in grado di riprodurre in laboratorio, ben diversi risultavano i metodi con cui essi erano stati ottenuti. In laboratorio il chimico era costretto a usare reattivi violenti, disidratanti energici, alte temperature, forti pressioni. Tutto ciò era ben diverso dai mezzi usati dagli organismi viventi, e in particolare dalle piante che, con poca anidride carbonica, piccole quantità di sali e acqua, riuscivano a preparare le stesse sostanze, anche se in maniera più blanda. Lo studio di tutti i mezzi utilizzati dagli organismi poteva certo essere assai complicato, coinvolgendo altri aspetti tra cui l’attività degli enzimi. Vi era, tuttavia, un altro fattore certamente importante alla base della vita delle piante: la luce. Fu così che lo studio dell’influenza della luce sui processi chimici delle piante verdi divenne la base da cui nacque un nuovo quanto mai fecondo filone di ricerca, sviluppato da Ciamician soprattutto a partire dal suo trasferimento nell’Università di Bologna.
Tali indagini furono possibili, come detto, grazie anche all’abilità e alla pazienza di sperimentatore di Silber. I due trasformarono il terrazzo dell’Istituto chimico emiliano in un laboratorio ricolmo di decine di tubi di vetro chiusi, contenenti le più svariate miscele di sostanze esposte alla luce del Sole che poi dovevano essere isolate e caratterizzate per individuare i prodotti delle possibili reazioni avvenute, presenti a volte in minime tracce. I risultati, che contribuirono alla nascita di una nuova disciplina, la fotochimica, furono molti e importanti. Grazie all’azione della luce si realizzavano reazioni di ossido-riduzione, condensazioni di catene di atomi di carbonio, polimerizzazioni. In particolare, venne individuata una reazione che prese il nome di reazione di Ciamician, attraverso cui in una stessa molecola avveniva una trasposizione di un ossigeno da un gruppo all’altro con trasformazione della ortonitrobenzaldeide in acido ortonitrosobenzoico (G.L. Ciamician, P. Silber, Actions chimiques de la lumière, 1909).
Da questi studi Ciamician partì per ulteriori riflessioni sul ruolo che svolge l’energia proveniente dal Sole sui processi che avvengono nel nostro pianeta e, più in generale, sul problema dello sfruttamento delle varie fonti di energia – idee innovative e attuali, che giustificano l’attenzione con la quale ancora oggi la sua figura viene studiata. Sempre nel campo dello studio della chimica dei vegetali, occorre far menzione di un’ulteriore linea di ricerca che Ciamician coltivò negli ultimi anni della sua vita, in collaborazione con Ravenna. In tali studi i vegetali diventarono un laboratorio chimico che trasformava e modificava sostanze in esse inoculate. Per es., iniettando in piante di mais la saligenina, un alcol della serie aromatica, la pianta, aggiungendo a essa una molecola di glucosio, la trasformava nel corrispondente glicoside, la salicina. Questi e altri risultati convinsero Ciamician che in tal modo le piante si difendevano dall’azione di sostanze per esse dannose, se presenti in quantità troppo elevate. Esperimenti simili vennero fatti per spiegare il ruolo degli alcaloidi nelle piante (Sul significato biologico degli alcaloidi nelle piante, 1921). Queste ricerche, che si proponevano di studiare la possibilità di modificare i processi chimici che avvengono nei vegetali, furono pionieristiche e del tutto originali sia nel programma sia nelle tecniche di lavoro.
Avendo dedicato molti anni della propria ricerca scientifica alla fotochimica, Ciamician era certamente nelle condizioni migliori per considerare la possibilità di usare la radiazione solare come alternativa al carbone, la principale fonte di energia nei decenni a cavallo tra il 19° e il 20° secolo. La domanda su quanto a lungo il carbone sarebbe stato disponibile per i bisogni dell’uomo era già stata posta da altri. Lo aveva fatto, per es., già nel 1865 l’economista inglese William Stanley Jevons (1835-1882) nella sua opera The coal question. Su un aspetto connesso con il crescente utilizzo del carbone aveva anche riflettuto lo scienziato svedese Svante Arrhenius (1859-1927), il quale aveva suggerito che l’aumento della concentrazione di anidride carbonica nell’atmosfera causato dal combustibile fossile avrebbe causato un accrescimento della temperatura del pianeta (On the influence of carbonic acid in the air upon the temperature of the ground, «Philosophical magazine and Journal of science», s. V, 1896, 41, pp. 237-76).
In questo contesto vanno considerate le lucide idee di Ciamician sull’argomento. Esse vennero illustrate in particolare in una celebre conferenza da lui tenuta nel 1912 a New York come relatore invitato all’ottavo Congresso internazionale di chimica applicata. Il testo fu tradotto in più lingue e riportato sull’importante rivista «Science». In Italia venne pubblicato nel 1913 nella collana Attualità scientifiche dalla casa editrice Zanichelli con il titolo La fotochimica dell’avvenire.
