Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
È lo scrittore statunitense Edgar Allan Poe a impostare lo schema tradizionale del genere poliziesco, in cui un investigatore riesce a svelare un enigma, apparentemente insolubile. Vari autori hanno poi rielaborato lo schema del genere per creare romanzi dove l’attesa delusa del lettore rivela una concezione problematica e spesso pessimistica del mondo, con sfumature noir. Sottogeneri del poliziesco sono la hard-boiled school e la spy story.
Arthur Conan Doyle
La presentazione di Sherlock Holmes
Uno studio in rosso
Svoltammo in un vialetto e varcammo una porticina laterale che dava in un’ala del grande ospedale. Conoscevo l’ambiente e non avevo bisogno d’essere guidato, mentre salivamo lo squallido scalone di pietra e ci incamminavamo per un lungo corridoio dalle candide mura in cui si apriva una fila di porte color noce. Quasi in fondo, attraverso un piccolo arco, svoltammo in un corridoio secondario che conduceva al laboratorio chimico. Questo era una sala vasta con le pareti rivestite di scaffali zeppi d’ogni sorta di recipienti. C’erano tavolini ingombri di storte e provette, e di becchi Bunsen con le loro tremolanti fiammelle blu. In tutta la sala c’era un uomo solo, curvo su una tavola all’altro capo, assorto nel suo lavoro. Al rumore dei nostri passi, si volse, poi balzò in piedi con un’esclamazione di gioia. “Ho trovato! Ho trovato!” gridò apostrofando il mio compagno e correndogli incontro, con una provetta in mano. “Ho trovato un reagente che precipita con l’emoglobina e con nient’altro”. Se avesse scoperto l’oro, il suo viso non avrebbe certamente espresso una gioia maggiore. “Il dottor Watson, il signor Sherlock Holmes” ci presentò Stamford. “Tanto piacere” disse Holmes in tono cordiale, stringendomi la mano con una forza di cui non l’avrei creduto capace. “A quanto vedo, lei è stato nell’Afghanistan”. “Come fa a saperlo?” domandai stupefatto. “Lasci perdere” fece lui ridacchiando. “Ora, l’importante è questa faccenda dell’emoglobina. Immagino che si renda conto del significato della mia scoperta.”
[...] “In me, lo spirito d’osservazione è una seconda natura. Lei è rimasto stupito quando le ho detto, al nostro primo incontro, che veniva dall’Afghanistan”. “Senza dubbio, qualcuno gliel’aveva detto”. “Niente di tutto ciò. Io ho capito che lei veniva dall’Afghanistan. Per lunga abitudine, il lavorio della mia mente è così rapido, che sono arrivato a quella conclusione senza esser conscio dei passaggi intermedi. Però, ci sono stati dei passaggi intermedi. Ecco il filo del mio ragionamento: quest’uomo ha qualcosa del medico, ma anche qualcosa del militare. È reduce dai Tropici, poiché ha il viso molto scuro, ma quello non è il suo colorito naturale, dato che ha i polsi chiari. Ha subìto privazioni e malattie, lo dimostra il suo viso emaciato. Inoltre, è stato ferito al braccio sinistro. Lo tiene in una posizione rigida e poco naturale. In quale paese dei Tropici un medico dell’esercito britannico può essere stato costretto a sopportare dure fatiche e privazioni, e aver riportato una ferita a un braccio? Nell’Afghanistan, naturalmente. S’intende che il mio cervello ha impiegato meno di un secondo a formulare questo seguito di pensieri. Allora, le ho detto che veniva dall’Afghanistan, e lei è rimasto sbalordito”.
