RAGAZZONI, Giacomo
RAGAZZONI, Giacomo. – Nacque a Venezia l’8 marzo 1528 da Benedetto e da Elisabetta Ricci (Rizzo).
La famiglia, originaria di Valtorta (nell’alta Valle Brembana) ma ben insediata nella città lagunare, era occupata nelle intermediazioni commerciali e nei trasporti marittimi; risultava altresì proprietaria di molti immobili, tra cui un palazzo nel sestiere di Cannaregio.
Giacomo non era il primogenito, tuttavia nel 1542 fu inviato a Londra per curare gli affari della famiglia.
Resero turbolento il suo viaggio dapprima una tempesta, poi un attacco dei pirati, fortunosamente sventato. Arrivato a destinazione, Ragazzoni trovò buona accoglienza nella legazione diplomatica della Serenissima, guidata dall’ambasciatore Girolamo Zuccato, e allacciò intensi rapporti personali e professionali con Giacomo Foscarini, insieme al quale fu presentato al re Enrico VIII e al principe ereditario Edoardo – poi sovrano dal 1547 al 1553. Quando Maria Tudor successe a sua volta al trono, la posizione di Ragazzoni appariva consolidata e anche il fratello Placido lo aveva raggiunto a Londra. Giacomo partecipò alla cerimonia per l’incoronazione della regina (30 settembre 1553) e accompagnò con missive al fratello Vettor, cameriere d’onore di Giulio III, la lettera con la quale Maria prestava obbedienza alla Sede apostolica. Anche il governo della Serenissima, nel contempo, si serviva di Ragazzoni come informatore, soprattutto per avere notizie sulle trattative per il matrimonio tra Maria e Filippo d’Asburgo. Egli partecipò quindi alle celebrazioni nuziali (25 luglio 1554) e, quando fu presentato agli sposi, ottenne il privilegio di inserire nell’arme di famiglia alcuni elementi dei loro stemmi araldici, fra cui la rosa, emblema di casa Tudor.
Negli stessi anni londinesi Ragazzoni trovò il modo di frequentare Guido Giannetti da Fano. Ne nacque un rapporto duraturo: nell’aprile del 1561, quando l’eretico si trovava agli arresti a Venezia su pressioni del S. Uffizio romano, egli intervenne in suo favore presso il Privy Council della regina Elisabetta.
Nel 1558, dopo la morte del padre, Ragazzoni rientrò a Venezia per ristrutturare le attività di famiglia e nel 1561 sposò Piccabella Pagliarini, vicentina, dalla quale ebbe tre figli e dodici figlie (di cui tre morte in età puerile). Aveva avuto anche due figli naturali durante gli anni trascorsi a Londra.
Suo primo obiettivo fu l’accrescimento della flotta commerciale: entro il 1563 armò e fece varare tre grandi navi, chiamate Ragazzona, Giustiniana e Vergi, in grado di raggiungere i porti di Londra e di Anversa con grandi quantità di carico. Per i traffici in Adriatico e nel Mediterraneo orientale, invece, era utilizzato un buon numero di navi più piccole e agili. Attraverso l’attività commerciale, Ragazzoni pervenne a incarichi di rilevanza pubblica: nel novembre del 1567 partecipò alla composizione arbitrale delle liti giudiziarie pendenti a Venezia fra Hayyim Saruq, in bancarotta, e il suo creditore (e socio) Giuseppe di Segura. Entrambi erano ebrei levantini e il loro caso appariva estremamente delicato per le pressioni di Costantinopoli a favore di Segura – il quale aveva a sua volta debiti con il sultano Selim II – e per l’arrivo a Venezia di un mediatore ottomano, il çavuş Kubad. Una soluzione di compromesso fu nondimeno raggiunta in poco tempo da Ragazzoni e dagli altri membri del collegio arbitrale (Francesco Bonaldo, Giosef Amigo e Mosè Botton).
Entrato da agente informale nella diplomazia veneziana, a Ragazzoni fu affidata la missione di effettuare lo scambio tra i mercanti ebrei e musulmani sudditi della Porta arrestati a Venezia nel marzo 1570 (all’avvio della guerra di Cipro) e i mercanti veneziani presenti a Costantinopoli. L’iniziativa era partita dal bailo Marcantonio Barbaro che, temendo per la sorte dei connazionali, aveva inviato a Venezia il suo interprete Matheca Salvago nel febbraio 1571, quando l’invasione turca di Cipro era in fase avanzata. Salvago aveva proposto al Senato lo scambio dei mercanti; inoltre, aveva rivelato al Consiglio dei dieci la disponibilità del gran visir Mehemet Pascià a trattare la pace. La risposta era stata positiva: così, all’inizio di marzo del 1571, il Consiglio dei dieci diede autorità di negoziare al bailo Barbaro e incaricò Ragazzoni di effettuare il citato scambio.
Portata a termine l’ingente fornitura di 60.000 stara di grano siciliano per la Serenissima (pari a circa 4200 tonnellate), Ragazzoni partì l’11 marzo insieme a Salvago per Ragusa (Dubrovnik). Da qui, essendosi ammalato il compagno di viaggio, proseguì sotto scorta fino a Costantinopoli, dove arrivò alla fine del mese successivo. Incontrò subito sia Kubad çavuş, sia Mehemet Pascià ma non poté vedere il bailo fino al 2 maggio. Il clima appariva relativamente disteso, nonostante ancora durasse l’assedio di Famagosta; Ragazzoni e il bailo incontrarono quindi per tre volte Mehemet Pascià tra il 7 maggio e il 10 giugno 1571 e in modo ancora più continuo Ibrahim Bey, interprete ufficiale della Porta. Lo scambio dei mercanti inizialmente parve concluso, ma poi sorsero difficoltà per la richiesta turca che i veneziani per primi conducessero gli arrestati a Ragusa o a Zara. Venezia invece, nello stesso maggio, permise loro soltanto di alloggiare intorno alla casa del bailo e di commerciare a Rialto.
