GIAMĀL ad-DIN al-Afghānī, as-sayyid Muḥammad ibn Ṣafdar
Pensatore e agitatore musulmano, nato nel 1254 ègira (1838-1839 d. C.) ad As‛adābād, presso Kunar, nel distretto di Kābul nell'Afghānistān (secondo altri ad Asadābād presso Hamadān in Persia; ed egli stesso avrebbe finto la sua nascita afghana per sfuggire agli arbitrî persiani). Morì a Costantinopoli il 9 marzo 1897.
La sua vita errabonda attraverso i paesi musulmani ed europei fu dedicata - assai più che con gli scritti, con l'azione, la propaganda e l'insegnamento (forti della sua eloquenza, della sua dottrina teologica e filosofica e dal fascino che spirava dalla sua persona) - al servizio dell'ideale che sempre, fin dalla sua giovinezza, gli fu dinnanzi: chiamare i popoli musulmani alla rigenerazione dell'islamismo, alla liberazione dalle tirannidi, alla riscossa contro lo sfruttamento europeo, e unirli tutti per opporre il blocco panislamico alla marcia dell'Europa in Oriente. Giamāl ad-Dīn fu quindi il maggiore apostolo dell'idea panislamica, per sostenere la quale si valse sia della propaganda orale sia del giornalismo, al quale non mancava d'incitare i suoi seguaci. E se il suo scopo non fu raggiunto, è pur certo che la vita moderna dei popoli musulmani più progrediti deve molto, per alcuni suoi aspetti, all'influenza di G., specialmente in Egitto, attraverso l'azione più moderata e di natura diversa del suo prediletto discepolo Muḥammad ‛Abduh.
G. prese parte nella sua giovinezza alla vita politica afghana, ma, immischiato nei torbidi avvenimenti di quella corte, abbandonò nel 1869 il suo paese e passò in Egitto e poi in Turchia, donde fu espulso nel 1870 per una conferenza sulla natura sociale della missione dei profeti, che, giudicata non ortodossa, eccitò contro di lui le ire dei conservatori. Al Cairo giunse nel 1872 e vi divenne una personalità molto in vista nella politica e nella vita culturale musulmana e fu assai legato con il futuro kedive Tewfīq, dal quale si dice ottenesse una promessa di vaste riforme appena fosse salito al trono. Soprattutto divenne l'ispiratore di quell'altro notevole pensatore dell'Islām egiziano, Muḥammad ‛Abduh, che era allora nella crisi mistica e fu dalla potente influenza di lui indirizzato all'azione: la quale però serbò un carattere riformista più moderato di quello del maestro. Nel 1879 Giamāl ad-Dīn fu espulso da Tewfīq divenuto kedive, forse per le necessarie prudenze della politica egiziana, forse anche per diretto intervento inglese; mentre Muḥammad ‛Abduh fu confinato nel suo villaggio nativo. Giamāl ad-dīn ricominciò la sua vita errabonda e lo troviamo in India, in America (ove tentò invano di ottenere quella cittadinanza), poi a Londra e a Parigi, nella quale ultima città redasse, nel 1883, i soli 18 numeri usciti della rivista al-‛Urwah al-Wuthqà (L'ansa saldissima) che ebbe grande influenza sui paesi orientali dell'Islām. Di questo tempo è una sua famosa polemica col Renan sull'Islām e la scienza (in un articolo nel Journal des Débats, in risposta a una conferenza tenuta dal Renan alla Sorbona). Nel 1885 l'Inghilterra tentò di mettersi in relazione con lui per opporsi all'insurrezione del Mahdī sudanese. Nel 1886 egli si recò in Persia al servizio dello scià; allontanatosene, vi ritornò nel 1889, ma finalmente, per gl'intrighi dei suoi nemici, ne fu con la violenza, anzi in catene, espulso per sempre nel 1891.
Gli ultimi suoi anni trascorsero in Costantinopoli ove ‛Abd ul-Ḥamīd II lo trattenne con favori e ogni agio di vita in una specie di prigionia dorata, e dove fu oggetto di macchinazioni e intrighi da parte di suoi nemici vicini al sultano.
Scrisse poco; oltre agli articoli nella rivista sopra citata e in un'altra arabo-inglese, fondata nel 1892 e contenente aspri attacchi contro lo scià, si hanno di lui due articoli sulla rivista cairina al-Manār, uno schizzo della storia afghana e un trattato contro i materialisti (ad-Dahriyyah), in persiano, litografato a Bombay, 1298 èg., poi tradotto in urdu e in arabo.
Bibl.: I. Goldziher, in Encycl. de l'Islām, I, pp. 1037-39; E. G. Browne, The Persian Revolution of 1905-1909, Cambridge 1910; inoltre la prefazione alla versione francese della Risālat at-tawhīd (Exposé de la religion musulmane) di Muḥammad ‛Abduh, pubblicata da B. Michel e Muṣtafā ‛Abd ar-Rāzeq, Parigi 1928.