A. Conan Doyle, Uno studio in rosso, Milano, Mondadori, 1976
La letteratura poliziesca comprende quelle opere narrative, teatrali e cinematografiche in cui un enigma criminoso iniziale viene risolto nel corso della narrazione da una o più persone; in Italia il poliziesco è definito anche “giallo”, dalla copertina gialla di una popolare collana pubblicata da Mondadori sin dagli anni Trenta. Si riconoscono due filoni principali all’interno del genere: la “classica” detective story, dove nucleo narrativo è l’inchiesta, e il thriller, le storie del brivido; filiazione tutta novecentesca del poliziesco è poi la spy story (romanzo di spionaggio), che ha assunto connotazioni così specifiche da essere considerata come un genere autonomo.
Edgar Allan Poe, con i racconti I delitti della Rue Morgue (The Murders in the Rue Morgue, 1841), Il mistero di Marie Roget (The Mystery of Marie Roget, 1842) e La lettera rubata (The Purloined Letter, 1845) imposta lo schema tradizionale della forma poliziesca. Punto di partenza della narrazione è un delitto apparentemente insolubile e per il quale, spesso, vengono accusate persone innocenti; i metodi d’indagine ufficiali si rivelano inadeguati ed entra così in gioco un investigatore che, grazie alle sue capacità logico-intellettuali fuori dalla norma, risolve l’enigma svelando l’unica soluzione possibile, trovando i colpevoli e scagionando gli innocenti. Lo schema formale (si parte da un effetto, il delitto, per risalire a una causa, il colpevole), il significato ideologico (l’irruzione di un evento perturbatore, il delitto, è risolto attraverso una soluzione razionale che ristabilisce l’ordine conoscitivo) e quello etico (la punizione del colpevole) sono ripresi e sfruttati appieno nel clima positivista di fine Ottocento.
L’importanza scientifica della razionalità dell’indagine, la nascita di strutture di polizia organizzate e la diffusione delle cronache giudiziarie hanno favorito infatti il successo del genere che si è inserito nella narrativa d’evasione a basso costo, il feuilleton (romanzo a puntate pubblicato nell’appendice letteraria dei giornali). Dopo i popolari libri di Émile Gaboriau e di William Collins – di quest’ultimo ricordiamo La pietra lunare (The moonstone, 1868) – nel 1887 esce Uno studio in rosso (A study in scarlet) dello scozzese Arthur Conan Doyle, dove compare per la prima volta la figura di Sherlock Holmes che diventerà il prototipo dell’investigatore privato in ogni successivo sviluppo del genere poliziesco. Holmes è uomo di scienza dotato di raffinate capacità logico-deduttive che applica ai casi da risolvere, con grande stupore dell’assistente e narratore Watson; la sua diventa una sorta di lotta del bene contro il male, che si sviluppa tanto nei bassifondi malfamati della moderna città industriale quanto nella campagna inglese. Dai romanzi di Doyle deriva lo schema delitto-indagine-scoperta del colpevole/ristabilimento dell’ordine e il carattere di serialità del protagonista-investigatore che caratterizzeranno il filone della detective story di produzione prevalentemente anglo-americana.
Di inizio Novecento citiamo i romanzi “psicologici” dell’americana Mary Roberts Rinehart – famoso La scala a chiocciola (The circular staircase, 1908) –, quelli dell’inglese Richard Austin Freeman – L’impronta scarlatta (The Red Thumb Mark, , 1907) – e soprattutto i racconti di Gilbert Keith Chesterton in cui le indagini di padre Brown – che compare per la prima volta in L’innocenza di padre Brown (The innocence of father Brown, 1911) – approfondiscono il tema del ristabilimento dell’ordine nel mondo alterato dal male.
In Francia Maurice Leblanc crea e sviluppa, in una ventina di romanzi tra il poliziesco e il noir, il ciclo del ladro gentiluomo Arsène Lupin, inaugurato da Arsène Lupin, ladro gentiluomo (Arsène Lupin, gentleman cambrioleur, 1907); sempre in Francia Gaston Leroux pubblica Il mistero della camera gialla (Le mystère de la chambre jaune, 1908), prototipo del genere della “camera chiusa”, in cui si tenta di trovare una spiegazione razionale per un delitto apparentemente impossibile, perché compiuto in un locale sigillato e chiuso dall’interno. Più tardi è l’americano John Dickinson Carr a sviluppare con successo questo paradigma ne La casa stregata (The Plague Court Murders, 1934).
