MARCELLO, Giacomo
Nacque a Venezia intorno al 1484 (probabilmente prima del mese di novembre) da Antonio, figlio del capitano generale da Mar Giacomo, e da Ginevra Emo di Zaccaria. Il padre morì l'anno della sua nascita. Il M. non deve essere confuso con il contemporaneo Giacomo di Giovanni, come fa il genealogista Cappellari. La famiglia, del ramo di S. Tommaso apostolo (vulgo S. Tomà), risiedeva in calle al Traghetto, nel palazzo nominato dei Leoni, ancor oggi esistente. Il M. ebbe due fratelli, Gerolamo (morto nel 1541), detto Pirola come l'omonimo nonno, e Cristoforo (morto nel 1527), che fu arcivescovo di Corfù, e una sorella, Maria, sposa nel 1499 di Francesco Longo di Francesco. Il M. non contrasse matrimonio.
Entrò in Maggior Consiglio all'età di soli vent'anni, avendo estratto la balla d'oro l'8 nov. 1504, presentato dagli zii paterni Piero e Alvise. Nel settembre 1512 fu eletto ufficiale al Dazio del vin (Sanuto, XV, col. 111) e il 18 dic. 1513 fu chiamato alla carica di camerlengo nell'isola di Creta, con garanzia di Antonio Malipiero di Piero. Nel luglio 1517 fu tra i candidati alla carica di provveditore a Cividale del Friuli, ma non risultò prescelto. Nell'ottobre 1526 si presentò in Maggior Consiglio per l'elezione a capitano delle galee di Alessandria, ma gli fu preferito Bertuccio Contarini. Il 9 febbr. 1530 fu eletto tra i tre provveditori alle Pompe, con garanzia di Antonio Marcello di Girolamo. Nel marzo la magistratura promulgò un'articolata legge, approvata in Senato il 19 dello stesso mese, volta a contenere le spese eccessive per ornamenti, vesti e gioielli, sia femminili sia maschili.
Il 7 apr. 1532 il Maggior Consiglio lo elesse capitano a Zara. Preso possesso della carica nell'agosto (giurò davanti al Consiglio dei dieci il 17), il M. collaborò attivamente con il conte di Zara Antonio Michiel e con il provveditore generale in Dalmazia Gregorio Pizzamano, inviando le opportune informazioni sulle relazioni con l'Impero ottomano. Nella sua veste di capitano esegui un'ispezione conoscitiva sulle fortezze soggette al provveditorato della città di Zara, i cui risultati furono inoltrati al Consiglio dei dieci, ma resi noti anche in Senato, il 27 ott. 1532.
Il M. lamentò le precarie condizioni delle strutture difensive e delle artiglierie, nelle località di Laurana, Nadin e Novegradi, strategiche per la difesa contro le incursioni turche, affidate per la loro custodia a truppe formate da "tuti dalmatini et de nation schiava contra li ordini" (ibid., LVII, col. 277) dello stesso Consiglio dei dieci, gli unici però disposti ad accettare una così misera paga. Prontamente, il 7 dicembre, il Senato dispose che, nei luoghi individuati dal M., fossero effettuati gli interventi necessari. Fu accordato al M. di diminuire il numero delle guardie, aumentando però la loro retribuzione a complessivi 24 ducati l'anno e mantenendo la prerogativa di ricorrere ai servizi dei forestieri. Il M., inoltre, aveva segnalato la presenza, a Laurana, di alcuni reliquiari a forma di "brazzi d'argento et d'oro", come era in uso in quei territori, che il Senato ordinò di trasferire nella chiesa cattedrale dell'arcivescovado di Zara, affinché fossero conservati con maggiore sicurezza.
Il 31 luglio 1533, tornato a Venezia, si recò in Collegio "vestito di veludo negro" (ibid., LVIII, col. 496) e presentò la sua relazione che fu personalmente lodata dal doge Andrea Gritti. Il 24 febbr. 1535 fu nominato dal Senato tra i quindici savi sopra le Tasse, e il 4 settembre confermato tra i venti savi super reformatione civitatis, in sostituzione di Francesco Longo. In entrambi i casi si trattava di apposite e temporanee commissioni - formate in appoggio all'attività istituzionale dei dieci savi alle Decime in Rialto - alle quali spettavano il rilevamento della base imponibile e la commisurazione dell'imposta a carico degli abitanti di Venezia e Dogado.
