SPALLA, Giacomo
‒ Figlio di un vetraio, nacque a Torino il 23 gennaio del 1776. Dal 1792 al 1798 compì un soggiorno di studio a Roma, dove entrò in rapporto con Antonio Canova e frequentò l’Accademia di S. Luca, ottenendo nel 1797 il terzo premio nell’arte di modellare. A Roma eseguì in marmo un busto di Paride e un busto di Arianna che, inviati a Torino, trovarono per un breve periodo collocazione in Palazzo Reale, al pari di una copia della Pietà di Michelangelo, accolta nel Pregadio della regina: tali opere sarebbero state mandate a Parigi nei primi anni dell’occupazione francese dalla Commissione per la ricerca di oggetti di scienza e d’arte in Italia.
Buona parte dell’attività di Spalla si svolse a Torino durante l’epoca dell’occupazione francese: Jean-Baptiste Jourdan, appena divenuto amministratore generale del Piemonte, lo nominò il 13 agosto del 1801 conservatore della scuola di scultura annessa all’Ateneo e, il 31 dicembre dello stesso anno, professore sostituto di scultura, mentre titolare era Giovan Battista Comolli, destinato però a svolgere gran parte della sua carriera lontano dal capoluogo piemontese; il 18 gennaio del 1803 venne infine nominato conservatore del Museo delle arti del disegno. In questi anni eseguì alcune opere di cui si ha notizia in occasione della loro presentazione alla unificata Accademia nazionale: un Busto di Denina il 15 settembre del 1802, un’Allegoria della Pace nel 1803 e una Bellona seduta su trofei di guerra in terra grassa il 21 luglio del 1804.
Diveniva nel frattempo sempre più impegnativa la produzione di ritratti di Napoleone e della sua famiglia destinati all’arredo degli edifici istituzionali, inizialmente derivati da modelli francesi. Dopo un Ritratto di Napoleone primo console destinato all’Accademia nel 1803, l’intendente ai beni della Corona al di là delle Alpi, Carlo Salmatoris di Roussillon, ordinò a Spalla il 5 gennaio del 1805 tre busti di Napoleone su modello di Antoine-Denis Chaudet in marmo di Carrara da destinare alle residenze di Torino e di Stupinigi, in previsione del passaggio di Bonaparte a maggio per l’incoronazione a re d’Italia di Milano. La commissione venne poco dopo completata con la richiesta di tre busti dell’Imperatrice Giuseppina, anch’essi da Chaudet, e di tre rilievi della stessa, che sarebbero stati sostituiti nel 1810, a opera dello stesso Spalla, da altrettanti ritratti della nuova consorte Maria Luisa, derivati da modelli di François-Joseph Bosio. A questa commissione va probabilmente riferito il busto di Napoleone presentato il 16 aprile del 1805 all’Accademia, nei cui depositi si conserva un frammentario calco in gesso (scheda OA 00206578, di P. Traversi); un busto in marmo fedelmente derivato da Chaudet e firmato «SPALLA TAURINENSIS SCULPSIT IN MARMORE PATRIO» è recentemente comparso sul mercato (Parigi, Perrin 2006). Furono probabilmente questi impegni a impedire la partecipazione dello scultore all’esposizione organizzata a Torino nel 1805 in occasione del passaggio di Napoleone.
Dando concreta attuazione a sollecitazioni rivolte dallo stesso Spalla a Salmatoris nel novembre 1805, per assicurare continuità a interventi di restauro su marmi sabaudi già avviati nel 1804 e per rendere possibile l’avvio sistematico di campagne decorative e celebrative nelle residenze divenute nel frattempo imperiali, il 17 maggio del 1807, per decreto imperiale, Spalla fu nominato conservatore del neoistituito Museo di scultura, con l’obbligo di provvedere alla conservazione e al restauro delle opere di scultura agli ordini di Salmatoris e sotto il controllo dell’architetto imperiale Giuseppe Battista Piacenza, e scultore di Sua Maestà Imperiale, con l’impegno di realizzare le sculture che gli sarebbero state richieste. Si avviava quindi, dopo anni di abbandono, un impegnativo progetto di recupero dei marmi provenienti dall’atelier dei fratelli Collino nel palazzo dell’Accademia delle scienze, dal cortile della chiesa di S. Filippo, dal castello di Rivoli, da Venaria e dal Valentino, con restauri finalizzati soprattutto al riarredo del giardino del palazzo imperiale di Torino, aperto alla fruizione del pubblico. I restauri consistevano nel completamento di parti danneggiate, ma anche nella finitura di opere rimaste incompiute, come nel caso di due delle quattro statue di Divinità dei Collino oggi alla Galleria Sabauda, e nell’adeguamento iconografico alle nuove necessità celebrative, come nel caso del Tempo incatenato dalla Fama, eseguito dagli stessi Collino per la tomba di Umberto Biancamano nella cattedrale di Saint-Jean de Maurienne in Savoia (oggi nella loggia del palazzo dell’Università), provvisto delle iniziali di Napoleone. Un ruolo importante, in questo progetto, aveva anche la rimessa in attività delle cave di marmo piemontesi che erano state abbandonate, oggetto da parte di Spalla di una prima ricognizione già nel settembre del 1805 e di diverse relazioni successive.
