MONTANARI, Giacomo
– Nacque a Bagnacavallo nel 1570 da una famiglia di proprietari terrieri.
Fino al 1589 venne educato dal canonico regolare Tomaso Garzoni, l’autore della Piazza Universale di tutte le professioni del mondo, che lo portò con sé a Ravenna affinché perfezionasse gli studi in teologia, filosofia e Sacra scrittura sotto la guida del francescano conventuale Ottaviano Strambiati, il quale lo avviò alla religione.
Il 18 genn. 1591 il M. entrò nell'Ordine dei francescani conventuali della Provincia bolognese e portò in dote una casa con otto tornature di terra lavorativa. Il 2 ag. 1593 si vide assegnato allo Studio di Bologna e, in occasione dell’elevazione di Filippo Gesualdi a ministro generale, si distinse per la prima volta nell’Ordine perché tenne un apprezzato discorso in favore del nuovo eletto. Nel settembre dello stesso anno pronunciò un elegante sermone in occasione della visita di Gesualdi nel convento di S. Francesco di Bagnacavallo. Nel 1594, mentre era baccelliere a Parma, ottenne l’autorizzazione alla predicazione e nell’aprile 1595 divenne maestro di studi a Bologna. In occasione del capitolo generale dell’Ordine nel 1596 entrò per concorso nel prestigioso collegio di S. Bonaventura a Roma con la mansione aggiuntiva di baccalaureus conventus, ossia di insegnante di materie canoniche. Si laureò il 30 maggio 1599 durante il capitolo generale di Assisi e già l’anno successivo divenne lettore di metafisica presso l’università di Bologna. Il 13 apr. 1601 il Senato gli assegnò uno stipendio di cento lire e il M. tenne l’incarico di docente nel prestigioso ateneo fino al 1603.
In quegli anni i conventuali francescani erano scossi dall’azione riformatrice del generale Gesualdi che, forte del sostegno di Clemente VIII, mirava a realizzare la «vita comune perfetta» ispirandosi alle deliberazioni del Concilio di Trento. L’impegno e la severità con cui questo obiettivo fu perseguito provocò una diminuzione delle ordinazioni sacerdotali e accesi contrasti con le famiglie di origine dei novizi, i quali avevano l’obbligo di spogliarsi di tutti i propri beni e metterli in comune con il resto dei confratelli per vivere un’effettiva povertà. Per questo motivo si sviluppò ben presto nell’Ordine un fronte anti-rigorista, sostenuto al centro così come nelle periferie dall’Inquisizione romana, favorevole invece a una «vita comune esatta» che lasciasse ai frati il diritto di proprietà e la conseguente facoltà di disporre delle proprie sostanze e di accrescerle con speculazioni finanziarie, ma anche di godere delle eventuali prebende ecclesiastiche.
La mancanza dei registri dell’Ordine nel primo decennio del Seicento impedisce di ricostruire le tappe dell’affermazione del M. tra i francescani conventuali, ove sostenne con convinzione la linea riformatrice e pauperistica dei vertici. Si sa soltanto che rinunciò all’insegnamento per dedicarsi a tempo pieno alla predicazione in giro per la Penisola. Seguì con interesse la vicenda veneziana dell’Interdetto (1606) componendo il De sanctae romanae ecclesiae principatu et monarchia (Roma 1608) con dedica a Paolo V. Nel 1611 partecipò al capitolo generale col titolo di provinciale di Oriente ed ebbe l’incarico di terminare la stesura delle nuove costituzioni con il procuratore generale Felice Centini, nominato in quello stesso anno cardinale. Il M. sostituì Centini nella carica di procuratore generale grazie alla stima di Paolo V, che lo aveva sentito predicare il 10 dic. 1611 rimanendo impressionato dalla sua preparazione e dalla sua eloquenza. Nel maggio 1612, il generale Guillaume Hugues fu proposto alla carica di arcivescovo di Embrun e il papa, invece di favorire l’elezione di un nuovo ministro, approfittò del vuoto di potere per nominare, il 15 settembre, il M. vicario apostolico dei conventuali così da rafforzare il progetto di riforma dell’Ordine ponendolo sotto la diretta sorveglianza pontificia.