Il 26 marzo 1536 fu eletto dal Maggior Consiglio podestà a Brescia, coadiuvato dal capitano Alvise da Riva. Oltre a provvedere finanziariamente alla ristrutturazione della fortezza di Orzinuovi, i rettori furono incaricati dal Consiglio dei dieci di prendere opportune, quanto segrete, informazioni per poter acquistare considerevoli quantità di frumento dai vicini territori cremonesi e mantovani, considerata la scarsa produzione seguita ai rigidi inverni del 1534 e del 1535. Ultimato l'incarico nel luglio 1537, e sostituito da Giovanni Moro, il M. tornò a Venezia e il 20 maggio 1539 fu eletto dal Maggior Consiglio alla carica di capitano a Verona, in sostituzione di Giacomo Duodo, affiancando il podestà Cristoforo Morosini. Verso la fine dell'anno i due rettori dovettero affrontare una carestia, che rischiava di essere aggravata dall'ordine, emanato nel settembre dal Consiglio dei dieci, di inviare a Venezia tutti gli approvvigionamenti disponibili, trattenendo solo quelli strettamente necessari alla semina e alla pura sopravvivenza. Saggiamente i due patrizi, constatati l'alto prezzo raggiunto dal frumento e la sua scarsità in rapporto alla popolazione locale, preferirono non rendere subito esecutivo il volere dei Dieci, "per schivar el tumulto che senza dubbio nasceria nel populo per la sua al presente grande calamità et desasio" (Lettera dei rettori di Verona…, p. 23), intimandone la consegna e l'invio solo alle famiglie più abbienti e che ne avevano sufficienti scorte, come per esempio il procuratore di S. Marco Iacopo Corner, rilevante proprietario terriero della zona. L'equità di governo, associata alla capacità di individuare le problematiche da affrontare, si rivelò chiaramente anche nella relazione presentata dal M. al Senato il 10 maggio 1541, al suo ritorno a Venezia.
Uomo di provata esperienza nel valutare le effettive capacità difensive dei territori governati, il M. illustrò sinteticamente la non rosea situazione di una città come Verona che, dopo la pace di Noyon del 1516, era stata oggetto di una radicale ricostruzione che aveva visto impegnati alcuni tra i più valenti ingegneri e tecnici militari che Venezia potesse all'epoca vantare. Per il M. il numero dei fanti preposti alla generale custodia, attualmente in numero di 145 unità, risultava assolutamente insufficiente e doveva essere elevato ad almeno 250-300, ben distribuiti tra "piazza, porte e altri luoci", e in particolare nei due castelli di S. Felice e Castel Vecchio. Anche dal punto di vista architettonico il castello di S. Felice, di cui un pontone non era ancora ultimato, si presentava "mal sicuro se ne va derelicto, che sta molto male" e il castello S. Pietro era "talmente ruinato che non possi essere sicuro recettaculo ad alcuno", sebbene strategicamente importante in caso di attacco nemico "per via del Adexe". A completamento del sistema difensivo il M. sollecitò "la perfetta excavatione delle fosse" lungo la cinta murata, che durante il suo mandato aveva parzialmente eseguito per ben 11.000 pertiche (Arch. di Stato di Venezia, Capi del Consiglio dei dieci, Lettere rettori e altre cariche, b. 193: Verona, aa. 1539-41, nn. 80, 93, 98).
Il M., che aveva fatto testamento il 18 genn. 1543, morì a Venezia nel 1544.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Venezia, Misc. codd., I, St. veneta, 20: M. Barbaro - A.M. Tasca, Arbori de' patritii veneti…, IV, c. 475; Avogaria di Comun, reg. 165, Balla d'oro, c. 288v; Segretario alle Voci, Elezioni in Senato, reg. 2/b, aa. 1530-59, c. 41v; Misti, regg. 8 (ex 7), c. 101v; 10 (ex 14), c. 71r; 11 (ex 8), c. 71r; Elezioni in Maggior Consiglio, reg. 1, cc. 24v-25r, 116v-117r, 119v-120r, 142v-143r; Elezioni in Pregadi, reg. 1, cc. 66r, 68r; Senato, Terra, regg. 26, cc. 4r-6v; 29, cc. 17v, 55v-56r; Senato, Mar, reg. 22, c. 138r; Collegio, Relazioni, b. 50, 10 maggio 1541; Capi del Consiglio dei dieci, Lettere rettori e altre cariche, bb. 20: Brescia, a. 1536, nn. 45, 47; 193: Verona, aa. 1539-41, nn. 80, 93, 98; 283: Zara, a. 1533, n. 102; Capi del Consiglio dei dieci, Giuramenti dei rettori, reg. 3, cc. 31r, 35v, 107r; Notai di Venezia, Testamenti, b. 676, n. 509 (22 genn. 1543); Indici onomastici dei testatori, Virorum, reg. 20; Lettera dei rettori di Verona ai capi del Consiglio dei dieci, 4 ott. 1539, intorno la pubblicazione di un loro decreto, in Documenti storici inediti di Pietro Strozzi, di Crisoforo Morosini e Jacopo M.…, Venezia 1861, pp. 21-24 (opuscolo per le nozze Bevilacqua-Neuenfels); M. Sanuto, I diarii, Venezia 1887-1902, XV, col. 111; XXIV, col. 504; XLIII, col. 72; XLV, coll. 493-495; LVII, coll. 276 s., 307, 312, 442 s., 498; LVIII, coll. 18, 73, 496; Relazioni dei rettori veneti in Terraferma, IX, Podestaria e capitanato di Verona, a cura di G. Borelli, Milano 1977, pp. 9 s.; ibid., XI, Podestaria e capitanato di Brescia, a cura di A. Tagliaferri, Milano 1978, pp. LI, 26; G. Soranzo, Bibliografia veneziana, Venezia 1885, p. 115; A. De Benvenuti, Storia di Zara dal 1407 al 1797, Milano 1944, pp. 93 s.