GIALDINI, Gialdino
Nacque a Pescia il 10 nov. 1843. Indirizzato alla musica dal padre, suonatore di tromba, studiò per nove anni con Pietro Vallini, valente organista della cattedrale di Pescia. Sotto la sua guida, il G. scrisse i primi lavori nello stile severo di Pergolesi e Palestrina e una messa per grande orchestra, che fu eseguita nella chiesa di S. Stefano. Il maestro Teobulo Mabellini, favorevolmente impressionato da questo lavoro, lo prese come suo allievo a Firenze. Nel capoluogo toscano il G. esordì con un trio per violino, violoncello e pianoforte, che fu eseguito alla Società del Quartetto; composizione derivata dallo studio di Haydn e di Mozart, il trio incontrò meritato favore ed è rimasto nel repertorio della musica cameristica. Nel 1868 partecipò a un concorso bandito dalla direzione del teatro della Pergola di Firenze per un'opera seria e ne uscì vincitore con Rosmunda, composta su libretto di G.B. Canovai e rappresentata con successo presso lo stesso teatro il 5 marzo di quell'anno.
Nel 1870 il G. si recò in Spagna e in Sudamerica, dove diresse qualche piccola orchestra e tenne alcuni concerti di pianoforte. Tornato a Pescia fondò nel 1871, insieme con alcuni amici, l'istituto musicale G. Pacini, insegnandovi egli stesso il pianoforte. Conclusasi rapidamente l'attività dell'istituto, più durevole fu invece quella della banda musicale che lo stesso G. aveva fondato.
Compose, in seguito, due opere buffe, La secchia rapita (Firenze, teatro Goldoni, primavera 1872, in collaborazione con C. Bacchini, E. De Champs, R. Felici, G. Tacchinardi e E. Usiglio) e L'idolo cinese (Ibid., teatro delle Logge, quaresima 1874, sempre in collab. con E. De Champs, R. Felici e G. Tacchinardi). Si dedicò quindi interamente alla carriera di maestro concertatore e direttore d'orchestra: scritturato per importanti stagioni d'opera nei principali teatri d'Italia e all'estero, diresse al Politeama e al Comunale di Trieste, al Pagliano e alla Pergola di Firenze, al Carlo Felice di Genova, al Politeama e al Regio di Torino, al Bellini e al politeama Garibaldi di Palermo, al S. Carlo di Napoli, al Regio di Madrid, al Liceu di Barcellona, al Théâtre Italien di Parigi, a Berlino e Varsavia, oltre che in molti teatri delle principali città del Messico, e dell'America settentrionale. Interessanti testimonianze circa la sua notorietà come direttore d'orchestra sono riportate da Depanis (I, p. 48; II, p. 184).
In seguito il G. riprese a scrivere per il teatro, componendo I due soci, opera buffa su libretto di M.E. Fiorentino (Bologna, teatro Brunetti, 24 febbr. 1892).
A proposito della prima rappresentazione a Bologna, un articolo apparso su La Gazzetta dell'Emilia del 25 febbr. 1892 affermava che l'opera risultava procedere "spedita e briosa, senza mai un momento di noia o di freddezza; molto gusto, molta leggiadria, molta spontaneità nella più parte degli spunti melodici, che del resto egli attinge indifferentemente a tutti i generi, dallo stile dell'antico melodramma giocoso italiano al tipo francese moderno e molto spesso perfino all'operetta e alla canzone popolare e ciò senza alcun preconcetto di imitazione ma per una specie di processo di assimilazione perfettamente naturale per chi come il Gialdini ha passato molte volte in rassegna l'intero repertorio dei nostri teatri".
Musicò quindi l'opera in due atti La pupilla (Trieste, Società filarmonica-drammatica, 23 ott. 1896; ibid., teatro Fenice, 27 ott. 1896), e il melodramma in un atto, La bufera, su libretto di R. Biasoni (Pola, politeama Ciscutti, 26 nov. 1910; ripresa a Pescia, teatro Pacini, 21 giugno 1911, e in altri teatri). Compose inoltre Preghiera di sera per orchestra, un Minuetto per archi, pezzi per pianoforte, alcuni lavori orchestrali e vocali, e pubblicò insieme con Giulio Ricordi un'interessante raccolta di 50 canzoni popolari intitolata Eco della Lombardia (Milano s.d.).
Dal settembre 1904 il G. si trasferì a Trieste, dove ricoprì l'incarico di direttore artistico del conservatorio di musica G. Verdi. Nel 1915, dopo l'entrata dell'Italia nella prima guerra mondiale, dovette lasciare Trieste. Trascorse gli ultimi anni della sua vita nella nativa Pescia, dove morì il 6 marzo 1919.
Come compositore ebbe grande padronanza del genere operistico, l'istinto sicuro dell'effetto teatrale, la chiarezza delle idee nel giusto taglio dei pezzi. Grandi maestri stimarono e predilessero il G. come direttore d'orchestra: G. Verdi lo chiamò a dirigere Otello al S. Carlo di Napoli e Aida a Palermo e lo volle tra i direttori del teatro alla Scala di Milano dopo la morte di F. Faccio, ma non riuscì a vincere l'ostinata opposizione di G. Ricordi. J. Massenet, in occasione della rappresentazione del Re di Lahore a Pisa, scrisse al G. che la sua opera aveva valore solo grazie all'interpretazione datale dal maestro pesciatino. Arrigo Boito volle che dirigesse le più importanti rappresentazioni del Mefistofele; R. Leoncavallo gli affidò Chatterton, che il G. riuscì a far trionfare. Più calda e intima fu l'amicizia con A. Ponchielli: il G. contribuì a dare rilievo a molti aspetti de LaGioconda, prima passati quasi inosservati, e sembra che abbia suggerito all'autore alcuni felici ritocchi, tra cui il rifacimento di gran parte del finale del terzo atto.
Fonti e Bibl.: G. Depanis, I concerti popolari e il teatro Regio di Torino. Quindici anni di vita musicale (1872-1886), Torino 1914-15, I, p. 48; II, p. 184; G. G., Pescia 1925; A. De Angelis, Diz. dei musicisti, Roma 1928, p. 244; G. Schmidl, Diz. univ. dei musicisti, I, pp. 619 s.; La musica, Diz., I, Torino 1968, p. 784; Diz. encicl. univ. della musica e dei musicisti, Le biografie, III, p. 188.