MONTALTO, Giacomo
– Nacque a Trapani il 14 apr. 1864 da Francesco, avvocato, e da Maria Sanfilippo.
Laureatosi in giurisprudenza, il M. frequentò fin da giovane i circoli mazziniani e radicali di Trapani, appassionandosi alla lettura di opere e studi relativi alla questione sociale. Reduce da un viaggio in Germania che, protrattosi tra l’agosto e l’ottobre del 1890, gli permise di conoscere alcune personalità della socialdemocrazia tedesca e gli fornì l’ispirazione per la traduzione dal tedesco di alcune opere, tra cui le Thesen über den Sozialismus di J. Stern, il M. approdò dalle iniziali posizioni di democraticismo mazziniano al radicalismo con tinte socialisteggianti rappresentato in Sicilia da N. Colajanni, cui restò anche in seguito legato da rapporti di amicizia.
Nel novembre del 1890 il M. promosse, insieme con il farmacista V. Curatolo, una campagna di solidarietà nei confronti del socialista internazionalista F. Sceusa, un conterraneo costretto all’esilio in Australia dalle persecuzioni poliziesche, con l’intento di candidarlo alle imminenti elezioni politiche. Pochi mesi dopo fondò in suo onore il periodico L’Esule, che dal 1° genn. 1891 fino al 17 dic. 1892 divenne punto di riferimento per le forze trapanesi che intendevano opporsi ai gruppi dominanti nella politica locale e allargare così la partecipazione ai ceti popolari fin allora esclusi. Il periodico seguì una linea di propaganda politica che coniugava, nell’analisi, questione sociale e questione morale e si differenziava inoltre nettamente dalle posizioni anarchiche. La trasformazione del nome del foglio che, ai primi del 1893, da L’Esule diventò Il Mare, simboleggiò un ulteriore passaggio verso la diffusione del socialismo e la sua crescita organizzativa che, in quella fase, coinvolgeva nel Trapanese settori del mondo artigiano, operaio e, dall’estate-autunno del 1893, anche di quello contadino.
Il M. era stato infatti in prima linea nella costituzione, il 4 sett. 1892, del Fascio dei lavoratori trapanesi, di cui fu eletto presidente e che, su suo stimolo, adottò nel proprio statuto il programma del Partito dei Lavoratori Italiani, da poco fondato a Genova. Eletto nel comitato centrale dei Fasci siciliani e nella direzione regionale del Partito socialista nel maggio del 1893, il M. mantenne una visione evoluzionistica e gradualistica della lotta politica e sociale, criticando gli eccessi rivoluzionari e dissociandosi dal direttivo regionale (fino a minacciare le dimissioni) allorquando, perorata dal giornale palermitano Giustizia sociale e da R. Garibaldi Bosco, fu scelta una linea di rottura con Colajanni. Se da un lato il M. non approvò l’indirizzo generale dei Fasci in favore della lotta di classe e della nazionalizzazione della terra, dall’altro si impegnò comunque per fornire al movimento una guida unitaria centralizzata, rifiutandosi di appoggiare la nascita di fasci fittizi e clientelari (come quelli di Castelvetrano e Gibellina) e proponendo, a nome del Fascio trapanese, il 1° genn. 1894, interventi amministrativi nel capoluogo (come la riduzione delle tasse e la promozione di lavori pubblici). Pochi giorni dopo, pur essendosi pronunciato apertamente contro ipotesi di rivolta e di protesta violenta, il M. fu arrestato insieme con gli altri membri del Comitato centrale dei Fasci, a seguito dei moti spontanei verificatisi in Sicilia. Sebbene l'autodifesa e gli atti processuali rivelassero la sua estraneità e anzi la sua opposizione agli episodi di violenza, fu tuttavia condannato dal tribunale militare di Palermo a dieci anni di reclusione e due anni di sorveglianza speciale, che cominciò a scontare nel penitenziario di Viterbo. Presentato dal Partito alle elezioni politiche analogamente agli altri principali esponenti dei Fasci (nel collegio di Trapani ottenne 105 voti), dovette aspettare fino al 22 sett. 1895 per essere liberato, grazie a un indulto.
