MATTÉ TRUCCO, Giacomo
– Nacque in Francia, a Trévy (Le Bois-Trévy), il 30 genn. 1869 da Giacomo, costruttore edile attivo in Francia, Spagna e Italia, e Carolina Tocco. Il 18 luglio 1890, conseguì la licenza in scienze fisico-matematiche presso l’Università di Torino; sostenne poi gli esami complementari per poter accedere alla Regia Scuola superiore di ingegneria dove si laureò in ingegneria industriale nel 1893.
Nel 1897 risultava titolare di uno studio professionale a Torino in piazza Venezia, n. 3 (Guida Marzorati, 1897, ad nomen), successivamente venne assunto dalle Officine meccaniche Michele Ansaldi.
Nel 1905 l’Ansaldi costituì con la Fiat una società per la produzione di autoveicoli; l’anno dopo, a seguito di divergenze, l’Ansaldi abbandonò la partnership, la Fiat proseguì l’attività con l’Ansaldo di Genova e il M. passò nella nuova azienda, denominata Fiat Ansaldo, occupandosi di produzione manifatturiera, e nel contempo iniziò la progettazione di edifici, per la maggior parte a carattere industriale. La dispersione del suo archivio e le demolizioni effettuate, consentono una ricostruzione parziale di quest’ultima attività.
Ideò inizialmente l’edificio lungo la via Damiano (1905), a Torino, fortemente trasformato in seguito (Nelva - Signorelli, 1990, pp. 131 s.). Nel 1911 progettò quella che fu poi definita la «basilica», sull’asse della via Pinerolo, il cui prospetto è suddiviso su maglie modulari con grandi finestroni (Torino, Politecnico, Dipartimento di ingegneria dei sistemi edilizi e territoriali, Arch. Porcheddu, 1911, prat. 3068: il materiale di questo archivio costituisce di fatto una delle fonti più importanti per la ricostruzione dell’attività del Matté Trucco). Un terzo intervento di grande rilevanza è quello che venne definito «il Lingottino» per le forti rassomiglianze con il «Lingotto», iniziato nel 1922, modificato da un rialzamento del 1955.
La Fiat, oltre all’Ansaldo, assorbì anche il cantiere navale di San Giorgio di Muggiano nel golfo di La Spezia, destinato alla costruzione della nuova arma subacquea dei sommergibili. Il M. progettò i solai e i pilastri per le tettoie che riparavano i sottomarini (ibid., Liguria, 1913, pratt. 4740 e 4744). Tra il 1905 e il 1906 il M. progettò con l’ingegnere E. Bonicelli le Officine carrozzerie industriali, sull’area delle vie Madama Cristina, Cellini, Giotto e Canova, con struttura a telaio (oggi sull’area sorge lo stabilimento della Microtecnica). Un intervento di grandi dimensioni fu quello relativo agli ampliamenti effettuati sull’area di corso Dante e via Marochetti, dove ebbe sede il primo stabilimento Fiat (Torino, Arch. stor. del Comune, Arch. edilizio, Progetti edilizi…, 1905, pratt. 282, 284, 406, 433, 434; 1906, prat. 54), anche se l’opera del M. non è facilmente identificabile per gli interventi di A. Premoli e G. Velati Bellini.
Il M. mantenne la doppia attività di progettista edile e di dirigente industriale, che lo portò tra il 1907 e il 1913 a esercitare la carica di direttore delle fonderie della Grandi Motori di via Cuneo, n. 20, modificata in quella di direttore delle officine meccaniche e fonderie nel 1914, anno in cui lasciò la Fiat aprendo un ufficio privato di progettazione con sede a Torino in corso G. Sommeiller, n. 9 bis, e ottenne il «certificato di capacità nelle applicazioni industriali dell’elettricità» (Guida Paravia, 1914, p. 1042). Successivamente si trasferì al n. 6 di via Lungo Po (oggi lungopò A. Diaz), dove operò sino alla fine degli anni Venti.
Il progetto più importante, che ha dato la fama al M., è quello dello stabilimento della Fiat Lingotto, realizzato fra il 1915 e il 1922 e fra il 1924 e il 1926. Il modello di riferimento fu la fabbrica della Ford di Highland Park Michigan aperta nel 1910 e visitata da una delegazione della Fiat composta da Giovanni Agnelli, Bernardino Maraini e Ugo Gobbato.
