DURAZZO, Giacomo Pier Francesco
Nacque a Genova il 27 apr. 1717, figlio di Giovan Luca e di Paola Franzone, in una delle più ricche e colte famiglie dell'aristocrazia genovese, precisamente nel ramo che discendeva da Gerolamo (1597-1664). Ricevette una eccellente educazione, nella quale occupavano un posto di rilievo la musica e il teatro, vere passioni di famiglia: il prozio Eugenio era stato un munifico impresario teatrale, come lo sarà il fratello maggiore Marcello detto Marcellino, che riunirà nelle sue mani le tre sale pubbliche di Genova, a conunciare ovviamente dal teatro Falcone, incastonato nello splendido palazzo Durazzo di strada Balbi. E di rappresentazioni sceniche si dilettavano i Durazzo nelle loro ville, come quella di Comigliano dove anche il D. ebbe occasione di recitare insieme con zii e cugini.
Ascritto al Liber nobilitatis il13 dic. 1743, non ricopri uffici di importanza fino al 1749, quando la Repubblica lo designo ambasciatore alla corte di Vienna. L'incarico era delicato perché era da poco finita la guerra di successione, nella quale Genova si era schierata con i "Gallispani", e perché la sanguinosa rivolta antiaustriaca del 1746 aveva lasciato strascichi di rancori.
Il D., ufficialmente, ebbe solo il compito di complimentare Francesco Stefano I per la sua elevazione al trono imperiale; in realtà il Senato gli aveva raccomandato di comporre le tensioni dalle quali era nato il casus belli tra Genova e Vienna e che la pace non aveva del tutto sanate: doveva negoziare la "rinnovazione delle investiture di quei luoghi che la Repubblica rileva dal Romano Impero", cominciando dal marchesato di Finale, e vigilare sulla temuta cessione - alla Camera di Milano, al duca di Modena o peggio ancora al re di Sardegna - di quei feudi imperiali della Lunigiana o del Monferrato nei quali i patrizi genovesi avevano forti interessi. Inoltre doveva tutelare "gli affari in Vienna che concernono i nostri particolari per li capitali e fondi esistenti ne' Stati dell'Imperatrice Regina da restituirsi a' termini del trattato di Aquisgrana" (Arch. di Stato di Genova, Arch. segreto, 2716).L'istruzione si attagliava bene al D., esponente di una famiglia che aveva forti legami finanziari con la casa d'Austria, tanto da far pensare che il Senato lo avesse scelto per questa ragione. Ma c'entrava pure un qualche suggerimento di W. A. von Kaunitz, che aveva conosciuto il giovane gentiluomo italiano a Parigi o più probabilmente a Torino, trovandosi con lui in ottima sintonia intellettuale.
Il D. parti per Vienna alla metà d'agosto, sostò a Milano, dove incontrò Gian Luca Pallavicini e Beltrame Cristiani per discutere con loro di affari monetari, arrivò nella capitale il 5 settembre e presentò le credenziali il 21. Assolse con efficacia le mansioni diplomatiche, che peraltro si rivelarono meno impegnative del previsto, scivolando presto verso l'ordinaria amministrazione. Assai più della diplomazia, furono i rapporti con il bel mondo viennese ad occuparlo e ad aprirgli la strada verso una spettacolare riuscita. La sua competenza in materia di teatro lo fece accogliere nei palazzi della più alta aristocrazia, dove egli non disdegnava di recitare in rappresentazioni private. La comune passione per la commedia francese e le comuni idee politiche francofile lo strinsero sempre più al Kaunitz, che nel 1750, mentre già meditava l'alleanza diplomatica tra Francia e Impero, scrisse un Mémoire sur l'entreprise des spectacles dans la ville de Vienne, nel quale progettava di diffondere la commedia francese ed il vaudeville accanto alla tradizionale opera italiana. Intanto il 7 marzo 1750 il D. aveva contratto un prestigioso matrimonio con la bellissima Aloisia Ernestine Ungnad von Weissenwolf, figlia del presidente del governo dell'Alta Austria.
Nel febbraio 1752 Maria Teresa conferi la direzione dei teatri viennesi al conte Franz Esterhazy, marito anch'egli di una Ungnad von Weissenwolf, e Kaunltz, vincendo le resistenze dell'imperatrice, ottenne di affiancargli il D. come assistente. A maggio di quell'anno ebbe termine la sua legazione ed egli tornò per breve tempo a Genova per sistemare alcune questioni di eredità; ma subito riparti per Vienna, dove entrò al servizio dell'Impero coi titolo di consigliere segreto titolare e l'anno dopo come consigliere imperiale e reale.
