CENNI, Giacomo Maria
Nacque il 10 maggio 1651 ad Asinalunga (oggi Sinalunga) nella Valdichiana senese, dal sergente Niccolò del fu Giacomo Cenni e da Laura Maffei.
La famiglia era una delle benestanti e più influenti del piccolo centro ove si era distinta ricoprendo cariche pubbliche (il sergente Niccolò fu tra i Priori del comune nel 1646 e nel 1651). Ilpadre del C., rispetto ai suoi quattro fratelli, risulta uno dei meno colti; perciò è probabile che sulla vocazione letteraria del C. abbiano influito piuttosto gli zii Santi (notaio) e don Agostino (prevosto). Il padre risulta già morto nel 1661(forse da qualche anno).
Dal 1658 il C. si trovava a Siena, insieme con il cugino Francesco Matteo (figlio dello zio paterno Domenico), per compiervi il normale corso di studi e frequentarvi l'università. Studiò dai gesuiti a spese proprie (finché durò la minore età, con le rendite di beni ereditati); il 29 luglio 1674 conseguì a Siena la laurea in diritto civile e canonico a pieni voti. A Siena aveva ricevuto, nel 1673, due degli ordini minori, mentre godeva (dal 1668) del canonicato dell'altare del Crocifisso nella collegiata di Sinalunga; ricevé gli altri ordini minori a Pienza (nella cui diocesi si trovava Sinalunga) nel 1680 e 1681 dal vescovo Girolamo Borghesi, il quale lo ordinò sacerdote il 22 marzo 1681. Non pare che in questi anni la vita del C. comprenda altri eventi straordinari; sappiamo solo che la società elegante e salottiera ne ricercava volentieri la compagnia per il suo amabile conversare, per la particolare facilità che aveva a comporre versi, anche estemporanei, e per il canto.
Poco dopo la laurea il C. si recò a Roma, non sappiamo se per prepararsi meglio al sacerdozio; fatto sta che, "fattovi noto il suo talento" (Pagliai), ricevè l'offerta della carica di segretario dal cardinale Cesare Facchinetti, vescovo di Spoleto dal 1655 al 1675. Il Crescimbeni afferma che a Spoleto il C. scrisse il Mecenate, ma si sarà trattato di una stesura parziale o di uno degli abbozzi, perché il Facchinetti, con il suo dinamismo pastorale e amministrativo, non avrà dato molto respiro al ventitreenne segretario in quell'anno, o poco più, che fu suo collaboratore a Spoleto. D'altra parte ignoriamo le vicende della vita del C. dopo il 1675 e soprattutto se sia restato a Roma a lungo. In questa città continuò a coltivare la letteratura e la poesia, facendo la conoscenza di noti critici e autori. Conobbe, tra gli altri, Paolfrancesco Carli, un toscano che lo indusse a iniziare il carteggio con Antonio Magliabechi (la prima lettera è datata da Roma, 15 luglio del 1679).
Il C. veniva a stabilire per questa via quel più stretto contatto con l'ambiente culturale e letterario fiorentino che non risulta avesse instaurato in precedenza. Le lettere successive alla prima, nella raccolta della Bibl. nazionale di Firenze, sono del 1684(spedite, la seconda e la terza, da Siena, la quarta da Sinalunga), quindi posteriori di tre anni all'ordinazione sacerdotale e di uno alla morte del cardinal Facchinetti, ma già la seconda (del 26 febbraio) mostra che l'amicizia tra i due letterati toscani è da tempo consolidata. Il C. e il Magliabechi si fanno favori reciproci, soprattutto consistenti in ricerche bibliografiche e filologiche, in presentazioni di letterati e di poeti, in scambi d'informazioni, di libri e di manoscritti, in incarichi di consegnare o propagandare opere proprie e altrui; non manca, da parte del Magliabechi, l'invio di "cartucce" riservate, con le lettere (il C. assicura sempre di averle distrutte dopo la lettura), che, se pure non collegate in qualche modo con l'attività poco onorevole d'informatore del granduca che i biografi attribuiscono al Magliabechi, contenevano, per quello che il C. ci fa capire nelle sue responsive, lagnanze o notizie sull'attività incessante dei suoi nemici e detrattori.
Nella seconda lettera il C. domanda al Magliabechi dove debba inviargli alcune copie del Mecenate. Quest'opera, così citata comunemente, fu stampata nel 1684 a Roma da Francesco de' Lazzari con il seguente titolo: Della vita di Gaio Mecenate cavaliere romano descritta, ed illustrata dal dottor G. M. Cenni, il quale la dedicò a Ferdinando de' Medici. È l'unica dell'ampiezza di un libro che il C. sia riuscito a pubblicare.