Il complesso torinese venne progettato su una grande area posta nella parte sud della città, parallela alla zona dello smistamento ferroviario. Si realizzò uno dei più grandi stabilimenti industriali esistenti, con lunghezza di m 507, formato da quattro blocchi modulari pluripiano in cui si trovavano l’officina di produzione di quattro piani fuori terra (terminata nel 1922), l’edificio delle presse a un solo piano (terminato nel 1917 e ampliato nel 1920), la palazzina degli uffici di quattro-cinque piani fuori terra (terminata nel 1922) e le due rampe elicoidali, situate a Sud e a Nord (ultimate nel 1926) e aventi lo scopo di accelerare l’elevazione dei materiali produttivi. Questo gigantesco intervento edilizio si sviluppò in altezza per i vincoli posti dalla vicina linea ferroviaria. Dal punto di vista volumetrico esiste un unico grande edificio composto da due blocchi collegati trasversalmente da piccoli corpi dove sono situate le parti di servizio (mense, spogliatoi, ascensori, scale e servizi). Il modulo base dell’ossatura in calcestruzzo è di m 6 x 6 ripetuto. La produzione dell’autoveicolo iniziava al piano terreno e proseguiva per fasi ai piani superiori; il materiale veniva trasportato con i montacarichi o (dopo il 1926) sulle rampe elicoidali; all’ultimo piano avveniva il montaggio che fu meccanizzato nel 1925; si terminava con il collaudo sulla avveniristica pista situata sul tetto. Lo stabilimento del Lingotto venne inaugurato ufficialmente da Vittorio Emanuele III il 15 maggio 1923. Questa realizzazione ebbe un forte impatto sul mondo degli architetti (R. Gabetti - C. Olmo, Le Corbusier e L’Esprit Nouveau, Torino 1975, p. 11 n. 3), dei pittori, dei critici e dei futuristi (Pozzetto; Signorelli, 1975).
Altri interventi per la Fiat furono effettuati, a Torino, con le acciaierie di via Belmonte, recentemente demolite (Torino, Politecnico, Dipartimento di ingegneria dei sistemi edilizi e territoriali, Arch. Porcheddu, Torino, Fiat, 1913 e 1916; Ibid., Arch. stor. del Comune, Arch. edilizio, Progetti edilizi…, 1915, pratt. 213, 270, 333, 454) e, a Roma, con il garage tra le vie Calabria e Belisario (Torino, Politecnico, Dipartimento di ingegneria dei sistemi edilizi e territoriali, Arch. Porcheddu, Roma, 1915, prat. 5314).
Un ulteriore importante incarico ricevuto dal M. è costituito dai lavori per la Riccardo Incerti Villar (RIV), per il cui stabilimento di Villar Perosa progettò tra il 1906 e il 1908 parti della centrale idroelettrica e dell’edificio (ibid., Piemonte, 1906, pratt. 2196 e 2255; 1907, prat. 2525; 1908, prat. 2894); gli si deve anche la progettazione iniziale dello stabilimento in Torino, sull’area della ex fabbrica Rapid, tra le vie Nizza, Alassio e Chisola (trasformato in banca negli anni Settanta del Novecento).
La sua attività di progettista edile si esplicò anche in alcune commesse private documentate nell’Archivio storico del Comune di Torino (Arch. edilizio, Progetti edilizi…, 1899, prat. 157; 1905, pratt. 125, 282, 323).
Gli sono pure attribuiti, ma non documentati, progetti di garage a Firenze, Pavia e Sestri Levante, la villa per il senatore G. Agnelli a Levanto, la fabbrica Nebiolo di via Bologna a Torino, lo stabilimento della Elettrochimica di Pont-Saint-Martin, la diga sul torrente Strona per la fabbrica Billia di Pettinengo, e un intervento per la cupola in cemento armato del teatro Regio di Torino.
Nel 1928, nella I Esposizione di architettura razionale di Roma i giovani protagonisti inserirono fra le recenti progettazioni di G. Terragni, L. Figini, G. Pollini, M. Ridolfi e A. Libera anche la Fiat Lingotto, fornendo un importante atto di stima a una persona che, come ha scritto B. Zevi, «era indipendente dal movimento dei giovani» (p. 136).
Il progetto del Lingotto, come si legge in un articoletto commemorativo pubblicato nella Stampa del 16 maggio 1934, era stato inoltre presentato all’Esposizione di architettura italiana a Buenos Aires nel febbraio del 1934, organizzata per iniziativa della Direzione generale degli Italiani all’Estero.
