ABBATUCCI, Giacomo Pietro
Nato a Zicavo, da nobile famiglia della Corsica occidentale (Diladamonti), il 7 sett. 1723, fece i suoi studi presso i gesuiti di Brescia e poi all'università di Pisa, dove ottenne il diploma in medicina.
Sulla sua attività politica precedente il 1769 non mancano incertezze. In un primo tempo, sembra che il suo atteggiamento sia stato moderato verso la Francia, che, con la convenzione di San Fiorenzo (6 sett. 1752), aveva restituito ai Genovesi l'amministrazione della Corsica, a patto che ad essa partecipassero i Corsi stessi, e abbastanza ostile a Pasquale Paoli. Nel marzo 1752, avendo firmato, insieme con Pietro Paolo e Giambattista Leccia, una lettera che chiedeva il ritiro dal nodo strategico di Quenza delle truppe genovesi, venute a bilanciare l'intervento armato francese, fu, sembra per un errore d'interpretazione della lettera, accusato di tradimento della causa còrsa. Sbarcato P. Paoli (aprile 1755), al quale fu affidato dai Còrsi il governo, l'A., dopo un periodo d'incertezza, si affiancò a lui sia nei combattimenti contro i Genovesi, sia nell'organizzare all'interno la nazione còrsa, sia nel reprimere i movimenti di opposizione al Paoli (i partiti di Matra, Colonna, Martinetti). Tuttavia, nel dicembre 1763, il Paoli fece improvvisamente arrestare l'A., sotto l'accusa di alto tradimento. Forse questa accusa celava, più verosimilmente, un contrasto fra i due, in cui entrava non solo una diversa valutazione politica dell'intervento francese da parte dell'A., ma anche la richiesta di un maggior rilievo da dare alle regioni occidentali (Diladamonti), dei cui interessi egli si faceva interprete, e la gelosia che il Paoli nutriva per il prestigio dell'A. in quella zona. Dopo sette mesi, l'A. fu liberato (luglio 1764), a condizione che accettasse un esilio di tre anni dall'isola. Contestate le accuse che gli erano state mosse, egli rifiutò di accettare l'esilio; avendo il Paoli reagito convocando la Giunta di guerra in Istria, l'A., confortato dal favore di una parte degli isolani, assali il convento dove la Giunta era riunita, arrestandone i componenti (2 ag. 1764), e convocò una Consulta in Diladamonti (5agosto), che riabilitò la sua lealtà patriottica. Egli, però, prudentemente respinse l'offerta, venutagli dalla Consulta, di assumere il comando dell'insurrezione al posto del Paoli, come pure un'analoga proposta genovese, e si ritirò nelle sue terre, lasciando libero campo all'opera di organizzazione civile e politica del Paoli. Dopo la nuova spedizione francese, seguita al secondo trattato di Compiègne (6 ag. 1764), col quale la Francia otteneva il ruolo di mediatrice per la pacificazione in Corsica, l'A. e il Paoli si riavvicinarono, sulla base di una più amichevole politica di quest'ultimo verso la Francia, da cui egli si attendeva una protezione dell'indipendenza corsa. Quando, nel 1768, i Francesi si mostrarono ormai apertamente inclini ad annettersi l'isola e il Paoli riprese le armi, l'A., con i suoi fedeli della zona Diladamonti, combatté valorosamente al suo fianco, distinguendosi specialmente nella difesa di Talavo e coprendo la ritirata dopo la battaglia di Pontenuovo (1769).
Dopo la vittoria dei Francesi, l'A. accettò il fatto compiuto, aderendo all'occupante, che, dal canto suo, fece di tutto per guadagnarne alla Francia il prestigio e l'influenza. Sotto la monarchia, fu nominato capitano dei dragoni nella legione còrsa (1 sett. 1769) e tenente colonnello nella stessa (23 sett. 1771), poi tenente colonnello del reggimento provinciale còrso (23 agosto, o ottobre, 1772) e tenente colonnello titolare nello stesso reggimento (25 luglio, o agosto, 1777). Nello stesso tempo, l'A. esercitò cariche di una certa importanza nell'amministrazione civile; fu membro della prima consulta generale (1770), e poi della sesta (1779), in qualità di rappresentante della nobiltà per la provincia di Aiaccio. Nella Consulta del 1770 si batté contro l'abolizione di antichi privilegi statutari e dell'ordinamento civile dato dal Paoli. Il suo atteggiamento indipendente gli alienò presto le simpatie del rappresentante francese Marboeuf, che pure egli aveva appoggiato in occasione di un conflitto sorto fra questo e il generale Narbonne. L'A. aveva disapprovato alcuni arresti arbitrari operati dai Francesi e passava per essere l'autore di un anonimo libello apparso nel 1777, La Corsica ai suoi figli,in cui si manifestavano sentimenti di patria e di libertà. Nel 1778, in seguito a un processo per assassinio, durante il quale due testimoni d'accusa lo incolparono di averli subornati, fu sottoposto a un'inchiesta, condotta da due membri del Consiglio superiore di Corsica, uno dei quali era M. Massesi, antico suo nemico, che riteneva, ma a torto, che l'A. avesse avuto parte nel giudizio che, tempo prima, aveva mandato a morte suo figlio, per un tentativo di attentato alla vita di Pasquale Paoli. Il 5 giugno 1779 il Consiglio superiore di Corsica, sia pure a maggioranza minima (i tre giudici francesi più il Massesi, contro i tre giudici còrsi), condannò l'A. a nove anni di galera e al marchio d'infamia.
