CIRRI, Giambattista
Figlio di Giovanni Andrea, nacque a Forlì il 1º ott. 1724 (secondo il Montanelli e lo Schmidl sarebbe nato nel 1740). Assai scarse sono le notizie biografiche e si ignora anche se abbia compiuto la sua prima educazione musicale a Forlì; raggiunse comunque presto una buona notorietà come valente violoncellista e con la sua produzione entrò a far parte di quella schiera di musicisti che nel corso del '700 rese famosa la scuola strumentale italiana rappresentata da compositori come G. Pugnani, L. Boccherini, G. B. Viotti, F. Giardini e altri. Nel panorama di generale rinnovamento che caratterizza il fiorire delle scuole strumentali in Italia sul finire del secolo, accanto a quella violinistica, una posizione di particolare rilievo viene raggiunta da quella violoncellistica, grazie anche ai rapidi progressi della tecnica dovuti a numerosi compositori attivi soprattutto a Roma e a Bologna in orchestre e cappelle musicali. Significativo fu l'apporto del C., nelle cui opere strumentali "notevole" appare "lo sviluppo della forma la interessantissima e nuova individualità dell'artista" (Montanelli, p. 9).
Ordinato sacerdote nel 1739, studiò probabilmente con il fratello Ignazio a Forlì, poi (forse con Giovanni Balzani) sempre nella sua città presso la cappella della Madonna del Fuoco e fu quindi allievo di padre Martini a Bologna. Violoncellista in S. Petronio, divenne accademico filarmonico nel 1759 e in quell'anno ritornò a Forlì in occasione delle feste organizzate per l'arrivo del cardinale di York, che veniva a conferire la berretta cardinalizia al cardinal Lodovico Merlini. Si recò quindi a Parigi e nel 1764 fu a Londra in qualità di virtuoso da camera del duca di York, poi nel 1768 "Music Master" del duca di Gloucester, fratelli, l'uno e l'altro, di Giorgio III; sembra che durante il periodo londinese abbia soggiornato saltuariamente anche a Firenze dove pubblicò alcune opere presso Ranieri del Vivo. Nel 1780, pur avendo consolidato la sua fama negli ambienti londinesi come esecutore e compositore, accettò dal vescovo G. Vignoli l'incarico di coadiutore del fratello Ignazio, al quale successe nel 1787 come organista e maestro di cappella del duomo di Forlì, ove rimase in carica fino alla morte avvenuta a Forlì l'11 giugno 1808.
Durante gli anni di permanenza presso il duomo forlivese si recò anche a Napoli e nel 1782 lo ritroviamo primo violoncello nel teatro dei Fiorentini; in questo periodo non trascurò la composizione e scrisse per Ferdinando IV i Tre duetti a due soprani con instrumenti e i Sei quartetti a due violini,viola obbligata,e violoncello obbligato.... opera XVII, pubblicati a Firenze nel 1782.
Tra le sue composizioni, in parte perdute, si ricordano: Sei sonate,o trio da camera,a due violini e basso o cembalo adattabili anche per violoncelli,oboe e traversieri... opera I, Verona s. d., dedicate al conte C. Allegri; Sei duetti per violino e violoncello,opera II, Paris s. d.; Sei sonate a violoncello solo et basso... opera III, ibid. s. d.; Six sonatas for two violins and a bass... opera IV, London s. d.; Six overtures in eight parts... opera V, ibid. 1765; Six sonatas; 2for two violins and a bass; 2for two flutes and a bass; 2 for two violins,a violoncello obligato and a bass... opera VI, ibid. 1766, dedicate a William Henry duca di Gloucester; Six easy solos for a violoncello accompanied by a bass or harpsichord,and three duets for a violin or German flute and violoncello obligato... opera VII, ibid. 1766; Eight duetts for two violoncellos... opera VIII, Firenze s. d. c London 1772; Six Sonatas; four for 2German-flutes or violins & a bass; and two for 2violins & a violoncello obligato... opera IX, London 1766, dedicate a Henry Frederick duca di Cumberland; Six quartettos,four for a German-flute,2violins and a bass,and two for 2violins,a violoncello obligato and a bass... opera X, ibid. s. d. (rist. ibid. 1772); Six solos for a violoncello and a bass,in an easy pleasing taste proper for young practitioners... opera XI, ibid. s. d.; Six duetts for a violin and a violoncello... opera XII, ibid. 1770, dedicati a sir R. Phillipps; Six quartettos,for two violins,a tenor and violoncello obligato... opera XIII, ibid. 1775, dedicato a Hugh Percy, visconte Dudley; Six concertos in four parts for the violoncello obligato with two violins and a bass,opera XIV, ibid. s. d. (rist. ibid. 1780); Sixsolos for the violoncello and a bass... opera XV, ibid. s. d., dedicate a W. Ward; Sei sonate a violoncello o violino solo e basso... opera XVI, Amsterdam s. d.; Sei quartetti a due violini,viola obbligata,e violoncello obbligato... opera XVII, Firenze s. d., dedicati a Ferdinando IV, re di Napoli e di Sicilia; Sei trii per violino,viola e violoncello concertanti... opera XVIII, Venezia 1791. Si ricordano inoltre, senza numero d'opera: Sestetto à deux violons,flûte,viola,violoncello & basso, Berlin s. d.; Deux quatuors pour deux violons,violoncelle obligé et basse, London s. d.; Deux quatuors à violoncelle obligées [sic!], deux violons & basse, Amsterdam s. d.