Il genere poliziesco vive un incredibile periodo d’oro tra gli anni Venti e Quaranta sul modello sherlockiano dell’enigma svelato da un’indagine di tipo logico-deduttivo. Grande protagonista del momento è l’inglese Agatha Christie, che crea i famosi detective Hercule Poirot e Miss Jane Marple. Al primo romanzo Poirot a Styles Court (The Mysterious Affair at Styles, 1920) segue una vastissima produzione tra cui Assassinio sull’Orient Express (Murder on the Orient Express, 1934) e Dieci piccoli indiani (Ten little niggers, 1939). Nel panorama inglese ricordiamo inoltre Edward Wallace, che con I quattro giusti (The four just men, 1905) inaugura l’omonima serie di romanzi nei quali emerge la figura del “giustiziere”, e Dorothy Leigh Sayers, autrice de Il gatto dagli occhi verdi (Clouds of witness, 1927). Negli stessi anni in America S.S. Van Dine pubblica le avventure di Philo Vance, investigatore snob e raffinato, protagonista di una serie di romanzi fra cui La strana morte del signor Benson (The Benson murder case, 1926); poco più tardi appare, creata da Rex Stout, la geniale e imponente figura dell’investigatore Nero Wolfe, che risolve complicate indagini stando a casa, dove si dedica alla cucina e alle sue orchidee – tra i tanti Nero Wolfe e i ragni d’oro (The golden spiders, 1953).
Gli Stati Uniti sono anche il Paese di nascita, negli anni Trenta e Quaranta, della cosiddetta hard-boiled school (la scuola dei duri) a opera di Dashiell Hammet, autore tra l’altro dei celebri Il falcone maltese (The Maltese Falcon, 1930) e L’uomo ombra (The thin man, 1932), che nobilita il genere thriller, elaborandone gli schemi, i personaggi e il linguaggio; le storie si svolgono sullo sfondo realistico delle grandi metropoli americane (infestate da bande di gangster e dal crimine organizzato) di cui è riprodotta la lingua parlata; il mistero, che spesso non richiede una soluzione troppo complicata, lascia spazio all’azione più che alla riflessione; il delitto perde la sua qualità di enigma logico per diventare avvenimento integrato nel contesto sociale della storia. La tendenza inaugurata da Hammet viene proseguita e perfezionata da Raymond Chandler, creatore dell’incorruttibile e malinconico investigatore Philip Marlowe – Il grande sonno (The big sleep, 1939) e Il lungo addio (The long goodbye, 1954) – le cui vicende, sullo sfondo di brutali realtà cittadine, esprimono il pessimismo dell’autore. I romanzi di Cornell Woolrich, come per esempio La sposa era in nero (The bride wore black, 1940) e Vertigine senza fine (Waltz in the darkness, 1949), si discostano anch’essi dalla tradizionale detective story e tendono, attraverso un certo tipo di realismo, a dar vita a suspence febbrili e situazioni paradossali spesso al limite del fantastico, in una cupa e angosciante visione della vita dominata da un claustrofobico senso di fatalità. Anche Erle Stanley Gardner, creatore del popolare avvocato Perry Mason, è influenzato da Hammet e Chandler, mentre forse il più significativo rappresentante della hard-boiled school resta l’inglese James Hadley Chase, famoso soprattutto per il suo primo romanzo Niente orchidee per Miss Blandish (No orchids for Miss Blandish, 1939). In Francia, Georges Simenon introduce, con il romanzo Pietro il lettone (Pietr-le-Letton, 1930), la figura del commissario Maigret, protagonista di centinaia di romanzi conosciuti in tutto il mondo. Simenon si allontana sia dal filone classico che da quello hard-boiled: dà grande attenzione al ritratto psicologico dei personaggi e alla ricostruzione di ambienti e atmosfere (spesso la stagnante provincia francese); il racconto non è concentrato sulla risoluzione dell’enigma né sulle scene d’azione, ma sull’appassionata analisi dei temi della solitudine e dell’abbattimento di fronte alla sconfitta e al male. L’atmosfera dei romanzi di Simenon si ritrova anche in O Rio Triste (1982), del portoghese Fernando Namora, in cui la vicenda poliziesca convive con la storia di un amore tragico, con un romanzo nel romanzo e con la cronaca della Lisbona alla fine del salazarismo.