La disponibilità di materie prime di costo più contenuto rispetto al marmo di Carrara, di importazione, doveva rendere economicamente sostenibile anche l’impegnativa impresa di completamento decorativo della Galleria Beaumont in palazzo imperiale, il cui progetto veniva approvato da Napoleone lo stesso 17 maggio, contestualmente al citato decreto. Per questo ambiente Spalla realizzò quattro rilievi relativi ad altrettanti episodi napoleonici (Marengo, Jena, Austerlitz ‒ in realtà la Pace di Presburgo ‒ e l’Incoronazione dell’Imperatore), destinati a fiancheggiare gli ovali già scolpiti dai Collino e a completamento della serie iniziata da Giovanni Battista Bernero. Alla serie (oggi a Stupinigi, palazzina di caccia), completata entro l’agosto del 1810 ma mai messa in opera nella Galleria, il cui rivestimento marmoreo restò incompiuto fino a Restaurazione inoltrata, collaborò Amedeo Lavy, cui si deve l’ideazione dei due ultimi episodi, il secondo dei quali derivato dal noto dipinto di Jacques-Louis David.
Per la realizzazione dei suoi bozzetti in terracotta (oggi alla GAM di Torino) Spalla concentrò in primo piano i personaggi in movimento e dispiegò una meticolosa descrizione in prospettiva degli eventi bellici sullo sfondo, con una tecnica compositiva, ispirata agli esempi dei Collino e agli acquerelli napoleonici di Giuseppe Pietro Bagetti, che lo differenzia dalle più lineari e immobili soluzioni di Lavy. Quando i calchi in gesso (oggi alla Malmaison) giunsero a Parigi per l’approvazione dell’intendente generale della Casa di Sua Maestà, Pierre Daru, tale caratteristica, lontana dal rigore neoclassico che prevedeva figure ritagliate su fondi tendenzialmente piatti, venne criticata. Non furono tuttavia richieste modifiche, e anzi già nel settembre del 1809 era stata approvata una seconda e più estesa impresa decorativa destinata al salone di palazzo imperiale, che prevedeva la realizzazione di altri sedici rilievi relativi a imprese napoleoniche. Solo la Battaglia di Eylau fu tuttavia completata (oggi a Stupinigi, palazzina di caccia), mentre la Battaglia di Friedland, rimasta allo stato di abbozzo, non è stata rintracciata. Gérard Hubert (1964, p. 315) ha dato un giudizio positivo di questa produzione di «reliefs historiques, animés, grouillants, naïfs, conformes à la tradition baroque turinoise», e di quella dei ritratti, considerati «oeuvres véridiques et personelles lors qui’il n’a pas à reproduire des bustes impériaux»; «d’une ennuyeuse banalité dans leur néo-classicisme artificiel» ha invece giudicato i gruppi e le statue.
