RACIOPPI, Giacomo
RACIOPPI, Giacomo. – Nacque a Moliterno (Potenza) il 21 maggio 1827 da Francesco e da Anna Teresa Lapadula.
Il padre, insegnante di materie giuridiche e giudice di pace, originario di Spinoso, un’altra piccola località lucana, era un esponente della borghesia agraria locale, liberale e carbonaro. Affidò l’istruzione di Giacomo allo zio abate Antonio, laureato in medicina e cultore di lettere classiche, che lo educò tenendolo presso di sé dal 1833 al 1845, prima in Basilicata e poi a Napoli, dove divenne professore di letteratura italiana e latina presso il Collegio del Salvatore.
Negli anni della sua formazione napoletana, sotto la guida dello zio dalle idee liberali moderate, Racioppi si accostò al pensiero dei riformisti meridionali e in particolar modo a quello di Antonio Genovesi. Ma nel 1845 dovette abbandonare la capitale, per tornare a Moliterno. Suo padre era morto per la malaria contratta nel Metapontino, dove aveva tentato costose innovazioni agricole, lasciando in eredità ai familiari una critica situazione economica, di cui Giacomo, ancora diciottenne, dovette farsi carico.
Tre anni dopo tornò a Napoli. Il 22 febbraio 1849, pur non avendo partecipato direttamente ai moti del 1848, dopo aver visitato Tiberio Petruccelli, un giovane studente di medicina di idee repubblicane e suo compaesano, che era stato arrestato, venne anch’egli imprigionato. Il sospetto di complicità fu confermato dal ritrovamento nella sua abitazione di pubblicazioni ritenute ‘sovversive’, di ispirazione democratica e repubblicana.
Rinchiuso nel carcere napoletano di S. Maria Apparente, Racioppi fu rilasciato soltanto quattro anni dopo, il 7 giugno 1853. Nel corso della prigionia entrò in contatto con altri detenuti politici e intellettuali come Luigi Settembrini, Antonio Scialoja, Michele Pironti, Francesco Trinchera e Liborio Romano. Particolarmente importante fu l’incontro con Scialoja, del quale seguì con trasporto le lezioni di economia politica tenute in cella. Più in generale, gli anni del carcere determinarono in lui un profondo mutamento politico e culturale, inducendolo ad abbandonare la filiazione mazziniana e la temperie romantica a favore di una meditazione più analitica e fredda, che lo spinse a sostenere posizioni politiche moderate.
Una volta rilasciato, fu obbligato, in quanto ‘attendibile politico’, al domicilio coatto a Moliterno, dove rimase fino al 1860. In quei sette anni, fra il 1853 e il 1860, si dedicò agli studi, privilegiando la statistica economica, l’indagine storica e le occupazioni letterarie e filosofiche. Il 16 dicembre 1857, a pochi mesi di distanza dal fallimento della spedizione di Carlo Pisacane a Sapri, il tragico terremoto della Basilicata con epicentro a Montemurro e nell’alta Val d’Agri rase al suolo interi paesi, facendo circa undicimila vittime e lasciando senza tetto decine di migliaia di persone.
In seguito al drammatico evento, Racioppi pubblicò con successo uno studio sui terremoti della Basilicata, che sarebbe stato tradotto anche in Francia, Svizzera e Gran Bretagna (Sui tremuoti di Basilicata nel dicembre 1857, Napoli 1858). L’analisi, unita alle sue riflessioni sulla statistica, mostrava lo scarto e l’impatto tra teoria e realtà, rivelando preoccupazioni e interessi che avevano il loro fondamento nei riformatori e negli illuministi napoletani del Settecento: Pietro Giannone, Gaetano Filangieri e, ancor più, Genovesi, Giuseppe Maria Galanti e Giuseppe Palmieri.
Nello stesso periodo, Racioppi non trascurò l’impegno politico, ma mostrando di aver abbandonato gradualmente le illusioni cospirative e di aver scelto la via della mediazione. Nel 1859 si fidanzò con Vincenzina Giliberti, una giovane di Saponara (l’attuale Grumento Nova), non ancora maggiorenne, sopravvissuta al terremoto del 1857. Dopo il matrimonio ebbero tre figli: Francesco, giurista; Antonio, funzionario presso il ministero dei Lavori pubblici; Evelina, che sposò il malariologo Vittorio Ascoli.
In seguito alla spedizione dei Mille e all’insurrezione lucana del 18 agosto 1860, il mazziniano Giacinto Albini, nominato da Giuseppe Garibaldi governatore della Basilicata, il 20 settembre nominò a sua volta Racioppi segretario generale del governo della regione. In quella veste, Racioppi dovette gestire una congiuntura molto delicata, caratterizzata dal brigantaggio e dai moti contadini, svolgendo una difficile opera di mediazione. Di fronte alle insorgenze rurali difese il diritto inviolabile della proprietà, nella convinzione che si dovesse aggregare il consenso borghese al nuovo ordine. Ma il nuovo prefetto, il piemontese Giulio de Rolland, lo accusò di non essere stato ‘operativo’, ovvero sufficientemente repressivo. Fu quindi trasferito a Napoli come consigliere di Prefettura.
