SAVARESE, Giacomo
– Nacque a Napoli il 25 gennaio 1807, terzogenito di Luigi, magistrato della Corte dei conti, e di Marianna Winspeare.
Con il fratello Roberto fu avviato agli studi dallo zio materno Davide e da Giuseppe Zurlo, uno fra i maggiori protagonisti dei mutamenti socioistituzionali del Mezzogiorno, al quale dedicò dense pagine di memorie. Completata l’istruzione letteraria, pur senza mai tralasciare la lettura dei classici (Una satira di Giovenale volgarizzata dal barone Giacomo Savarese, Napoli 1862), si dedicò all’economia e alla scienza dell’amministrazione e delle finanze, che approfondì non solo sul piano delle teorie, ma soprattutto attraverso la partecipazione attiva alla vita del Regno. Giovanissimo diede alle stampe la sua prima opera, Memoria sul Tavoliere di Puglia (Napoli 1832), in cui si avvertivano gli echi del dibattito molto vivace avviato qualche tempo prima da un’ampia schiera di giovani intellettuali, di origini nobili e provenienti dalle province, che avevano denunciato con forza il sistema feudale imperante nel Meridione e le depresse condizioni delle campagne e delle città più distanti dalla capitale.
Nella Memoria, scritta in occasione della proposta di abolizione del sistema del Tavoliere, Savarese mostrava di conoscere le teorie economiche di Jean-Baptiste Say, ma di essere anche molto aggiornato sugli studi degli economisti toscani. La parte più significativa era quella dedicata alla contrapposizione tra agricoltura e pastorizia, che offriva all’autore l’opportunità per proporre un’attenta analisi della struttura tradizionale della società meridionale e delle antiche dinamiche politiche ed economiche che si scontravano con gli interessi della borghesia agraria più avanzata, di cui si faceva interprete. Seguì a distanza di quattro anni il Saggio sulla riduzione del debito pubblico (Napoli 1836) in cui era evidente l’attenzione e l’influenza dell’esempio inglese tra gli economisti italiani del primo Ottocento.
Nell’estate del 1838 intraprese un viaggio in Toscana per visitare a Firenze la fattoria modello di Gino Capponi e la scuola di agricoltura di Cosimo Ridolfi, che destarono in lui una profonda ammirazione. Durante la lunga permanenza ebbe occasione di conoscere altri intellettuali tra cui Raffaello Lambruschini, Giovan Pietro Vieusseux, Vincenzo Salvagnoli e divenne molto presto il tramite per i maggiori contatti tra i circoli culturali napoletani e toscani. Da Firenze si spostò a Livorno per osservare, sotto la guida di Enrico Mayer, l’organizzazione delle scuole e degli asili infantili, che rappresentavano una delle eccellenze del Granducato. Il modello toscano accrebbe in Savarese il desiderio di fondare anche a Napoli analoghe istituzioni educative. Tornato in patria cominciò a occuparsi della creazione degli asili infantili. Pubblicò uno studio dedicato alla Educazione popolare (in Il Progresso delle scienze, delle lettere e delle arti, 1838, vol. 21, pp. 238-264) cominciato proprio nei giorni di permanenza a Livorno e grazie al quale inaugurò una campagna di sottoscrizione pubblica a beneficio della società per gli asili. Per Savarese la questione non si esauriva unicamente in un disegno di riforma sociale e morale delle popolazioni meridionali, ma toccava il tema del rinnovamento delle condizioni economiche del Regno (Discorso recitato all’adunanza generale degli asili infantili il 27 febbraio 1842 da Giacomo Savarese, Napoli 1842). Nonostante l’assenso del re, a fatica furono aperti due asili e avviati i lavori per l’inaugurazione di altre due scuole, subito sottoposte alle restrizioni e ai controlli governativi.
I problemi economici e i temi dell’amministrazione finanziaria restarono l’interesse principale di Savarese che, nel 1840, inaugurò con successo una scuola di economia politica.