Edizioni moderne: Concerto per violoncello e archi,op. 14 n. 1, revisione di G. F. Ghedini, Milano 1959; sei Sonate per violoncello e clavicembalo,op. 16, Padova 1960; Concerto per violoncello e archi,op. 14 n. 6, revisione di E. Bonelli, ibid. 1960; Sei duetti per violino e Violoncello op. 12, revisione di L. Malusi, ibid. 1964.
Nella storia della musica strumentale italiana del XVIII secolo il C. occupa una posizione di non trascurabile rilievo, poiché pur rivelandosi seguace diretto della grande tradizione violinistica e violoncellistica italiana, derivatagli soprattutto da Boccherini, fu tra i pochi compositori a risentire anche dello stile tedesco e subì in particolare l'influsso di Haendel e di Haydn. Il Torchi, prendendo in esame la sua opera prima, Sei sonate o trii da camera,a due violini e basso..., di cui indicava nel 1768 l'anno di pubblicazione, ne sottolineava soprattutto il carattere espressivo individuabile nella linearità e nella fluidità della scrittura melodica, ove "idea musicale vive naturalmente della sua pura sostanza melodica", "spoglia d'artificio" e "disegnata e sentita modernamente". Il suo stile "ampio e sereno" sembra infatti derivare da quello di Veracini temperato "dalla modernità e dallo slancio di Sammartini e dalla scienza di Tartini" (p. 220). L'opera prima del C. è illustrata dal Torchi attraverso brevi esempi che ne evidenziano il disegno animato, il colorito dell'armonizzazione, la genialità del contrappunto e altri caratteri peculiari della sua arte. Assai apprezzato fuori d'Italia, in particolare a Londra, ove fu pubblicata la maggior parte delle sue composizioni, la produzione strumentale del C. fu studiata soprattutto dal Montanelli che sottolineò in particolare il valore dell'opera XII, Six duetts for a violin and a violoncello..., ove si rivela "abbondante fantasia e scorrevolezza di pensieri e di forma; pregi che si riscontrano nella maggior parte dei musicisti dell'aureo secolo decimottavo. Non difettano trilli, gruppetti impiegati giudiziosamente e con molta grazia negli Adagi pieni di sentimento; larghe frasi dolcissime, nonché di notevole semplicità" (p. 12).
Fantasia, fluidità di pensiero, forma, ampiezza di frase e sentimento, graziosità degli abbellimenti, caratteri tutti che contraddistinguono la musica strumentale della seconda metà del '700, giunta al suo punto di incontro tra la scuola tedesca a partire da Haendel e quella italiana, si ritrovano nelle composizioni del C. il cui stile elegante ricorda molto da vicino l'arte di Boccherini, dal quale derivò anche la straordinaria tecnica violoncellistica mai fine a se stessa ma sempre asservita all'espressione e ravvivata da una vivace eppur misurata ispirazione fantastica.
Tali caratteristiche furono sottolineate anche dal Torchi, il quale prese in considerazione le composizioni del C. a partire dall'opera VII. Questa in particolare si distingue per la sicurezza e la modernità della scrittura e risente delle influenze della scuola tedesca. I Soli, seppur scritti nella forma sonata, recano tutti i caratteri di studi o esercizi, ma eleganti nella frase, agili nell'espressione, sono "nobili e vari di stile" "in cui sembra che il compositore abbia voluto render melodica e piacevole la stessa difficoltà tecnica".
Tra gli aspetti più interessanti dello stile del C. il Torchi sottolinea le forme della fantasia alternate a quelle di danza che animano gli otto duetti dell'opera VIII: semplicissimi minuetti in cui i violoncelli più che distribuirsi la melodia la "commentano". Questo avviene anche per le opere posteriori, quali i sei quartetti per 2 violini, viola e violoncello del 1772, che il Torchi ritiene essere tuttavia inferiori a quanto il C. lasciava intravvedere nelle composizioni precedenti. Grande interesse riveste comunque la forma dei tempi di queste opere, così vicine alle forme strumentali "alemanne" per "l'ingresso della seconda parte, quando la forma sia bipartita", caratterizzato "non dalla ripercussione del tema, ma da un nuovo disegno, che del tema mantiene soltanto l'andamento ritmico" (p. 222).