Lo scienziato italiano partiva nelle sue riflessioni dalla constatazione di quanto la civiltà dell’epoca fosse figlia del carbon fossile, di cui l’uomo moderno si serviva in maniera crescente e con dissennata prodigalità. D’altro canto, le risorse di carbone, pur enormi, non erano inesauribili e molti scienziati avevano iniziato a calcolarne la possibile durata.
Sul pianeta esistevano altre forme di energia; Ciamician richiamava l’attenzione sull’energia solare, calcolandone la quantità disponibile per una superficie di diecimila chilometri quadrati, ipotizzando un’esposizione al Sole di sei ore giornaliere. Dai suoi calcoli risultava che per un territorio grande come il Lazio la quantità di energia proveniente ogni anno dal Sole era uguale alla produzione mondiale annuale di carbon fossile dell’epoca. Una volta stimata l’enorme quantità di energia solare ricevuta dalla Terra e considerata la percentuale di questa fissata dalle piante, Ciamician si domandava se non fosse possibile aumentare la produzione di materia organica vegetale, intensificarla, intervenire nelle coltivazioni in maniera da far produrre alle piante sostanze che potessero servire da sorgenti di energia o altrimenti utili per la società. A partire da queste premesse, Ciamician ipotizzava possibili sviluppi delle ricerche di fotochimica e di fitochimica che aveva condotto negli anni precedenti.
Da tali considerazioni emergeva alla fine la visione di un mondo futuro basato sull’energia solare, in cui nelle regioni desertiche, in colonie industriali senza fuliggine e senza camini, si sarebbero compiuti i processi fotochimici carpiti dall’uomo alle piante. Animato da idee filantropiche, egli auspicava che alla civiltà del carbone, nera, nervosa e frettolosa, sarebbe subentrata quella più tranquilla dell’energia solare, con un beneficio globale per il progresso e la felicità dell’uomo. Questi però non erano per Ciamician scenari realizzabili solo in un lontano futuro: era invece convinto che l’industria avrebbe agito in maniera assennata se avesse utilizzato già da subito tutte le energie messe a disposizione dalla natura.
Le lungimiranti proposte di Ciamician sono ancora attuali, anche se oggi non è più il carbone, ma il petrolio, il principale combustibile fossile utilizzato. Il possibile uso dell’energia solare per la produzione di combustibili artificiali, profetizzato da Ciamician, resta purtroppo un obiettivo ancora lontano, che però è sempre più urgente per far fronte a sfide di carattere epocale, quali quelle rappresentate dall’effetto serra, dall’inquinamento, dall’aumento della popolazione, dal generale impoverimento delle risorse naturali.
Il pirrolo e i suoi derivati, «Atti della Reale accademia dei Lincei. Memorie, Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali», s. IV, 1887, 4, pp. 274-377.
I problemi chimici del nuovo secolo. Discorso letto il 7 novembre 1903 per la solenne inaugurazione degli studi nella R. Università di Bologna, Bologna 1903.
G.L. Ciamician, P. Silber, Actions chimiques de la lumière, «Annales de chimie et physique», s. VIII, 1909, 16, pp. 474-520.
La fotochimica dell’avvenire, Bologna 1913.
G.L. Ciamician, C. Ravenna, Sul significato biologico degli alcaloidi nelle piante, Bologna 1921.
Giacomo Ciamician: chimica, filosofia, energia. Conferenze e discorsi, a cura di M. Ciardi, S. Linguerri, Bologna 2007.
G. Bruni, In memoria di Giacomo Ciamician, Bologna 1922.
G. Plancher, Giacomo Ciamician, «Gazzetta chimica italiana», 1924, 54, pp. 3-22.
R. Nasini, Giacomo Luigi Ciamician, «Journal of the Chemical society», 1926, 129, part 1st, pp. 996-1004.
G.B. Bonino, Ciamician Giacomo, in Dizionario biografico degli Italiani, Istituto della Enciclopedia Italiana, 25° vol., Roma 1981, ad vocem.
Y. Keheyan, Contributo alla conoscenza di Giacomo Ciamician attraverso i suoi interventi al Senato, in Atti del VII Convegno nazionale di storia e fondamenti della chimica, L’Aquila (8-11 ottobre 1997), a cura di F. Calascibetta, «Rendiconti della Accademia nazionale delle scienze detta dei XL. Memorie di scienze fisiche e naturali», s. V, 1997, 21, parte 2a, pp. 305-10.
G. Nebbia, G.B. Kauffman, Prophet of solar energy. A retrospective view of Giacomo Luigi Ciamician (1857-1922), the founder of green chemistry, on the 150th anniversary of his birth, «The chemical educator», 2007, 12, pp. 362-69.
Ciamician, profeta dell’energia solare, Atti del Convegno storico-scientifico in occasione del 150° anniversario dalla nascita, Bologna (16-18 settembre 2007), a cura di M. Venturi, Bologna 2007 (in partic. M. Taddia, Ciamician: un chimico di vario sapere, pp. 7-29; G. Rosini, Ciamician e la chimica delle piante, pp. 83-98).