La produzione ritrattistica di Spalla si attiene a un rigoroso carattere neoclassico all’antica, nella forma di erma o di busto panneggiato. Nel 1807 lo scultore firmò e datò un ritratto di Etienne Vincent de Marniola, che era stato nominato l’11 luglio 1807 cavaliere dell’Impero e membro della Legione d’onore (Parigi, Galerie Talabardon & Gautier, firmato «SPALLA NAPOLEONIS I SCULPTOR SCULPSIT TAURINI MDCCCVII»). Nel 1808, per Eugenio di Beauharnais, eseguì un monumento a Napoleone con un busto su colonna di alabastro e la statua della Storia (quest’ultima a Milano, GAM, mentre il busto togato è disperso), oltre ai ritratti dello stesso viceré (non ritracciato), della consorte Augusta Amalia di Baviera (un esemplare datato 1808 alla GAM di Milano e una seconda versione alla Gliptoteca di Monaco, dove è anche un busto di Napoleone firmato e datato 1808) e del Re di Baviera Massimiliano Giuseppe (non rintracciato). Nel 1809, quando i modelli di queste opere vennero depositati nel Museo di Torino, Spalla si recò a Monaco per la consegna dei marmi, ricevendo concreti segni di apprezzamento. Sempre nel 1809 s’inaugurò il busto di Napoleone, ancora derivato da Chaudet, voluto dal Comune di San Secondo di Pinerolo come ringraziamento per gli aiuti elargiti in occasione di un terremoto (Palazzo comunale, con repliche a Saluzzo, Casa Cavassa, e nei depositi del castello di Masino). Nel 1810 Salmatoris incaricò Spalla di eseguire busti di Napoleone, dell’Imperatrice Maria Luisa e di Camillo Borghese per il Palazzo Reale di Parma, i cui gessi patinati vennero presentati all’Esposizione di Torino del 1811 e i marmi a quella del 1812 (potrebbe essere di Spalla il busto di Camillo a Versailles, già attribuito a Comolli). Al Salon parigino del 1810 lo scultore inviò un Monumento a Maria Luisa, composto dal busto (Versailles, MR 2666, firmato e datato) su una colonna (Louvre, riutilizzata per sostenere un Mercurio di Giambologna) e da una statua di Imene (Louvre, MR 2095, con danneggiamenti), per il quale ricevette un compenso di 4500 franchi e una medaglia d’oro. Nel 1811 eseguì un busto di incerta identificazione (già Moncalieri, collezione Pron, firmato «SPALLA NAPOLEONIS I SCULPTOR SCULPSIT TAURINI AN 1811»).
Tra la fine del 1811 e gli inizi dell’anno seguente, appoggiato da Camillo Borghese, Spalla si recò a Parigi con l’intenzione di ritrarre dal vivo il re di Roma, Daru e il presidente del Senato Bernard-Germaine de Lacépède. Durante il soggiorno parigino eseguì dunque i busti del Re di Roma (un marmo oggi in collezione Conforto Galli Tronca), di Daru e del suo successore Duca di Cadore in gesso (il marmo è forse identificabile in quello, firmato, comparso all’asta Osenat di Fontainebleau del 1°.7.2018, lotto 192), tutti d’après nature, come il gesso di Napoleone (forse la versione togata di Versailles in marmo, firmata e datata 1812, che dovrebbe corrispondere a quella commissionata dal ministro degli Interni Jean-Pierre Bachasson, replicata per palazzo Chiablese). Nel 1813 Spalla datò il busto della nipote Gabriella Meyneri (Torino, Pinacoteca dell’Accademia Albertina). Di qualche anno precedente dovrebbe essere il busto di Bagetti, che ha la stessa collocazione. Forse databile all’epoca napoleonica è ancora un busto di Salmatoris di Roussillon, di cui si conserva un gesso al Museo Adriani di Cherasco. Un inedito busto di Napoleone con corone ferrea e di alloro appartenente al Palazzo Reale di Torino è esposto a Venaria con un’attribuzione (da verificare) a Spalla. Non approvati furono invece i progetti per una statua colossale dell’imperatore ornata da quattro Vittorie che Piacenza nel 1809 voleva destinare alla piazza imperiale, per un monumento a Napoleone per Ivrea nel 1810, non finanziato, e per le armi della città da collocarsi in municipio nel 1813. Ancora all’epoca napoleonica risalgono opere non rintracciate come un busto di Omero donato nel 1811 a Daru, che ricevette anche una allegoria della Virtù di Napoleone di ricompensare i servizi, e un Filottete ferito, inviato alla corte di Monaco nel 1812.