Dalla primavera del 1754, con le dimissioni di Esterhazy, diventò Generalspektakeldirektor ed ebbe la piena responsabilità dei due grandi teatri viennesi, il Kärntnerthor ed il Burgtheater: per dieci anni sarà il dominatore della vita teatrale e il protagonista di una stagione densa di innovazioni. Ma non gli mancheranno difficoltà, opposizioni, invidie. L'imperatrice continuava a non vederlo di buon occhio. Egli si trovò spesso ad affrontare problemi finanziari gravi, specie a partire dallo scoppio della guerra dei sette anni nel 1756. Nel 1760 la sua nomina a Musikgraf venne violentemente contrastata dal Kapellmeister J. G. Reutter, furibondo perché il D. aveva invitato Gluck a comporre musica per l'orchestra di corte e a dirigerla; la polemica divenne cosi velenosa che il D., nell'estate del 1761, rassegnò le dimissioni e lasciò Vienna, ma Kaunitz lo persuase a tornare. Il 3 novembre di quello stesso 1761 un incendio distrusse completamente il teatro Kárntnerthor e Maria Teresa chiamò il D. a discolparsi del disastro davanti ad una commissione.
Antipatie e disavventure non gli avevano impedito frattanto di realizzare molto come organizzatore e impresario, ma anche come autore. Tra il giugno e il luglio 1755 andò in scena una sua festa pastorale dal titolo Le cacciatrici amanti, su musica di G. C. Wagenseil. Il Metastasio, astro viennese in declino, non ne dava un buon giudizio: "La versificazione è sufficientemente facile, e adattata alla musica, onde il componimento sarebbe assai ragionevole, se lo scrittore si fosse proposto qualche cosa da rappresentare" (Tutte le opere, III, p. 1035). Ma nel dicembre di quell'anno si rappresentò al Burgtheater (e si darà a Genova cinque anni dopo) L'innocenza giustificata di Gluck, il cui libretto era frutto di un'unione tra ariette metastasiane e recitativi del D.: un segnale dell'avvenuto incontro tra due uomini i quali, pur trovandosi spesso in conflitto per le loro idee sul teatro e per l'appartenenza a schieramenti contrapposti, conserveranno sino alla tarda età amicizia e rispetto reciproco.
Nel 1756 il D. pubblicò, anonima, una Lettre sur le méchanisme de l'opéra italien, in cui auspicava una fusione tra l'opera seria italiana e quella francese, che recuperasse il meglio di entrambe. Qualche anno dopo cercò di tradurre in pratica quest'idea in una Armida rappresentata al Burgtheater il 3 genn. 1761: egli stesso ne aveva scritto il testo, facendolo mettere in versi da G. Migliavacca; la musica era di Tommaso Traetta, che il D. aveva chiamato a Vienna da Parma l'anno prima.
Come direttore e promotore di spettacoli il D. lasciò una forte impronta in molti campi. Anzitutto è da segnalare il favore da lui accordato all'Opéra-Comique, conformemente ai desideri di Kaunitz che già nel 1752 aveva chiamato a Vienna una compagnia di attori francesi. Il D. procurò loro nuovi testi tramite l'ambasciatore cesareo a Parigi conte G. Starhemberg; a partire dal 1759 se li fece spedire direttamente da Charle s.Simon Favart, direttore dell'Opéra-Comique, e li adattò lui stesso al gusto viennese. Per la parte musicale si fece aiutare da Gluck, il quale però non tardò a comporre lavori originali destinati a grande successo.