In Spagna, Manuel Vázquez Montalbán crea la fortunata serie dell’investigatore Pepe Carvalho – Ho ammazzato John Fitzgerald Kennedy (Yo Maté a Kennedy, 1970) – in cui l’elemento pseudo-poliziesco si integra con l’analisi e la rappresentazione sociale di Barcellona. Nel contesto europeo si ricordino poi la belga Amélie Nothomb, che nel 1992 ottiene grande successo con Igiene dell’assassino (Hygiène de l’assassin, 1992); il finlandese Reijo Mäki, prolifico scrittore di romanzi gialli e noir; la svedese Liza Marklund, che con il suo Delitto a Stoccolma, tradotto in numerose lingue, ha venduto in patria oltre due milioni di copie; il connazionale Henning Mankell, con il suo commissario Wallander (La falsa pista, 1998; I cani di Riga, 1999); in Russia Boris Akunin (pseudonimo di Grigori Tchkhartichvili), creatore dell’investigatore Erast Petrovic Fandorin (a cui ha dedicato finora nove romanzi giallo-storici), e la criminologa Alexandra Marinina che con l’investigatrice Anastasija Pavlovna Kamenskaja ritrae vari ambienti del mondo criminoso russo; infine i sei romanzi (tra i quali Ultime della notte, 2000; Difesa a zona, 2001; L’esattore, 2012) in cui lo scrittore greco Petros Markaris narra le avventure dell’ispettore Kostas Charìtos.
Vari autori hanno poi rielaborato, distorcendoli, gli schemi dal genere poliziesco, per creare romanzi in cui l’attesa delusa del lettore rivela una concezione problematica e spesso pessimista del mondo. Ne La promessa (Das Versprechen, 1958), dello svizzero Friedrich Dürrenmatt, che porta il significativo sottotitolo Requiem per il romanzo giallo, la procedura investigativa non è preparata a far fronte a una situazione imprevedibile e irrazionale e, benché alla fine si giunga alla soluzione dell’enigma, questa si rivela inutile perché non evita all’investigatore di impazzire. Jorge Luis Borges ne Il giardino dei sentieri che si biforcano (El jardín de senderos que se bifurcan, 1941) scardina i parametri del tempo classico, rendendo così impossibile una soluzione univoca: “In tutte le opere di immaginazione, ogni volta che un uomo ha davanti diverse alternative, ne sceglie una e scarta le altre; in quella del quasi inestricabile Ts’ui Pen sceglie – simultaneamente – tutte le alternative. Crea, così, diversi futuri, diversi tempi che a loro volta proliferano e si biforcano”. La struttura del giallo è usata da Leonardo Sciascia ne Il giorno della civetta (1961) e A ciascuno il suo (1966) per rappresentare il tentativo della ragione di ottenere verità e giustizia nella Sicilia in mano alle collusioni mafiose. In Todo modo (1974) l’atmosfera barocca, stagnante, densa di enigmi senza soluzione ricrea il clima tenebroso che incombe sull’Italia degli anni Settanta, corrotta da trame di potere così complesse e oscure da non poter mai essere ricostruite fino in fondo. In Quer pasticciaccio brutto de via Merulana (1946-1947, poi 1957) di Carlo Emilio Gadda, l’ispettore Ingravallo indaga sull’omicidio della contessa Liliana Balducci. L’inchiesta, svolta senza la rigorosa freddezza logica degli investigatori tradizionali, non porta alla fine ad alcuna soluzione. Mentre nel poliziesco classico solo il colpevole sa la verità e sia i lettori sia i personaggi la apprendono dopo che tutti gli indizi sono stati radunati in modo inequivocabile, in Gadda c’è la contraddittorietà di ogni possibile verità e soluzione che, rimanendo in sospeso, delineano così una struttura aperta e priva di punti di arrivo, parodia del genere giallo. Se in Gadda c’è la colpa (la vittima, Liliana Balducci), ma non si conosce il colpevole (l’assassino), ne Il processo (Der Prozess, 1924) di Franz Kafka c’è il colpevole ma non viene detto quale sia il delitto: il protagonista Joseph K., infatti, dopo essere stato arrestato, è sottoposto a un lungo e macchinoso processo alla fine del quale è giudicato colpevole, non si sa tuttavia di che cosa; rassegnato all’irrevocabile condanna, il protagonista viene prelevato da due signori vestiti di nero per essere giustiziato.