Nella ormai ex capitale, Racioppi entrò in conflitto con il prefetto Rodolfo d’Afflitto, cercando di contrastare l’estrema durezza adoperata nell’imporre l’ordine pubblico e opponendosi alla proclamazione dello stato d’assedio e alla legge Pica, giudicata, in una lettera a Silvio Spaventa, «un flagello», «l’assurdo messo in atto», «arma de’ briganti di città» (Morlino, 2012-13, p. 259). Di conseguenza si mise in aspettativa, ufficialmente per motivi di famiglia, e decise di tornare nel paese natio, dove visse per un decennio dedicandosi agli studi e lasciandosi alle spalle l’impegno politico attivo, dopo aver avuto un’ultima opportunità quando fu eletto deputato nel gennaio del 1861 per i collegi di Chiaromonte e di Tricarico (la doppia elezione, però, fu annullata per incompatibilità, perché Racioppi era un funzionario pubblico, precisamente «segretario di governatore di provincia»).
Furono quelli gli anni dei suoi lavori più importanti, dedicati alla storia della Basilicata e in particolare alla storia dei moti del 1860, in cui mise a fuoco l’origine e la natura della borghesia agraria, formatasi a partire dal decennio francese e dall’abolizione della feudalità, nonché le origini e le caratteristiche della questione demaniale e del brigantaggio. In quei suoi studi, lo storico Gaetano Cingari ha riconosciuto il fondamento di quel pensiero meridionalistico che ebbe poi il suo maggiore interprete in Giustino Fortunato (Cingari, 1976, p. 170).
Nel 1871 Racioppi fu nominato direttore generale della Statistica al ministero di Agricoltura, Industria e Commercio, in sostituzione del defunto Pietro Maestri; di conseguenza, si trasferì a Roma. Successivamente, in età ormai matura, ebbe altri incarichi: fu consigliere governativo del Banco di Napoli dal 1890 al 1896; consigliere di Stato dal 1896 al 1905; socio, prima residente e poi emerito, dell’Accademia pontaniana dal 1892 al 1900; fu, infine, senatore del Regno dal 4 marzo 1905.
Morì tre anni dopo, a Roma, il 21 marzo 1908.
Opere principali. Del brutto nell’arte, ovvero del deforme, del male e del ridicolo, Napoli 1854; Del principio e de’ limiti della statistica, Napoli 1857; Del carattere dell’uomo, Potenza 1860; La spedizione di Carlo Pisacane a Sapri, con documenti inediti, Napoli 1863; Per una rete stradale della Basilicata, Napoli 1864; Dello stato di assedio. Quistioni costituzionali, Potenza 1867; Storia dei moti di Basilicata e delle provincie contermini nel 1860, Napoli 1867; Antonio Genovesi, Napoli 1871; Paralipomeni della storia della denominazione di Basilicata, Roma 1875; Ricordi spiccioli di storia letteraria, Potenza 1880; Sulle rive del Basento, Roma 1881; Carlo De Cesare, Firenze 1883; Giacinto Albini, Roma 1884; Storia dei popoli della Lucania e della Basilicata, I-II, Roma 1889; Per la storia di Pulcinella, Napoli 1890; Santa Maria Apparente, Napoli 1892.
Fonti e Bibl.: Una puntuale scheda biografica di Giacomo Racioppi con annesso fascicolo personale è consultabile in Archivio storico del Senato, Banca dati multimediale I senatori d’Italia, II, Senatori dell’Italia liberale, sub voce, http:// notes9.senato.it/web/senregno.nsf/R_l2?OpenPage (25 febbraio 2016).
E. Ciaceri, Per G. R. Commemorazione anniversaria auspice il Fascio Lucano in Roma, Roma 1909; U. Caldora, La Basilicata: «il comando che viene dalle cose», in La Cassa di Risparmio di Calabria e di Lucania. Primo centenario 1861-1961, a cura di A. Guarasci - U. Caldora, Roma 1961, pp. 193-245; T. Pedio, G. R., in Id., La Basilicata nel Risorgimento politico italiano (1700-1970). Saggio di un dizionario bio-bibliografico, I, Potenza 1962, pp. 222 s.; Id., Vita politica in Italia meridionale (1860-1870), Potenza 1966, ad ind.; D. Sabella, G. R. attraverso la corrispondenza con lo zio abate Antonio, in Realtà del Mezzogiorno, XI (1971), 8-9, pp. 899-952; D. Cosimato, G. R. L’attualità del pensiero e dell’opera nella storia della Basilicata, Napoli 1973; T. Pedio, G. R., in Archivio storico pugliese, XXVIII (1975), 1-4, pp. 291-299; G. R. e il suo tempo. Atti del 1° Convegno nazionale di studi sulla storiografia lucana... 1971, a cura di P. Borraro, Galatina 1975; G. Cingari, Alle origini della questione meridionale: G. R., in Id., Brigantaggio, proprietari e contadini nel Sud (1799-1900), Reggio Calabria 1976, pp. 143-203; Storia della Basilicata, a cura di G. De Rosa - A. Cestaro, IV, L’età contemporanea, a cura di G. De Rosa, Roma-Bari 2002, ad ind.; D. Mastrodonato, G. R. storico e uomo politico, Villa d’Agri 2004; Viaggio nelle aree del terremoto del 16 dicembre 1857, a cura di G. Ferrari, I-II, Bologna 2004, ad indices; A. Lucano Larotonda, G. R., in Id., Riprendiamoci la storia. Dizionario dei Lucani, Milano 2012, pp. 438-440; D. Morlino, Nel Mezzogiorno di epoca unitaria. Per una biografia politica di G. R. (1927-1908), tesi di dottorato, Dipartimento di studi storici, Università degli studi di Milano, a.a. 2012-13; Camera dei Deputati, Portale storico, http://storia. camera.it/deputato/giacomo-racioppi-18270521# nav (25 febbraio 2016).