Coaudiuvato dal suo braccio destro fra Silvestro Bartolucci, il M. avviò un programma di viaggi che lo portò a visitare, tra il 1613 e il 1617, i principali conventi della Penisola, dove celebrò i capitoli locali, verificò l’osservanza dei decreti di riforma e sostituì i frati avversari della scelta pauperistica con uomini a lui fedeli. In questa azione ebbe il sostegno di Paolo V e del suo ascoltato consigliere Roberto Bellarmino, come mostra il fatto che nell’aprile 1613 il pontefice ordinò di non celebrare il previsto capitolo in cui si sarebbe dovuto eleggere il nuovo ministro generale e confermò il M. nelle funzioni di vicario apostolico fino al 1617.
Nel corso dei suoi viaggi si recò più volte a Napoli, ove dovette conoscere la carismatica suor Giulia de Marco, con la quale avviò uno scambio di lettere prima che la donna fosse condannata a una lunga pena detentiva dal Sant’Uffizio di Roma per il reato di falsa santità. Il M. avrebbe voluto visitare anche le province estere dell’Austria e della Stiria, ma nell’ottobre del 1616 Paolo V preferì che si recasse a Venezia per presiedere il capitolo generale e risolvere un conflitto giurisdizionale in cui erano coinvolti tre frati liberati di prigione su ordine della Repubblica contro la volontà dei francescani conventuali.
Il 14 maggio 1617 il M. fu eletto per la prima volta ministro generale dei conventuali.
Nel corso del primo triennio di governo indirizzò la propria azione in tre direzioni. Anzitutto, si dedicò alla definizione delle nuove costituzioni «ad experimentum» dell’Ordine che stese grazie all’aiuto del provinciale d’Oriente Marcantonio Capello, tra i principali collaboratori del frate servita Paolo Sarpi prima di rientrare nei ranghi dell’obbedienza romana. Le nuove costituzioni, però, tardarono a ricevere l’approvazione del papa perché nell’Ordine, grazie all’opposizione dei maestri di teologia, dei predicatori, degli inquisitori e dei professori, era progressivamente cresciuto un fronte contrario all’azione pauperistica imposta dal M. e si era fatta strada una soluzione di compromesso (la «forma aerarii») che concedeva ai frati la facoltà, previa licenza ad personam rilasciata dal cardinale protettore o dalla congregazione dei Regolari, di utilizzare il denaro guadagnato o quello lasciato in eredità dai familiari.
In secondo luogo, il M. si impegnò a diffondere i contenuti spirituali della riforma conventuale mediante alcuni scritti come l’Instruttione per tutti i visitatori (Palermo 1618), il Modo di fare l’oratione mentale (Mondovì 1619) e il Manuale dei frati conventuali o livrea spirituale (Macerata 1619) che conteneva parti della Dottrina cristiana di Bellarmino e della Dottrina spirituale di Alonso Rodríguez, entrambi gesuiti.
Infine, nei primi mesi del 1618 si recò in Sicilia e a Malta, dove assegnò ai conventuali francescani la facoltà di conferire la laurea in teologia nel locale collegio. Il resto dell’anno e tutto il 1619 furono dedicati a visitare i conventi tedeschi e francesi e, nel marzo 1619, fu ricevuto a Parigi da Luigi XIII. A Colonia il M. partecipò alla ricognizione e traslazione delle ossa del beato francescano Giovanni Duns Scoto ed elevò lo studio locale al rango di collegio per baccellieri in attesa di laurea. Il M. si sarebbe voluto recare in Austria, Stiria, Boemia e Polonia, ma fu costretto a rinviare la visita a causa della scoppio della guerra dei Trent’anni e della morte dell’imperatore Mattia d’Asburgo.
La prolungata lontananza dall’Italia rinfocolò l’opposizione del fronte antipauperista, che nel 1620 sperava di non rieleggere il M. alla guida dell’Ordine dal momento che aveva alle spalle gli anni di governo come vicario apostolico. La sua posizione, tuttavia, fu rafforzata dalla decisione di Paolo V, il 20 luglio 1619, di prolungare da tre a sei anni la carica di ministro generale, provvedimento che fu esteso anche agli altri ordini religiosi. L’aumento di potere del vertice sarebbe stato mitigato con la convocazione di una congregazione generale intermedia che avrebbe rinnovato le altre cariche dell’Ordine. Essa venne celebrata a Todi nel giugno 1620, una scelta significativa poiché quel convento aveva aderito ai principi della vita comune perfetta meglio e prima di altri. In coincidenza con questa assemblea il M. diede alle stampe la Reformatio studiorum (Perugia 1620) che promulgò con altri ordinamenti tesi a rinsaldare la disciplina dell’ordine e l’organizzazione degli studi. Il 19 ott. 1620 incontrò per l’ultima volta Paolo V dal quale ottenne la licenza per uscire dallo Stato pontificio. Il papa che lo aveva protetto sino a quel momento morì il 28 genn. 1621 e il 15 aprile il M. fu ricevuto dal successore, Gregorio XV, il quale lo autorizzò a recarsi in Austria, Boemia, Polonia, Lituania e Principato di Moscovia.