Quale fosse il contenuto dell’insegnamento è possibile cogliere attraverso le pagine del Trattato di economia politica (Napoli 1848) di cui comparve il primo volume nel 1848 e che rimase incompiuto. L’opera era al contempo uno studio di economia politica e di storia economica che, pur senza esprimere un’originalità di pensiero, documentava l’altissima competenza raggiunta in breve tempo dall’autore nel campo delle finanze e dell’agricoltura, alle quali si sarebbe dedicato con maggiore passione dopo il 1860.
Nell’ultima fase del Regno borbonico Savarese ricoprì diversi incarichi pubblici, divenendo consigliere di Ferdinando II. Nel 1843 fu eletto nel Decurionato di Napoli. Nel 1848 il re lo volle ministro dei Lavori pubblici nel governo presieduto dal duca Nicola Maresca Donnorso di Serracapriola, incarico che Savarese accettò nonostante la scarsa fiducia nella durata della svolta costituzionale. Dopo il fallimento della rivoluzione del 1848, mentre il fratello Roberto fu costretto all’esilio per la partecipazione alle insurrezioni, Giacomo restò a Napoli grazie alle simpatie e alla fiducia del re. L’avvio dell’impresa di bonifica dei vecchi terreni insalubri e paludosi del Mezzogiorno indusse Ferdinando II a istituire delle specifiche commissioni formate da proprietari terrieri e magistrati con compiti di studio e di consulenza. Di esse fece parte Savarese, chiamato sia per le già apprezzate esperienze scientifiche, sia in qualità di proprietario di vasti possedimenti in Terra di Lavoro e nell’area vesuviana. Nel 1855 le commissioni furono unificate nell’unica Amministrazione generale delle bonifiche la cui presidenza fu assegnata, per volontà del sovrano, a Savarese, che divenne l’artefice dell’attuazione della legge sulla bonifica e, in generale, della politica agraria della monarchia. Segno della considerazione che Ferdinando II ebbe di lui fu il riconoscimento, nel 1858, del titolo nobiliare di barone. Tra maggio e agosto 1860, durante la reggenza di Francesco II, fu nominato presidente della commissione per le concessioni ferroviarie, con incombenze amministrative, ma anche politiche.
Le ferrovie richiamavano l’interesse degli imprenditori stranieri e soprattutto francesi, al punto che i ministri del re ritenevano determinante per le sorti del Regno attirare la finanza d’Oltralpe per ricevere maggiore attenzione da Napoleone III.
Dopo l’unificazione italiana, Savarese non nascose la sfiducia e il malumore per una soluzione politica per nulla condivisa.
L’insofferenza verso l’amministrazione piemontese ispirò le pagine di Le finanze napoletane e le finanze piemontesi dal 1848 al 1860 (Napoli 1862), un breve ma denso raffronto tra il fiscalismo meridionale e unitario, che terminava con l’apprezzamento della lungimiranza dell’amministrazione borbonica. Toni accesi e polemici risuonavano anche nelle Osservazioni sulla esposizione finanziaria del conte Bastogi (Napoli 1862), apparse anonime, in cui l’autore criticava la politica fiscale del governo parlamentare. Fortemente provocatorio nei confronti dell’indirizzo fiscale italiano fu anche il saggio Lettere di un contribuente ad un uomo di Stato sull’abolizione del corso forzoso, il pareggio del bilancio e la riforma delle tasse (Napoli 1868).
Nonostante lo scetticismo, Savarese conservò l’influenza e l’autorevolezza conquistata durante gli ultimi anni della dinastia borbonica, come dimostravano il Memorandum intorno alla proposta di una concessione di bonificamento delle contrade paludose delle provincie napoletane (Napoli s.d., ma 1861) e l’indirizzo Al Parlamento nazionale italiano in sostegno della concessione Talabot (Napoli s.d. ma 1861) in cui, pur difendendo gli interessi imprenditoriali, insisteva sulla necessità di investimenti creditizi e infrastrutturali per un miglioramento della condizioni di vita nel Mezzogiorno.
Nel 1872 tornò alla politica attiva, con l’elezione al Consiglio comunale di Napoli e più tardi come assessore al Bilancio, di cui presentò un’attenta relazione proprio in quell’anno.
