CAVEDALIS, Giambattista
Nacque a Spilimbergo (Pordenone) il 19 marzo 1794 da Girolamo e da Angela Diana. La famiglia paterna, spilimberghese, godeva di un peso economico e sociale piuttosto rilevante; il padre, avvocato, raggiunse anche una certa notorietà prima come podestà e poi come sindaco. Il C., come il fratello minore Alessandro, avviato agli studi d'ingegneria, entrò nel 1811 nella modenese scuola militare (artiglieria e genio), poi conseguì a Bologna il grado di primo tenente di artiglieria. Con questo grado si arruolò nelle truppe murattiane, partecipando al combattimento del Ponte San Maurizio. Successivamente, nel 1817, venne incorporato nell'esercito austriaco, rimanendovi fino al 1822, quando ritornò a Spilimbergo e intraprese la professione di ingegnere, specializzandosi in idraulica e in costruzioni ferroviarie, (ma interessandosi anche di agronomia e medicina), e affermandosi come un tecnico di straordinario valore.
Al nome del C. (il quale operò anche nelle province venete di Treviso, Belluno e Rovigo, e in quella lombarda di Mantova) sono legate importanti opere: il ponte sul Tagliamento a Pinzano, il grande riparo a difesa di Paluzza dalle acque del But (1834), la cateratta sul Lumiei (1835), il colossale imbrigliamentorealizzato costruendo un grande sperone a sinistra del Tagliamento di fronte al forte di Osoppo (1838-1839), con cui vennero salvati ben 350 ettari di terreno, l'analogo argine sulla destra del Cellina in difesa di Cordenons (1849). Importanti anche i suoi progetti, tra cui quello del canale Ledra, che presentò all'Accademia di Udine nel 1834. Il progetto, che prevedeva la derivazione di sette metri cubi d'acqua al secondo dal Tagliamento e dal Ledra con la realizzazione del canale navigabile a conche da Udine a San Giorgio di Nogaro, avrebbe risolto, o almeno avviato a soluzione, il problema dell'irrigazione di vaste plaghe del Friuli.
Il C. si distinse anche nel campo delle costruzioni ferroviarie. Membro attivo del Comitato udinese per la linea Venezia-Vienna via Udine, si vide affidare il progetto per la congiunzione più diretta e favorevole fra Udine e la Carinzia: la sua scelta della Pontebbana, venticinque anni più tardi, fu accettata e realizzata. Interessato anche ai problemi agronomici, fu presente al Congresso degli scienziati di Padova del settembre 1842, anche se non partecipò attivamente alle discussioni. Pur essendo egli sostenitore della modernizzazione dell'agricoltura, seguace di quelle correnti d'avanguardia che facevano capo al settimanale L'Amico del contadino, è tuttavia contestata (e obiettivamente incerta) la priorità delle marcite in Friuli che il C. rivendicò a se stesso.
Nel marzo 1848 il C. ricopriva l'importante (e ben pagato) ufficio di direttore dei lavori della linea ferroviaria Lubiana-Vienna; assuntrice ne era la Società triestina di cui lo stesso C. era rappresentante.
Il particolare della cospicua retribuzione (36.000 corone annue) non è irrilevante, non tanto perché testimonia la notevole considerazione professionale goduta dal C., ma soprattutto perché egli, dopo la parentesi del 1848-49, farà spesso leva sulla spontanea. rinuncia alla comoda e ben retribuita posizione di tecnico, avvenuta il 16 marzo 1848, per allontanare da sé i sospetti che si addenseranno sul suo capo.