Il M. trascorse in Europa orientale i due anni successivi allo scopo di impiantare la vita comune e affermare la riforma anche in quelle terre lontane: il 22 e il 28 ott. 1621 fu ricevuto dall’imperatore Ferdinando II d’Asburgo; in dicembre si recò a Praga, dove fondò un nuovo Collegio cui attribuì gli stessi privilegi di quello romano di San Bonaventura; nell’aprile 1622 raggiunse Varsavia e incontrò il re Sigismondo III Vasa. Nonostante le immani fatiche e il continuo movimento, riuscì a pubblicare un testo di devote pratiche conventuali intitolato Exercitia spiritualia (Cracovia e Terni 1622). Gli ultimi atti del lungo governo, emanati con le circolari del 21 aprile e del 9 maggio 1623, lumeggiano la coerenza del suo impegno: «che nessuno ardisca tener denari a spendere, sotto pena d’esser dichiarato ipso facto proprietario, incorsi nelle pene del S. Concilio Tridentino li trasgressori» (Parisciani, p. 801, n. 164).
Il nuovo capitolo generale fu celebrato il 3 giugno 1623 sotto la reggenza del cardinale del Sant’Uffizio Giovanni Garzia Millini, viceprotettore dell’Ordine. Il M. si batté vanamente perché fosse elevato al suo posto un candidato favorevole alla riforma, ma per ben tre volte l’elezione di Prospero Cecconi da Itri fu invalidata per vizi di forma sempre più pretestuosi avanzati dal segretario dell’Ordine Gabriele Faber, legato a Gregorio XV. Il cardinale Millini impedì lo svolgimento di nuove elezioni segrete e ordinò in forza dell’autorità pontificia la nomina a ministro generale dell’inquisitore di Firenze Michele Misserotti, bolognese come papa Ludovisi, tra i principali esponenti del fronte antiriformatore. Nella carica di procuratore generale venne imposto senza votazione Faber, colui che si era opposto all’elezione del candidato del Montanari.
Per antica consuetudine i ministri generali uscenti erano nominati vescovi, ma il M. rifiutò la dignità episcopale preferendo restare semplice religioso per rispetto dell’osservanza regolare. I padri gli concessero i titoli di «reverendissimo» e di «pater religionis», il diritto di partecipare ai lavori dei successivi definitori e la facoltà di scegliere un convento ove risiedere, sicché egli optò per quello di S. Fortunato a Todi. Questo brusco passaggio di potere in favore del gruppo antirigorista segnò il prevalere del fronte inquisitoriale capitanato in curia dal conventuale Centini, divenuto nel frattempo un influente cardinale del Sant’Uffizio.
Intanto le nuove costituzioni redatte a partire dal 1617 dal M. e già esaminate dal segretario della Visita apostolica Antonio Seneca, un tempo collaboratore di Carlo Borromeo a Milano, non furono approvate dal capitolo e si decise che fossero riesaminate dal nuovo generale, Misserotti, dal procuratore Faber e dallo stesso Montanari. Quelle costituzioni, dette del «Bagnacavallo», sposavano la povertà integrale «per eliminare nell’Ordine e dalla nostra fraternità non solo la proprietà, ma anche il nome di mio e di tuo» (ibid., p. 862) e non sarebbero mai entrate in vigore.
L’8 luglio 1623 morì Gregorio XV e il nuovo papa, Urbano VIII Barberini, sostituì con un atto di imperio Misserotti con Felice Franceschini da Cascia, nominato vicario apostolico dell’Ordine.