Con la Restaurazione sabauda Spalla riconquistò presto una posizione di prestigio, anche grazie al progetto del grande monumento per il Ritorno di Vittorio Emanuele I dall’esilio, il cui modello in gesso risulta già ultimato nel luglio del 1819, ma la cui realizzazione in marmo gli fu affidata dalla Azienda Real Casa solo il 10 maggio del 1823, per essere ultimata nel 1831: l’opera, destinata al salone degli Svizzeri di Palazzo Reale, fu in realtà allestita nel 1838 nel castello di Moncalieri, per essere definitivamente spostata negli anni Trenta del secolo scorso al Museo del Risorgimento. Essa raffigura, in un pronunciato altorilievo, la cavalcata di ingresso del re, accompagnato dai suoi dignitari. Nel 1819 Spalla ricevette la commissione per il Monumento equestre di Vittorio Emanuele I, firmato e datato 1823 e destinato al salone dei Marmi del municipio, di cui curò anche tutto il rivestimento marmoreo: il modello definitivo con il cavallo al passo è ispirato a una medaglia di Lavy. Il 5 agosto del 1820 ottenne l’incarico per il completamento della Galleria Beaumont, che comprendeva l’impiallacciatura in marmi e l’esecuzione di quattro rilievi, in sostituzione di quelli napoleonici sopra citati, dedicati a vittorie sabaude: la Liberazione dell’assedio di Torino del 1706, la Vittoria dell’Assietta del 1747, la Battaglia di Guastalla del 1734 e la Battaglia dell’Authion del 1796. I quattro rilievi, probabilmente già terminati nel 1830, risultano in opera nel febbraio del 1832, poco prima dell’inaugurazione dell’Armeria Reale voluta da Carlo Alberto nella Galleria. Essi sono concepiti con una moderna attenzione realistica e con sistema prospettico complesso, lontani da idealizzazioni classicheggianti. Michela Di Macco (1977, p. 181) vede in questi rilievi, che richiesero «un grosso sforzo di aggiornamento culturale», un «ritorno al naturale, all’imitazione».
Già professore presso la scuola di scultura dell’Università dal 30 novembre del 1819, nel 1822 Spalla venne nominato scultore in marmi di Carlo Felice e docente presso l’Accademia di belle arti. Il modello in gesso del Monumento a Prospero Balbo (Torino, Accademia delle scienze), che lo vede seduto nelle vesti dell’Ordine dei ss. Maurizio e Lazzaro, fu probabilmente realizzato prima del 1821, data che compare su una stampa del busto da esso derivato delineata da João Vicente Priaz. Nei busti di questo periodo, che pur conservano un’impostazione classicheggiante, Spalla introdusse una crescente aderenza realistica. Nel 1822 venne inaugurato il busto del generale Benoît Leborgne conte di Boigne, voluto da Vittorio Emanuele I per la Biblioteca municipale di Chambéry (ora al Musée Savoisien). All’Accademia delle scienze è il busto di Gianfrancesco Cigna, firmato e datato 1823. Reca la data dell’anno successivo, al Museo del Risorgimento, il busto di Filippo Antonio Asinari di San Marzano, del quale si conserva all’Accademia Albertina una versione priva del collare della Ss. Annunziata, quest'ultima realizzata dopo la morte del personaggio (1828); per l’apparato effimero del funerale di Asinari di San Marzano Spalla fornì quattro statue allegoriche. Certamente anteriore al 1832, quando figurò all’esposizione torinese, è il busto in marmo di Tommaso Valperga di Caluso (Accademia delle scienze). Discussa è l’attribuzione a Spalla da parte di Noemi Gabrielli di un busto di Vittorio Emanuele I presso la Galleria Sabauda, non accettata da Daniele Pescarmona. Per il cimitero generale, dove sono l’espressivo ritratto di Gaspard-Jerôme Roget conte di Cholex, morto nel 1828, e, nella cappella, un Cristo deposto eseguito nel 1828, Spalla eseguì anche diverse altre opere, la cui realizzazione veniva spesso affidata alla sua ben organizzata bottega, come la tomba del botanico Giovanni Battista Balbis, del 1831, o quella della famiglia Flandinet, su disegno di un architetto Lombardi.
Spalla morì a Torino il 31 gennaio del 1834.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Torino, Governo francese, mazzi 178, 179, 181, 182, 183, 185; Boulogne-Bilancourt, Bibliothèque Marmottan, copia di documenti napoleonici relativi a Spalla dagli Archives Nationales.
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