Ammalatosi il M. si ritirò dalla professione, e dopo l’anno 1932-33 il suo nome non risulta più inserito nell’elenco degli studi tecnici ed elettrotecnici e nell’indice a fine volume della Guida Paravia, anche se da questa si apprende che egli mantenne l’incarico di sindaco effettivo della RIV di Villar Perosa e di supplente della Fiat con residenza a Ozegna nel Canavese.
Nel 1932 fu chiamato a risolvere i problemi di fessurazioni presentati dalla pista di collaudo del Lingotto a causa del passaggio di camion eccedenti il peso per cui era stata progettata.
Egli effettuò una perizia a cui si aggiunse una controperizia del suo successore l’ingegnere Vittorio Bonadé-Bottino che mise in evidenza come la progettazione del M. fosse stata effettuata con criteri estremamente prudenziali che consentivano all’edificio di sopportare carichi superiori a quelli ipotizzati all’epoca dell’ideazione (Pozzetto, pp. 45-49).
Il M. morì a Torino il 15 maggio 1934.
Fonti e Bibl.: Torino, Arch. stor. del Comune, Arch. edilizio, Progetti edilizi di prima categoria 1770-1915, 1907, prat. 37; 1899, prat. 157; 1904, prat. 428; 1905, pratt. 125, 146, 282, 284, 315, 323, 348, 406, 433, 434; 1906, pratt. 54, 190; 1909, prat. 997; 1911, prat. 545; 1912, pratt. 126, 744, 816, 894, 975, 976; 1913, prat. 194; 1915, pratt. 213, 270, 333, 454; Ibid., Arch. del Museo dell’automobile, Fiat 1915-1930, Verbali del consiglio di amministrazione, B 417/2; L. Ferroglio, Commemorazione di G. M.T., in Architettura italiana, 1934, n. 29, pp. 206-212; M. Leva Pistoi, Torino mezzo secolo d’architettura: 1865-1915, Torino 1969, ad ind.; B. Zevi, Spazi dell’architettura moderna, Torino 1973, p. 316; B. Signorelli, G. M.T., ingegnere e progettista, in Edilizia, 30 apr. 1974, p. 11; Id., Architetti della Fiat, in Civiltà del Piemonte. Studi in onore di Renzo Gandolfo nel suo settantacinquesimo compleanno, a cura di G.P. Clivio - R. Massano, Torino 1975, pp. 757-775; M. Pozzetto, La Fiat Lingotto. Un’architettura torinese d’avanguardia, Torino 1975; B. Signorelli, Le modifiche della città, in Torino 1920-1936. Società e cultura tra sviluppo industriale e capitalismo, Torino 1976, pp. 155 s.; A. Cavallari Murat, Tra Serra d’Ivrea, Orco e Po, Torino 1976, pp. 432 s.; R. Gabetti, Architettura, industria. Piemonte negli ultimi cinquant’anni, Torino 1977, pp. 73, 93, 129, 130, 136, 153; C. De Seta, L’architettura del Novecento, Torino 1981, pp. 5, 56-61, 295; E. Magnaghi - M. Monge - L. Re, Guida all’architettura moderna di Torino, Torino 1982, ad ind.; R. Nelva - B. Signorelli, Avvento ed evoluzione del calcestruzzo armato in Italia: il sistema Hennebique, Milano 1990, pp. 131 s., 152, 154, 162; R. Nelva, Impiego del calcestruzzo armato nell’edilizia industriale in Alta Italia… esempi di applicazione in Sistema Hennebique, in 150 anni di costruzioni edili in Italia. Atti del II Seminario internazionale, a cura di M. Casciato - S. Mornati - C.P. Scavizzi, Roma 1992, pp. 286, 288; Cantieri romani del Novecento…, a cura di G. Muratore, Roma 1993, p. 78; C. Olmo, Il Lingotto 1915-1939: l’architettura, l’immagine, il lavoro, Torino 1994; T. Iori, Il cemento armato in Italia dalle origini alla seconda guerra mondiale, Roma 2001, p. 232; B. Signorelli, Dal Lingotto a Mirafiori: architetti dell’industria, in Di architetti, di chiese, di palazzi, a cura di P.L. Bassignana, Torino s.d. [ma 2003], pp. 378, 382, 385; Ventisei itinerari di architettura a Torino, Torino 2003, ad ind. (in particolare la scheda biografica di V. Minucciani, p. 259); A. Paviolo, Canavesani tra gloria e oblio, San Giorgio Canavese s.d., p. 100.