L’impegno politico del M. non si esaurì con l’esperienza dei Fasci, e proseguì anzi nel solco del riformismo puntando sulla funzione educativa del solidarismo e della cooperazione, come emerge anche dal suo scritto La quistione sociale e il partito socialista, pubblicato a Milano nel 1899. In questa fase l’azione del M., eletto nel 1899 consigliere comunale a Trapani, restò dominata da tematiche urbane, con la denuncia dell’iniquità dei tributi locali e gli appelli per la moralizzazione della vita pubblica lanciati dal periodico Il lavoro da lui diretto.
La vera svolta organizzativa e politica avvenne dal settembre 1901: fu allora infatti che, in coincidenza con l’ondata nazionale di scioperi e rivendicazioni contadine, resa possibile dal nuovo clima instaurato dal governo Zanardelli-Giolitti, il movimento socialista trapanese, sotto la guida del M. e di S. Cammareri Scurti, decise di penetrare in profondità nelle aree rurali della provincia, in particolare dell’agro ericino, sviluppando da un lato una rete di sezioni socialiste nei piccoli comuni e, dall’altro, un tessuto esteso e autonomo di leghe di resistenza e di miglioramento. La costituzione della Federazione provinciale socialista, che ebbe come organo ufficiale il periodico marsalese Il diritto alla vita, attestò questo spostamento del baricentro nella strategia del Partito Socialista Italiano (PSI) nel Trapanese dal capoluogo alle aree latifondistiche interne, dove riuscì a ottenere i primi successi nella lotta per la riforma dei patti agrari e la revisione dei canoni di affitto e dove soprattutto promosse la nascita e l’affermazione di cooperative interessate a ottenere le affittanze collettive.
Il M., presidente della Federazione delle leghe di miglioramento della provincia di Trapani, nata il 10 apr. 1902 con l’adesione iniziale di circa tremila lavoratori, sviluppò una tattica che combinava la pressione sindacale sui proprietari per concordare l'affitto e la quotizzazione delle terre con la fondazione di cooperative agricole (quella di Monte San Giuliano diventò l’epicentro della sua azione), cui il M. si dedicò con particolare lena. Questa tattica coincideva pienamente con la prospettiva unificatrice di lega e cooperativa, lotta di classe e produttivismo, perorata da Cammareri Scurti. In tal senso i due dirigenti socialisti trapanesi seguivano una linea differente da quella dei blocchi interclassisti di altre zone, i quali cercavano invece di conciliare contadini e latifondisti.
Le particolari condizioni economico-sociali in cui si trovava in quella fase il Trapanese (la crisi del settore enologico, il ritorno alla cerealicoltura, il peggioramento dei patti agrari) congiunte con la grande novità rappresentata dall’intervento dello Stato nel credito agrario, stimolarono il M. e gli altri dirigenti a cercare di migliorare il coordinamento e la competitività economica del movimento cooperativistico locale. A tale scopo il M. guidò, ad esempio, la Federazione delle cooperative agricole della provincia, nata nell’aprile 1906 per regolare meglio l’affitto collettivo delle terre, l’acquisto dei concimi e l’accesso al credito agrario, e tentò in un secondo momento di limitare la fragilità finanziaria delle affittanze collettive rispetto alle società e casse rurali cattoliche, che erano sorte in concorrenza e vantavano spesso l'appoggio degli agrari locali. Per questo motivo il M., insieme con B. Verro, V. Pipitone, L. Colajanni, sostenne nell’aprile 1910 la creazione di una federazione siciliana delle cooperative, promossa dall’agrigentino E. La Loggia, che aveva già garantito alle sue cooperative un collegamento più stretto con il Banco di Sicilia, in una sorta di collaborazione laico-socialista che consentisse di superare la concorrenza delle cooperative cattoliche, ma anche del consorzio agrario di F. Lo Vetere, legato ai Florio e d'ispirazione interclassista.
