SERPOTTA, Giacomo
Scultore, nato a Palermo nel 1656, ivi morto nel 1732. Figlio di modesto scultore e vissuto quasi oscuro e ignorato, il S. è considerato oggi uno dei più grandi artisti italiani del suo tempo, e certo il più insigne nell'arte dello stucco.
Dei suoi lavori in marmo o in bronzo, che comunque furono rari, nulla rimane. A. Mongitore asserisce che da lui furono modellate le statue del monumento innalzato sulla piazza della chiesa di S. Domenico in Palermo in onore dell'imperatore Carlo VI e che suoi altresì furono gli ornamenti della cappella della Madonna della Lettera nel duomo messinese. Ma l'opera celebre che sul suo nome richiamò tutta l'attenzione del pubblico siciliano, fu la forte statua equestre, pure in bronzo, tutta movimento, piena di audacia, a ricordo di Carlo II eretta nella piazza del duomo di Messina nel 1680 a suggello della restaurazione spagnola trionfante, e distrutta nel 1848 (bozzetto conservato nel R. Museo Pepoli in Trapani).
Il S. studiò, a quanto pare, a Roma dove sentì e respirò la bellezza dell'arte antica e quella allora dominante del barocco col Bernini, e tornato in patria, si volse tutto a tradurre nello stucco (materia tradizionale in Sicilia) quanto aveva assorbito ed elaborato nella sua fervida fantasia.
Negli stucchi candidi e lucenti che adornano le chiese di Palermo degli ultimi del Seicento e dei primi del Settecento, e in particolare gli oratorî, palesa le sue doti squisite di creatore e di modellatore facile e disinvolto, nobile e gentile, fra le eleganti composizioni architettonico-decorative che si svolgono lungo le pareti o sugli altari. Fra gli oratorî spiccano specialmente quelli di S. Francesco in S. Lorenzo e del Rosario in S. Domenico, con esemplari di vera profonda genialità: statue muliebri bellissime di significato allegorico, piccole scene sacre, feste di putti nei più varî atteggiamenti, tutto nella solennità della stasi o nel dinamismo del giocondo mondo infantile, tutto eseguito con rara perizia e con vibrante sentimento. Nessun artista, forse, nella decorazione seppe, come il Serpotta, rendere meglio la poesia dell'infanzia in quel folleggiare di putti rappresentati in ogni capriccio, in ogni giuoco, in ogni espressione di gaiezza e d' ingenuità.
L'oratorio più ammirato, capolavoro fra i capolavori, è quello di S. Lorenzo; l'altro del Rosario di S. Zita comincia ad avere un altro carattere più settecentesco.
Sull'arco dell'altare si vede il Serafico fra angeli e lungo le pareti sono allineate le nobili statue rappresentanti l'Ospitalità, la Carità, la Penitenza, la Costanza, l'Umiltà, la Fede, la Gloria, la Verità, l'Elemosina, la Misericordia. Ma stupenda soprattutto è la Carità col suo dolce sorriso e con i tre putti, uno dei quali poppante: figura magnifica di sana bellezza, degna di poter appartenere al Bernini. Sembra che vi aliti lo spirito del Correggio. Le altre statue hanno tutte una linea di severa dignità e sotto ognuna, scene di minuziosa fattura narrano episodî della vita di S. Lorenzo e del santo di Assisi, mentre sulla parete di contro all'altare, è dato, in un grande altorilievo, il martirio del santo diacono, ispirato, come pare, dai modelli pittorici, famosi nel suo tempo, e che il S. vide certamente in Roma.
Il S. poco lavorò fuori di Palermo; così in Alcamo e in qualche altro paese. Ma la tradizione dello stucco perdurò ancora col figlio Procopio, sebbene con minore valentia, e con allievi e seguaci.
V. tavv. LXXIII e LXXIV.
Bibl.: E. Mauceri, G. S., in L'Arte, IV (1901), pp. 77-162; E. Basile, Le sculture e gli stucchi di G. S., Torino 1912; G. Siciliano, Cenni su G. S. scultore palermitano, Palermo 1912; A. Sorrentino, Un bozzetto di G. S. nel museo di Trapani, in Boll. d'arte, VII (1913), pp. 379-87; F. Meli, G. S. La vita e le opere, Palermo 1934; id., G. S., der Künstler d. Kindheit, in Pantheon, XI (1923), pp. 80-82; id. e G. Rouchès, S. et Lesueur. Influences et originalité, in Revue de l'art, LXIII (1933), pp. 43-48; N. Basile, Serpottiana, Palermo 1935.
E. Mau.