Nella presentazione A chi legge (pp.[XVII]-[XXIV]) Paolfrancesco Carli c'informa che l'autore è stato indotto a scrivere l'opera da due motivi principali: l'ammirazione per "gli uomini letterati", che l'ha portato ad attendere "ognora con particolar diletto alla lettura de' Libri Bibliotecarj" e a sentire quasi venerazione per gli autori di essi (come A. Oldoini, A. Aprosio, G. Bonomi, L. Crasso e P. Mandosi); la conseguente decisione di "scrivere in forma d'Elogj le Vite de gli Scrittori di Valdichiana, dove risjede Arezzo Patria di Mecenate", alla quale fu evidentemente spinto, diciamo noi, anche dall'attaccamento alla terra natia e dal desiderio di emulare quegli autori, che appunto avevano scritto opere biobibliografiche su scrittori della propria città o regione o congregazione. L'opera maggiore del C. a cui il Carli allude è citata dai biografi col titolo Le glorie letterate di Valdichiana: la biografia di Mecenate ne avrebbe fatto naturalmente parte, ma poi il C., per il maggior numero di notizie che a un certo punto si trovò in mano, preferì pubblicarla a sé in forma di volume. Il C., prosegue il Carli, ha il merito di aver voluto scrivere espressamente una vita di Mecenate con intenti storiografici, mentre il tedesco J. H. Meibom iunior aveva scritto il suo Maecenas (pubblicato a Leida nel 1653) quasi come un diversivo alle sue fatiche di storico e biografo della medicina greco-romana e il perugino Cesare Caporali aveva composto, verso la fine del Cinquecento, una Vita di Mecenate con intenti puramente giocosi.
Il giudizio favorevole del Carli sotto questo e altri aspetti è accettabile dalla critica moderna: di fronte alle opere che lo precedettero e a quelle che lo seguirono (specie quelle, famose per la polemica di cui erano espressione, del Macchioni e del Dini) il Mecenate del C. si distingue sia per lo stile piacevole (quasi sempre scevro dagli eccessi del barocco) e per la purezza della lingua sia per la serietà d'impostazione della ricerca biografica (al C. sta a cuore soprattutto una ricostruzione della personalità di Mecenate sotto l'aspetto morale, che volutamente e in nome dell'obbiettività dello storico, si oppone al ritratto tradizionale).
Nell'agosto del 1685 il cardinale Giulio Spinola, vescovo di Lucca, prese il C. al suo servizio come segretario. A Lucca egli si trovò a suo agio e strinse subito amicizia coi principali letterati locali, grazie anche alla sua familiarità con il Magliabechi. Conobbe così il padre B. Beverini (che sarebbe morto l'anno dopo) e il poeta Domenico Bartoli, apprezzato anche dal Magliabechi. Nell'aprile del 1686 poté conoscere di persona il celebre filologo e storico francese J. Mabillon, che lo ricorderà con parole lusinghiere nel suo Iter Italicum (I, 88), mostrandogli gratitudine per una ricerca concernente le lettere del beato Ambrogio camaldolese. Un più impegnativo lavoro filologico il C. compì per il filologo tedesco Christian Daum (Daumio), a richiesta del Magliabechi: la collazione dell'opera di Arrigo da Settimello con un manoscritto del lucchese Mario Fiorentini (1687), figlio del noto erudito Francesco Maria.
Durante gli anni passati a Lucca il C. conobbe le "scanzie" della Biblioteca volante del Cinelli; ne fu così entusiasta da offrire addirittura il denaro già offerto per l'edizione delle poesie di F. Buoninsegni (di cui aveva diverse copie nello "studiolo" di casa, a Sinalunga), poi rinviata, per proseguire la pubblicazione delle dispense di quell'opera bibliografica. In quello stesso periodo inviò al Magliabechi i propri lavori, cioè anagrammi, sonetti (due, presumibilmente inediti, ci sono conservati dal carteggio) e, in data 14 sett. 1686, la copia d'una canzone da lui "fatta tumultuariamente per la caduta di Buda" (pubblicata a Lucca quell'anno).
Nella primavera del 1688 il cardinale Spinola si trasferì a Roma e il C. lo accompagnò. A Roma strinse amicizia col chiusino Bartolomeo Macchioni (autore della Descrizione della famiglia Cilnia, Napoli 1688, lavoro polemico nei confronti dell'Istoria genealogica delle famiglie nobili toscane et umbre, Firenze 1668, di E. Gamurrini), che il C. indusse a un atteggiamento più cavalleresco verso l'oggetto delle sue critiche, unitamente a Prospero Mandosi e G. M. Crescimbeni, il quale ultimo fu epistolarmente presentato al Magliabechi dal Cenni. L'amicizia col Crescimbeni lo fece partecipe del clima culturale in cui maturò la fondazione dell'Arcadia, di cui il C. fu uno dei primi "pastori" col nome accademico di Ameto Ninfadio. L'archivio dell'Accademia conserva ancora una sua lettera al Crescimbeni con osservazioni critiche su una recente edizione del Boccaccio, le quali documentano la profondità delle sue conoscenze linguistiche e filologiche.
