Puccini, Giacomo
Commuovere con la musica
Operista italiano vissuto tra la seconda metà dell’Ottocento e il primo Novecento, Puccini raggiunse già in vita fama e successo, e fu considerato l’erede di Verdi. Le sue opere, tra le più significative nella storia del melodramma, proseguono con intensità e raffinatezza la tradizione musicale ottocentesca, pur cogliendo con sensibilità le novità e le aperture del Novecento musicale europeo
Giacomo Puccini nacque a Lucca nel 1858, in una famiglia di antica tradizione musicale. Spinto dalla madre a seguire le orme dei familiari, Puccini, che era rimasto orfano di padre a sei anni, grazie all’aiuto di uno zio poté frequentare il ginnasio e l’istituto musicale di Lucca. Allievo di scarso entusiasmo, dimostrò ben presto la sua inclinazione per la musica teatrale (opera), inclinazione che si rafforzò dopo l’ascolto dell’Aida di Giuseppe Verdi a Pisa, dove Puccini si era recato a piedi pur di assistere alla rappresentazione.
Dopo il diploma in composizione (1880) si trasferì a Milano, diventando assiduo frequentatore dei teatri ed entrando in contatto con i più significativi esponenti della vita culturale cittadina. Fu proprio a Milano che Puccini si fece conoscere grazie all’esecuzione del Capriccio sinfonico (1883) e delle sue prime due opere: Le villi (1884), avvio di un duraturo legame con l’editore Ricordi, ed Edgar (1889).
Fu a Torino, però, che il musicista venne consacrato come l’erede di Giuseppe Verdi, in seguito alla rappresentazione di Manon Lescaut (nel 1893, volutamente organizzata da Ricordi solo otto giorni prima del Falstaff di Verdi). Il libretto di Manon era stato realizzato con varie collaborazioni, tra cui Ruggero Leoncavallo, Luigi Illica e Giuseppe Giacosa.
Illica e Giacosa, con la consulenza di Giulio Ricordi, e in stretto contatto con Puccini, scrissero anche i libretti delle successive tre fortunate opere: La Bohème (1896), Tosca (1900) e Madama Butterfly (1904). Come Manon, queste opere tratteggiano con intensità e profondità d’introspezione psicologica i sentimenti di eroine sfortunate, che soffrono e muoiono per amore.
In Bohème, ambientata a Parigi tra un gruppo di amici spensierati e squattrinati, l’amore tormentato tra Rodolfo e Mimì termina tragicamente con la morte della ragazza tra le braccia dell’innamorato.
Personaggio affascinante e volitivo è Tosca, che per salvare dalla fucilazione l’amato pittore Cavaradossi non esita a uccidere il perfido barone Scarpia, capo della polizia papalina, ma accortasi di non essere riuscita a salvare l’amante, si getta dagli spalti di Castel S. Angelo, a Roma.
Di ambientazione esotica è invece Madama Butterfly, storia della giovane geisha Cio-Cio-San (detta Madama Butterfly), sposata in Giappone dall’ufficiale americano Pinkerton, che l’abbandona subito dopo. Rendendosi conto che la speranza di ricongiungersi con l’amato è vana, si suicida con un pugnale.
Dal 1903 al 1909 una serie di disgrazie personali e familiari, oltre alla morte di Giacosa, furono all’origine di un periodo di inattività. Nonostante il successo ottenuto con l’opera seguente, La fanciulla del West, rappresentata nel 1910 al teatro Metropolitan di New York, la crisi creativa continuò; alla morte di Giulio Ricordi (1912) infatti Puccini ebbe sempre maggiori difficoltà nel trovare soggetti soddisfacenti. Tra i progetti nati in questo periodo si concretizzò la composizione di La rondine (1917), opera leggera e ironica data all’Opéra di Monte-Carlo.
Durante la Prima guerra mondiale Puccini compose il cosiddetto Trittico, formato da tre opere in un atto, Il tabarro, Suor Angelica e Gianni Schicchi, anch’esso andato in scena al Metropolitan (1918).
L’ultima opera di Puccini, Turandot, ebbe una genesi travagliata, anche per la diffidenza con cui la giovane avanguardia musicale italiana guardava ormai il compositore toscano.
Allo spartito dell’opera mancava il finale dell’ultimo atto quando Puccini morì a Bruxelles, nel 1924, in seguito a un intervento chirurgico per un tumore alla gola. La parte mancante fu orchestrata da Franco Alfano, sulla base degli appunti lasciati da Puccini. Quando nel 1926 Arturo Toscanini diresse al Teatro alla Scala di Milano la prima dell’opera, sospese la rappresentazione proprio nel punto in cui Puccini aveva interrotto la composizione. Una nuova riscrittura del finale è stata proposta dal compositore Luciano Berio (2001).