Quanti avevano sopraffatto il M. facendosi forza dell’asse pontefice-inquisizione non si erano resi conto che, avendo rinunciato alla difesa delle prerogative elettive capitolari, avevano affermato un principio e un precedente autoritario destinato a essere utilizzato anche contro di loro, come puntualmente avvenne solo pochi mesi dopo la nomina di Misserotti. Franceschini era stato da sempre il principale avversario del M. dentro l’Ordine e fu scelto da Urbano VIII con il compito di bloccare le costituzioni da lui redatte per promulgarne di nuove che nella concessione di «erario e rassegna» indicassero il termine ultimo e i limiti della riforma. Il M. provò a opporsi al nuovo corso lassista, ma Franceschini, eletto nel 1625 con schiacciante maggioranza ministro generale dei conventuali, lo denunciò al papa come disobbediente. In questo periodo il M. scrisse un trattato sulla riforma intitolato Propugnaculum a imitazione dell’opera del noto canonista Martín de Azpilcueta, ma Franceschini lo fece avere a Urbano VIII, obbligando il rivale a offrire al papa il suo lavoro in segno di contrizione.
I seguaci del M. giunsero a diffondere un’edizione delle Constitutiones fratrum min. conv. S. Francisci. Ad Regulam accomodatae in Capitulo generali romano anno 1625 confectae che riprendeva le cosiddette costituzioni del Bagnacavallo. L’esemplare, datato 11 febbr. 1626 e recante l’approvazione autografa di Seneca a nome della Congregazione della Sacra Visita, fu fatto subito ritirare da Franceschini che accusò il M. di avere voluto far pubblicare di nascosto le sue regole «ad experimentum» (l'unica copia integra nella Biblioteca della pontifica Facoltà teologica S. Bonaventura-Seraphicum). Un secondo esemplare di tali costituzioni è oggi conservato presso la Biblioteca apostolica Vaticana (Racc. gen. Diritto canonico IV 474: edizione s.l., s.e., s.a), mutilato dell’approvazione manoscritta della Congregazione della Sacra Visita e con postille autografe degli avversari del M. in cui erano derisi i punti relativi alla povertà.
Il 9 maggio 1626 il generale Franceschini ordinò l’allontanamento da Roma del M. e l’avvio della promulgazione delle nuove costituzioni dell’Ordine dette «Urbane» affidate alla cura di monsignor Giacomo Crescenzi, anche lui della congregazione della Sacra Visita in sostituzione del defunto Seneca. Il provvedimento che prescrisse al M. di partire da Roma entro tre giorni fu preso direttamente da Urbano VIII, il quale «lo fe’ cacciar da Roma vituperosamente come ad huomo di malaffare, il che saputosi dalla Corte e per la Religione, egli ne rimase smaccato e deriso» (Arch. segr. Vaticano, Segreteria di Stato, Venezia, 51, c. 81v).
Le nuove costituzioni «Urbane» stravolgevano il programma di riforma tridentino, lasciando ai frati il diritto di proprietà e concedendo ai guardiani dei conventi in caso di necessità e col consenso del capitolo di prendere denaro a prestito. I guadagni derivanti dalle prediche o dall’insegnamento dovevano essere deposti in una cassa comune, ma erano da restituire obbligatoriamente in ogni cambio di residenza del frate, consentendo che il residuo lievitasse in somme maggiori grazie agli interessi.
Il M. si rifugiò a Todi e da quel momento subì una vera e propria persecuzione all’interno dell’Ordine a colpi di memoriali anonimi, delazioni, satire denigratorie come il Cuniculus in Bagnacaballensem e minacce di carcerazione. Egli cercò vanamente di poter rientrare a Roma, si rivolse al cardinale Antonio Barberini per avere la possibilità di spiegare le proprie ragioni al papa, che però non volle mai riceverlo. Dal suo esilio umbro scrisse, indirizzandoli alla Congregazione della Sacra Visita ed evidentemente ancora cercando una sponda curiale, una Incorporatio bonorum tam stabilium quam mobilium inter Minores Conventuales, il De statu Fratrum Minorum Conventualium quoad paupertatis regularis votum e anche un De solemni voto paupertatis regularis (Arch. Segr. Vaticano, Armadi I-XVIII, 6456). Il M. fu escluso dal capitolo generale del maggio 1628 che approvò le nuove costituzioni «Urbane» e le lettere e i memoriali di protesta da lui inviati anche alla congregazione dei Regolari, non ebbero alcun esito perché al suo incartamento fu apposto l’11 ag. 1628 un significativo «reponatur». Davanti a tanta indifferenza il M. decise di rifugiarsi a Venezia, ormai temendo per la sua stessa libertà che sentiva minacciata da Franceschini e dai suoi seguaci. Come pretesto formale sostenne di avere avuto la licenza di poter stampare ove preferiva «due monumenta spiritualia» e avere avuto in passato il permesso di recarsi a Ravenna per mettersi al servizio del cardinale Luigi Capponi. Giunto a Venezia, trovò ospitalità nel convento dei Frari e fu ricevuto con tutti gli onori dal nunzio pontificio Giambattista Agucchia, che ignorava la sua condizione di fuggiasco, e dal doge Giovanni Corner.
