GIRALDI, Giambattista Cinzio
Letterato nato nel 1504 a Ferrara ove morì nel 1573. Nello Studio ferrarese professò prima medicina e filosofia; poi, nel 1541, succedendo a Celio Calcagnini, lettere umane. Venuto in contrasto con i duchi si trasferì alla stessa cattedra negli Studî di Mondovì, di Torino, di Pavia. La riforma del teatro tragico per la quale egli va ricordato, è strettamente connessa a quella ripresa di aristotelismo - o inizio di aristotelismo letterario - che, avendo in Padova il suo centro, trovò nel G. uno dei suoi promotori più fortunati. Preceduto, probabilmente, dallo Speroni, che predicava l'imitazione dei tragici greci secondo le regole della Poetica aristotelica, il G. fu però tra i primi a sentire che queste sarebbero state conformi al gusto della riforma cattolica solo se investite d'una finalità morale. Così, pur proclamandosi sempre fedele d'Aristotele, egli trovò che i precetti di lui meglio si potevano praticare imitando Seneca con tragedie ispirate da casi orribili e paurosi, ma capaci di rinnovare negli spettatori i sentimenti dell'antica catarsi cristianamente intesa.
La prima di queste sue tragedie aristotelico-senechiane, l'Orbecche, fu la prima tragedia moderna di tipo classico recitata su scene italiane; a questo particolare assai più che a intrinseci pregi si deve la rinomanza dell'opera. Tant'è vero che sono rimaste oscure, sebbene valgano press'a poco lo stesso, le tragedie che i G. fece seguire a quella prima (Altile, Cleopatra e Didone, Antivalomeni, Selene, Eufimia, Arrenopia, Epitia). A non diversa stregua va considerato il poema in ottave Ercole che sarebbe dovuto risultare di 48 canti, ma fu pubblicato con soli i primi 26 (Modena 1557). Avendo il pubblico ormai fastidio "degli Orlandi e dei Rinaldi" egli fece dei soggetti antichi "altrettanti Orlandi e Rinaldi" moralizzati.
Le teorie attuate in queste opere il G. espresse in due discorsi, l'uno del 1543, Intorno al comporre delle commedie e delle tragedie, l'altro del 1548, Intorno al comporre dei romanzi. Il G. scrisse anche un'Egle, qualcosa di simile a una favola pastorale d'ispirazione classica. Rappresentativi del suo moralismo aristotelico sono anche gli Ecatommiti, raccolta di cento novelle che poi, per una complicazione nell'esordio, diventano centotredici. Furono cominciati nel 1528 e pubblicati nel 1565.
Bibl.: P. Bilancini, G. B. Giraldi e la tragedia italiana nel sec. XVI, Aquila 1890; F. Beneducci, Il Giraldi e l'epica nel
Cinquecento, Bra 1896; R. Piccioni, Vita di G. B. Giraldi, in Atti e mem. per le prov. modenesi e parm., XVIII; G. Bertino, Gli Hecatommithi di G. B. Giraldi, Sassari 1903; L. Berthé de Besaucèle, J. B. Giraldi, Parigi 1920; C. Guerrieri Crocetti, G. B. Giraldi e il pensiero critico del sec. XVI, Milano-Genova 1932.