MAGGI, Giacomo
Poco o nulla si conosce della vita di questo artista, forse originario di Ravenna, la cui presenza è attestata a Torino dal 1690. Risale a questa data, infatti, la commissione affidata al M. dall'abate bergamasco Pietro Averara - celebre librettista, nonché impresario del teatro Regio di Torino - delle scenografie e dei disegni di costumi per la rappresentazione della sua commedia I gemelli rivali (Viale Ferrero, p. 55). Da quel momento il M. cominciò una lunga collaborazione con il teatro Regio fino ad assumere il ruolo di produttore e impresario in occasione della stagione melodrammatica di carnevale del 1694 (ibid., p. 57).
Il M. si occupava di ogni questione relativa alla messa in scena delle opere, curandone non solo gli aspetti organizzativi e finanziari, ma occupandosi della pubblicazione e della vendita dei libretti, così come è testimoniato da un documento di concessione di privativa datato 26 sett. 1693 (ibid., p. 492). Oltre a ciò, in qualche raro caso, realizzò anche i disegni per le incisioni, come dimostra l'opera Amar per virtù che nell'antiporta reca curiosamente l'immagine di una Macchina del globo, sulla quale compare la dedica ai Gemelli rivali, prova inequivocabile della riutilizzazione di un disegno pensato anni prima per la commedia di Averara, ma allora evidentemente scartato.
La collaborazione con il teatro Regio ebbe termine nel 1702 e con la stagione 1703 ebbe termine anche l'attività del Regio, che fu ripresa solo nel 1722.
Probabilmente proprio la sua mansione di produttore teatrale - che lo costringeva a continue ricerche di fondi per gli spettacoli - lo mise in contatto con il facoltoso Aymo Ferrero di Cocconato, consigliere e tesoriere generale di Vittorio Amedeo II duca di Savoia. Ferrero decise di servirsi del M. per il progetto della sua nuova dimora, la cosiddetta "Tesoriera" o villa Sartirana - attualmente sede della sezione musicale della Biblioteca civica di Torino - residenza edificata lungo la strada di Francia e testimonianza esemplare di villa suburbana settecentesca.
Sicuramente terminata nel 1715, come testimonia la data riportata sul verso di un dipinto a guazzo in cui è rappresentata la visita alla villa di Vittorio Amedeo II, la "Tesoriera" ha subito alcuni rimaneggiamenti e restauri, che tuttavia non ne hanno stravolto l'assetto originario. Ancora oggi, infatti, si conserva parte della decorazione primitiva presente soprattutto in alcune sale del piano terra - secondo una tipologia del tutto inconsueta e che non sembra aver avuto seguito - e naturalmente nel ricco salone da ballo del piano nobile. Proprio in questo ambiente, come sopraporta, è dipinta una targa con un'iscrizione - "Iacobus M. / quod honori virtutis adiiceret / in numero suorum operum / hoc etiam placidum exponerat / Aymus Ferrerus / Regiae Celsitudinis Sabaudiae / thesaurarius generalis / ac fidus / cuius impensis / sic annuebat" - che costituisce l'unica testimonianza della presenza del M. nella villa.
Tutto il parato decorativo è di un gusto tipicamente rococò, dove la sfarzosità scenografica delle finte architetture è solo parzialmente attenuata dalla grazia affettata delle figure e dall'uso di colori chiari e tenui. Proprio questo tipo di impostazione generale dello spazio e lo stile raffinato delle scene naturalistiche - molto simile al modello già sperimentato dal savonese Bartolomeo Guidobono negli affreschi realizzati per il cosiddetto appartamento di Madama Felicita in palazzo reale a Torino - hanno fatto ritenere in un primo tempo che la decorazione della "Tesoriera" fosse piuttosto opera del Guidobono (Ricci, p. 116). Al contrario, la critica più recente non solo non sembra nutrire alcun dubbio circa l'autografia del M., che qui pare aver lasciato l'unica testimonianza della sua abilità artistica, ma esclude anche ogni possibile riferimento ai modi di Guidobono, e individua come possibile referente il pittore Stefano Maria Legnani (il Legnanino), autore, sempre a Torino, delle decorazioni di palazzo Provana di Druent e soprattutto degli affreschi per palazzo Carignano (Griseri, 1988; 2004).
È comunque degna di un certo interesse la scelta del programma iconografico della "Tesoriera" che se da un lato sembra allegoricamente rimandare alla celebrazione dei Savoia (Ricci, p. 116), dall'altro pare invece celare, nelle raffigurazioni mitologiche corredate spesso da iscrizioni, riferimenti di natura squisitamente filosofico-alchemica ispirati forse dalle opere dell'erudito Emanuele Tesauro (Griseri, 2004). Così al pianterreno si susseguono quattro ambienti principali nei quali ricorrono i temi cari alla tradizione mitica: nella prima sala campeggiano, infatti, le serene figure degli Dei dell'Olimpo e si ricorda allo spettatore che "ove la pace regna è un paradiso"; la seconda stanza è invece dedicata interamente alla figura del Tempo e l'iscrizione ammonisce che "quel ch'ei distrugge a sé cresce a la vita"; Diana domina la terza sala e, riferendosi al Sonno e al Silenzio allegoricamente rappresentati vicino a lei, ricorda che "giova a chi dorme e serve ancor chi veglia"; nell'ultimo ambiente, infine, risplende la figura di Apollo onorato dalla Fecondità, dalla Ricchezza e dalla Potenza così come recita la scritta: "non v'è chi non ossequi il dio del lume". Nel salone centrale il tema della Conoscenza è ulteriormente amplificato con la rappresentazione, al centro del soffitto, di un medaglione nel quale è dipinta l'incoronazione di una figura alata con un sole splendente sul petto (forse simbolo della Sapienza, o anche della Fama) accompagnata dal motto "Specchio son di virtù e guida", mentre sulle pareti le personificazioni delle Arti le rendono idealmente omaggio. L'intero programma sembra dunque insistere sul tema laico, e tipicamente settecentesco, della ricerca della verità, che può essere raggiunta solo grazie a uno studio attento della natura, che sia però continuamente controllato e dominato dall'intelletto.
Del M. non si hanno più notizie dal 1723.
Fonti e Bibl.: F.S. Quadrio, Della storia e ragione di ogni poesia, III, Milano 1744, p. 549; G. Ricci, Alcune notizie intorno alla Tesoriera ed ai suoi recenti restauri, in Boll. del Centro di studi archeologici ed artistici del Piemonte, XIX-XX (1941), 1, p. 113; Storia del teatro Regio di Torino, III, M. Viale Ferrero, La scenografia dalle origini al 1936, Torino 1980, pp. 55, 57, 59, 63-66, 81, 492; A. Griseri, Un inventario per l'esotismo. Villa della Regina 1755, Torino 1988, p. XXIV; La pittura in Italia. Il Settecento, Milano 2004, I, pp. 11, 40; A. Griseri, ibid., II, p. 775.