ZANELLA, Giacomo
– Nacque a Chiampo (Vicenza) il 9 settembre 1820, primogenito di Adriano, negoziante, e della scledense Laura Beretta.
All’età di nove anni fu condotto a Vicenza per proseguire gli studi scolastici. Dopo aver frequentato per due anni il ginnasio, nel 1833 si iscrisse al seminario cittadino dove, sotto la guida di insegnanti quali Andrea Sandri, Giovanni Battista Dalla Valle e Paolo Mistrorigo, completò gli studi all’insegna della più stretta tradizione classica. Mente avida di conoscenze, non mancò tuttavia fin da giovane di integrare e approfondire autonomamente la letteratura anche straniera, nonché di seguire con puntualità i progressi maturati dall’uomo in campo scientifico.
Risalgono al 1839 le prime prove poetiche che, nei quasi trent’anni a seguire, circolarono solo localmente in una miriade di pubblicazioni occasionali: in esse Zanella alternò versi originali – nei quali ancora «nulla ci accadrà di trovare che riveli la sua potenza» (Lampertico, 1895, p. 158) – a traduzioni liriche perlopiù dal latino, in cui dava già prova di abilità ed eleganza.
Ordinato sacerdote il 6 agosto 1843, iniziò dal ginnasio seminariale la sua attività di docente insegnandovi filosofia e filologia latina. Fu in questi primi anni che venne in contatto con le idee di Antonio Rosmini e soprattutto di Vincenzo Gioberti, circostanza che determinò una svolta significativa al suo orientamento didattico e al suo attivismo sociale. Tale nuova presa di coscienza, unita a un seppur moderato impegno patriottico e a frequentazioni dichiaratamente antiaustriache, lo resero inviso all’autorità politica locale procurandogli non pochi problemi. La prima conseguenza fu l’allontanamento dall’insegnamento, provvedimento anticipato da Zanella con le dimissioni da lui rassegnate nell’agosto del 1853.
Convinto sostenitore della funzione politica della letteratura («la penna dello storico e la lira del poeta prepararono la spada del soldato»: Saggi critici, a cura di A. Baldini, 1990, I, p. 75), il contributo di Zanella alla causa risorgimentale fu essenzialmente di tipo morale. Ciò si tradusse in una produzione poetica di stampo patriottico (quasi del tutto perduta), in prediche pubbliche e in un’opera di sostegno a ogni forma di alfabetizzazione popolare, che egli favorì con forza nell’intento principale di «elevare il popolo e di farlo conscio dei propri diritti e anche dei propri doveri» (G. Biadego, Giacomo Zanella, in La Lettura, IV (1913), p. 543), in palese contrasto con le direttive del governo austriaco.
L’interdizione inflitta non gli impedì di impartire lezioni private presso alcune famiglie aristocratiche vicentine: fra i suoi scolari di quegli anni, spicca il nome di Antonio Fogazzaro, cui Zanella rimase poi legato da affettuosa amicizia per tutta la vita e cui elargì sempre incitamenti e consigli letterari.
Nel novembre del 1857 poté finalmente far ritorno alla scuola pubblica: venne infatti destinato professore di liceo dapprima a Venezia, quindi, un anno dopo, a Vicenza, dove svolse pure le funzioni di preside.
Rifiutato il trasferimento a Udine, nel gennaio del 1862 approdò a Padova per dirigervi il ginnasio-liceo; nella città antoniana, importante centro universitario, trovò nuove motivazioni e stimoli grazie alla frequentazione di intellettuali e studiosi di vari campi, nonché di alcuni circoli culturali cittadini come il caffè Pedrocchi. Uno spaccato di questo animato periodo padovano di Zanella è riscontrabile nei carteggi con i suoi tre più affezionati discepoli: Fogazzaro, Luigi Luzzatti e soprattutto Fedele Lampertico, suo primo biografo, cui quasi quotidianamente partecipò i propri sentimenti in quelle fasi così politicamente delicate.
Sancita l’annessione del Veneto al Regno d’Italia, giunse la chiamata alla cattedra di lingua e letteratura italiana presso l’Università di Padova cui seguì, nel 1871, la nomina a rettore.
