GIACOMO Veneto (da Venezia)
Gli unici elementi utili per delineare la biografia di G. sono presenti in un esiguo gruppo di testimonianze, tutte riferite ad attività svolte negli anni intorno alla metà del XII secolo (per l'analisi di esse cfr. Minio Paluello, 1952). Nel prologo a una traduzione anonima degli Analytica posteriora di Aristotele (Toledo, Biblioteca capitolare, ms. 17.14, c. 1r) G. viene definito "Veneticus Grecus"; e si sottolinea anche l'uso assai più consueto per lui della lingua greca rispetto a quella latina. Queste informazioni possono suggerire tre possibili scenari: che egli sia un greco nato a Venezia, oppure un veneziano di nascita che abbia adottato la grecità come seconda patria, oppure che sia veneto di estrazione, ma nato e acculturato fra greci. Per le ultime due ipotesi è probabile pensare a Costantinopoli, oppure all'Italia meridionale e in particolare alla Sicilia come luoghi in cui un veneziano possa al contempo definirsi greco. A favore dell'ipotesi che G. sia originario di Venezia torna la testimonianza discussa da Agostino Pertusi relativa a un passo della Translatio mirifici martyris Ysidori a Chio insula in civitatem Venetam (Marc. lat. IX.27 della Bibl. nazionale Marciana di Venezia) del chierico veneziano Cerbano Cerbani, scritta nel 1125 e dedicata a Bonifacio Falier, vescovo di Castello. Alludendo alla spedizione in Dalmazia che aveva preceduto l'intervento veneziano a fianco dei crociati a Tiro, Cerbano, oltre ai due propri libelli in esametri, ricordava che un certo "Jacobus grecus prosaico […] stylo luculenter inchoavit historiam" (p. 340). Se è dunque lecito, come Pertusi suggerisce, identificare lo "Jacobus grecus" di cui parla Cerbano con il dotto aristotelico, pare in effetti assai opportuno farne un cittadino veneto, visto il carattere dell'opera che mirava a esaltare le gesta della città.
I Dialogi di Anselmo di Havelberg informano che nel concilio di Costantinopoli tenutosi il 3 apr. 1136, e dedicato alla questione della processione dello Spirito Santo, era presente, oltre al traduttore Burgundione da Pisa, al poeta e filologo bergamasco Mosè del Brolo e a Giovanni di Salisbury, anche Giacomo Veneto.
È ipotizzabile la presenza di G. anche al concilio generale italiano tenutosi a Cremona il 7 luglio del 1148: il codice conservato presso la Biblioteca Estense di Modena (alfa.P.4.9, degli inizi del XV sec.) conserva infatti il testo di un "avviso" di G. a Mosè, arcivescovo di Ravenna, nel quale veniva espresso un parere favorevole a Ravenna in merito alla delicata questione della "presessio". Un'analisi ravvicinata del testo dell'avviso rivela, in ordine al linguaggio e alla tecnica versoria di G., un'indubbia connotazione di latino ellenizzato, che ben si conformerebbe agli scarni elementi acquisiti sulla biografia di Giacomo.
Sconosciuti sono il luogo e la data della morte di Giacomo.
L'attività principale di G. è legata essenzialmente all'opera di traduzione del corpus filosofico aristotelico. Le testimonianze più cospicue sono riferibili alla traduzione degli Analytica posteriora, la cui disponibilità fra le mani dei magistri francesi risale alla metà circa del secolo XII. La traduzione offerta da G. risultava piuttosto oscura secondo quanto affermato dall'anonimo traduttore nel codice toledano. Giovanni di Salisbury, cui era altresì nota la versione toledana, denunciando da parte sua le difficoltà insite negli Analytica posteriora, affermava di preferire l'uso della versione cosiddetta "vulgata". È possibile che la "vulgata" sia da identificare proprio con la versione di G., non essendoci alcun indizio certo dell'esistenza di una vulgata precedente rimandabile all'opera di Boezio, cui si deve presumibilmente ascrivere la paternità della traduzione dei soli Topica e Analytica priora. Le peculiarità linguistiche - che portano a escludere che i frammenti riconducibili a questa vulgata siano compatibili con la tecnica versoria di Boezio - si riscontrano anche in una lunga serie di traduzioni aristoteliche che, secondo la tesi di Minio Paluello (1952), andrebbero riferite a una stessa persona che sarebbe economico e plausibile identificare con G.: si tratta delle traduzioni dei Parva naturalia, della Metaphysica vetustissima e di un'introduzione al commento alla Physica di Aristotele, quest'ultimo noto, dal Duecento fino agli inizi del Cinquecento, come De intelligentia.
Se si prescinde dai passi della traduzione degli Analytica posteriora inseriti da Giovanni di Salisbury nel Metalogicon, terminato nel 1159, resta difficile precisare i contorni del rapporto fra i due dotti. Si è già detto dell'intervento di G. al concilio di Cremona in riferimento alla disputa sulla "presessio". In quell'occasione la presenza al seguito del papa di Giovanni di Salisbury è assai probabile, tanto più che egli è l'unico a fornirci la testimonianza dell'esito della discussione.
Le prime testimonianze, dirette e indirette, della diffusione delle traduzioni di G. rimandano alla Francia settentrionale, e in particolare alla zona dell'abbazia benedettina di Mont-Saint-Michel: si tratta della Chronica di Roberto di Torigny, abate di Mont-Saint-Michel, e dei più antichi testimoni manoscritti delle traduzioni di Giacomo. Nel complesso la fisionomia culturale di G. presenta più di un elemento di interesse, raccordandosi alle vicende dei profondi rapporti culturali e politici fra Venezia e Bisanzio e al ruolo che ha avuto la prima nella diffusione della grecità nell'Occidente latino. Deve essere anche sottolineato il ruolo cruciale svolto dalle traduzioni di G. nell'ambito della storia della cultura occidentale, che fu ampiamente riconosciuto già da Haskins. La fortuna delle traduzioni di G., ampiamente diffuse e utilizzate nel corso dei secoli XIII e XIV, è testimoniata dal loro utilizzo da parte, fra gli altri, di Roberto Grossatesta, Tommaso d'Aquino, Ruggero Bacone e Albertino da Monte.
Le traduzioni aristoteliche di G. sono state edite in gran parte nell'Aristoteles Latinus: Analytica posteriora, a cura di L. Minio Paluello - B.G. Dod, Leiden 1968, pp. 5-107; De sophisticis elenchis. Fragmenta translationis Iacobi, a cura di B.G. Dod, Leiden-Bruxelles 1975, pp. 61-74; Physica. Translatio vetus, a cura di F. Bossier - J. Brams, Leiden-New York 1990; Metaphysica, a cura di G. Vuillemin-Diem, Leiden 1970, pp. 5-83; Per l'edizione dei testi delle traduzioni: S. Ebbesen, Iacobus Veneticus on the Posterior Analytics and some early 13th century Oxford masters on the Elenchi, in Cahiers de l'Institut du Moyen Âge grec et latin, XXI (1977), pp. 1-9; J. Brams, L'édition de la Translatio vetus, de la Physique, in Bulletin de la philosophie médiéval, XXIV (1982), pp. 65-68. La traduzione del De anima è ancora inedita.
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