Di passaggio per Udine imbandierata col tricolore la sera del 16 marzo 1848, il C. venne subito interessato alle prospettive aperte dal licenziamento del Metternich e dalla promessa di costituzione fatta da Ferdinando I (15 marzo). Rientrato a Spilimbergo quando, contenporaneamente ad Udine, la sua città proclamò la repubblica spiegando la bandiera tricolore col leone alato e costituendo la guardia civica e una giunta popolare, il C. venne chiamato ad Udine dal governo provvisorio friulano per mettere al servizio della rivolta la sua competenza di soldato. Accettò così, con il grado di colonnello di artiglieria, di far parte del Comitato di guerra per il Friuli, nel quale entrarono anche A. Conti e L. Duodo, suo compagno alla scuola militare di Modena. Malgrado gli sforzi, Udine cadde il 22 aprile, e il C., rivolte le proprie cure alla fortezza di Osoppo, si recò a Venezia con il Duodo. Il 2 maggio il governo provvisorio della Repubblica veneta lo nominò assessore del Comitato di guerra, in pratica attribuendogli le funzioni di ministro della Guerra. Il C. fu ministro della Guerra nel ministero presieduto dal Castelli; poi triumviro con Manin e Graziani nel governo dittatoriale nominato dall'Assemblea provinciale il 13 agosto, dopo l'armistizio Salasco, e con gli stessi rimase al potere nelle successive conferme del governo triumvirale; fu ministro della Guerra nel governo formatosi il 14 marzo 1849 sotto la presidenza di Manin; fu riconfermato alla direzione del ministero della Guerra anche dopo che l'Assemblea creò, il 16 giugno, una Commissione investita di pieni poteri per tutto ciò che riguardava la guerra. Dal 30 marzo '49, un decreto firmato da Manin e da Pepe, generale in capo, lo aveva nominato generale d'artiglieria.
La parte svolta dal C. fu quindi tutt'altro che marginale, sul piano politico come su quello strettamente militare. Se sul piano dei successi pratici la sua opera non produsse grandi effetti, né l'avrebbe potuto (si possono ricordare, nello scorcio dell'ottobre 1848, le sortite favorevoli da Treporti e da Marghera), tuttavia. all'interno, operando con energia, riuscì a mettere in piedi, attraverso nuovi arruolamenti, dopo la caduta per lui dolorosissima di Osoppo, diverse legioni (quasi 20.000uomini, tra veneti e lombardi). Per questo, benché contrario alla fusione col Piemonte (che era invece stata decisa), il C. fu tenuto in buona considerazione da tutte le personalità veneziane di rilievo, dal Tommaseo al Castelli, dal Paleocapa al Manin. Sul piano politico, alle elezioni per l'Assemblea legislativa, istituita dal governo provvisorio con decreto del 24 dic. 1848, riuscì eletto in ben otto collegi, contro i nove di Manin,mentre Tommaseo non riuscì che in sei. Come attesta il Marchesi (Storia documentata ..., pp. 376 ss.), fu proprio il C. che supplì con energia alle difficoltà sorte quando si profilò l'ipotesi, poi verificatasi, che i circoli "Italiano" e "Popolare", uscendo dai limiti propri d'un'opposizione assembleare, tentassero un vero e proprio colpo di Stato. Il seguito popolare del C. significa dunque che la sua linea politica (contraria nel luglio '48 alla fusione col Piemonte come lo era stata alla proclamazione della repubblica e così sintetizzabile: prima si vinca la guerra poi i popoli sceglieranno il regime politico) aveva un consistente seguito. Parimenti si può affermare che un certo credito aveva la sua linea di rigida difesa dell'ordine, espressa nell'affermazione: "come cittadino sono liberale, non capo militare" (ICommentari, I, paragrafo 80, pp. 289s.). Se ciò denota nel C. una certa incapacità di comprendere l'eccezionalità della situazione veneziana e il carattere di guerra di popolo, tuttavia, per tutto il periodo che va fino all'inizio delle trattative col nemico è difficile discostarsi dal giudizio, per quando enfatico, dato dal Cappello: "dopo Manin, il principale suscitatore, l'organizzatore sagace, il propugnatore indomito, instancabile, di ogni energia nella lotta gigantesca di Venezia contro il formidabile impero austriaco" (Patriotti friulani..., p. 72).
Ai primi d'agosto il Manin, che il 6 aveva ottenuto i pieni poteri, nominò una commissione formata dal C., da N. Priuli e D. Medin per negoziare con gli Austriaci condizioni di resa onorevoli. Tra le clausole militari della capitolazione, firmata il 22 ag. 1849, era previsto l'allontanamento dei militari stranieri d'ogni grado, degli ufficiali che avevano già servito nell'esercito austriaco, e di quaranta cittadini indicati in un elenco speciale. Responsabile dell'esecuzione di queste clausole, il C. per rigore e correttezza si meritò le lodi degli stessi alti ufficiali austriaci, come con orgoglio ricorda nei suoi Commentari, (II, p. 297), dopodiché fu fatto ritornare a Spilimbergo.