Nel 1868, dopo un lungo periodo trascorso in una sorta di ‘tirocinio poetico’, vide finalmente la luce la sua prima raccolta di liriche (Versi) che, edita per Barbera di Firenze, gli procurò la fama nazionale e un inatteso successo (in pochi mesi il libro ebbe due edizioni).
Tra le poesie, oltre alle celebrate La veglia, Milton e Galileo e Il lavoro, spiccava la nota Sopra una conchiglia fossile nel mio studio: composta nel 1864 per le nozze di Luzzatti, sembra che la poesia, nell’Ottocento, fosse seconda per popolarità solo alla manzoniana Cinque maggio.
Ponte di transizione tra la vecchia poesia dell’idealismo romantico e quella della nuova Italia, la lirica zanelliana manifestò una caratteristica peculiare certamente originale: essa si soffermò sovente sui gravi problemi sociali della vita moderna, le cui problematiche Zanella trattò lontano da ogni convenzionalismo e inaspettatamente convergente «al di là dell’educazione e dei linguaggi differenti, con i temi e i presupposti ideologici del Verga» (M. Pastore Stocchi, Introduzione a Zanella, in Giacomo Zanella e Padova..., 1991, p. 4).
Fiducioso nelle conquiste della scienza, anche se in aperta polemica con il darwinismo e il socialismo, Zanella si impegnò nel ricercare un compromesso fra le spinte propulsive della nuova civiltà e i valori secolari della fede cattolica: tale sforzo conciliativo, tipico soprattutto della prima sua produzione lirica, si tradusse in un moderatismo che, pur conservando una matrice classica, evidenziò degli elementi innovativi in grado di garantire alla sua poesia – complice anche il particolare momento storico e una convinta adesione alle idee del cattolicesimo liberale – una indiscussa popolarità.
Nell’ottobre del 1871 si recò a Brusuglio in visita da Alessandro Manzoni che «gli fece accoglienza cordialissima» (Lampertico, 1895, p. 430).
I gravosi impegni lavorativi, la morte della madre (29 luglio 1872) e alcuni spietati attacchi subiti dalla critica e da qualche collega, furono le cause scatenanti di un buio e malinconico periodo di crisi depressiva, che portò Zanella a isolarsi e a interrompere ogni rapporto con il mondo esterno «per tre verni / Noiosamente eguali, / Amaramente eterni» (Le poesie, a cura di G. Auzzas - M. Pastore Stocchi, 1988, pp. 236 s.). Lo scoramento che ne seguì fu tale da abbandonare l’incarico universitario: la richiesta di dimissioni venne accettata dal ministro Ruggiero Bonghi e resa effettiva a partire dal 1° gennaio 1876. Subito dopo fu insignito del titolo di professore emerito.
Libero dagli impegni scolastici, di cui sentiva tutto il carico e la responsabilità, Zanella poté dedicarsi con maggior serenità alle lettere. Uscirono in pochi anni, infatti, una raccolta di prose (Scritti vari, Firenze 1877), due nuove antologie poetiche (Poesie, Firenze 1877, e Nuove poesie, Venezia 1878), uno scritto biografico (Vita di Andrea Palladio, Milano 1880) e una Storia della letteratura italiana dalla metà del Settecento ai giorni nostri (Milano 1880), poi ripubblicata nel 1886 in edizione ridotta.
Nel 1877 tornò all’insegnamento, accettando la cattedra d’italiano presso l’istituto delle Dame inglesi di Vicenza, scuola di cui fu pure preside. Nel maggio di quello stesso anno raggiunse a Napoli l’amico Andrea Maffei, entrambi ospiti della famiglia Aganoor, lì tenendovi un’applaudita conferenza su Miranda di Fogazzaro.
Dal 1879 iniziò a soggiornare periodicamente in un villino campagnolo fattosi appositamente costruire a Cavazzale, alle porte di Vicenza.