Il C., pur essendo esponente tipico della musica strumentale italiana della sua epoca, risente dello stile strumentale di Haydn e "pur non rinunciando a nessuno dei caratteri della sua melodia plastica e sentita, ha forma che vive di continui riflessi più o meno immediati delle proprietà intime dei temi". Secondo il Torchi, il C. non sarebbe inferiore ad Haydn e rivela nella sua musica taluni caratteri dello stile mozartiano, come nell'Allegro del V quartetto e nel Largo affettuoso dell'op. XIII, composta di sei quartetti per 2 violini, viola e violoncello, pubblicati nel 1782, opera che, se non sembra esser quella più geniale, resta però forse la più perfetta dal punto di vista della forma, più "unita e nitida" che negli altri quartetti.
Organista e compositore fu anche il fratello Ignazio, nato il 20 sett. 1711 a Forlì. Ordinato sacerdote nel 1726, divenuto mansionario presso la cappella della Madonna del Fuoco di Forlì nel 1731, nel 1759 fu nominato accademico dell'Accademia filarmonica di Bologna. Nulla si sa della sua formazione musicale, avvenuta presumibilmente nella città natale, nella cui cattedrale prestò servizio in qualità di "musicalis Capellae praefectus" dal 15 maggio 1759 alla morte. Nel 1780, in considerazione dell'età avanzata e delle precarie condizioni di salute, ottenne la esenzione dall'obbligo di cantare in coro e fu chiamato dal vescovo G. Vignoli il fratello Giambattista per aiutarlo nelle mansioni di organista e maestro di cappella con diritto di successione alla sua morte.
Ignazio morì a Forlì il 13 luglio 1787.
Delle sue composizioni, in gran parte perdute, si ricordano: Dodici sonate per l'organo... opera I (Londra 1770) e SixSonatas for the harpsichord with an accompanyment for a violin... opera II (ibid. 1780). Autore di musica vocale, oltre che strumentale, una sua cantata, Il trionfo della virtù, venne eseguita a Forli nel 1759in occasione della visita del cardinale di York.
Il Torchi, nell'esaminare la produzione dei clavicembalisti italiani della seconda metà del 1700, cita le sue sonate per cembalo del 1780, che definisce "importanti per la forma e lo stile" (p. 265). Costruite in due tempi, il primo dei quali è un adagio e il secondo un allegro, sono in forma a loro volta bipartita e si distinguono per la particolare scrittura clavicembalistica, in cui l'accompagnamento delle melodie, lontano dai procedimenti elementari talora consueti nella produzione dell'epoca, si attiene oad uno stile che sta fra quello di Bach e di Clementi". Tale giudizio rende giustizia al Cirri e ad altri compositori per lo più ignoti, che sebbene minori non ignorarono la lezione di musicisti ben più famosi come C. Ph. E. Bach e G. B. Platti e seppero cogliere il rinnovamento della sonata e dello stile espressivo, avvertendo il sorgere di una nuova tecnica e dinamica strumentale, dell'interpretazione come preoccupazione estetica, del divenire dello strumento. Lo stile del C., secondo il Torchi, si distingue in queste opere per la "nettezza del contrappunto", la "sobrietà del disegno deciso e caratteristico": "all'inizio del tempo il tema si svolge nella forma di canone libero o ritrae la sua efficacia da una imitazione naturale delle parti; una forma dimenticata questa, ma preferibile alle vane scorrerie melodiche così fredde dei nostri ultimi settecentisti".
Fonti e Bibl.: L. Torchi, La musica strumentale ir Italia nei secc. XVI,XVII e XVIII, Torino 1901, pp. 220-24, 265; A. Montanelli, Nell'arte. Medaglioni di ill. musicisti forlivesi, Forlì 1931, pp. 9-12; A. Pasini, Imaestri Cirri, in La Piè, XVI (1947), 3, pp. 41 s.; L. Malusi, Il violoncellista G. B. C., in Arti [Lodi], 10 nov. 1959; F.-J. Fétis, Biogr. univ. des musiciens, II, p. 308; C. Schmidl, Diz. univ. dei musicisti, I, p. 347; R. Eitner, Quellen-Lexikon der Musiker, II, p. 451; Encicl. della Musica Ricordi, I, p. 486; La Musica. Diz., I, p. 408; Die Musik in Gesch. und Gegenwart, XV, col. 1495; Report. intern. des sources musicales. Einzeldrucke vor 1800, pp. 141 s.