Ma gli Stati generali di Corsica fecero dimostrazioni pubbliche a favore dell'A., e una loro deputazione fu mandata al Consiglio superiore e al governo, che furono pregati, senza esito, di sospendere l'esecuzione della sentenza: fu allora comprato il carnefice perché simulasse le bollature a fuoco. Dopo tre anni, l'A. riuscì a ottenere la revisione del processo: il 28 marzo 1782, il Consiglio del re annullò la sentenza, deferendo il processo dinanzi al Parlamento d'Aix; avendo nel frattempo uno dei falsi testimoni, in punto di morte, confessato di essere stato costretto con minacce a deporre, il 17 luglio 1786 il Parlamento riconobbe l'A. innocente e lo riabilitò. L'autodifesa dell'A. fu edita a Parigi nel 1786, col titolo Mémoire àconsulter et consultation pour le sieur J.-P.A. gentilhomme corse et ancien lieutenant colonel.Il 1 genn. 1787 l'A. fu reintegrato nel grado di tenente colonnello e attaché al reggimento provinciale còrso: il re gli accordò una cospicua gratifica a titolo di risarcimento dello stipendio perduto dal giorno della condanna al 1 genn. 1787, e la croce di S. Luigi.
Scoppiata la rivoluzione, vi aderì subito: nel marzo 1790 ebbe il comando della Guardia nazionale dei distretti di Talavo e di Bastelica; ottenne il grado di maresciallo di campo il 1 marzo 1791. La lealtà dell'A. verso la Francia si confermò quando, dopo la Convenzione del 1793 e l'inizio dell'insurrezione antifrancese, egli si oppose all'azione del Paoli alleato con gli Inglesi: costretto a rifugiarsi a Calvi, concorse valorosamente alla difesa della piazza, in qualità di generale di brigata, e, dopo la capitolazione, riparò a Tolone (1794). Il Comitato di salute pubblica lo inviò come generale di divisione presso l'armata del Reno e della Mosella (aprile 1795). Intervenuta poi la riorganizzazione degli Stati Maggiori, l'A. fu mandato all'Armata d'Italia prima come generale di brigata (dicembre 1795), poi come generale di divisione (aprile 1796). Ma ragioni di salute e la scarsa stima del Bonaparte lo costrinsero presto ad andare in pensione, alla fine del 1796. Nell'aprile 1800 Luciano Bonaparte chiese che fosse impiegato in Corsica, ma, per la progettata riduzione del numero degli ufficiali, il Primo Console rifiutò. L'A. si ritirò ad Aiaccio, dove morì il 17 marzo 1813.
Quattro suoi figli militarono per la Francia e tre morirono in guerra. Carlo (1771-1796), uscito dalla Scuola militare di Metz, divenne a ventun anno tenente colonnello nell'armata del Reno, e nell'aiutante di campo del generale Pichegru: giovanissimo generale di divisione agli ordini del Moreau, comandante della difesa di Huningue in Alsazia, cadde durante una sortita (dicembre 1796). Severino "tenente di artiglieria a 19 anni, mori all'assedio di Tolone"Antonio Domenico (nato nel 1774) partecipò in Corsica, col padre, alla lotta contro gli Inglesi e il Paoli, fu aiutante di campo del fratello Carlo e morì a 23 anni nella spedizione d'Egitto. Un quarto figlio, Pasquale, fu console generale a Trieste con G. Murat e cavaliere d'onore del re Gerolamo di Westfalia.
Fonti e Bibl.: Archives Nationales, Paris, AB XIX 3041, AF IV 20 pl. 102, AF IV 41 pl. 231; Archivio di Stato di Genova, fondi Corsica (1752-1768), Ribellione Corsica (nn. 3001-3013), Secretorum (spec. n. 1639 E); G. Cambiagi, Istoria del Regno di Corsica,IV, s.l. [ma Firenze] 1772, pp. 101, 206, 211 e passim;A. Rossi, Osservazioni storiche sopra la Corsica, a cura di Letteron, in Bullet. de la Societé des Sciences historiques et naturelles de Corse...,libri IX, XII, XIII, XIV, XV (vedi Indice dei nomi);F. O. Renucci, Storia di Corsica,I, Bastia 1833, pp. 161-169 e passim;F. M. Iacobi, Histoire générale de la Corse,II, Paris 1835, p. 348; A. Arrighi, Histoire de Pascal Paoli ou la dernière guerre de l'indépendance (1775-1807),II, Paris 1843, pp. 32-33 e passim;A. Chuquet, Un crime judiciaire au XVIII siècle: L'affaire Abbatucci (1778-1786),in Études d'histoire,Ière série, Paris s.a., pp. 103-145; Id., La Jeunesse de Napoléon,I, Paris 1897, pp. 29, 366-367; L. VilIat, La Corse de 1768 à 1789,Besancon 1825, I, passim;II, pp. 39-45, passim;S. B. Casanova, Histoire de l'Église Corse,II, Zicavo 1931, pp. 99-100, 132-133 e passim;III, ibid. 1932, pp. 271-272; G.Six, Dictionnaire biographique des Généraux et Amiraux français de la Révolution et de l'Empire (1792-1814),I, Paris 1934, p. 1; S. Abbatucci, Un drame judiciaire en Corse,in Revue de la Corse,XVII (1936), pp. 133-142; Th. Gabrielli, La Corse,Paris 1937, p. 19 e passim; Nouvelle Biogr. Générale,I, coll. 49-50; Dict. de Biogr. Française,I, coll. 65-68.