Se le lodi si fossero accompagnate al suo inserimento nell'elenco dei quaranta proscritti, avrebbero certamente rafforzato la sua fama di integerrimo combattente. Le versioni sulla concessione del ritorno nella città natale sono più. d'una. Va preliminarmente ricordato che il C. era già colpito da bando, perché il suo nome, con quello di altri, era stato espressamente escluso dal beneficio dell'indulto proclamato dal Radetzky il 12 agosto; e che tra i quaranta proscritti figuravano vari ministri della repubblica e personalità di rilievo. Secondo i Diari Cicogna il C., in un incontro col Radetzky, avrebbe chiesto il visto sul passaporto per recarsi in esilio, vedendosi invece offrire i buoni uffici presso l'imperatore per ottenere un'amnistia personale in riconoscimento del prezioso contributo nella fase dell'evacuazione. Il C. avrebbe rifiutato l'atto di clemenza personale, pronto ad accettare solo un provvedimento collettivo; finì per accettare il ritorno per pochi giorni a Spilimbergo a riordinare le sue cose per partire, poi, per l'esilio. L'incontro, però, narrato nei Diari, è poco probabile sia avvenuto, non coincidendo, la sua data con quella della permanenza a Venezia del Radetzky. Secondo un'altra versione, riferita più tardi dal patriota trevigiano F. Molena al C. stesso (Lizier, p. 207) si trattò di una concessione de facto dovuta alla cavalleria che spesso non manca proprio tra nemici. Secondo una terza versione (Radaelli, p. 452 dell'ed. 1875), dopo la proroga concessa al C. dal governatore di Venezia, tenente-maresciallo Gorzkovsky, per tornare alla sua città a salutare la vecchia madre, il C. chiese il passaporto, ma non ebbe risposta.
Proscritti ed esiliati non perdonarono al C. la sua miglior sorte. I commenti negativi investirono anche tutta la condotta del C. nelle trattative e nella fase immediatamente successiva: in accuse, sospetti, insinuazioni si distinsero, oltre che fogli di stampa, il Pisacane, il Tommaseo, il Tivaroni e altri, ma ci furono anche difensori di rilievo come il Calvi e il Paleocapa (Lizier). Nelle sue repliche e smentite tra la fine del 1849 e il 1850, come nei suoi più tardi Commentari, il C. ribadisce l'intenzione di andare in esilio (in Belgio); il salvacondotto firmato Radetzky in sostanza gli impose di tornare a Spilimbergo dove, respinta nell'ottobre la sua richiesta di amnistia generale, finì per restare come confinato politico in una condizione incerta, controllato dalle autorità, forse (Lizier, p. 210) timorose della sua pericolosità fuori dei domini austriaci.
La condizione più favorevole fattagli si risolse in una condizione equivoca, dalla quale il C. uscì chiedendo, all'inizio del 1850, di potersi muovere nelle province italiane e nel territorio tutto dell'Impero. Appoggiata a Vienna dal Radetzky, la richiesta fu accolta, e tornò così al suo lavoro di tecnico ferroviario assumendo la direzione della ferrovia Nabresina-Trieste per la Società triestina. Permase qualche limitazione poliziesca ai suoi spostamenti. Infine, negli ultimi anni, il C. si pose a scrivere i Commentari.
Da documenti ritrovati all'Archivio di Stato di Venezia dal Liburdi (cfr. la trascrizione in Del triumviro G.B.C. …) si apprendela singolarità che a sollecitarlo erano stati, nei giorni successivi alla fine delle ostilità, addirittura ufficiali austriaci (il tenente-maresciallo Hess, il colonello dello Stato Maggiore Körber, il generale Landwehr). Certamente, a spingere il C. a scrivere furono soprattutto interessi e sentimenti diversi, il desiderio di mettere nella luce esatta la sua discussa personalità. Rimasti inediti fino al 1928, i Commentari furono trascritti, con attenzione critica non sempre viva (ediz. a cura di V. Marchesi, 2 voll., Udine 1928-1929).
Il C. morì a Spilimbergo il 16 luglio del 1878.