A Roma il cardinale Spinola entrò due volte in conclave: nel 1689, dopo la morte d'Innocenzo XI, per l'elezione del nuovo papa, che fu Alessandro VIII, e nel 1691, alla morte di quest'ultimo. Il C. non seguì mai in conclave il cardinale (contro ciò che scrive, in proposito, G. A. Pecci), il quale, la seconda volta, ne dovette uscire per una grave malattia, che lo portò alla tomba il 12 marzo 1691. Il C. rimase qualche settimana a Roma, quindi fece un "lungo giro" e tornò a dividere il suo tempo tra Sinalunga e Siena. Nel settembre 1691 fu nominato segretario dal cardinale Giacomo Cantelmo, nuovo arcivescovo di Napoli. Tra le sue amicizie letterarie napoletane occupa il primo posto Federico Meninni, poeta e critico.
A Napoli il C. morì il 31maggio 1692, non sappiamo se per l'epidemia scoppiata mesi prima o per altra causa (soffriva di calcolosi renale e di podagra). Alcuni biografi ritengono che al Meninni siano rimasti i manoscritti e quindi le sue opere inedite, almeno in gran parte.
Fonti e Bibl.: Per i manoscritti e le opere ined. del C. si veda Firenze, Bibl. nazionale, Magliab., cl. VIII, s. 623: G. M. Cenni, Lettere ad Antonio Magliabechi da' 15 luglio 1679 a' 16 ebbraio 1692 (134 lettere autografe cui fanno seguito due lettere scritte dal C. in latino al Mabillon il 15 marzo 1687 e il 25 genn. 1688, copiate dal Magliabechi e portanti i nn. 135 e 136; tutte sono rilegate in vol.). Sulla sola biografia: Sinalunga, Archivio storico del Comune, n. 4: Deliberazioni dal 1629 al 1655, cc. 235-241: Ibid., n. 123: Scritture private dal 1573 al 1778, cc. 85, 114, 121, 145 (tutto autografo, quest'ultimo) e passim; Ibid., n. 131: L'Infiammato (accademico Smantellato), Annali della nobile, ed antica terra d'Asinalonga in Toscana dall'anno MCCXVII…, passim; Ibid., n. 134: Libro ... in cui si registreranno tutte le famiglie che sono, e saranno ammesse agli onori, e cariche del pubblico della terra d'Asinalunga [1767], s.v. famiglia Cenni; Sinalunga, Mazzucchelli di Morazzone, carte private, Libro di contratti ..., cc. 1-6; Ibid., Contratto nuziale Cenni-Lalli (1646); Siena, Archivio arcivescovile, n. 3051; Acta Ecclesiastica. Ordinationes Ecclesiasticae (1658-1652), c. 69r; Ibid., n. 6447: Liber doctoratorum ... (1662-1682), c.119r; Pienza, Archivio della Curia vescovile, Sacre ordinazioni, III, cc. 46r, 48r; Ibid., Visite pastorali, vol. XIV, c. 57r. Sulla biografia e sulle opere: tra i manoscritti reperibili i seguenti della Bibl. nazionale di Firenze: Magliab., cl. VIII, n. 634: G. Cinelli, Lettere ad Antonio Magliabechi [1659-1707], cc. 101, 104; Ibid., cl. VIII (D.) 645: G. M. Crescimbeni, Lett. ad A. Magliabechi [1689-1709], cc. 1rv, 4v, 6r; Ibid., Nuovi acq., n. 776: Lett. di A. Magliabechi ... a C. Daumio [1677-1687], cc. 48, 59; Firenze, Bibl. Moreniana Riccardiana, Moreni, n. 73: G. A. Pecci, Abbozzi, I, s. v. Asinalonga, cc. 146-147; Siena, Bibl. comunale degl'Intronati, ms. A. VII.34: G. A. Pecci, Scrittori sanesi, p. 236; Ibid., ms. P.IV.14: Anonimo [secolo XIX], Scrittori senesi. Notizie, c. 99v; Archivio di Stato di Siena, Sala di studio, ms. D.67: G. A. Pecci, Memorie storiche ... delle città, terre e castella... suddite della città di Siena, I, pp. 220-221, s. v. Asinalunga; Sinalungi, Archivio storico del Comune, n. 130: A. Grazi, Descrizione dello stato pol., civ., ed economico della terra di Sinalonga [1754], cc. 133r-134r. Si veda inoltre G. M. Crescimbeni, L'Arcadia, Roma 1708, pp. 145, 321; Cerinto Alcmeonio [= P. P. Pagliai], G. M. C. in Not. ist. degli Arcadi morti, I,Roma 1720, pp. 170-172; G.M. Crescimbeni, Dell'istoria della volgar poesia, VI,Venezia 1730, p. 363; Id., Comentarj ... intorno alla Istoria della volgar poesia, III, Venezia 1730, p. 44; G. Cinelli Calvoli, Biblioteca volante …, Venezia 1735, p. 126; G. Fontanini, Bibl. dell'eloquenza italiana...,con note di A. Zeno, I, Parma 1803, pp. 210 s.; D. Moreni, Bibliogr. storico-ragionata della Toscana, I, Firenze 1805, p. 245.