Si occupò di problemi prevalentemente economici come la legge sui dazi di consumo (Sulla tassa del macinato, Napoli 1872; Petizione al Governo e al Parlamento per la modifica della legge sui dazi di consumo, votata al Consiglio comunale di Napoli nel dì 7 Maggio 1874, Napoli 1874), la concessione delle tramvie a cavallo e la convenzione con una società di gestione dei mercati e dei macelli pubblici (Discorso sul progetto di convenzione con la Società dei Mercati e Macello pronunziato nel Consiglio comunale il 4 agosto 1875, Napoli 1875).
Nel 1878 pubblicò Le dottrine politiche del secolo XIX e l’ordine naturale delle società civili (Napoli 1878): l’opera più significativa per comprenderne le convinzioni politiche. Ascritto dalla storiografia contemporanea al partito neoguelfo meridionale, Savarese esprimeva la profonda insoddisfazione di una parte degli intellettuali nei confronti dello Stato liberale.
Costruito sulle premesse teoriche di Thomas Hobbes, di Jean-Jacques Rousseau e più in generale sulle dottrine rivoluzionarie francesi che esaltavano il primato della legge e il sistema di accentramento amministrativo, il governo parlamentare aveva, a suo avviso, cancellato l’ordine naturale delle società civili, istituito da Dio e organizzato nel regime federativo che meglio si addice all’armonia dei corpi politici, di municipi, province, corporazioni e classi sociali. Le teorie giuridiche e istituzionali del XIX secolo avevano generato il potere dispotico delle assemblee parlamentari e l’ascesa dei partiti politici, più minacciosi e insidiosi delle consorterie. La proposta dell’autore era un ritorno alle tradizioni, alle autonomie locali, al fondamento etico della società violentemente soffocato dall’unificazione politica dell’Italia.
Negli ultimi anni di vita, sebbene la salute fosse compromessa, si spese ancora politicamente, assumendo la difesa delle classi operaie e dei ceti meno abbienti (Delle cause del malessere delle classi operaie e del contributo delle classi agiate per attenuarne gli effetti, in Rassegna nazionale, 1884, vol. 16, pp. 197-204).
Morì a Napoli il 10 agosto 1884. Aveva sposato Anna Fatigati, da cui aveva avuto cinque figli: Luigi Maria, Eleonora (Norina), Giulia Maria, Roberto Maria e Carlo Maria.
Fonti e Bibl.: Presso l’Archivio di Stato di Napoli è conservato un ricco Fondo Savarese, che comprende prevalentemente documenti di Giacomo, classificati secondo l’Inventario n. 579 e in parte già utilizzato da Giovanni Aliberti (Un oppositore agrario del Mezzogiorno: G. S., Napoli 1967). Una descrizione più dettagliata dei materiali è consultabile nella pagina on-line dell’Archivio stesso. Anche presso la Biblioteca nazionale centrale di Firenze è conservato un ampio carteggio di Savarese con Vieusseux, in Carteggio Vieussuex, cass. 107, alcune lettere del quale furono trascritte da Antonio Anzilotti nei suoi lavori. Si segnalano le seguenti edizioni di testi di Savarese accompagnate da saggi sulla sua biografia e sulla sua opera intellettuale: Tra rivoluzioni e reazioni. I ricordi su Giuseppe Zurlo (1759-1828), a cura di A. Romano, Torino 1941; Le finanze napoletane e le finanze piemontesi dal 1848 al 1860 (rist. anast. con introduzione di A. Servidio e cenni biografici di S. Vitale), Napoli 2003. Inoltre: F. Persico, G. S., Firenze 1884; A. Anzilotti, Movimenti e contrasti per l’unità d’Italia, Milano 1964, pp. 255-303; F. Venturi, Napoli capitale nel pensiero dei riformatori illuministi, in Storia di Napoli, VII, Napoli 1971, pp. 1-73; G. Cianferotti, Storia della letteratura amministrativistica italiana, I, Dall’Unità alla fine dell’Ottocento. Autonomie locali, amministrazione e costituzione, Milano 1999, pp. 88-95.