Il francese Alain Robbe-Grillet, esponente di spicco della cosiddetta école du regard (scuola dello sguardo) utilizza nel romanzo Le gomme (Les gommes, 1953) la struttura del poliziesco per illustrare le sue tesi sul nouveau roman già esposte in Una via per il romanzo futuro (Une voie pour le roman futur, 1956). L’ispettore di polizia Wallas è alla ricerca di un uomo indiziato per omicidio, ma si scoprirà che in realtà nessuno è stato ucciso. Lo scenario, quello labirintico di una piccola cittadina belga con i suoi meandri tutti uguali di canali, ponti e strade, rispecchia spazialmente la struttura cronologica non lineare del romanzo, aggiungendo ulteriore ambiguità alla narrazione. Rifiutando l’idea del romanzo tradizionale, Robbe-Grillet si concentra nella descrizione dettagliata dell’oggetto, anche il più marginale e privo d’interesse, nel suo “essere lì”, prestando attenzione al puro rilievo ottico e trascurando ogni preoccupazione di tipo psicologico. L’irrealtà insostenibile della situazione e l’idea di un mondo che non è né coerente né conoscibile deludono il bisogno e l’attesa del lettore di trovare un significato e una soluzione: come detto, quello che conta per l’autore è solo la realtà “neutra” dell’oggetto, privato del surplus di significati che gli uomini normalmente attribuiscono alle cose antropomorfizzandole. Influenzato dallo stile descrittivo di Robbe-Grillet e dalla scuola dello sguardo, l’austriaco Peter Handke ne L’ambulante (Der Hausierer, 1967) adotta lo schema poliziesco per criticarlo attraverso un testo metanarrativo in cui, contemporaneamente alla vicenda narrata, viene anche illustrato il procedimento stesso della narrazione che alla fine non porta ad alcuna soluzione definitiva.
Grande successo di pubblico ottiene Il nome della rosa (1980) di Umberto Eco, dove l’impianto poliziesco è utilizzato dall’autore per la costruzione di un romanzo postmoderno caratterizzato dall’intertestualità e dai diversi registri di lettura ai quali si può accedere.