Non meno importante fu l'azione dei D. nel campo dell'opera seria. Quando, al principio del 1761, giunse a Vienna da Parigi il librettista Ranieri de' Calzabigi, il D. fiutò nel suo Orfeo ed Euridice un nuovo modello di opera italiana, favori la collaborazione tra Calzabigi e Gluck, allesti la prima rappresentazione dell'Orfeo che segnò, il 5 ott. 1762, l'atto di nascita della riforma gluckiana. Nel contempo promosse il rinnovamento della danza di scena, con l'introduzione del balletto pantomimico o d'azione. L'imperiale maestro di ballo Franz Hilverding, da lui assunto, fu autore dei primi tentativi del genere. Poi toccò a Gaspero Angiolini, appoggiato dal D. e da lui messo in contatto con Gluck, dame realizzazione completa nel Don Giovanni, andato in scena il 17 ott. 1761. Il sodalizio Gluck - D., fondamentale per la maturazione artistica dei musicista, si estese anche ai concerti quaresimali fatti eseguire ogni anno a partire dal 1755 nel Burgtheater, concerti alla direzione dei quali Gluck fu chiamato regolarmente. Infine sono da ricordare le iniziative del D. nel campo dell'opera buffa italiana: la parodia de La serva padrona, rappresentata al Burgtheater nel dicembre 1758 dai bimbi degli attori; l'allestimento de Il finto pazzo di Piccinni; la protezione accordata a Giuseppe Scarlatti; gli incoraggiamenti a F.L. Gassmann. E non mancò, da parte del D, l'interesse per il teatro tedesco: la protezione accordata al "teatro improvviso" di K. Bernardon, attivo a Vienna tra 1754 e 1758; i tentativi di favorire la compagnia tedesca del Kärntnerthor e di migliorarne il repertorio con la traduzione di drammi francesi o con l'allestimento, nel 1759, della tragedia MissSara Sampson di G. E. Lessing.
Il 1764, anno in cui l'Opéra-Comique gluckiano raggiunse il vertice con Les pélerins de la Mecque, vide la fine delle fortune viennesi del Durazzo. In primavera, approfittando del viaggio a Francoforte per l'incoronazione di Giuseppe II a re dei Romani, egli raggiunse Parigi con Gluck e Coltellini. Qui incontrò Favart e col suo aiuto tentò, invano, di ingaggiare Goldoni. Intanto a Vienna si approfittò della sua assenza per tramare contro di lui, contando sul fatto che i sovrani non lo amavano. Maria Teresa lo considerava da sempre un intrigante, Giuseppe lo giudicava pericoloso e non vedeva l'ora di sbarazzarsene, anche perché le sue ambizioni di creare un teatro nazionale tedesco mal si conciliavano con le idee francofile e cosmopolitiche del Durazzo. Il io apr. 1764, a Francoforte, il D. fu costretto a rassegnare le dimissioni, che vennero subito accettate. Kaunitz, tuttavia, non gli fece mancare la sua protezione e gli ottenne il posto di ambasciatore imperiale a Venezia, con un sontuoso appannaggio che gli consenti un tenore di vita ancor più splendido di quello viennese.
Restò in carica fino all'estate del 1784, acquistandosi benemerenze, fregiandosi dal 1773 dei titolo di commendatore di S. Stefano, ospitando l'imperatore che volentieri gli rendeva visita nei suoi viaggi a Venezia. L'attività diplomatica, naturalmente, non gli impediva di coltivare altri interessi. Trovandosi in un'antica capitale dell'arte tipografica e del commercio di libri, era la bibliofilia ad attrarlo particolarmente. Arricchiva di continuo la sua biblioteca di belle edizioni tenendosi in contatto anche con Parigi, Ginevra, Firenze. Nel 1776 ospitò a Venezia il nipote Giacomo Filippo, lo mise in relazione con alcuni prestigiosi librai - Carlo Scapin, i fratelli Molini - e con alcuni grandi eruditi come l'abate M. L. Canonici, contribuendo a far maturare in lui quella passione per il collezionismo librario che si concreterà nella formazione della splendida biblioteca genovese dei Durazzo.
Accanto ai libri, lo entusiasmavano le raccolte d'arte. Per incarico del principe Alberto di Sassonia-Teschen, governatore dei Paesi Bassi, intraprese una collezione di antiche incisioni italiane che venne completata nel 1776 e rappresentò la base della celebre Albertina di Vienna. Il D. la licenziò con un Discorso preliminare che era una sorta di manifesto del nuovo collezionismo e mecenatismo, non più limitato al puro prestigio o alla pura delibazione estetica, ma volto a fini didattici, capace di stimolare la cultura del collezionista e la creatività dell'artista. In seguito iniziò una nuova raccolta di disegni e stampe, che nel 1784 era già assai ricca ed organica: venne descritta in un catalogo pubblicato in quell'anno a Parma per i tipi del Bodoni e compilato da Bartolomeo Benincasa, singolare figura di avventuriero e poligrafo che il D. aveva preso sotto la propria protezione, favorendo la rappresentazione a Venezia - proprio nel 1784 - del suo dramma Il disertore. Raccolse anche edizioni e manoscritti musicali, in gran parte oggi conservati nelle collezioni Foà e Giordano della Biblioteca nazionale di Torino (v. G. Gentili Verona, Le collezioni Foà e Giordano della Bibl. naz. di Torino, in Accademie e biblioteche d'Italia, XXXII [1964], pp. 405-430): sono da segnalare, tra l'altro, importanti partiture vivaldiane.