Fonti e Bibl.: Una parte delle carte del C., custodite dal fratello Alessandro e poi dalla figlia adottiva di questo, sono state perse nel saccheggio austriaco della villa Samaritani di Oderzo nei mesi successivi alla ritirata di Caporetto (1917). Oltre I Commentari, sivedano: C. Menghi Tassitro, N. Tommaseo a G. B. C. Lettere ined. (1848-1849), in Annuario dell'Istituto tecnico di Udine, anno scolastico 1927-28; Raccolta per ordine cronol. di tutti gli atti, decreti, nomine, ecc. del Governo provvis. della Repubblica veneta, non che scritti, avvisi, desideri, ecc. di cittadini privati che si riferiscono all'epoca presente, Venezia 1848-1849, II, p. 15; III, p. 307; IV, pp. 303, 480; V, pp. 404, 552; VI, pp. 267, 357, 409; VII, pp. 6, 415; VIII, p. 41; Atti verbali della IV Riunione scientifica in Padova (settembre 1842), Padova 1843, p. LXXVI; Venezia, Civico Museo Correr, Diari Cicogna, 2847, n. 633. Cfr. inoltre necrologio, in Gazzetta di Venezia, 27 luglio 1858, (firmato "Un friulano"); N. Foramiti, Fatti di Venezia negli anni 1848-49, Venezia 1850, pp. 70, 105 s.; C. Pisacane, Guerra combattuta in Italia negli anni 1848-1849, Milano 1946, p. 519; G. Ulloa, Guerra dell'indipendenza ital. negli anni 1848-1849, a cura di C. Tanzi, Milano 1819-1860, II, pp. 83, 148, 185 ss. 195, 232 ss., 339, 343; C. A. Radaelli, Storia dell'assedio di Venezia negli anni 1848-1849, Napoli 1865, pp. 189 s., 208, 214, 222 (e nuova edizione, Venezia 1875); C. Tivaroni, Storia critica del Risorgimento italiano. L'Italia durante il dominio austriaco. L'Italia settentrionale, Torino-Roma 1892, pp. 544, 552, 560, 572, 579, 587 s.; V. Marchesi, G. B. C., in Atti e mem. dell'Accademia di Udine, s. 4, I (1910-11), pp. 43-63; G. Occioni Bonaffons, Ifriulani alla difesa di Venezia nel 1848-1849, ibid.. pp. 26, 29, 37; V. Marchesi, Storia documen. della rivol. e della difesa di Venezia tratta da fonti ital. e austriache, Venezia 1916, pp. 11, 111 e passim; A. Faleschini, C. e la difesa di Osoppo, in Gazzetta di Venezia, 20 giugno 1925; G. Bearzi, Spilimbergo e il suo mandamento, Udine 1926, pp. 286 s., 289; G. Cappello, Il gen. C., in Le Panarie, IV(1927), pp. 275-82; Id., Patriotti friulani del Risorg. ital., San Daniele del Friuli 1927, s.v.; E. Liburdi, Un triumv. dimenticato! Il gen. G. B. C. spilimberghese, estr. da Atti del XV Congr. della Società nazionale per la storia del Risorg. ital., Macerata, settembre 1927, Cingoli 1928, pp. 3-41; R. Ciampini, Vita di Nicolò Tommaseo, Firenze 1945, pp. XVIII, 425, 460, 466, 476, 507, 518, 539, 542, 548, 566, 573; 576; A. Lizier, Il caso C., in Arch. veneto, LXXVIII (1948), pp. 196-214; E. Liburdi, Del triumviro G. B. C. e dei suoi "Commetari della storia, dellaguerra degli anni 1848-1849, in Rass. stor. delRisorg., XXXVIII (1951), pp. 446-451; A. Faleschini, Il contributo dei friulani negli ultimi giornidell'assedio di Venezia 1848-1849, in Ce fastu?, XXXII (1956), pp. 172-74; Nel primo centenarto della morte di G. B. C., Portogruaro 1958; A De Benvenuti, Ilgenerale G. B. C., in Ateneo ven., CXLIX (1958), 2, pp. 27-30; Storia del Parlamento italiano, diretta da N. Rodolico, I, Le Assembleer elettive del '48. Palermo 1963, pp. 163 s., 168, 170, 173, 182 s.; Diz. d. Risorg. naz., II, pp. 618-21.