Sebbene quella trapanese, sbloccando il latifondo, rappresentasse l’esperienza più ricca e significativa dell’associazionismo agricolo meridionale nel primo ventennio del XX secolo, il movimento cooperativistico guidato dal M. e Cammareri Scurti incontrò notevoli ostacoli: dalla ostinata resistenza padronale alla vera e propria repressione (come dimostrano l’eccidio di Castelluzzo del settembre 1904 e gli arresti di alcuni dirigenti nel 1908), dalla crescente emigrazione contadina alle rivalità municipalistiche. A ciò si aggiunsero i dissidi interni al movimento socialista che indebolirono la posizione del M. nella stessa difesa del tessuto cooperativo. Se fino al 1908, infatti, il M. aveva garantito una linea unitaria nel partito basata sull’organizzazione dei contadini, scelta giustificata dall’enorme difficoltà di scalzare il controllo urbano dei gruppi legati al deputato N. Nasi, vero e proprio dominatore della vita politica del collegio, il ritorno a Trapani di Sceusa, eletto segretario della sezione cittadina, condusse al ribaltamento della strategia socialista. La decisione di ricollocare al centro della lotta politica la questione urbana, costruendo un blocco ostile ai radicali che sostenevano Nasi, impose la ricerca di un’alleanza con quei conservatori, per lo più grandi proprietari terrieri, che erano proprio gli avversari del movimento contadino ericino e delle affittanze collettive.
La spaccatura tra la sezione socialista di San Marco, guidata dal M. e l’Unione dei partiti popolari di Trapani, guidata dal repubblicano G. Drago di Ferro, aveva già comportato la sconfitta della candidatura del M. alle elezioni politiche del novembre 1904 (il M. aveva ottenuto 607 voti contro i 2793 di Nasi nel collegio di Trapani). Scelto ancora nel 1906 a rappresentare la Sicilia nella direzione nazionale del PSI, il M. rifiutò, due anni dopo, di far propria la nuova prospettiva individuata dal partito trapanese, aprendo una polemica col vecchio amico Sceusa che aveva deciso di appoggiare alle nuove elezioni politiche Drago. In quell’occasione la sezione socialista di San Marco preferì presentare la candidatura dell’operaio genovese P. Chiesa, che raccolse poi 217 voti contro i 411 di Drago e i 2692 di Nasi. Come conseguenza dei dissidi esplosi tra i socialisti trapanesi, che sarebbero stati appianati solo nel 1912 con la mediazione di un giurì d’onore, alle elezioni provinciali del giugno 1910 i sostenitori di Nasi invitarono i cittadini di Monte San Giuliano a votare per il M. contro l’agrario S. Fontana. Così, mentre in questa località «nasiani» e socialisti erano momentaneamente alleati, nel capoluogo erano invece nemici giurati.
La scelta di Sceusa di aderire nel 1912 al Partito socialista riformista siciliano fu condivisa dal M., che continuò parallelamente il suo impegno contro il rialzo delle gabelle, partecipando al III congresso nazionale delle affittanze collettive e delle cooperative agricole (tenutosi a Roma dal 20 al 22 sett. 1912), dove sostenne la proposta avanzata da La Loggia per la creazione di un Consorzio obbligatorio per l’agricoltura siciliana con il compito di una bonifica idraulica e agraria dei latifondi tramite finanziamenti pubblici. L’anno successivo il M., candidatosi nuovamente alle elezioni politiche del collegio, ottenne circa 2500 voti contro i 5500 di Nasi, ma si rifece alle elezioni amministrative del giugno 1914. Riconfermato presidente della Federazione delle leghe contadine del Trapanese nel 1915, fu nominato nel consiglio generale della Lega nazionale delle cooperative, riunitasi a congresso a Milano nel luglio 1918.
L’adesione del M. nel 1915 allo schieramento interventista, in ossequio all’irredentismo di ascendenza risorgimentale, fu all’origine delle accuse che i socialisti massimalisti trapanesi, in particolar modo quelli di Marsala, lanciarono contro di lui quando nel 1919 volle guidare una lista autonoma socialista per le elezioni politiche di novembre, che ottenne con 5511 voti (il 12%) poco più del doppio dei voti raggiunti dal PSI (2511, pari al 5,5%).
Incontrate enormi difficoltà nel far accettare la sua successiva richiesta di riammissione al PSI, da allora il M. si ritirò dalla politica attiva, dedicandosi alla professione di avvocato.
Il M. morì a Trapani il 24 ott. 1934. Due anni prima aveva donato la sua collezione di libri alla Biblioteca Fardelliana di quella città.
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