Fu qui che nacquero i sonetti del ciclo dell’Astichello (Astichello ed altre poesie, Milano 1884), che per la loro atmosfera intimistica e descrittiva si distinguono nettamente dalla precedente produzione poetica zanelliana. Oltre a un’attività oratoria pubblica e alle consuete pubblicazioni d’occasione, videro la luce altresì il suo più celebre libro di saggi, Paralleli letterari (Verona 1885) e Varie versioni poetiche (Firenze 1887), opera nella quale Zanella risolse finalmente di raccogliere le sue più recenti prove liriche di traduzione.
L’esercizio di questo genere, praticato fin dalla gioventù e da molti ritenuto il più apprezzabile della sua produzione lirica, si risolse da sempre per Zanella in un modo alternativo di poetare, inteso come ricerca dell’eleganza più che della fedeltà al testo originale. Fonte prediletta d’ispirazione fu la Bibbia, ma le indicative preferenze tematiche negli anni si concentrarono principalmente sulla produzione poetica greca (Teocrito) e inglese (Henry Wadsworth Longfellow, Robert Burns e William Wordsworth) senza tuttavia tralasciare di cimentarsi con il latino, il tedesco, il francese, lo spagnolo e lo svedese.
Membro di numerose istituzioni culturali nazionali, nel dicembre del 1887 si recò a Firenze presso l’Accademia della Crusca, dove lesse l’elogio di Giuseppe Barbieri. Fu l’ultimo suo viaggio: morì, infatti, il 17 maggio 1888 nel suo villino di Cavazzale.
Opere. Un’edizione critica delle opere, seppure ancora incompleta, è stata promossa dall’Accademia olimpica di Vicenza ed edita da Neri Pozza nella collana Opere di Giacomo Zanella: Le poesie e Poesie rifiutate disperse postume inedite, a cura di G. Auzzas - M. Pastore Stocchi, rispettivamente 1988 e 1991; Saggi critici, I-II, a cura di A. Balduino, 1990; Prose e discorsi di argomento religioso e civile, a cura di T. Motterle, 1993.
Fonti e Bibl.: Le Carte Zanella – comprendenti manoscritti, carteggi e parte dei suoi libri – sono conservate a Vicenza, presso la Biblioteca civica Bertoliana, CZ.1-28; un’altra sezione zanelliana si trova, sempre in Vicenza, presso la biblioteca del Seminario.
Relativamente ai carteggi si segnalano: T. Barbieri, Lettere inedite di G. Z. a Giosue Carducci, in Convivium, XXVII (maggio-giugno 1959), pp. 328-334; Carteggio inedito Maffei - Z., a cura di M. Rusi, Padova 1990; E. Reato, G. Z. e l’Italia liberale (dalle sue lettere inedite a Lampertico e a Fogazzaro), in Archivio veneto, s. 5, CXXV (1994), vol. 143, pp. 93-128; V. Aganoor, Lettere a G. Z. (1876-1888), a cura di A. Chemello, Milano 1996; I.F. Baldo, Lettere di un’amicizia: G. Z.- Antonio Fogazzaro, Vicenza 2011; O. Palmiero, Il carteggio fra G. Z. e Luigi Luzzatti (1858-1880), in Quaderni veneti, V (2016), 2, pp. 109-168.
Fra i contributi, utili a ricostruire le vicende biografiche, l’intera e frammentaria produzione letteraria nonché la rassegna critica su Zanella, si rimanda a F. Lampertico, G. Z. Ricordi, Vicenza 1895; S. Rumor, Gli scrittori vicentini dei sec. XVIII e XIX, Venezia 1908; M. Guderzo, Bibliografia di G. Z., Firenze 1986, ai quali devono essere aggiunti i cronologicamente successivi: E. Franzina, Il poeta e gli artigiani. Etica del lavoro e mutualismo nel Veneto di metà ’800, Padova 1988; E. Greenwood, Vita di G. Z., Vicenza 1990; G. Z. e Padova nel centenario della morte. Atti della Giornata di studio... 1989, a cura di A. Chemello, Padova 1991; G. Z. e il suo tempo (nel 1° centenario della morte). Atti del Convegno... 1988, a cura di F. Bandini, Vicenza 1994; P. Marangon, Educazione e riforma religiosa. Itinerari formativi a confronto (1815-1958), Trento 2008.