Dal genere poliziesco, con cui condivide i temi dell’azione e dello svelamento finale, deriva la spy story o racconto di spionaggio, dove il delitto non è “privato”, ma “pubblico”, compiuto da organizzazioni spionistiche o dagli Stati stessi. A seconda del periodo storico il nemico è il nazismo, il comunismo o il terrorismo mediorientale, mentre i temi sono quelli del tradimento, della destabilizzazione della sicurezza nazionale e del coinvolgimento di singoli uomini (spesso comuni) nelle spire della grande storia in un contesto internazionale. Antecedenti del racconto di spionaggio, oltre a L’avventura dei progetti Bruce-Partington (The Adventure of the Bruce-Partington Plan, 1895) di Arthur Conan Doyle, in cui vengono delineati i caratteri distintivi del genere, sono i “romanzi politici” di Joseph Conrad (1857-1924) L’agente segreto (The secret agent, 1907), nel quale lo scrittore narra la tragedia umana di un gruppo di anarchici travolti da forze più grandi di loro e Sotto gli occhi dell’Occidente (Under western eyes, 1911), radicale denuncia del dispotismo zarista. Il primo libro da cui nasce il moderno romanzo di spionaggio può essere considerato Ashenden o l’agente inglese (Ashdee; or, The British Agent, 1928), in cui l’autore William Somerset Maugham affronta con scetticismo e senza retorica il cinismo del potere. Di quel periodo si ricordi inoltre Graham Green che esordisce negli anni Trenta con Una pistola in vendita (A gun for sale, 1936) e Agente confidenziale (The Confidential Agent, 1939), nel quale piccoli uomini sono usati senza scrupoli da gruppi che godono di un potere superiore. Si possono distinguere due sotto-filoni della spy story: uno di tipo più avventuroso, in cui predominano l’azione e le gesta straordinarie dell’eroe, per esempio l’agente 007, protagonista dei romanzi di Ian Fleming, fra i tanti Dalla Russia con amore (From Russia with love, 1957) e Goldfinger (1959); l’altro, più drammatico e problematico, dove il ristabilimento finale dell’ordine lascia un senso di delusione e amarezza. Eric Ambler è il primo a inaugurare questa seconda tendenza con La maschera di Dimitrios (The mask of Dimitrios, 1939), in cui l’agente segreto appare solo come pedina in un contesto dove la storia oggettiva non esiste, ma dipende dai vincitori o dalle convenienze; ricordiamo poi gli articolati e complessi romanzi di John Le Carré – Chiamata per il morto (Call for the dead, 1960) e La spia che venne dal freddo (The spy who came in from the cold, 1963).
Per quanto riguarda l’Italia, il genere poliziesco viene conosciuto solo negli anni Trenta con la traduzione e pubblicazione degli autori stranieri a opera di Mondadori. Si affermano così i primi autori di gialli italiani, per esempio Augusto de Angelis (L’albergo delle tre rose, 1936) e più tardi, dopo il divieto fascista di pubblicare romanzi polizieschi, Giorgio Scerbanenco, che ottiene grande successo negli anni Sessanta con i romanzi Venere privata (1966) e Traditori di tutti (1966), ambientati nella Milano “nera”. In seguito si sono avuti gialli di buon livello, come quelli di Carlo Fruttero e Franco Lucentini (La donna della domenica, 1972; A che punto è la notte, 1979), in cui l’intreccio ben costruito convive con l’umorismo e la satira di costume. Negli anni Novanta Carlo Lucarelli (1960-), che esordisce nel 1990 con Carta bianca, più vicino al noir che al giallo, ha pubblicato due serie; nella prima il protagonista è il sovrintendente Coliandro (Il giorno del lupo, 1994), figura simile all’americano ispettore Callaghan, nella seconda l’ispettore Grazia Negro, specializzata in serial-killer (Almost blue, 1997). Lucarelli ha anche condotto un’interessante trasmissione televisiva, Mistero in blu, divenuta poi Blu notte, sui misteri irrisolti della storia italiana. Un altro autore da ricordare è Andrea Camilleri che, oltre ad aver portato sul piccolo schermo le serie poliziesche del commissario Maigret, ha raggiunto notevole popolarità, in Italia e all’estero, con la creazione del commissario Salvo Montalbano (chiamato così in omaggio allo scrittore spagnolo Montalbán), che compare per la prima volta ne La forma dell’acqua (1994) e riappare in una serie di racconti e romanzi, raccolti nella collana Meridiani Mondadori. Sceneggiatore della serie televisiva Distretto di polizia, Marcello Fois (1960-) ha riscosso grande successo con il suo primo romanzo Ferro Recente (1992), ambientato in Sardegna, e ha vinto due volte il premio Scerbanenco con Nulla (1997) e Sempre (1998).