Ragazzoni si congedò, iniziando il 18 giugno il viaggio di ritorno: nessun risultato era stato ottenuto riguardo alla guerra in corso (Famagosta sarebbe caduta entro poche settimane) e persino lo scambio dei mercanti era rimasto nell’incertezza. Rientrato a Venezia, riferì in Senato l’esito della missione il 16 agosto 1571: aggiunse alla sua relazione un discorso più generale sull’Impero turco. Offrì poi le sue grandi navi a protezione della città, in caso di necessità.
Dopo la vittoria navale ottenuta a Lepanto da Venezia e dagli alleati della Lega santa (7 ottobre 1571), Ragazzoni tornò alle attività economiche, avviando una stagione di corposi acquisti. Nel 1573, da Tobia Ottoboni, comprò per 30.000 ducati fuori delle mura di Sacile (in Friuli) un palazzo destinato a diventare il centro di un vasto insieme di terreni, arativi e prativi, che stava progressivamente acquisendo. Due anni dopo, circa 50 km più a est, insieme al fratello Placido, acquistò per 6000 ducati altre numerose porzioni di terreno e il castello di S. Odorico. Il 27 febbraio 1577 Ragazzoni e suo fratello ne ottennero l’infeudazione dal doge Sebastiano Venier con titolo comitale.
Il palazzo di Sacile ospitò – il 13 luglio 1574 – Enrico di Valois diretto dalla Polonia, di cui era stato eletto re, in Francia (dove era morto suo fratello Carlo IX). Nell’occasione furono ricevuti e alloggiati anche i duchi di Ferrara Alfonso II d’Este e Ludovico Gonzaga di Nevers. Enrico mostrò la sua gratitudine concedendo a Ragazzoni il privilegio di aggiungere due gigli alle sue armi e creando cavaliere suo fratello Placido. Anche l’imperatrice Maria d’Austria, di passaggio verso il Portogallo fra il 20 e il 22 settembre 1581, si fermò a Sacile ospite di Ragazzoni, che le offrì sfarzosi festeggiamenti.
La dimora conservò memoria di questi eventi: il programma figurativo degli affreschi eseguiti nel palazzo di Sacile da Francesco Montemezzano intorno al 1583 riuniva sulle pareti di un unico salone tutti gli episodi principali della vita di Ragazzoni, dalle missioni diplomatiche ai contatti con i membri delle case reali Tudor, Valois e d’Austria.
Il mutato status sociale della sua famiglia ebbe sanzione il 17 marzo 1578 dal Parlamento della Patria del Friuli, che dichiarò Ragazzoni e suo fratello Placido «nobili castellani», ovvero membri della rappresentanza aristocratica. Intorno al 1599, dopo aver concluso matrimoni per le figlie con membri di case patrizie veneziane (fra gli altri Trevisan, Ranier, Foscarini, Contarini, Barbarigo), Ragazzoni si ritirò dall’attività commerciale.
Morì a Venezia il 18 gennaio 1610 e venne seppellito nella chiesa del convento di S. Caterina de’ Scacchi.
Ludovico Aleardi, accademico Olimpico, scrisse quattro sonetti in morte, pubblicati – con molte altre rime – in appendice a una biografia di Ragazzoni scritta da Giuseppe Gallucci e pubblicata nel 1610.
Il figlio Benedetto ereditò il titolo comitale di S. Odorico, ma già il nipote Giacomo, reo di gravi delitti e condannato dal Consiglio dei dieci con il bando e il sequestro del patrimonio, smantellò rapidamente l’edificio delle fortune familiari costruito da Ragazzoni.
Fonti e Bibl.: Relazione dell’impero ottomano di Jacopo R. presentata nel suo ritorno da Costantinopoli il 16 agosto 1571, in E. Alberi, Le relazioni degli ambasciatori veneti al Senato, s. 3, II, Firenze 1844, pp. 77-102; Calendar of state papers relating to English affairs in the Archives of Venice, VI, 1555-1558, London 1877, ad indicem.
G. Gallucci, La Vita del clariss.mo sig.or Iacomo R. conte di S. Odorico, Venetia 1610; Francesco Montemezzano in Palazzo Ragazzoni-Flangini-Billia: arte, storia e cultura nel Giardino della Serenissima, a cura di F. Amendolagine, Sacile 1994 (in partic. G. Zoccoletto, Notizie sulla famiglia Ragazzoni, pp. 23-34, 141-145; R. De Feo, Gli affreschi di Francesco Montemezzano in Palazzo Ragazzoni di Sacile ed un inedito, pp. 35-52); A. Binyamîn, Trading nations: Jews and Venetians in the early modern eastern Mediterranean, Leiden 1995, ad ind.; F. Toffolo, Art and the conventual life in Renaissance Venice: the monastery church of Santa Caterina de’ Sacchi, Ann Arbor 2005, pp. 99-110; N. Capponi, Lepanto 1571. La Lega santa contro l’impero ottomano, Milano 2008, ad ind.; I. Cecchini - L. Pezzolo, Merchants and institutions in early modern Venice, in Journal of European economic history, XLI (2012), 2, pp. 87-114 (in partic. pp. 105-107).