Scrittore in lingua e in dialetto (Giugliano in Campania 1566 - ivi 1632), fratello di Andreana. Lasciata assai presto la sua città natale, viaggiò lungamente per tutta Italia: dapprima fu al servizio di Venezia (1600-08), come soldato nelle milizie e sulle navi della Repubblica; poi (1612) fu a Mantova presso Ferdinando Gonzaga, che lo nominò cavaliere e conte palatino. Più tardi divenne governatore di varie terre dell'Italia meridionale (nel 1626 ebbe il governo di Aversa e in seguito quello della terra di Giugliano ove morì). Marinista mediocre nelle molte opere in italiano, trovò la sua via scrivendo in dialetto, e con lo pseudonimo sopra indicato, le Muse napolitane (9 egloghe a sfondo moralistico-satirico, quadri di vita napoletana, che apparvero soltanto nel 1635), e il suo capolavoro, Lo cunto de li cunti (postumo, 1634-36), ch'è una raccolta, la prima in Europa in ordine di tempo, di 50 fiabe popolari, entro una cornice anch'essa fiabesca, rielaborate artisticamente e permeate del suo spirito colto e spregiudicato, e, a un tempo, ingenuo e appassionato, tendente alla malinconia e al pessimismo. Parecchie delle sue favole ebbero imitatori: Zezolla, divenuta poi la Cenerentola di Ch. Perrault; Cagliuso (Il gatto con gli stivali del Perrault e di J. L. Tieck); Il cuorvo e Le tre cetre (rispettivamente il Corvo e l'Amore delle tre melarance di G. Gozzi, ecc.). Lo Cunto è stato volto in italiano da B. Croce (1925). Scrisse anche il Pianto della Vergine (1608); Madriali et ode (1609) e, con maggior successo, la favola marinara Le avventurose disavventure (1611).