Il 4 nov. 1628 il nunzio scrisse a Roma e consigliò prudenza nel negozio del M. per evitare che «se qui si cominciasse a proteggere acquisterebbe riputatione e potrebbe divenire un Fra Paolo [Sarpi] non mancandogli né sapere né avvertimento» (ibid., cc. 50v-53v). Non bisognava dunque incarcerarlo, ma indurlo con le buone a rientrare nel convento di Todi e poi a Roma promettendogli che avrebbe trovato altri giudici e la consolazione del papa. Il M. ovviamente si guardò bene dall’obbedire temendo di fare la fine del francescano osservante Fulgenzio Manfredi, seguace di Sarpi, condannato a morte nel 1610 dopo essersi recato a Roma con un salvacondotto che gli avrebbe dovuto garantire l’incolumità. Il 23 dic. 1628 pervenne al nunzio una lettera della Segreteria di Stato dai toni più minacciosi a riprova di come il fantasma di Sarpi ancora aleggiasse sulla vicenda: «Intanto si manda a V.S. l’annessa copia d’un decreto della S. Congregazione del S. Officio circa l’impressione de libri, il quale se dal detto P. Bagnacavallo non sarà stato osservato nell’impressione dell’opera che egli presuppone di voler stampare, sappia quello che gliene può succedere» (ibid., c. 71r).
Nonostante il 10 luglio 1629 sui registi dell’Ordine sia il M. sia il suo braccio sinistro, fra Silvestro Bartolucci, fossero definiti «apostatae et contumaces» (Roma, Arch. generalizio Ordini francescani minori conventuali, Regesta Ordinis, 32, c. 220), prevalsero le regole della prudenza e quelle della ragion di Stato che consigliavano di non eccitare ulteriormente gli animi per evitare di sollevare nuovi conflitti giurisdizionali con la Repubblica di Venezia, disposta a difendere il proprio illustre ospite. Prova ne sia che il doge Corner gli offrì la direzione spirituale delle monache del monastero di S. Zaccaria con relativa provvigione e l’incarico gli fu rinnovato anche dal figlio, il cardinale e patriarca di Venezia Federico Corner. In questa fase di relativa quiete il M. attese finalmente alla scrittura del Seminario di ogni virtù, per cui ottenne la licenza di stampa il 12 febbr. 1630, e del Modo facile per incamminarsi nel servire Dio (entrambe Venezia 1630), due opere la cui composizione aveva sempre rinviato a causa degli impegni di governo dell’Ordine.
Presso la Repubblica di Venezia gli equilibri di potere erano affatto diversi se il 5 maggio 1629 il M. fu invitato al capitolo provinciale che si radunava a Vicenza come «pater conventus Venetiarum», ove venne accolto con tutti gli onori. Nonostante il conflitto con Roma, continuò a essere ospitato nel convento dei Frari in cui, secondo la testimonianza del nunzio, se ne stava «per lo più ritirato in cella senza uscir di casa e frequenta il choro, andando ogni notte a mattutino e mangia con gli altri e tratta poco con altri fuorché col guardiano, col quale tiene particolar amicitia» (Arch. segreto Vaticano, Segreteria di Stato, Venezia 51, cc. 50v-53v). Lo scoppio della peste lo vide però prodigarsi in favore dei moribondi, un’attività di assistenza che lo ridusse allo stremo delle forze. Il 20 ott. 1631 partecipò alla solenne processione di ringraziamento a Santa Maria della Salute ormai gravemente debilitato.