Amava possedere più case: oltre a quella veneziana di palazzo Loredan, ne aveva a Treviso, a Padova, a Mestre. Nel parco di quest'ultima - accanto ad una ménagerie e ad un orto botanico - vi era un teatro all'aperto, cosi come un teatrino esisteva e funzionava nel palazzo di Venezia, a testimoniare che l'antica passione non era spenta: lo dimostrano anche i contatti che manteneva con il mondo teatrale di Parigi e di Vienna. Si atteggiava volentieri a mecenate e protettore di giovani artisti: ospitò nel 1771 il giovane Mozart, che aveva già conosciuto fanciullo prodigio a Vienna, e nel 1776 Joseph Schuster. Nel 1775 accolse il pittore genovese Giovanni David, da cui si fece ritrarre in disegno e all'acquaforte con la moghe Ernestine. Protesse e influenzò l'incisore e scrittore Adam von Bartsch, che da lui ricevette l'impostazione di metodo per il monumentale catalogo Le peintre-graveur.
Dopo il 1784 si ritirò a vita privata, anche se forse continuò a lavorare ufficiosamente per la corte imperiale, avendo parte nei grandi prestiti concessi dai Durazzo a Giuseppe II. Compi qualche viaggio a Genova, ma seguitò a risiedere a Venezia dove mori, poco dopo la scomparsa della moglie, il 15 ott. 1794.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Genova, Arch. segreto, 2592, 2593, 2716; Ibid., Senato-Sala B. Senarega, 1001; B. Benincasa, Descriz. della raccolta di stampe di s. e. il sig. conte Iacopo D. patrizio genovese, Parma 1784; P. Metastasio, Tutte le opere, a cura di B. Brunelli, III, Milano 1951, pp. 1035 s., 1224, 1261; IV, ibid. 1954, pp. 304, 864, 880; V, ibid. 1954, pp. 387, 418 s., 421, 657 s., 788, 821; R. Haas, Gluck und D. im Burgtheater, Wien 1925; W. Koschatzky, G. D. 1717-1794, in 255. Ausstellung, Graphische Sammlung Albertina, Wien 1976; Storia dell'opera, diretta da A. Basso, Torino 1977, I, 1, pp. 467, 529; A. F. Ivaldi, Divagazioni sui Durazzo mecenati di "prestigio", in Atti della Soc. ligure di storia patria, XCIII (1979), 2, pp. 324-331; I manoscritti della raccolta Durazzo, a cura di D. Punculi, Genova 1979, pp. 18 s., 21, 27, 34; G. Croll, G. D. a Vienna: la vita musicale e la politica (1754-1764), in Atti della Soc. ligure di storia patria, XCIV (1980), 2, pp. 71-81; S. Pinto, La promozione delle arti negli Stati italiani dall'età delle riforme all'Unità, in Storia dell'arte italiana (Einaudi), VI, 2, Torino 1982, pp. 858, 862, 869, 872; L'archivio dei Durazzo marchesi di Gabiano, in Atti della Soc. ligure di storia patria, XCV (1981), 2, pp. 16, 115, 168, 171, 634; D. Punculi, Il conte G. D. ambasciatore a Vienna e la diplomazia genovese del Settecento, in Unione dei consoli onorari in Italia, 7ªAssemblea nazionale, Napoli 1983, pp. 60-71; A. Petrucciani, Bibliofili e librai nel Settecento: la formazione della biblioteca Durazzo, in Atti della Soc. ligure di storia patria, XCVIII (1984), 1, pp. 299-302, 306 s., 311, 320; Die Musik in Geschichte und Gegenwart, III, coll. 393-396; The New Grove Dictionary of music and musicians, V, pp. 746 ss.
G. Assereto