Il M. morì a Venezia il 4 nov. 1631 in opinione di santità. Lo attestano alcune testimonianze delle monache di S. Zaccaria (Ciatti, IV, cc. 76r-76v), che esprimevano, anche a livello agiografico, una forma di flebile e dissimulata resistenza a quello che Sarpi aveva precocemente definito il «totato romano», di cui una personalità come il M., con i suoi percorsi di difficile obbedienza, fu pugnace quanto sconfitto e perciò dimenticato avversario.
Oltre agli scritti del M. citati si ricordano: Esercitio del transito di santo Antonio da Padova. Da farsi il venerdì sera [...], Padova 1617; Acta capituli generalis Fratrum Minorum Conventualium S. Francisci Romae celebrati die 13 maii 1617, Panormi 1618; Lettera pastorale [...] preparatoria alla visita di tutte le chiese, conventi e luoghi di detto ordine, Palermo e Rimini 1618; Lettera pastorale scritta da Messina li undici gennaio 1618 comincia «Perché è piaciuto a Dio», Palermo e Rimini 1618; Acta capituli generalis fratrum minor. conv. sancti Francisci, Romae in conventu Basilicae sanctorum 12. apostolorum celebrati die 14 maij 1618 [...], Neapoli 1618; Lettera pastorale che comincia «Essendo gionto» scritta da Brugnoli in Provenza il di 19 maggio 1619, Mondovì 1619; Acta capituli provincialis Etruria, congregati in Conventu Montis Politiani [...], Florentiae 1619; Acta capituli provincialis Argentorantesis, Herbipoli congregati ubi die 15 novembris 1618 [...], Coloniae e Fiorenza 1620; Lettera pastorale «Nella vanità», Padova 6 ott. 1619, Padova 1619 e Firenze 1620; Exercitiorum spiritualium liber, qui etiam Mystica theologia nuncupari potest ex opusculis S. Bonaventurae compilatus, Interamnae 1620; Acta in capitulo provinciali. Ordinis minorum convent. s. Francisci Provinciae Bononiae, Parmae die 18 ianuarij 1620, Placentia 1621 e 1622; Acta in capitulo provinciali Ord. min. convent. provinciae Marchiae, in civitate Firmana die 22 februarij 1620, Ancona 1622; Nova scala del cielo, per la quale s’ascende per la pratica delle virtù Christiane [...], Venetia 1629; Livrea spirituale che contiene gli avvenimenti & abbellimenti d’un vero cavalier di Christo, Venetia 1630; Trattato sull’orazione estratto dagli opuscoli del serafico D.S. Bonaventura, Rieti 1878.
Fonti e Bibl.: Roma, Arch. generalizio Ordini francescani minori conventuali, Postulazione, Vita del p. M° Giacomo Montanari da Bagnacavallo; Regesta Ordinis, 22, cc. 27, 194, 202, 220, 226; 26, c. 88; 31, cc. 175-176; Liber divers. mem., c. 16; Mss. classe III: F. Ciatti, Annales minorum, IV, cc. 2v, 13v, 26v, 76r-76v; Arch. segr. Vaticano, Segreteria di Stato, Avvisi, 4, c. 301; 5, cc. 125, 132 e 150; 25, c. 212v; 80, cc. 263, 290, 308v; Ibid., Venezia 42 E, c. 112; 44 A, c. 564; 51, cc. 50v-53v, 71, 81v-90v; 55, c. 249v; Fondo Borghese, Serie I, 722, c. 170v; 944, c. 416; Segreteria dei Brevi, 483, c. 441; 491, cc. 1-5; Confalonieri,16, c. 383; Armadi I-XVIII, 6456, cc.1-8; 6491, cc. 1-31; Posit. Regul., agosto-settembre 1628; Ph. Cagliola, Almae Siciliensis Provinciae Ordinis minorum conventualium S. Francisci (1644), a cura di F. Rotolo, Palermo 1984, pp. 24, 35; G. Franchini, Bibliosofia e memorie letterarie di scrittori francescani conventuali ch’hanno scritto dopo l’anno 1585 [...], Modena 1693, pp. 286-290; Girolamo da Monte Sion, Trattato della povertà religiosa [...] dato da Mantova 18 maggio 1622 in Raccolta di opuscoli intorno alla povertà e alla vita comune delle persone claustrali, utilissima alle medesime ed ai loro direttori, Pesaro 1767, p. 305; I.G. Graziani, Notizie istoriche della chiesa arcipretale di s. Pietro in sylvis di Bagnacavallo [...], Venezia 1772, pp. 85-85; G.B. Mittarelli, De literatura Faventinorum, sive de viris doctis et scriptoribus urbis Faventiae. Appendix ad Accessiones historicas Faventinas, Venetiis 1775, coll. 122 s.; G. Sbaraglia, Supplementum et castigatio ad Sciptores trium ordinum S. Francisci a Waddingo, aliisve descriptos cum adnotationibus ad syllabum martyrum eorumdem ordinum, Romae 1806, pp. 373 s.; F.A. Benoffi, Compendio di storia minoritica, Pesaro 1829, pp. 286-289; Sigismondo da Venezia, Biografia Serafica degli uomini illustri che fiorirono nel Francescano istituto, Venezia 1846, p. 572; S. Mazzetti, Repertorio di tutti i professori antichi e moderni della famosa università e del celebre istituto delle scienze di Bologna, Bologna 1847, p. 149; L. Ferrari, Onomasticon. Repertorio biobibliografico degli scrittori italiani dal 1501 al 1850, Milano 1947, p. 474; per il termine totatus, usato per la prima volta nella lettera a Jacques Gillot del 15 settembre 1609 cfr. P. Sarpi, Lettere ai Gallicani, a cura di B. Ulianich, Wiesbaden 1961, pp. XCI, CXLIII; L. von Pastor, Storia dei papi dalla fine del medio evo, XII, Roma 1962, p. 197, n. 5; B. Theuli - A. Coccia, La provincia romana dei frati minori conventuali dall’origine ai nostri giorni, Roma 1967, pp. 297, 364, 633; L. Di Fonzi - G. Odoardi-A. Pompei, I frati minori conventuali (Storia e vita 1209-1976), Roma 1978, pp. 130 s.; G. Parisciani, I frati minori conventuali delle Marche (sec. XIII-XX), Ancona 1982, pp. 176-179, 239; Id., La riforma tridentina e i frati minori conventuali, in Miscellanea francescana, LXXXIII (1983), pp. 499-1021; N. Guidobaldi, Music publishing in sixteenth- and seventeenth-century Umbria, in Early music history, VIII (1988), pp. 1-36; F. Rotolo, La vicenda culturale nel convento di S. Francesco di Palermo, in La Biblioteca francescana di Palermo, a cura di D. Ciccarelli, Palermo 1995, pp. 38, 49-51, 62-67, 70, 96, 104, 151; E. Novi Chavarria, Un’eretica alla corte del conte di Lemos. Il caso di suor Giulia De Marco, in Archivio storico per le province napoletane, CXVI (1998), p. 117; O. Niccoli, Rinuncia, pace, perdono. Rituali di pacificazione della prima età moderna, in Studi storici, XL (1999), pp. 219-262; M. Forlivesi, Bartolomeo Mastri da Meldola (1602-1673) «riformatore» dell’Accademia degli Imperfetti, Meldola 2002, pp. 10, 15, 22, 27; J. Schmutz, L’héritage des subtils cartographie du scotisme de l’âge classique, in Les études philosophiques, LVII (2002), 1, pp. 51-81: 58; F. Santi Fiasconaro, Il pensiero immacolista di Ignazio Como …nella controversia con L. A. Muratori sul «voto sanguinario», Palermo 2004, pp. 7, 49-51; F. Costa, Il cardinale Antonio Maria Panebianco da Gela (1808-1885) dei Frati Minori conventuali, in Francescanesimo e cultura nelle province di Caltanissetta ed Enna, a cura di C. Miceli, Palermo 2008, pp. 36 s., 39 n. 27; C. Miceli, Disposizioni su libri «amministrativi» e studi nel Capitolo provinciale OFM di Enna del 1618, ibid., 223-224; J. Schmutz, Le petit scotisme du grand siècle. Étude doctrinale et documentaire sur la philosophie au grand couvent des cordeliers de Paris, 1517-1771, in Quaestio, VIII (2008), pp. 365-472; D. Cooper - J.R. Banker, The church of S. Francisco in Borgo San Sepolcro in the Late Middle Ages and Renaissance, in Sassetta. The Borgo San Sepolcro altarpiece, a cura di M. Israëls, I, Florence-Leiden 2009, p. 91.